17 Luglio 2024
Controstoria Recensione

Il famigerato 1919 polacco – Costante Mandracchio

Cent’anni e nessuno ricorda…

Talvolta ci giungono dal passato gli echi necessari per poter riflettere sulla nostra vita odierna, sulla politica che purtroppo la regola, sulle correnti religiose che tanto creano le correnti politiche stesse quanto sembra che le servano all’abbisogna.

L’iniquo trattato di Versailles del giugno 1919 crea a tavolino una nuova repubblica: la Polonia.

La cosa a dire poco vergognosa è che nemmeno nelle maggiori enciclopedie, alcune persino online, si trovano informazioni sulla composizione a tavolino di questo nuovo “stato”.

Si danno alla formazione della Polonia parte della Slesia, buona parte della Prussia Occidentale e della Posnania, lasciando Danzica e il “corridoio” con un presidio armato polacco in una fortificazione situata al porto, cosicché la Polonia possa avere uno sbocco al mare.

50.000 chilometri quadrati di territorio tedesco sono tolti alla Germania assieme a 4,4 milioni di cittadini tedeschi i quali divengono “di colpo” polacchi. Quindi un decimo della Germania è staccato dalla Madre Patria andando a costituire il motore con cui fare funzionare il “golem”. Difatti aziende, imprese, commercianti, fino ai semplici lavoratori, dovranno garantire le funzioni primarie della nuova nazione.

Eppure, al contempo, gli organi dirigenziali della “nazione polacca” provvederanno ad avviare l’epurazione, sia contro i tedeschi, sia contro le genti d’altre etnie compattate entro confini arbitrari. I polacchi saranno i fomentatori, o meglio i principali fautori, della Seconda Guerra Mondiale.

Nel Compendio del libro “Documenti della crudeltà polacca” possiamo leggere: «Con l’imposizione di Versailles, milioni di tedeschi furono incorporati forzatamente nella Repubblica polacca allora creata, con una flagrante inosservanza del diritto di autodecisione dei popoli che era stato solennemente garantito. Perfino isolati rappresentanti delle potenze allora alleate, ebbero degli scrupoli a mettere incondizionatamente uomini di sangue tedesco nelle mani dei responsabili di uno Stato sperimentale, il cui livello culturale era arretrato di secoli rispetto a quello tedesco, e la cui capacità civilizzatrice era vista con occhio molto diffidente anche dagli stessi creatori di questo esperimento. Per conseguenza nella divisione del territorio rubato alla Germania nel 1919, queste terre germaniche furono assegnate ai polacchi, a condizione che essi dessero delle garanzie ben definite ai tedeschi per la vita, la proprietà, la lingua, la cultura» (Hans Schadewaldt -a cura di-, Documenti della crudeltà polacca, Effepi, Genova 2014, p. 7).

Già dal 1919 nella provincia di Posen e dell’Alta Slesia i tedeschi sono attaccati da organizzazioni polacche, molti civili sono ammazzati, torturati, feriti, internati e chi può scappa in Germania. Violenze e soprusi sono orchestrati e organizzati dallo stesso governo polacco.

Esercizi pubblici condotti da tedeschi sono fatti chiudere e così aziende tedesche più che fiorenti sono costrette a fare altrettanto. Le terre di proprietà di tedeschi sono arbitrariamente espropriate, anche e soprattutto grazie a una fraudolenta “riforma agraria”.

Si è calcolato, per difetto, che alla data del 1931 circa un milione di tedeschi è allontanato dalla Posnania, mentre nell’Alta Slesia si toccano punte di disoccupazione tra i tedeschi che raggiungono l’80%. Il peggio è che dal 1919 al 1939 vengono ammazzati circa 58.000 tedeschi, mentre più di 100.000 tedeschi scappano in Germania e nelle altre nazioni che confinano con la Polonia per sottrarsi all’eccidio.

 

L’Istruzione

Il processo di deculturazione avviato a ogni livello.

«Nelle regioni di Posen e della Prussia occidentale, che furono strappate al Reich nel 1919 ed affidate alla Polonia, esistevano oltre 2000 scuole pubbliche tedesche. In quella regione, nell’anno 1924 il numero delle scuole tedesche era sceso a 557. L’amministrazione scolastica polacca fece chiudere nel corso del decennio seguente la maggior parte di esse, così che nel 1934 non ne esistevano più che un quarto, e cioè 152 scuole. Dopo l’anno 1934, la lotta contro la scuola tedesca fu persino intensificata. Come esempio basti dire che nel 1937 furono chiuse in un solo mese 10 scuole tedesche e 2 altre minacciate di chiusura» (Ibidem, p. 77).

Cos’altro aggiungere?

Solo che la “storia” oggi insegnata nelle nostre scuole e purtroppo anche nelle “facoltà” universitarie sono chiacchiere devianti e imbonitrici. Le facoltà umanistiche universitarie non concedono affatto la facoltà di sviluppare un libero pensiero.

La garanzia di poter mantenere uno stato di menzogna passa necessariamente dal mantenere le persone nello stato d’ignoranza. In pratica, di stati fantoccio ce ne sono tanti e su più livelli dell’esistenza umana.

Oggi si deve fare lo sforzo di capire il recente passato nelle sue esatte dinamiche.

Oggi si tratta di capire a quale stato di cose si stia appartenendo.

Rimanere nell’ignoranza vuole dire richiamare su se stessi la rovina.

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