8 Ottobre 2024
Livio Cadè Società

Il demone nella Rete – Livio Cadè

“Finché si credeva al Diavolo, tutto quel che accadeva era intelligibile e chiaro…”

(Emil Cioran)

Discutere del nostro rapporto con la tecnologia comporta problemi complessi, in cui si intrecciano questioni pragmatiche, di mera utilità, con altre di natura etica e persino metafisica. In altre parole, data l’estrema problematicità della natura umana e dei suoi bisogni, risulta sempre più complicato stabilire in che misura lo sviluppo tecnologico ci giovi o ci danneggi. Non v’è dubbio, ad esempio, che la Rete abbia portato vantaggi pratici negli scambi, nelle comunicazioni, nell’aver messo a disposizione degli utenti una quantità di dati e di servizi che era un tempo inimmaginabile ma è oggi immediatamente accessibile a tutti.

D’altro canto, è evidente che la Rete è ormai una droga legalizzata, sorta di sostanza stupefacente gratuita e diffusa in ogni angolo del globo. È il nostro comune oppio, un eterico ed eclettico assenzio in grado di sedare, stimolare, stordire, allucinare. Ci introduce in un mondo irreale e parallelo, induce sporadiche trance, crea sottili ma potenti dipendenze, altera e compromette in varia misura i processi fisiologici del cervello. Gli aspetti tossici della Rete sono ben noti ai suoi spacciatori, ma vengono in genere rimossi dalla coscienza dei consumatori. Perciò, ancora si esita a imporle il marchio infamante della droga, o lo si fa in modo metaforico, senza una reale cognizione della sua pericolosità per il cervello. Infatti, a differenza delle classiche tossicodipendenze, la Rete non produce sintomi così immediatamente e brutalmente palesi. Inoltre, mentre gli eroinomani o i cocainomani sono un’esigua minoranza, i ‘retomani’ sono miliardi. Dunque la loro dipendenza non appare un’eccezione patologica ma la normalità.

Sappiamo che chiunque si droghi è avvinto con tenaci legami alla sostanza di cui è schiavo, e che non solo gli è quasi impossibile liberarsene ma, di solito, non lo desidera. Il retomane, da parte sua, non trova una ragione per disintossicarsi, dato che neppure sospetta d’esser drogato. La Rete è per lui uno svago innocente, una risorsa culturale, un inesauribile canale di informazione, un piacevole luogo di incontro, un utile strumento di lavoro etc. Benché possa trovare inopportuni e censurabili alcuni contenuti, non vede nulla in questo immenso e versatile contenitore, in questo straordinario dispositivo multifunzionale, che gli evochi scenari tossicomani. È per lui solo un immenso cilindro magico cui attingere secondo le proprie esigenze e i propri gusti. È vero che astenersene gli provoca crisi penose, ma l’offerta di tale droga è talmente capillare e a buon mercato che è raro ne resti sprovvisto e provi i sintomi dell’astinenza.

È difficile dare del fenomeno un giudizio obiettivo, perché dovremmo prendere il vasto e ramificato sistema di interazioni tra l’uomo e la Rete e riferirlo a un fondamento vincolante di significati e di valori. Ma v’è ormai l’attitudine a percepire la Rete stessa come un universo totalizzante, fondamento di valori e significati. Ciò la rende una trascendenza di fatto non giudicabile perché essa stessa determina gli strumenti e le modalità del giudizio. Nella sua autoreferenzialità, si giudica da sé e, anche quando sembra condannarsi, si autoassolve. È lei a suggerirci le parole, a offrirci i concetti con cui stimolare finte auto-critiche e false forme di auto-coscienza. Quando denunciamo i pericoli che la Rete comporta per la nostra libertà, lo facciamo quindi seguendo le implicite categorie etiche e intellettuali che lei stessa ci costringe a utilizzare. L’unico modo per revocare l’autorità di un linguaggio è non utilizzarlo. Ma questo ci ridurrebbe al silenzio, perché la Rete ha ormai il monopolio linguistico. Lei stessa è un metalinguaggio che incorpora e assimila tutti i linguaggi, anche quelli che la contraddicono.

