8 Ottobre 2024
Storia

Il crepuscolo delle Crociate – Antonio Musarra

Il 18 maggio del 1291, a seguito di un rovinoso assedio, Acri, l’opulenta e licenziosa capitale del regno crociato di Gerusalemme, cadeva sotto i colpi d’un giovane ma ambizioso sultano mamelucco, seguita dieci giorni dopo dal castelletto templare, teatro dell’estrema difesa cittadina. Dopo quasi due secoli, la presenza crociata in Terrasanta cessava d’esis

tere. La notizia creò grande scalpore tra i contemporanei, la maggior parte dei quali, tuttavia, non percepì la situazione come del tutto irreversibile. L’Occidente metabolizzò il fatto con un gran vociare e molte recriminazioni ma senza impegnarsi attivamente per recuperare quanto perduto. Eppure, si trattò d’un evento di enorme portata. Di una sorta di “11 settembre” del Medioevo, capace di convogliare su di sé l’attenzione generale. Quali, le premesse? Quali, le motivazioni? Nel corso della seconda metà del Duecento, i regni crociati s’erano trovati stretti in una morsa. Il quadro geopolitico vedeva scontrarsi due grandi potenze: da un lato, l’Egitto, strappato agli Ayyūbidi nel 1250 dalla casta militare mamelucca; dall’altro, i Mongoli dell’Īl-khanāto di Persia, assestatisi tra Maragheh e Tabriz, nell’odierno Iran nord-occidentale. Per i Mamelucchi, gli stati crociati fungevano essenzialmente da «stato-cuscinetto», funzionale ad attutire l’avanzata dei popoli delle steppe; i Mongoli, invece, scorgevano in Outremer, oltre che un potenziale bacino di raccolta di tributi, un comodo corridoio attraverso il quale raggiungere il Nilo e le sue ricchezze. È facile comprendere come i territori afferenti al regno latino di Gerusalemme si trovassero velocemente al centro di un pericoloso Great Game, partecipato da attori diversi, interessati per un motivo o per l’altro a mantenerne il controllo. È in questo contesto, dunque, che vanno lette le vicende che portarono alla caduta della capitale crociata e alla cacciata dei latini dalla Terrasanta.

Le reazioni furono mutevoli. Profezie, trattati, ricordi, lettere, appelli, accordi commerciali, relazioni di «agenti segreti» rendono quel particolare torno di tempo, che avrebbe visto la Cristianità occidentale rinunciare nei fatti – non, certo, a parole – alla riconquista dei Luoghi Santi, di grande interesse. Numerose furono le voci critiche, volte alla ricerca delle responsabilità: la corona gerosolimitana, non meno che gli Ordini militari o le comunità mercantili italiane furono ripetutamente accusate d’aver favorito la caduta. Si sviluppò, altresì, un ampio dibattito incentrato sul modo di recuperare quanto perduto: una sorta “crociata di carta”, combattuta a parole mediante la stesura di resoconti, libelli, memoriali, trattati, quando non veri e propri piani militari, infarciti notazioni tattico-strategiche, calcoli economici, considerazioni politico-diplomatiche, proposte di riforma morale del clero e della Cristianità intera, indirizzati ora al papa, ora a colui che sarebbe andato progressivamente incarnando il candidato ideale per condurre la crociata: Filippo IV, re di Francia. Il corpus di testi scaturito dai fatti di Acri costituisce una testimonianza preziosa per comprendere i mutamenti subiti dall’idea di crociata nei decenni a cavallo tra XIII e XIV secolo. Si trattò, a tutti gli effetti, d’un grande moto del pensiero, sollecitato dal senso di smarrimento propagatosi sullo scorcio del secolo, recante, tuttavia, un mutamento sostanziale nell’approccio stesso alla crociata: Iliade di baroni, Odissea di mercanti, «peregrinatio» di «pauperes», strumento di disciplinamento del papato, la crociata tornava ad avere come obiettivo il recupero di Gerusalemme e del Santo Sepolcro. Per qualche anno, le numerose critiche che avevano accompagnato la crociata sin dal suo sorgere, acuitesi nel momento in cui il papato ne aveva fatto uno strumento per il governo del «corpus Christianorum», parvero sopite. La «cruxtransmarina» – la crociata per la riconquista di Gerusalemme – tornava prepotentemente di attualità. Ma non per molto. La celebrazione del primo Giubileo della storia, nel 1300, mostrò, infatti, tutta la facilità con cui una città come Roma poteva sostituirsi alla Città Santa, ormai irrimediabilmente perduta. E ciò, nonostante l’entusiasmo suscitato dal giungere di notizie false e contradditorie proprio nel corso dell’Anno Santo, che volevano Gerusalemme essere stata riconquistata dai Mongoli.

