di Michele Rallo
Quando, in futuro non so quanto lontano, la storia delle dottrine politiche si occuperà del Movimento Cinque Stelle, il giudizio degli studiosi sarà probabilmente divaricato: positivo per Grillo, Casaleggio e per i loro più stretti consiglieri; egualmente positivo per quel vasto elettorato che ha avuto il coraggio di scegliere uno schieramento estraneo alle logiche della “seconda Repubblica” eurodipendente; negativo, invece, per quella rumorosa minoranza di frequentatori di social network che appaiono come l’espressione ufficiale di un partito che non esiste; o, meglio, che esiste formalmente (come da rogito notarile) ma che non ha strutture organizzative e gerarchiche adeguate, così come non ha quel “comune sentire” di militanti, iscritti, simpatizzanti e semplici elettori che costituisce la cosiddetta “anima” dei partiti politici.
Certo, sono stati proprio Grillo e Casaleggio a volere questo, ben coscienti che un partito-non-partito avrebbe consentito di fare il pieno dei consensi, intercettando elettori di destra, di sinistra e di centro. Ma, per ottenere ciò, sono stati costretti ad inventarsi una sorta di “democrazia del web”, delegando ad una ristretta pattuglia di aficionados internauti le scelte che una Partito con la P maiuscola affiderebbe ad organismi centrali e/o periferici qualificati: penso soprattutto alle candidature per le elezioni di ogni ordine e grado. I limiti di questo sistema sono emersi in tutta la loro ampiezza in occasione delle recenti consultazioni parlamentari, che hanno visto l’elezione di una pletora di deputati e senatori “grillini” senza arte né parte, senza — cioè — un minimo di esperienza politico-amministrativa che fosse propedeutica alla funzione parlamentare; funzione che, ad onta delle ruberìe di una minoranza, è la più alta che un cittadino possa essere chiamato ad esercitare in un sistema — appunto — di democrazia parlamentare.
Ma il fondo è stato toccato con le primarie via internet per l’indicazione di una “rosa” di 10 nominativi fra cui scegliere il candidato Cinque-Stelle per la Presidenza della Repubblica. Ebbene, accanto al nome dello stesso Beppe Grillo, si è visto di tutto: da nominativi di alto profilo (penso soprattutto alla giornalista Milena Gabanelli) ma poco adatti a ricoprire alti incarichi istituzionali, ad altri soggetti maggiormente politicizzati, quasi tutti appartenenti al versante di sinistra. Alcuni fra questi ultimi sono letteralmente agli antipodi del movimento di Grillo: penso a Romano Prodi, colui che è il massimo responsabile dell’ingresso dell’Italia nell’Unione Europea (mentre Grillo ne vorrebbe l’uscita); o al costituzionalista Gustavo Zagrebelsky, una delle colonne del quotidiano “Repubblica”, il giornale-partito che è il più feroce avversario del M5 S.
In sostanza, oltre ad essere nettamente sbilanciata a sinistra rispetto all’elettorato del Movimento, la base telematica del grillismo non sembra avere la lucidità politica necessaria ad affrontare battaglie di ampio respiro. Se Grillo e Casaleggio non si decidono a fare politica sul serio (e per “fare politica” intendo candidarsi in prima persona e dare le direttive senza attendere che giungano da internet), il giocattolo è destinato a sfasciarsi in un mozzicone di legislatura. Peccato, perché un movimento genuinamente populista e schiettamente antieuropeo potrebbe avere un grande avvenire in questa Italia vittima dell’utopia eurocratica e dell’usura della finanza globalizzata.
Nota di Ereticamente
Ringraziamo l’Autore e il periodico Social (Settimanale indipendente di Trapani) per la gentile concessione
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