Vorrei evitare il classico luogo comune secondo cui la Rete sarebbe solo un mezzo, e perciò tutto “dipende dall’uso che se ne fa”. Questa idea ne presuppone un’altra, cioè che il senso del mezzo prescinda dalla sua funzione rispetto a un fine, il che è palesemente assurdo. È vero che si può usare un esplosivo per scopi civili, pacifici, o con intenti militari e omicidi. Ma il fine dell’esplosivo è comunque il distruggere. Ogni mezzo è coerente con la propria natura, indipendentemente dall’uso che uno ne fa. Inoltre, quanto più dipendiamo dal mezzo e lo sentiamo necessario, tanto più ne diventiamo schiavi. L’uomo comincia con l’usare una cosa e finisce con l’esserne usato. È così che la Rete, mentre ci offre i suoi servigi, ci incatena a una sorta di patto faustiano.

Ma qual è allora la natura intrinseca della Rete e il suo scopo precipuo? In apparenza è una comoda via per accedere rapidamente a una quantità virtualmente illimitata di informazioni e di funzioni. Strumento eccezionale di ricerca e di conoscenza, di apertura al mondo, fermento di idee. In tal senso parrebbe legittimo il concetto che “basta farne buon uso”. Questa formula ottimistica ignora il potere demoniaco della Rete di governare le coscienze, di portarle gradualmente a un livello subliminale, quasi ipnotico, calandole in un magma di pensieri disorganici. È una sfera di cristallo da cui emergono magicamente voci e figure che guidano, rivelano segreti, risolvono problemi, indicano facili evasioni.

Chiunque venga in contatto con gli influssi streganti della Rete ne resta in qualche misura ammaliato, anche chi se ne ritiene immune. Chi naviga nel suo mare magnum viene sedotto da sirene che continuamente lo chiamano, lo invitano a un dolce naufragio. Si perde nel flusso oceanico dei dati, dove un maelstrom di testi e di immagini risucchia la realtà. Al di là, dei suoi particolari ambiti di applicazione, è questa per me l’essenza della Rete: il suo svuotare l’uomo mediante la vacuità prodotta da una superfetazione di messaggi, di immagini, di parole.

In questo senso la Rete rappresenta l’ultima fase di un processo di allontanamento dall’intelletto naturale, fenomeno che nasce con la scrittura e si rafforza in tempi recenti con la stampa, la radio, la tivù, il cinema. Questa involuzione intellettuale, cui corrisponde un’evoluzione tecnica, coincide con un’organizzazione della coscienza che privilegia forme di razionalità artificiali e acquisite a scapito di un’intelligenza innata e intuitiva. Il labirinto di specchi della Rete, la sua ragnatela di messaggi contraddittori, sono il punto più basso, per ora, di questa china, in cui la ragione prevale sullo spirito, in cui alla semplicità del vero si oppone un numero infinito di incerte opinioni.

Altri elementi peculiari della Rete sono la superficialità, la ricerca del facile consenso, la vuota esibizione narcisistica. Antitesi di quelle forme di interiorizzazione, di scavo nel profondo attraverso movimenti lenti e pazienti, spesso umilianti e dolorosi, di cui l’anima ha bisogno per ritrovare se stessa. La Rete blocca questo processo di autoconoscenza e, tenendola occupata con gingilli di vario genere, impedisce all’anima di esplorarsi. Succede così che alcune peculiari manifestazioni della creatività umana – l’arte, la religione, la letteratura – conoscano oggi una tragica decadenza. Ogni espressione matura dello spirito implica infatti un potere di integrazione e concentrazione che la Rete cerca di distruggere e di sostituire con opposte dinamiche di frantumazione e dissipazione.

