Josep Borrell, la cui pomposa qualifica è Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, nonché Vice Presidente della Commissione UE, l’organismo che comanda la vita di 447 milioni di fortunati residenti dell’Unione, disse alcuni mesi fa, riferendosi alla guerra in Ucraina e alle aree di crisi nel mondo, che l’Occidente è un giardino. L’anziano gerarca ha tutte le ragioni: esponente di spicco dell’oligarchia, è ricco, o almeno agiato, e vive in una bolla di benessere e potere. Un giardino lussureggiante il suo, un paradiso in terra simile a quello promesso ai musulmani, il cui premio celeste sono “ giardini dove scorrono ruscelli” (Corano, sura 22, versetto 23).
Per altri, il presente è diventato il giardino dei supplizi. Tale è il titolo di un romanzo di discreto successo di fine Ottocento del francese Octave Mirbeau, dedicato ironicamente “ai preti, ai soldati, ai giudici, a tutti coloro che educano, istruiscono e governano gli uomini”, dunque anche al politico spagnolo prestato alla causa europoide. L’Occidente – concetto spurio inventato per saldare i divergenti interessi americani e di alcuni paesi europei- a noi pare un’infezione, una malattia degenerativa per la quale unico rimedio è la ribellione.
Secondo Ernst Juenger il Ribelle è nel mondo contemporaneo l’unico soggetto rimasto strutturalmente sano. Di sicuro è tra i pochi a percepire come supplizio l’appartenenza a un mondo terminale, oltreché finto. Per molti altri, la decadenza è vista come liberazione o è assolutamente indifferente. Che cosa pensare di una società nella quale ha un ruolo preminente Chiara Ferragni ? La ragazza non ha talenti artistici, scientifici o professionali. Tuttavia è diventata ricchissima facendo l’influencer. Tanto di cappello alla sua intuizione e a quella dei suoi colleghi. Strana professione: colui che influenza, ossia orienta e determina i comportamenti altrui, un ibrido tra l’imbonitore di fiera, il prestigiatore applaudito per i trucchi che ingannano lo spettatore, il propagandista pubblicitario e il demagogo vero e proprio, benché mascherato.
Un imbroglione post moderno, impettito, molto social, che vende se stesso al sistema pubblicitario, ideologico e mediatico, discettando di tutto senza avere competenza su nulla. Un eroe del nostro tempo, a cui vanno gli applausi dei “seguaci” (followers), che ad ogni esternazione, immagine, presa di posizione “postata” dall’ idolo del momento cliccano il fatidico “mi piace”. Più like, più followers, più l’influencer è richiesto dal sistema pubblicitario (commerciale, politico o mediatico, è lo stesso). I seguaci corrono a comprare certi prodotti, si conformano alle condotte raccomandate dai loro preferiti – l’imitazione è l’ atteggiamenti più comune degli uomini – partecipano alle campagne da essi promosse e si sentono più buoni, più giusti, più felici.
Nel frattempo, aumenta il conto in banca dei vari beniamini. Nel caso della Ferragni, sembra che i suoi ricavi – il fatturato della start up che chiameremo Influencer Limited– abbiano raggiunto i settantacinque milioni. Tra gli influencer, “nisciuno è fesso”; tra i follower, non proprio. Che ci resta, in un mondo siffatto se non la bandiera sgualcita dei ribelli? Naturalmente, gli influencer non sposano mai cause sgradite al sistema dominante, anzi sono i banditori più accesi delle idee, dei comportamenti e dei modi di vita graditi a chi comanda. E i pesciolini abboccano sempre all’amo. Il nuovo anno non fa rimpiangere quello vecchio, quanto a supplizi. Mentre indugiamo sulla possibile truffa al pandoro della moglie di Fedez, nessuna Ferragni, nessun influencer si esprime sui temi che davvero cambiano la vita concreta: sarebbero sgraditi a chi li paga profumatamente per essere gli altoparlanti del potere.
Nessun opinionista- altro mestiere redditizio e facile, basta opinare, ossia esprimere pensieri comuni, conformisti, favorevoli al potere- si occupa di cose fastidiose. Avete notizia di testimonial famosi contrari all’aumento di oltre il doppio delle onde elettromagnetiche legalmente permesse, da 6 a 15 volt/metro ? Eppure viviamo in tempi di ossessione ambientale e le radiazioni non fanno certo bene alla salute. Un sito economico esulta: “è una vera svolta per il mercato, l’aumento farà bene all’Italia”. Il Dio Quattrino ha pronunciato la sentenza: pollice alzato, “ mi piace”.
