8 Ottobre 2024
Esoterismo

Il lievito ermetico dell’Eternità – Umberto Bianchi

Martedì 8 Ottobre, presso la libreria Aseq, in Roma, si è svolta la presentazione del volume “Il lievito dell’eternità” scritto da Alessandro Boella ed Antonella Galli, per i tipi della “La lepre Edizioni”. Il libro tratta il percorso dell’Ermetismo nei secoli che seguono alla sua nascita durante l’Ellenismo, attraverso i tre elementi che ne starebbero a fondamento, ovverosia l’adorazione degli astri, del cielo e del “nous”, ovverosia di quell’afflato di spirito divino che risiede nelle profondità dell’animo umano. Ma perché trattare un argomento come l’Ermetismo partendo dal suo “particulare”, ovverosia dai suoi elementi costitutivi e non , invece, da un punto di vista più generale e di ampio respiro? Semplice.

Alla base di questa scelta sta la considerazione che, il millenario tentativo di rettificare l’uomo e la sua civiltà malata attraverso l’interiorizzazione e l’astrattizzazione moralista, di cui il Cristianesimo è stato uno dei fondamentali attori, è palesemente fallito. Rimane l’alternativa di una via “concreta”, “chimica”, di cui l’Ermetismo, quale dottrina eretica, rappresenta la principale via di realizzazione in Occidente. Una via di realizzazione che, a detta degli autori, affonda nella praxis concreta sulla realtà, attraverso quella via magica in grado di connettere la dimensione materiale alla sfera del soprannaturale, attraverso un lavoro simbolico sulla materia, in grado di elevare l’animo umano. E’ la via “sacerdotale” contrapposta alla tendenza all’astrattizzazione, così come essa è andata esprimendosi anche in autori del Neoplatonismo come Plotino, di contro ad una via “pratica” di cui Proclo e Giamblico furono, invece, i rappresentanti più noti. Un testo denso di riferimenti, che non può non offrire degli spunti di riflessione, sul senso e sulla natura dell’esperienza Ermetica.

Anzitutto, essa non si esaurisce con la fine del mondo antico ma, anzi, proseguirà il proprio percorso attraverso i secoli, in modo più sotterraneo durante l’Evo Medio, con personaggi del calibro di Ruggero Bacone ed Ildegarda di Binghen, sin quasi ai giorni nostri, non senza passare per l’Accademia fiorentina di Marsilio Ficino, o l’esperienza di Giordano Bruno, non senza dimenticare un Paracelso, l’abate Tritemio, Robert Fludd e tanti altri ancora. Una cosa però è il sapere ermetico, così come pervenutoci da Mistrà, grazie ai vari Michele Psello, Gemisto Pletone ed al Cardinal Bessarione. Altro sono le deviazioni e le distorsioni da questo subite, a partire dal 16° secolo per cui, grazie alle influenze bibliche ispirate dal nascente Protestantesimo, l’intero corpus sapienziale ermetico, profondamente legato alla tradizione occidentale, verrà infiltrato e distorto dalla cabalistica ebraica che, si badi, se in sé rappresenta l’afflato esoterico della religione israelitica, dall’altro avrebbe apportato, all’interno dell’Ermetismo apporti biblici che, con la primeva tradizione indoeuropea che esso rappresenta, anche se in una più tarda versione, c’entrano poco o nulla. Distorsioni che, invece, finiranno con il fornire l’humus ideologico e culturale su cui si edificherà la nascente civiltà mercantilista e su cui prospererà la seguente civiltà capitalista globale.

Un chiarimento questo, che non può non far piacere specialmente in un contesto culturale, quale quello filosofico o esoterico, ove ad abbondare sono le più perniciose confusioni ed i più deleteri ed indigesti “fritti misti”, in cui nel nome di una quanto mai vaga e generica idea di “Tradizione Primordiale” si mischia di tutto e di più, con risultati spesso catastrofici. Fatte queste considerazioni, non ci si può non interrogare sulla intima natura dell’Ermetismo e sul suo significato nell’intera vicenda occidentale. L’Ermetismo nasce in ambito ellenistico, quale risultato della sintesi tra il culto dell’ellenico Hermes/Mercurio, divinità psicopompa, protettore dell’umano ingegno in tutte le sue espressioni e l’egizio Toth, divinità dalla natura anch’essa psicopompa e dio della scrittura, dando luogo all’ulteriore religione misteriosofica ellenistica. L’Ellenismo, della civiltà classica, rappresenta il momento di maggior espansione, ma anche di profondo tormento interiore. La crisi dell’individuo ellenistico, tutta imperniata sulla fine della aggregazione comunitaria della “polis” e sulla sua dispersione in una anodina dimensione statuale multinazionale, quale quella delle satrapie ellenistiche, sta a simboleggiare la fase terminale di quell’ “Età Assiale” dell’umanità, tanto finemente tratteggiata dallo Jaspers, tutta imperniata sull’interiorizzazione e sulla presa di coscienza individuale, che ha nel sorgere di religioni salvifiche spesso veicolate da personaggi umani, il proprio momento fondante.