È chiaro anche il tentativo di omologarci in un tipo comune, passivo di fronte alle procedure richieste, fiducioso nei motori di ricerca, portato alla credulità. Ma l’elemento più peculiare della Rete è la sua efficacia nel disconnetterci da noi stessi mediante un numero illimitato di connessioni sempre più rapide e dilettevoli, attraverso l’esca di irresistibili link. Si produce così una massa di inconsapevoli lotofagi, immersi nel loro incantamento, in cui il reale è surrogato da un semicosciente esercizio onirico. Se si considera che la percezione della realtà ottenuta attraverso i sensi è già di per sé ingannevole, e che la nostra assuefazione alle forme del linguaggio e della razionalità la rende doppiamente illusoria, la Rete si può allora considerare un miraggio elevato al cubo.

Ogni miraggio ha inevitabilmente natura delusoria ma, paradossalmente, nel caso della Rete la ragione del suo rapido affermarsi è proprio la radicale frustrazione che provoca in noi. È come acqua salata. Più ne bevi e più hai sete. Ovvero, offre un tale esubero di alimenti che in realtà non possiamo digerirlo. È una fittizia cornucopia davanti alla quale lentamente si muore di fame. Il nutrirsi presuppone infatti non il semplice mangiare ma l’assimilare. Così, il trofismo dei nostri tessuti intellettuali richiede non un’epidermica lettura delle cose ma il comprenderle e il ricordarle. Viceversa, invogliandoci a saltare come pulci ubriache da un punto all’altro, senza mai soffermare la nostra attenzione su un soggetto per più di pochi secondi, la Rete pregiudica le nostre facoltà mnemoniche e di apprendimento. Così non ci sentiamo mai sazi, ma sempre dobbiamo ricominciare a mangiare.

Come direbbe Seneca “vomitano per mangiare, mangiano per vomitare; e questi cibi, che hanno cercato su tutta la terra, disdegnano di digerire”. Ogni pensiero viene deposto nello spazio angusto di una memoria a breve termine, da cui è velocemente evacuato per far posto a nuovi pensieri e poi ad altri, che subiranno tutti la stessa sorte. La ricchezza infinita di contenuti sui quali riflettere, l’accumulo di sempre nuove nozioni, il consumare argomenti d’ogni tipo, dal volgare al sublime, in sbrigativi fast food della mente, non produce alcun effetto corroborante sull’intelletto ma al contrario ne provoca la denutrizione e il deperimento.

Ogni idea, dialogo o dibattito, passa attraverso un rapido processo di autocombustione, lasciando solo sedimenti volatili, condannati a una celere dispersione. È naturale chiedersi quale sia lo scopo di questo annichilimento interiore. Potremmo vedervi l’intento di chiudere l’uomo nella dimensione del futile e dell’effimero, dove tutto diventa rapidamente scarto, rifiuto. O di dare sfogo virtuale ai malcontenti, mitigare le frustrazioni sociali e i sensi di ingiustizia, circoscrivere le loro potenzialità eversive in una dimensione fittizia, dove appelli, comizi, perorazioni, proteste etc. non sono che innocue simulazioni.

La Rete, in modo apparentemente democratico e liberale, offre infinite verità in conflitto tra loro, incoraggia un’orgia promiscua di opinioni, insegnamenti, testimonianze, creando di fatto una dittatura del pensiero caotico. E mentre si pone come paradigma di relativismo e di equidistanza, in realtà impone una serie di inconsci dogmatismi, rigidi pregiudizi, modelli stereotipati di pensiero, forme coatte d’espressione. E noi, ubbidienti, leggiamo frettolosamente, scivolando sulle parole, scorriamo rapidamente le immagini e i concetti come si osserva distrattamente il paesaggio da un treno in corsa. Sempre impazienti di leggere e guardare altro, saltando da nulla a nulla.

