Pochi giorni fa un fuoco repentino ha avvoltola chiesa di San Sulpice. Chi lo volesse – se ne è in grado – potrebbe andare a compulsare le enigmatiche Centurie di colui che – nel Cinquecento – portò su di sé lo stesso nome della cattedrale di Notre Dame, oppure potrebbe cercare il riverbero corrusco dei “roghi dell’Orco” nei dipinti apocalittici di Pieter Bruegel il vecchio e di Hieronymus Bosch e ancora nelle raffinate illustrazioni dei “libri d’ore” della nobiltà francese del tardo Medio Evo, come quello del Duca di Berry, ma la tragedia che ieri ha colpitol’Île de la Cité, distruggendo uno dei luoghi più sacri e nobili dell’Occidente, è immane e apre un’insanabile ferita in tutta Europa e nell’intero mondo.
E nessuno dica, così come è stato detto, la solenne sciocchezza che “il danno non è grave perché riguarda un rifacimento della chiesa risalente alla seconda metà dell’Ottocento”; perché così facendo si dimostrerebbe ormai soltanto il proprio vaniloquio autoreferenziale e solipisistico. Notre Dame ha resistito comunque alla furia iconoclasta dei sanculotti e dei giacobini del Terrore, ha superato la follia nazista e i bombardamenti dell’ultima guerra, persino il contestatario ’68 l’ha risparmiata; eppure, ieri, qualcosa ha infranto le nobilissime mura dello Spirito e ha devastato l’Arte, la Cultura, la Tradizione e l’Identità, non soltanto del popolo francese ma di tutti noi. Resisterà certo ancora, il sogno di pietra degli antichi costruttori di cattedrali, la perenne fabbrica che si perpetua modificandosi nei secoli seppur rimanente sé stessa, laddove Fulcanelli abbraccia il Mistero più sacro e Viollet le Duc, vero erede dei Maestri medievali ad essi si ricollega, anche nelle profonde modifiche che egli ha apportato al Tempio, ma che non ne hanno mutato la funzione. Cosa che invece devono aver fatto, gl’insipienti che sino all’altro giorno hanno spostato statue e gargolle, ignari di ciò che stavano compiendo. E nessuno mi citi Dan Brown per cortesia, qua è ben altro!
Oggi vedo lacrime ipocrite o peggio, banali e scontate recriminazioni politiche e sociologiche, per una tragedia che – anche in caso di ricostruzione “come era dove era” – non potrà mai più ricreare né ristabilire l’Ordine spirituale che per secoli, da ancor prima che nascesse Notre Dame, ha collegato l’antica Lutetia, nella sua “isola sacra” con il Cielo numinoso. È la guglia, l’asse cosmico che unisce la Terra al Cielo ad essere stata divorata dalle fiamme ruggenti. Non credo al “caso”, che poi – non a caso – è l’anagramma del Caos, e fortuito o doloso che sia, l’incendio ha devastato ben più di una ricostruzione ottocentesca e ha ucciso non nella carne, ma nella pietra, nel metallo e nello Spirito ciò che rimane dell’Uomo integro, lasciando soltanto rovine fumanti. Il fuoco terreno ha avuto il sopravvento sul Fuoco superiore perché si è dimenticato proprio in quello che, un tempo almeno, era un “tempo sacro”. Restano comunque intatte la Croce, là nell’abside, e la “Rosa” a testimoniare che ancora una volta che“non prevalebunt” le forze degli Inferi, ciononostante l’uomo, vile e ignorante, anche quello che oggi ripete senza capire le parole di “bellezza” e “anima”, faccia di tutto per favorirne l’avanzata. E… sinceramente… lasciatemi dire che tutta questa pietra che è Spirito, metallo che è Anima, legno che è Corpo è molto, molto di più che un banale, stupido, semplice “patrimonio dell’Unesco” o il “nostro 11 settembre”. Banalità. Stupidaggini e farneticazioni da popolo minuto.