Pochi dissidenti isolati, rari nantes in gurgite vasto, sparsi nuotatori controcorrente nell’ampio mare allineato e coperto. Sappiamo tutto delle opinioni di Paola Cortellesi su Biancaneve e Cenerentola, nulla sul blocco della Germania da parte di agguerriti movimenti sociali antagonisti. Silenzio o applausi dinanzi alla possibilità che l’Organizzazione Mondiale della Sanità assuma poteri diretti sulle questioni della salute: nessuno disturbi il manovratore, il filantropo dei filantropi, Bill Gates. Oops, è lo stesso che ci vuol far mangiare carne artificiale. Pochi sostengono, nelle officine dei pensieri permessi, la lotta degli agricoltori. Disturbatori che interrompono il traffico e bloccano le stazioni, ma intanto qualcuno – quelli che pagano propagandisti, influencer e imbonitori- sta distruggendo l’agricoltura in nome di interessi sporchi quanto giganteschi.
Poco spazio anche per le obiezioni al Forum di Davos, vigilato da cinquemila soldati svizzeri. Un’associazione privata riunisce altri potenti e decide per tutti. Nessuna obiezione del popolo spettatore passivo; essenziale è che funzionino gli smartphone, Facebook, Instagram, Tik Tok e compagnia brutta. Silenzio anche sulla previsione (previsione?) del Forum relativa all’ imminente scoppio di un’altra pandemia, il virus X (lo chiamano proprio così) che ucciderà venti volte più del Covid 19. Sempre allegri bisogna stare; non mi riguarda (ancora), pensa l’homo stupidus, oppure si rassicura: si stanno preoccupando per l’umanità. Funziona il travestimento, vengono creduti i lupi travestiti da benefattori.
Il totem della democrazia vacilla sempre più. Un gigante della comunicazione giornalistica, Bloomberg- proprietà di un finanziere miliardario e uomo politico – è preoccupato perché nel 2024 si terranno elezioni in oltre sessanta paesi, tra cui Usa, Russia e UE. Che guaio. E se votassimo male, se non seguissimo le indicazioni dei Superiori? Si preparano legioni di gazzettieri, influencer, servi e maggiordomi, pifferai di Hamelin assunti per parare il colpo, cioè per ingannarci. Democrazia sinché comandano lorsignori.
Infatti in Italia non si riesce a proiettare un lungometraggio, Il testimone, girato nel Donbass. E’ favorevole ai russi, dunque va censurato; la prima linea proibizionista è formata dalle amministrazioni progressiste. La libertà di espressione è a senso unico: si può dire ogni cosa, purché favorevole alle classi dominanti. Per chi ha l’ardire di organizzarsi al fine di esprimere concetti “infedeli alla linea” è pronto il trattamento Ludovico di Arancia Meccanica. Oh, non così violento come nel film di Kubrick. E’ sufficiente aizzare gruppi di esagitati che, attraverso insulti a mezzo social uniti a vere e proprie intimidazioni, impediscono che ci si riunisca “liberamente e senz’armi “, l’ articolo 17 della Costituzione tratto dall’ articolo 32 dello Statuto albertino . Le sale private impaurite (e un po’ vigliacche) rifiutano di ospitare chi è attaccato dai mazzieri del sistema, costretto a tacere o a svolgere riunioni carbonare in centri minori.
Capita a Verona, in cui è stato impossibile presentare il libro del generale Vannacci, capita ovunque si dia fastidio ai finti democratici, finti tolleranti, finti buoni, finti illuminati. A Padova è stato sparso letame dinanzi alla sede di Pro Vita e Famiglia, uno dei bersagli favoriti della galassia fucsia e arcobaleno. Già la denominazione del gruppo cattolico provoca travasi di bile con scoppi di odio incontrollato. Altri squadristi del pensiero, più sofisticati, con poltrone direttive nella stampa, nelle televisioni e nelle case editrici deviano l’attenzione con armi di distrazione di massa (masse sempre più sparute, invero) tipo l’ennesima psyop montata sulla manifestazione in ricordo dell’eccidio di giovanissimi militanti missini in via Acca Larenzia a Roma.