La Rete non si limita a confondere il senso della realtà, lo rovescia. I social, ponendo la distanza come condizione abituale e normale del contatto, favoriscono di fatto l’asocialità. Le community sono solo agglomerati di individualismi senza alcuna reale comunione. L’informazione serve a nascondere la verità, la semplificazione complica, l’ottimizzazione peggiora etc. Anche quando sembra favorire iniziative lodevoli, farsi veicolo di cultura e di sapere, la Rete è in sé un male, un parassita che colonizza la nostra interiorità, indebolendo le nostre capacità di concentrazione, di salda memoria e di visione profonda.

È, a mio parere, il nucleo di una congiura globale contro quel silenzio e quella feconda solitudine in cui fiorisce lo spirito, ossia massima espressione di una società anti-spirituale. Distrae l’intelletto, gli trasmette brevi e continue sollecitazioni, come deboli scariche elettriche che lo snervano e infiacchiscono. Mentre sembra incoraggiare la nostra libera e originale creatività, la riduce a un insieme di reazioni meccaniche e riflessi condizionati. Determina infine una sorta di ernia o di protrusione della nostra coscienza, la sua fuoriuscita dalla sede naturale. Ma chi è ne colpito non ne è consapevole, come accade in certe patologie neurologiche.

Perciò è inutile dire ai retomani: digiunate, riducete quanto più possibile i contatti con la Rete, sollevate la testa dal monitor, uscite da quella malefica bolla virtuale e guardate piuttosto in voi stessi. Dimenticate la connessione a Internet e cercate una connessione con la vostra anima. Rinunciate a rincorrere il nulla, e invece di immergervi in questo ininterrotto rumore di fondo di tag, blog, forum, social etc. cercate di restare un po’ in silenzio. Non è pensabile, per chi vive nell’attuale società, astenersi dalla lussuria della Rete, difendere la propria verginità di pensiero. Prova ne è quello che sto scrivendo. Mi trovo di fatto nella condizione di chi, per elogiare il silenzio, parla e dà il cattivo esempio. Invece di tacere, butto anch’io questa bottiglia nello sconfinato mare del Web, con dentro un altro inutile messaggio.

Questo radicale pessimismo, si dirà, è ingiusto, perché nella Rete v’è anche del buono: ha enormi potenzialità educative e pedagogiche, ha mille applicazioni utili, trascende le barriere tra i popoli etc. Anch’io cado talvolta in queste illusioni. Speranze teoriche, astratte. Messo di fronte ai fatti, comprendo che la Rete è per sua natura un’entità maligna, che non ha in sé nulla di buono, al massimo qualcosa di utile. Ma l’utilità non ha alcun nesso col bene. Gandhi diceva di rifiutare sempre e in ogni caso la violenza perché il bene che fa è apparente e momentaneo, mentre il male che fa è reale e durevole. Questo, senza dubbio, si può dire anche della Rete.

È una sorta di infezione planetaria. Solo alcuni sviluppano, misteriosamente, una reazione immunitaria che li salva dal contagio. Possiedono, come oggi si dice, i necessari anticorpi. Possono quindi aggirarsi come monatti tra le intelligenze appestate e le coscienze estruse. Possono sfuggire al demone che con le fauci spalancate vaga tra gli algoritmi della Rete cercando anime da carpire o da comprare a basso prezzo. Così malridotte valgono infatti poco o nulla. Una volta, in cambio dell’anima, il diavolo ci avrebbe offerto ricchezza, gloria, potere, favolosi piaceri, eterna giovinezza. Oggi la svendiamo per un like.

32 Comments

  • Francesco Maggi 2 Luglio 2023

    Non si tratta, a mio parere , di elogiare il silenzio o l’astinenza dalla Rete.
    Bisogna riconoscere che la “conoscenza” non si trasmette con la condivisione di dati o contenuti ma si “crea” tramite l’incontro e l’esperienza in vivo.
    Fu questa la risposta del saggio Re Thamus al dio Theuth inventore della scrittura .
    E questa deve essere la nostra missione. Promuovere l’incontro e l’esperienza diretta ed esortare tutti a diffidare di ogni mediazione spacciata per “educazione”

    • Livio Cadè 2 Luglio 2023

      Sì, ma un po’ d’astinenza non guasta. Anche solo per capire quanto si è intossicati..