Alle soglie del XIV secolo, l’idea di crociata si trovò a subire diverse pressioni; in particolare, per opera della corona francese, tornata con Filippo IV il Bello e Carlo di Valois a vagheggiare il ritorno di Costantinopoli in mani latine. Se il Papato aveva lentamente abbandonato l’idea d’una riconquista del Sepolcro di Cristo, traslando in Occidente la sacralità di Gerusalemme; se la trattatistica sul recupero della Terrasanta s’era spinta, di fatto, sino a prospettare piani d’attacco sostanzialmente irrealizzabili; se parte della società avanzava critiche nei confronti della crociata in sé – ebbene: poteva la crociata rimanere uguale a sé stessa? In effetti, i grandi dibattiti svoltisi in quel quindicennio di cui s’è detto non fecero altro che preparare la strada per la transizione verso altri obiettivi: dalla Terrasanta all’Egeo; dall’Egeo alla guerra (santa) contro il Turco. L’idea di crociata pareva giunta al crepuscolo: predicata a parole ma non realizzata, rischiò d’appiattirsi nello strumentalismo papale. Il fallimento dei principali passagia del Duecento, la ridefinizione subita dopo il 1291 in senso militaristico, la «gerosol-imitazione» della Roma papale, della Parigi regale e di altri, numerosissimi centri minori, rendevano l’organizzazione d’una nuova crociata estremamente difficile. In effetti, fu quanto accadde nei decenni a venire. Progressivamente, la Terrasanta sarebbe stata persa di vista. Ma, certo, non ovunque e non da tutti. Se gli Ordini militari avevano esaurito la propria funzione – i Templari sarebbero stati soppressi; gli Ospitalieri si sarebbero trasformati in abilissimi navigatori, prendendo parte attivamente a quel processo di mutazione degli obiettivi crociati di cui s’è detto –, gli ultimi, veri «crociati» – nel senso profondo, direi quasi etimologico, di quest’espressione: segnati nel corpo dalla croce di Cristo, così com’era accaduto a Francesco, e recanti per vesti una croce – sarebbero stati i frati Minori, fondatori della Custodia, e con essi tutti quei pellegrini che avrebbero seguitato a raggiungere Gerusalemme. Certo: la tensione verso la Terra- santa avrebbe seguitato ad accompagnare, se non altro a parole ma io credo anche nell’intenzione di molti, ogni spedizione che si fosse fregiata del voto crociato. Tuttavia, nel Trecento la crociata sarebbe stata altra cosa. Per diverso tempo, non sarebbe stata altro che una potente, immaginifica guerra di primavera di respiro mediterraneo.

 

Riferimenti bibliografici:

– Antonio Musarra, Acri 1291. La caduta degli stati crociati, Bologna, Il Mulino, 2017.

– Antonio Musarra, Il crepuscolo della crociata, Bologna, Il Mulino, 2018

 

Antonio Musarra

assegnista presso l’Università di Firenze, affermato medievista e scrittore, (1983), laureato in Storia presso l’Università degli Studi di Genova (2007) e in Scienze Religiose presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Genova (2012), diplomato in Archivistica, Paleografia e Diplomatica presso l’Archivio di Stato di Genova (2012), ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Scienze Storiche presso l’Università degli Studi di San Marino (2012) con una tesi sulla partecipazione genovese al movimento crociato e sui rapporti politici, economici e culturali tra Genova e la Terrasanta nel XIII secolo. Ahmanson Fellow 2016-2017 presso Villa I Tatti (Harvard University), assegnista di ricerca presso il Dipartimento di eccellenza SAGAS (Storia, Archeologia, Geografia, Arte e Spettacolo) dell’Università degli Studi di Firenze (2017-2018), docente a contratto di Paleografia latina presso il Dipartimento di storia, scienze dell’uomo e della formazione dell’Università degli Studi di Sassari (2017-2018), ha all’attivo un’ampia partecipazione a convegni nazionali e internazionali, nel corso dei quali ha presentato i risultati delle proprie ricerche, incentrate sulla storia politico-istituzionale, socio-economica e culturale del medioevo genovese (con particolare riguardo all’espansione mediterranea), sulla storia della crociata e della partecipazione italiana al movimento crociato, sulla storia della navigazione e della guerra navale nel Mediterraneo medievale e sulla storia del viaggio e del pellegrinaggio in età medievale. Il 27 marzo 2018 ha ottenuto l’abilitazione alle funzioni di professore di II fascia. Settore concorsuale 11/A1 – Storia medievale (art. 16, comma 1, Legge 240/10). Tra le sue pubblicazioni: Genova e il mare nel Medioevo, Bologna, il Mulino, 2015; In partibus Ultramaris. Genova, la crociata e la Terrasanta, secc. XII-XIII, Roma, Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, 2017; Acri 1291. La caduta degli stati crociati, Bologna, il Mulino, 2017; 1284. La battaglia della Meloria, Roma-Bari, Laterza, 2018; Il crepuscolo della crociata. L’Occidente e la perdita della Terrasanta, Bologna, il Mulino, 2018.

4 Comments

  • Francesco Domenico Mancini 20 Maggio 2018

    Non resta che approfondire l’argomento nei libri del Prof. Musarra.

  • Francesco Domenico Mancini 20 Maggio 2018

    Non resta che approfondire l’argomento nei libri del Prof. Musarra.

  • Antonio Musarra 21 Maggio 2018

    Grazie per la fiducia!
    AM

  • Antonio Musarra 21 Maggio 2018

    Grazie per la fiducia!
    AM

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