Solita indignazione a comando, resa più accesa dall’ orientamento –assai sbiadito- del governo in carica. A ottant’anni dalla fine della guerra, dibattiamo non su fatti concreti, ma se sia reato levare in alto il braccio destro in un atto commemorativo. Comunque la si pensi, dovrebbe sconcertare che l’ accusa non riguardi chi commise quella strage impunita del 1978. L’odio si accanisce su chi ricorda uno choc che ferì in maniera indelebile una comunità politica, non sugli assassini. Tutto è al contrario, anche la memoria italiana, lunghissima, interminabile nei riguardi di qualcuno, evanescente, inesistente per altri.
Viviamo in un gulag mentale in cui il ruolo decisivo è svolto dalla propaganda. Non a caso, la parola è scomparsa dal vocabolario neolinguistico. Meglio dire “comunicazione”, fa più fine, ma si tratta sempre di strategie di influenza e controllo della mente altrui. Alla propaganda nulla importa della verità: conta occupare l’immaginario, imporre idee. Il primo grande mistificatore scientifico fu Edward Bernays. Il nipote americano di Sigmund Freud spiegò tutto nel 1928 in un libriccino dal titolo Propaganda, come manipolare l’opinione pubblica, in cui parlava apertamente di un “governo invisibile” delle menti necessario alla sopravvivenza della democrazia liberale, la sedicente “società aperta”.
Oggi il ruolo della propaganda, rafforzato dalla potenza dei mezzi di comunicazione- in mano a pochi gruppi privati- non mira più “ a consolidare le identità tradizionali, ma a sbriciolarle, cancellarle. E a subordinare l’opinione pubblica agli interessi delle lobby minoritarie, sessuali, razziali, religiose o semplicemente finanziarie e commerciali.“ (Jean-Yves Le Gallou) Chi controlla i meme, controlla l’universo, ha detto Elon Musk, uno dei padroni del mondo. I “meme” sono elementi culturali o di costume che si propagano per imitazione, sotto forma di immagini, persone, stili di vita o comportamenti diffusi attraverso i mezzi di comunicazione di massa.
E’ un giardino dei supplizi, per chi conserva il desiderio di verità, vivere in una società pervasa, attraversata, occupata da forme infinite di propaganda, ossia di menzogna, dalla culla alla tomba. Sapere che le varie forme di propaganda producono circa il cinque per cento del PIL determina un senso di impotenza, una malinconia esistenziale. Viviamo in una società in cui tutto è manipolazione eterodiretta, controllo del comportamento sociale e in cui tutto ciò non è quasi percepito. Il sistema della pubblicità padrona e onnipresente istituzionalizza il criterio della bugia: la réclame non dice la verità programmaticamente, giacché il suo compito è spingere all’acquisto di merci, alla scelta di condotte, all’adozione di comportamenti. Perfino gli stadi cambiano nome, assumendo quello di brand o prodotti.
In più, la menzogna è a tempo determinato poiché le mode che produce e induce devono essere brevi, modificabili a volontà per fare posto a consumi sempre diversi, nuove idee, nuovi meccanismi mentali. Chi osservi i messaggi della pubblicità commerciale- e in generale i contenuti delle opere di intrattenimento televisivo e cinematografico- non può non notare l’indottrinamento, la diffusione indotta di modelli sociali, familiari, sessuali, comportamentali, finanche razziali, in linea con il progressismo liberal dominante. Ci correggiamo: il supplizio è prendere atto che tutto passa inavvertito per la ripetizione coatta dei messaggi, per i toni ora ipnotici, ora euforici, ora corrivi della comunicazione, per il tracollo del senso critico.
Chi se ne avvede, per istinto o perché informato anche minimamente sulle tecniche e i meccanismi psicologici, linguistici, cognitivi elaborati per impadronirsi delle nostre menti, cioè della nostra libertà, vive il presente come un supplizio. Non servono il lamento o la rassegnazione. Essere è innanzitutto difendersi; anziché maledire il buio è meglio accendere una candela (Lao Tzu). Il bagliore tenace di chi non ha influencer, di chi dubita, disobbedisce, resiste al supplizio.