  • upa 2 Luglio 2023

    Gurdjieff diceva che l’uomo si nutre di tre cose: cibo, aria ed emozioni.
    Le emozioni, come il cibo, sono differenti per ognuno; esistono bocche rozze e bocche raffinate..spesse e sottili.. e quelle volgari e rozze sono dominanti rispetto a quelle più esigenti.
    Nel passato, l’assenza della rete veniva supplita dai libri..pensiamo a a quanti illustri uomini di lettere e ingegno si affidavano alle parole scritte mancando quelle reali.

    (Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull’uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch’io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi transferisco in loro.)

    Così diceva Macchiavelli in parole che molti riconoscono come proprie.
    In realtà, la rete è solo un formidabile amplificatore di emozioni..e chi cerca il cicaleccio è avvantaggiato, come chi cerca il discorso più profondo, per quanto profondo possa essere un discorso che abbisogna di terreno giusto per scendere alla coscienza senza fermarsi alla mente..divenendo un cicaleccio più raffinato rispetto a quello delle comari.
    Qual’è la differenza tra chiudersi in biblioteca o chiudersi davanti a un computer? Il computer è molto più comodo..e il nostro corpo sottile può vagare liberamente tra altri corpi sottili dotati di nome elettronico per scambiare emozioni…e se il diavolo è avvantaggiato nello spazio conquistato, anche l’angelo lo è..e la lotta tra bene e male prosegue in un altro teatro come in tutti i giochi di ruolo e nella stessa realtà che ci è appiccicata in modo indelebile all’anima.
    Cosa c’è di più comodo che parlare e discutere e poi andarsene anche senza dire buongiorno? Il paradiso dell’eremita è realizzato: contattare gli altri e rimanere solo..la quadratura del cerchio o l’elisir di lunga chiacchiera..un sogno che diventa realtà.
    Tante persone non possono frequentare il mondo per colpe proprie o vicissitudini crudeli, e la rete consente il nutrimento emozionale se i è difficile procurarcelo.
    La rete amplifica ciò che uno è aiutandolo a “realizzarsi” e il silenzio appare desiderabile dopo il parlare, come il digiuno dopo l’eccesso di cibo.
    La rete aiuta anche a far passare il tempo sottraendoci da operazioni peggiori..e per questo non posso che essere grato alla scienza per averla creata..aiutandomi a soddisfare una certa loquacità che altrimenti sarebbe stata castigata..
    In ultima analisi, la rete non cava sangue da una rapa…e l’inconcludenza virtuale è forse meno nefasta di quella mondana spostando l’azione su un piano più rarefatto e meno impattante per il cambiamento climatico (hahaha)

  • EMILIO MORDINI 2 Luglio 2023

    Termini con la stessa immagine-ammonizione con cui termina la Lettera di Pietro, allora meriti che ti ricordi S.Agostiino “ex malo bonum”.. Ciao , un abbraccio.

    • Livio Cadè 2 Luglio 2023

      “Sono parte di quella forza che eternamente vuole il Male e eternamente opera per il Bene”.

    • Elena 3 Luglio 2023

      Quindi il demone resta preso nella sua rete…

  • Gaspar 3 Luglio 2023

    Articolo condivisibile in ogni sua parte.

    Complimenti specialmente per essere riuscito a spiegare perché il luogo comune secondo il quale internet – ed in generale la tecnologia digitale – sarebbe solo un supporto amorfo sul quale agire e tutto dipenderebbe dall’uso che se ne fa è una sesquipedale sciocchezza semplificatoria.

    La Rete possiede una natura ben definita, una natura intrinsecamente dispersiva e perciò stesso svuotante; come anche Lei ha scritto.

