Ioan Petru Culianu, discepolo di Eliade, è stato uno degli storici delle religioni più originali del Novecento. In lui si conclude la grande tradizione intellettuale transilvanica del secolo XX. Per comprendere il cuore vitale dei suoi molteplici interessi, è indispensabile leggere un suo volume, da poco tradotto in italiano. Si tratta di Iocari serio. Scienza e arte nel pensiero del Rinascimento, edito da Lindau, per la cura di Horia Corneliu Cicortaş. Lo scritto, incompiuto, ha avuto un’edizione romena nel 2003, e fu realizzato nel periodo in cui Culianu insegnava in Olanda, all’Università di Groningen. Il volume è costituito da un’introduzione (rilevantissima!) composta il 5 gennaio 1979 e da quattro capitoli. Mancano tanto il quinto capitolo, quanto la seconda parte dell’opera, annunciati dall’autore, ma mai realizzati. Nonostante ciò, il testo ha una sua evidente organicità contenutistica e può svolgere un ruolo dirimente, in tema di storia della cultura e delle idee, in un duplice senso: chiarisce la genesi della mentalità moderna e della scienza galileiana, alla luce di un mutato paradigma cognitivo e, nel far ciò, attribuisce credibilità anche all’antico modello, quello magico-tradizionale. L’importanza di Iocari serio e la sua contestualizzazione storica nell’iter di ricerca di Culianu, si evincono dalla postfazione di H. R. Patapievici.
L’autore, nell’incipit del volume, sostiene che “L’espressione più adatta a descrivere il progetto filosofico del Rinascimento è ludus globi, giocare il gioco del mondo” (pp. 15-16). Non casualmente, ludus globi è anche il titolo dell’ultima opera di Niccolò Cusano. Lo storico romeno colloca così il lettore nel bel mezzo della vexata quaestio dionisiaca, al centro dei misteri di Dioniso orfico, dio-bambino ucciso dai Titani, nel tentativo di sovvertire l’ordine sacro del reale.
La posizione di Culianu è espressa con estrema chiarezza: tra il dionisismo-orfismo delle origini, l’innocenza del divenire nietzschiana e la ontologizzazione messane in atto da Heidegger, sta la posizione ludica del Rinascimento. E’ ad essa che è necessario guardare perché “il simbolo del gioco nel Rinascimento è ambiguo, malinconico[…]ma anche esaltante” (p.26), metafora rinviante alla padronanza nell’Arte magico-alchemica. La questione dionisiaca viene ridotta ad interpretazione, ermeneutica: nel pensiero europeo nulla sfugge al gioco interpretativo. Si tratta di interpretare l’interpretazione e, nello specifico, per quanto attiene alla forma mentis dell’età rinascimentale, di cogliere, quale suo tratto fondante, la prospettiva immaginale (Corbin) o fantasmologia. Di cosa si tratta? Per comprenderlo è bene far riferimento ad uno studio di Giorgio Agamben del 1977, Stanze, nel quale è possibile rintracciare una gnoseologia non dissimile da quella rintracciata nel Rinascimento, in Iocari serio, da Culianu. La cultura della Rinascenza è una cultura del fantastico, perché l’interesse fondamentale di quest’epoca attiene alla manipolazione dei ‘fantasmi’. Lo strumento che consente di intervenire sulla realtà immaginale ed interiore è il ‘corpo pneumatico’, concezione che rinvia all’animazione universale, alla simpatia vigente nel cosmo propria del neoplatonismo ellenistico. Essa sarebbe giunta agli uomini della Nuova Età, dal Medio Evo. Fin dal 1200, i trattati medici, conservavano l’idea del pneuma, giunta alle soglie della Modernità attraverso la trattatistica greco-araba della Scuola di Salerno.
Protagonista del Rinascimento, per Culianu, non fu la figura dell’umanista appartato, bensì quella del mago che in Bruno ebbe il proprio modello universale, successivamente scartato dalla scienza moderna. Quindi, il libro di cui parliamo è, innanzitutto, “una monografia di un’idea perduta, di un continente sommerso: l’epistemologia del soggetto conoscitore nella magia rinascimentale” (p. 226). Per questo, il nostro autore si vede necessitato a smuovere nel lettore preconcetti indotti dalla marcia trionfale del logocentrismo e a risvegliare sensibilità animiche, assopitesi in noi sotto la pressione invadente della logica identitaria. Per vedere il mondo come lo vide l’intera civiltà del Quattro e del Cinquecento, bisogna cogliere senza infingimenti lo sfondo abissale da cui procedono le molteplici e metamorfiche creature che ci circondano, riassaporare il senso del nulla di ente, del ni-ente. Infatti, il soggetto trascendentale della magia è stato tacitato da una forma di conoscenza che non lascia più essere le nostre vite in sintonia con il mondo, ma che si fonda sulla cartesiana contrapposizione di soggetto e oggetto.
Come avvertì, luminosamente, nel proprio furore eroico, Nietzsche, Riforma e Controriforma agirono all’unisono nel far tacere le voci della visione fantasmatica. Esse si esprimevano essenzialmente attraverso l’Eros riconnettivo, costretto al silenzio “Lutero, questo monaco fatale, ha restaurato la Chiesa e[…]il cristianesimo, nel momento in cui questo soccombeva” (18). In questo libro ‘giovanile’, Culianu considera la magia come un procedimento cognitivo della nostra mente, permanente, anche se, al momento, non più attivo. A siffatta conclusione giunge attraverso la storia delle religioni, intesa quale strumento esegetico che mira oltre lo specifico oggetto di indagine che le è proprio: ad una teoria generale della conoscenza. In questo senso, l’ultimo Culianu “aveva ritrovato nella visione dell’universo-computer tutte le premesse della magia di Giordano Bruno” (p. 222). In ogni caso, la domanda fondamentale alla quale l’intellettuale romeno tenta di rispondere, in Iocari serio, è di tipo kantiano e si riferisce alla ricerca delle strutture capaci di rendere possibile la magia, così come, per il criticismo, le forme a priori rendono possibile la scienza newtoniana. Culianu fu studioso che si prodigò nell’individuazione dell’unità cognitiva in grado di rendere intelligibili gli ambiti di studio più diversi, dal dualismo gnostico ai ‘viaggi sciamanici’. Apprezziamo maggiormente il primo Culianu, nella convinzione che il recupero del conoscere per immagini, oltre le logiche diairetiche, sia condizione imprescindibile, anche oggi, del tentativo di propiziare un Nuovo inizio europeo.
Giovanni Sessa
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