«Per quel generale desiderio di sapere, che per natura tutti gli uomini hanno, per quello speciale godimento che alcuni ne derivano, prima di assumere l’onore del regnare, fin dalla nostra giovinezza abbiamo sempre cercato la conoscenza, abbiamo sempre amato la bellezza e ne abbiamo sempre, instancabilmente, respirato il profumo».
Così parlò Federico II di Hohenstaufen, re di Sicilia, duca di Svevia, Imperatore del Sacro Romano Impero, re di Gerusalemme, stupor mundi, puer Apuliae, Anticristo e “Cavaliere dell’Intelletto” – come recita il felicissimo titolo di un’opera composta dal maestro Franco Battiato in onore del grande imperatore. E non v’è dubbio alcuno che, tra le tante definizioni argute, sentenziose o anche maligne che di Federico sono state date fin dai suoi giorni di vita, questa del Battiato meglio d’ogni altra sembra riassumere il molteplice aspetto della sua eclettica personalità: una personalità che stupì, e ancora stupisce, non solo gli eletti del suo mondo, ma anche quelli del nostro, non sempre inclini a riconoscere, nel giudizio degli antichi, verità incontrovertibili.
Se è vero che, come ammonisce l’illustre storico Franco Cardini, «[…] si deve tener presente quanto ozioso e rischioso sia […] il cadere […] alla sirena dell’attualizzazione, forma molto grave di moralismo e di anacronismo», altrettanto vero è che «Dinanzi a personaggi come Federico II, proprio nella misura in cui egli sembra aver affrontato problemi che vanno ben al di là del suo tempo e che si propongono come metastorici – l’Autorità, il Potere, la Libertà e via discorrendo –, la tentazione dell’anacronismo è forte»1.
Cade forse nella tentazione di guardare all’epoca federiciana con occhi moderni – non per ignoranza né malafede, senz’altro per il (più che comprensibile) grande trasporto nei confronti del proprio oggetto di studio – Valentina Certo, giovane Autrice di due recenti volumetti dedicati al nostro, forgiati dai torchi di Giambra Editori, autentico scrigno di storia e cultura siciliana nel mondo della piccola editoria indipendente.
Tuttavia l’inciampo è giustificato dalla natura dei due volumi – Il tesoro di Federico II e Il leggendario Federico II – non prettamente storica, quanto piuttosto artistico-divulgativa, con particolare attenzione ai giovanissimi lettori nel secondo libello.
Entrambi i testi vantano un ricco corredo figurativo – cifra stilistica dell’Editore Giambra: riproduzioni fotografiche di ritratti, manoscritti, cammei, monete afferenti al “tesoro” di Federico nella prima opera; illustrazioni d’artista nella seconda, ad agevolare la lettura per i più piccini, così come la scelta della voce narrante, affidata al falco addestrato dell’imperatore, notoriamente appassionato di falconeria.
Tra l’uno e l’altro testo, in poco più di trecento pagine complessive, sembra non mancare nulla: le vicende più significative della biografia federiciana, i tratti e le apparenti contraddizioni caratteriali del grande imperatore, i contrasti, le vittorie e le sconfitte, aneddoti e personaggi noti e meno noti che orbitarono attorno al puer Apuliae.
Disseminate di riferimenti ai luoghi di Federico, tra le pagine vergate dalla Certo scopriamo la traccia per un itinerario storico-artistico, specie siciliano: gratta gratta, le due opere sono un omaggio alla Sicilia, patria dell’Autrice, e alla sicilianità. Entrambe sono “didattiche”, particolarmente adatte ai ragazzi, essendo l’Autrice storica dell’arte nonché docente universitario.
Onnipresente la traccia della bellezza, della grandezza, della maestosità delle opere dello Svevo: le fortezze, i gioielli, le pergamene: nel complesso un vero e proprio tesoro, un preziosissimo lascito ereditario. L’auspicio è che non subiscano la deturpazione della follia iconoclasta che imperversa di questi tempi, nemica di tutto ciò che è bello, armonioso (dicevano i latini formosus, in contrapposizione ad informis) evocativo, vigoroso, tradizionale…
Non manca l’analisi, essenziale ma puntuale, dell’opera di renovatio imperii compiuta da Federico: la scuola poetica siciliana, la quale anticipò la tradizione toscana; la prima università laica e statale, il forte impulso dato alla scienza e alla medicina, la riscoperta dei valori della classicità e soprattutto della romanità imperiale augustea.
Ma non è solo arte e cultura l’opera di Federico, di conseguenza nemmeno quella di Valentina Certo: impossibile, dunque, non accennare al sincretismo arabo-normanno, al difficile rapporto col papato, alla guerra con la Lega lombarda – guelfa e funesta fin dalla sua origine – alle donne che gli orbitarono intorno.
Sangue germano-normanno, Federico; siciliano di adozione, ponte tra due mondi diversi ma mai vicini come allora; annientatore di campanilismi, abile stratega e diplomatico, Augustus e ghibellino (ma non “laico”); crociato riluttante, sterminatore di lombardi (e guelfi) carrocci; colto e curioso all’inverosimile, amante della natura e promotore di bellezza: non potremmo avere orgoglio maggiore, e miglior modello di esaltazione della sicilianità.
Possa il tuo esempio, o Federico, stupor mundi, liberarci dallo stuprum mundi a cui assistiamo, inerti, da troppo tempo.
NOTE:
- Federico II di Svevia stupor mundi, a cura di F. Cardini, Editalia, Roma 1994, pag. 67