  • Gaspar 3 Luglio 2023

    Aggiungo che per comprendere quanto possa essere deleteria per l’anima – e la sanità mentale – la Rete, basta gettare uno sguardo disincantato ai canali di molta della c.d. controinformazione.
    In questi giorni mi sono fatto un giro su quell’autentico sterquilinio chiamato youtube; che cosa ci ho visto? Decine e decine di meschini incantatori, quasi inevitabilmente accomunati dal fatto di non avere un lavoro vero, di essere spuntati come funghi durante la falsa pandemia approfittando vigliaccamente della paura e dello spaesamento di molti, ergersi a pseudoguru; defecare quattro scemenze e al contempo chiedere – più pretendere con insistenza, invero – “donazioni”, “offerte” ad una platea di seguitori: dall’ingenuo all’arrogante-acefalo – e basta leggere i commenti di molti di questi malcapitati, posti sotto ai video dei succitati ciarlatani, per rendersene subitaneamente conto -. Il colmo è rappresentato dalle ricchezze, dai beni materiali sbattuti in faccia ai “followers” da tali falsi maestri, da bravi edonisti esibizionisti e venali – in ossequio al narcisismo imperante, tratto precipuo, assieme all’ignoranza, della Rete -, quali sono. Evidentemente spennare i polli conviene assai.

    Mi ha colpito in particolare un tale del tutto ignorante, che con modi volgari, sguaiati, proferiva delle enormità clamorose in ambito nutrizionale dinnanzi ad una platea di babbei plaudenti, pronti a rovinarsi definitivamente la salute. La Rete pare a volte – spesso, spesso – una specie di Malebolge… da brividi…

    Se è pur vero che “Omnia venenum sunt: nec sine veneno quicquam existit. Dosis sola facit, ut venenum non fit”; non ho dubbi che la Rete sia un veleno particolarmente micidiale.

  • Gaspar 3 Luglio 2023

    Per comprendere quanto possa essere deleteria per l’anima – e la sanità mentale – la Rete, basta gettare uno sguardo disincantato ai canali di molta della c.d. controinformazione.
    In questi giorni mi sono fatto un giro su quell’autentico sterquilinio chiamato youtube; che cosa ci ho visto? Decine e decine di meschini incantatori, quasi inevitabilmente accomunati dal fatto di non avere un lavoro vero, di essere spuntati come funghi durante la pandemenza approfittando vigliaccamente della paura e dello spaesamento di molti, ergersi a pseudoguru; defecare quattro ca****e e al contempo chiedere – più pretendere con insistenza, invero – “donazioni”, “offerte” ad una platea di seguitori: dall’ingenuo all’arrogante -acefalo – e basta leggere i commenti di molti di questi malcapitati, posti sotto ai video dei succitati ciarlatani, per rendersene subitaneamente conto -. Il colmo è rappresentato dalle ricchezze, dai beni materiali sbattuti in faccia ai “followers” da tali falsi maestri, da bravi edonisti esibizionisti e venali – in ossequio al narcisismo imperante, tratto precipuo, assieme all’ignoranza, della Rete -, quali sono. Evidentemente spennare i polli conviene assai.

  • Paola 3 Luglio 2023

    Riflettevo…abbiamo mai pensato, sin dall’inizio, al significato negativo del sostantivo ‘rete’, sia concretamente che in senso figurato? Ammetto candidamente di averlo fatto solo oggi.

    • Gaspar 3 Luglio 2023

      Sì. Impossibile non pensare alla rete invisibile tessuta da un gigantesco ragno; noi saremmo le prede volatili. Od siamo pesciolini nella rete di abili pescatori?

      Reti e prede… ritornano sempre.

      • Paola 3 Luglio 2023

        Fra l’altro, tempo fa, avevo visto un delirante video del guru pentacolato sulla connessione globale o una cosa simile.

        • Livio Cadè 4 Luglio 2023

          Chi è il guru pentacolato?

          • Paola 4 Luglio 2023

            È trapassato. Si chiamava Gianrob. C.