Detto ciò andiamo più nel “profondo” delle cose e dei fatti, lungo i secoli in un cammino segreto. Prima della chiesa dedicata a Nostra Signora, la Vergine Madre di Dio, era nell’isola sacra – non diversa ma analoga alla sua gemella sul Tevere – un bosco sacro agli Déi primigeni del mondo celtico. Da millenni dunque, quel luogo ha visto la presenza potente del Numinoso, divenuto poi cristiano con la merovingia chiesa dedicata a Santo Stefano, ma non per questo inferiore. Le colonne di legno, la selva, sono divenute pietra, perché pietra è il sacro tempio dove alberga lo Spirito del Mondo. Ricorda il grande Serge Hutin che così come la cattedrale tanto amata da Fulcanelli e prima di lui da alchimisti erranti, dotti, sapienti, ermetisti e cavalieri, si sostiene su un’unica “chiave”, altrettanto l’intera isola parigina può essere sommersa attivando un sigillo posto sotto le sue fondamenta e ignoto ai più. Gli ultimi eredi di tale segreto tuttavia non attuarono tale “soluzione finale” neanche durante l’occupazione nazista, infatti Hitler stesso si fermò nel suo proposito di radere al suolo la cattedrale. I giacobini distrussero molte statue e vetrate, impedendo così di fatto che esse potessero essere ricostruite secondo gli antichi crismi alchemici, in un segreto che da allora è andato perduto, eppure Napoleone, secondo alcuni “iniziato” da Cagliostro, ripristinò la chiesa. Dopo di lui venne il sogno preraffaellita di Viollet le Duc, l’architetto che ancora possedeva l’antica sapienza e che – seppurin maniera arbitraria e fantastica – cercò di riportare l’ancora vulnerata cattedrale al suo antico splendore. Si ricordi infatti che ogni “cattedrale gotica” (così come il Duomo di Milano o persino la Sagrada Familia), non è mai terminata, ma in continua edificazione e mutamento. È infatti – come avviene per San Pietro – perenne “fabbrica”. Questo perché la Tradizione, non è mai immobile a sé stessa, ma si perpetua adattandosi al tempo corrente senza perdere il Principio. Oggi questo a Parigi non potrà più avvenire a causa della desacralizzazione del luogo intervenuta da molto tempo. Una “breccia”, non più una fenditura nella “muraglia” si è aperta in maniera irreparabile ieri, permettendo a forze oscure di penetrare anche in maniera tangibile nella nostra realtà ancor più di prima. Certo il potere misterioso delle reliquie contenute nell’edificio ha impedito la loro perdita, ma il “vexilla regis prodeunt inferni” ormai è avvenuto.
E quell’antico démone che ne creò le porte secondo la leggenda medievale, oggi le ha spalancate ai suoi fratelli. Hanno spostato le gargolle, da quegli sciocchi e stolti ignoranti che sono, spodestando così gli apotropaici guardiani che da secoli vigilano sull’edificio sacro. Viollet le aveva ripristinate dove esse erano state distrutte perché ben ne sapeva il significato e la funzione. Oggi no, non più, quindi smettano di dire e ripetere “la ricostruiremo” perché anche se così fosse, non potrà mai più essere come prima. Poi l’immaginario collettivo, che non sa andare oltre l’apparnza banale delle cose, cosa ci produce? Il “gobbo di Notre Dame”, per di più in versione cartoon, che abbraccia la cattedrale, ignorando che Quasimodo è la deformità dell’uomo contemporaneo, mostro. bestia che non ha più la sua Bella.
Comunque, è mia profonda convinzione, irridendo gli psicotici deliranti che cianciano di “guerra” senza essere in capacità di comprendere che la “Grande e occulta guerra” si perpetua nel nostro – questo – mondo da eoni, dicevo è mia convinzione che nella tenebra la luce splenda con maggior forza.
Dalmazio Frau