Solo che le cose sono forse un tantino più complesse, perché storicamente l’illuminismo è stato tutt’altro che un fenomeno culturale unitario. Nel mio scritto non avevo in mente come bersagli Voltaire e Diderot, Rousseau il cui mito del “buon selvaggio” rimane il fondamento di tanta antropologia mistificata e deteriore, invece si, potrebbe agevolmente rientrare nel dossier in realtà molto incompleto, che ho tracciato delle aberrazioni scientifiche che dominano l’odierna “cultura democratica”, e lo vedremo dettagliatamente nella parte conclusiva di questo articolo.
Bene, affermare oggi una simile opinione etichetterebbe subito Voltaire come un estremista di destra, un fascista, probabilmente un antisemita. E’ del resto esattamente quel che è successo al grande linguista Noam Chomsky quando ha osato affermare che tutti hanno il diritto di esprimere liberamente la loro opinione, compresi gli storici “revisionisti” che vorrebbero indagare il presunto olocausto degli ebrei nella seconda guerra mondiale come si fa con qualsiasi altro fenomeno storico, rivedere le cifre del presunto sterminio, e che non sono necessariamente per questo antisemiti, tra i quali si contano persino alcuni ebrei, Israel Shamir e Norman Filkenstein ad esempio.
ica brutale di genocidio al rallentatore che Israele porta avanti contro il popolo palestinese. Noam Chomsky è stato subito accusato di essere un fascista e un antisemita, e la stessa sorte sarebbe certamente toccata a Voltaire e, piccolo particolare che dà un tocco di grottesco a tutta la faccenda, Chomsky è ebreo.
Io non pretendo di aver fatto un lavoro assolutamente nuovo e originale; alcune utili anticipazioni si trovano ad esempio nel testo Congetture e confutazioni del filosofo della scienza Karl Popper.
Fra le pseudo-scienze in salsa democratica, la psicanalisi è un astro di prima grandezza che brilla per la sua falsità, seconda in questo soltanto al marxismo. Quando ho scritto La scienza manipolata ho avuto l’impressione di aver forse avuto la mano un po’ troppo pesante, sebbene riportassi cose da gran tempo risapute, ma invece sono stato fin troppo gentile con questa pseudo-dottrina della mente che di scientifico non ha nulla. Durante le vacanze estive ho letto Crepuscolo di un idolo, smantellare le favole freudiane di Michel Onfray (edizione Ponte alle Grazie 2011), forse uno dei pochi lavori sulla psicanalisi scritto non con intenti agiografici ed esegetici, ma critici.
ti ammazzati.
Si può segnalare poi che non è nemmeno del tutto certa l’identificazione del selvaggio con il primitivo, ossia dell’uomo che avrebbe continuato a vivere in un ipotetico “stato di natura” primordiale. Il selvaggio potrebbe essere, e in alcuni casi probabilmente è, il residuo degenerato di culture un tempo evolute. All’esplorazione di quest’ipotesi, Silvano Lorenzoni ha dedicato quello che è forse il suo testo più impegnativo: Involuzione, il selvaggio come decaduto. E’ un’idea che fa male, perché urta in pieno contro il mito di un progresso lineare ascendente immanente alla storia umana, perché fa pensare che se è stato possibile che in altre epoche tante culture anche elevate siano risprofondate all’indietro nella barbarie, nulla esclude che un domani un simile destino possa toccare a noi.
Vi piacciono gli intrugli? In caso affermativo, vi do la ricetta per un intruglio particolarmente atroce: prendete una buona dose di antropologia culturale, aggiungete un po’ di Scuola di Francoforte (che non sta mai male) e di Edmond Husserl di Dialektik der Aufklaerung, unite una discreta quantità di femminismo e di “diritti dei gay”, stemperate l’impasto così ottenuto in salsa democratica, marxista e anarchica. Questa è più o meno la ricetta dell’epistemologia anarchica di Paul Feyerabend. Devo essere sincero: sono stato alquanto incerto se inserire o meno questo personaggio e il suo “pensiero” in questa trattazione; sotto un certo aspetto, si ricollega chiaramente a una generazione di filosofi che hanno praticato una disinvolta fusione tra marxismo ed esistenzialismo, magari con l’aiuto di una buona dose di psicanalisi – di cui ho già detto cosa si debba pensare in termini scientifici – Jean Paul Sartre è stato il capostipite di tutti loro; hanno preparato il ’68 e portato il concetto di filosofia al punto più basso di considerazione e rispettabilità che questo termine ha avuto nei venticinque secoli da quando fu coniato da Platone.
nel quale Feyerabend ha esposto la sua epistemologia anarchica si intitola Contro il metodo. Il metodo oggetto dei suoi attacchi non è, come forse si potrebbe credere, il metodo scientifico sviluppato da Galilei e Newton, ma più in generale il metodo cartesiano e la persuasione di una razionalità immanente comune a tutti gli uomini. Contro di esso, giudicato troppo “occidentale”, “borghese”, “maschilista”, “eterosessuale”, con una batteria di argomenti tratti dall’antropologia culturale, Feyerabend rivendica la “parità di diritti” per le visioni del mondo non-occidentali, proletarie (leggi: marxismo), delle femministe, dei gay. “Parità di diritti”, si badi bene, ed è questo il punto insidioso di tutto il discorso, che riguarda non le persone, ma le culture o le identità culturali. In altre parole, se a un africano ammalato permettiamo o addirittura consigliamo di rivolgersi a un medico piuttosto che a uno stregone, commettiamo un atto violento, facciamo violenza alla sua identità culturale imponendogli la nostra cultura “bianca”.
E’ l’Europa, la nostra povera Europa, sconfitta, dominata e oggi invasa dalla marmaglia terzomondista, il nostro unico possibile riferimento.
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