  • upa 4 Luglio 2023

    Siamo circondati da reti fin dalla nascita, e questo lo sapevano gli eremiti che, per sfuggire, abbandonavano la rete mondana per vivere in solitudine e affrontare la rete principale dentro di noi, in quello che una volta si chiamava “peccato”..l’indugiare nei piaceri del corpo o della mente trascurando lo Spirito ..l’Essenza che sonnecchia dentro di noi e va svegliata per destino superiore, se la Provvidenza non ci è ostile dandoci una forma corporale troppo rozza per tentare l’ascensione e relegarci al compito di riproduzione della specie..che qualcuno è pur necessario che lo faccia.
    La rete virtuale è solo uno sgranchire le emozioni e informarsi di cosa pensa il mondo..per sapere da che parte arriverà la bomba.
    Che poi la gente faccia un uso improprio e perverso degli strumenti, non è una novità..ma tranne che il comandare noi stessi, cosa questa non proprio facile, cosa possiamo fare oltre a condannare l’andazzo?
    Una volta le comari andavano a spettegolare nel cortile, e oggi lo fanno sui social.
    Gli uomini andavano all’osteria a scambiarsi rutti e offese e adesso lo fanno a casa seduti davanti al computer..e qualcuno preferisce fare discorsi profetici senza destare ironia o rifiuto popolare..comodamente tra le proprie mura.
    Personalmente apprezzo la rete..e come un pesce troppo piccolo per impigliarsi, mi diverto a passarci attraverso e poi guadagnare il mare aperto dei mie pensieri avendo esperienza di cosa felicemente mi lascio alle spalle.

    • Paola 4 Luglio 2023

      Su tante cose sono d’accordo con Lei, Upa. Ma, mia opinione, erano meglio i cortili e le osterie…faccia a faccia. Con calore, anche i rutti.

      • Francesco Maggi 5 Luglio 2023

        Ed io concordo con lei Paola.
        Il calore della presenza è veicolante di tanto altro. Anche chi non lo ricorda o non lo pratica tanto ne avverte istintivamente il bisogno come qualcosa di primordiale e salutare.

  • Livio Cadè 5 Luglio 2023

    A Upa. “Come un pesce troppo piccolo per impigliarsi, mi diverto a passarci attraverso e poi guadagnare il mare aperto dei mie pensieri avendo esperienza di cosa felicemente mi lascio alle spalle”.
    Ricorda un po’ l’idea che bisogna passare attraverso l’esperienza del vizio per liberarsene. Idea pericolosa e che al ‘demone della rete’ piace assai. Anzi, è proprio lui a suggerirla: “non preoccuparti. Divertiti. Puoi smettere quando vuoi. Non sei tipo da restar impigliato”…
    Non dubito vi siano persone immuni all’infezione della Rete. Ma sono rarità. Basta provare. Ci si astiene volontariamente per qualche giorno da ogni connessione e si osservano le proprie reazioni.

  • Michele Franceschini 5 Luglio 2023

    La vita va vissuta, non basta leggerla o scriverla…..

  • michele franceschini 5 Luglio 2023

    …facendo un confronto, è come l’ultima parte della vita di Beethoven quando produsse l’inno alla gioia e la nona sinfonia. Beethoven visse la responsabilità e le preoccupazioni legate ai legami familiari e alla causa legale per l’adozione del nipote Karl che lo indussero a vivere conflitti e intensi rapporti. Questo è descritto nell’ultima parte dell’opera di Maynard Solomon sulla vita di Beethoven.
    Solo la vita vissuta intensamente cambia la qualità della vita e fornisce motivazioni per dare una svolta anche nella nostra vita sociale e professionale.

    • Livio Cadè 5 Luglio 2023

      Va bene, ma che nesso c’è con la Rete?

      • Paola 5 Luglio 2023

        …azzardo…forse voleva dire che lo stare fra gli altri, pur creandoti anche pene e affanni, ti rende comunque vivo e creativo. La pace da isolamento della Rete, con i suoi ‘contatti’ virtuali, ti cristallizza in una dimensione sterile.

        P.S. Detesto l’Inno alla gioia. Non c’entra con la Rete 😉

        • Paola 5 Luglio 2023

          * intendevo che il mio fastidio per l’inno è fuori tema. Scritto così è ambiguo, mi scuso.

        • Livio Cadè 5 Luglio 2023

          In tal caso, sottoscrivo.

          P.S.: della IX Sinfonia a me piace solo il ‘demonico’ Scherzo…

  • upa 5 Luglio 2023

    A Livio Cadè..
    Non si può essere virtuosi senza aver affrontato il vizio..saremo solo dei meccanismi incoscienti tipo le masse che conosciamo.
    Indulgere nel vizio è il pericolo dell’affrontarlo, ma non ci sono scorciatoie..e la sfida non è garantita nel risultato, ma così è.
    Naturalmente non si tratta di favorire il vizio nel popolo, anzi, il popolo va protetto dalle influenze disgreganti, ma chi è disposto a correre il rischio, è bene lo faccia anche se è legittimo ostacolarne i propositi.
    L’assurda teoria dell’uguaglianza tra gli uomini ha portato come corollario la considerazione che il vizio è sempre malefico, ma se lo è per i molti, è benefico per i pochi, e l’essere tra i pochi o i molti è un altro rischio da correre che ci verrà svelato solo nel finale degli accadimenti.
    Riguardo alla rete, ne potrei fare volentieri a meno se ciò non comportasse una completa ignoranza del mondo in cui viviamo e delle sue dinamiche.
    Scrivere considerazioni come sto facendo, mi aiuta a sondare il terreno sull’uso delle parole e le reazioni che provocano presso un pubblico acculturato..e anche questo ne farei volentieri a meno e anzi, quando non scrivo nulla mi sento molto meglio, così posso pensare in tutta libertà senza dover ricorrere alle parole giuste per essere compreso.
    Nondimeno, tenere la mente in esercizio evita pericolose atonie..e lo sforzo concettuale lo paragono alla soddisfazione che provo quando la vo i lenzuoli a mano e poi, alleggerito dalla fatica, guardo il risultato con sano compiacimento…più con i lenzuoli che lo scritto…ammetto.
    Il vizio è quando perdiamo la nostra anima nell’offrila a divinità inferiori che ci appagano momentaneamente e ci deprimono stabilmente.
    Il trucco è a strategia del pesce che mangia il verme..e la chiave è non toccare l’amo.
    Il rischio è finire nel cestino; ma che vita sarebbe senza rischi e la soddisfazione di una vittoria..l’unica che di questi tempi ci viene concessa, vivendo da reclusi in un mondo ostile dove collaborare è colpa?

  • upa 5 Luglio 2023

    E’ già il secondo post che mi vedo mangiato dalla macchinetta..
    Vuol dire che mi cimenterò nella pazienza per temprare la santità, sempre che ne trovi qualche grano per lavorarci sopra..cosa che non è assicurata. (hahaha)

  • upa 5 Luglio 2023

    E’ il terzo post che mi scompare..
    Sono stato bannato a mia insaputa?

    • Paola 5 Luglio 2023

      Upa.

      No ci stiamo dissolvendo già dai giorni scorsi…poi, a volte, ritorniamo…Non è ‘attesa di moderazione’…si sparisce proprio…cmq non penso sia selettivo. Un democratico problema tecnico.

  • upa 5 Luglio 2023

    Vedo che non sono stato bannato ..ma i post scomparsi ora sono 4..
    Spero che questo arrivi..perché ci sto prendendo gusto a scomparire e non mi sembra una cosa salutare.

  • upa 5 Luglio 2023

    A Paola..
    Grazie di avermi rincuorato..che morire assieme è pur sempre un destino comune che lenisce l’asprezza della solitudine, e ci fa sentire parte di una comunità, oggi concetto negato.

    • Paola 5 Luglio 2023

      Upa.

      😉

      • Livio Cadè 6 Luglio 2023

        Upa, Paola, non perdete la speranza. Il demone della rete deve averci messo la coda. Ma son sicuro che le forze del Bene stanno lavorando per risolvere il problema.

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