Alla base di questo processo, sta la graduale perdita del senso di comunione con l’Essere e, pertanto, anche con le sue divine teofanie. Quella dimensione divina che, sino a quel momento, attraverso i vari mitologemi, colloquiava direttamente con l’uomo, ora aveva bisogno di figure di umani interpreti e mediatori, oppure di spiegazioni razionali che ne descrivessero il graduale palesarsi, attraverso una discesa nelle dimensioni terrene, da sideree ed assai lontane sfere, da una pura luminosità, alla più bruta ed oscura materialità. Mahavira, Buddha, le Upanishad, Zoroastro, Parmenide, Eraclito, Lu Tzu, i Profeti Veterotestamentari, furono tra i principali protagonisti della vicenda “Assiale”. Alla fine di questo percorso, sta l’Emanazionismo di Neoplatonismo e Gnosi, ovverosia, la rarefazione del concetto di divino e la sua difficoltà a manifestarsi in terra, alla umana comprensione, se non attraverso una serie gerarchica di manifestazioni in senso discendente, dalle dimensioni sideree alla realtà materiale.

L’Ermetismo è prodotto diretto di questo scenario, andando a mutuare elementi sia dal Neoplatonismo che dalla Gnosi. Dal primo mutua l’idea olistica di un Kosmos i cui aspetti sono strettamente interrelati “così in alto come in basso”, all’insegna di una visione positiva dell’intero costrutto, per cui ogni parte è necessaria all’altra, in un organico contesto che tanto ricorda le parti costitutive di una gigantesca creatura.  Della Gnosi e del suo ontologico pessimismo, per cui la sostanza divina va man mano degradandosi verso la più bruta materialità, espressa da quella creazione di cui è autrice una divinità inferiore, il Demiurgo di platonica memoria, di quella Gnosi dicevamo, l’Ermetismo in qualche modo, riprende il motivo dell’aspirazione dell’ animo umano, attraverso la riscoperta di quella divina scintilla rappresentata dal “nous/mente”, ad un ritorno a quelle sideree dimensioni, abbandonate eoni fa. Ed anche in questo motivo si preavverte, sottaciuta ed implicita, l’idea di una costitutiva negatività del mondo e delle umane cose, verso cui è d’obbligo una assoluta diffidenza, espressa da un agire segreto e muto, all’insegna di un linguaggio totalmente metaforico, attraverso pratiche quali, magia, alchimia ed astrologia. Diciamo pure che, l’Ermetismo rappresenta, in differenti proporzioni, la via operativa di Neoplatonismo e Gnosi; maggioritariamente del primo, minoritariamente della seconda.

E tanto per fare un esempio. Il “Pimander”, uno dei testi-base del “Corpus Hermeticum”, risente non poco di influenze gnostiche. Gnostiche o neoplatoniche che siano, comunque, le influenze delle due scuole di pensiero vengono dall’Ermetismo rielaborate, in un contesto originale e differente, volto a fare dell’individuo, colui che può farsi protagonista della propria trasmutazione interiore, attraverso quella “mercurialità” che vede nell’espletamento di una serie di pratiche o ritualità legate anche al mondo materiale, la via-principe. In tutto questo contesto, però, altrettanto sottaciuto ed implicito, permane un problema di fondo, un convitato di pietra,poco o per nulla trattato, viste le sue scomode implicazioni. In quanto figlio di Gnosi e Neoplatonismo, l’Ermetismo è, costituzionalmente “Emanazionista”. Un elemento questo, che porta pericolosamente, ad una tendenza all’assoluta astrazione del divino. Questo, a dispetto delle apparenze “chimiche” e concrete della “scientia” ermetica. Una concretezza che, da un lato, ha portato nei secoli a far sì che scienze come l’Alchimia, fossero interpretate quali mezzi per pervenire a risultati prettamente materiali ( fabbricar l’oro dal vile metallo…), oppure ad un confinamento dell’Ermetismo medesimo, in una dimensione astratta e favolistica, così come accaduto a fine del 17° secolo e così ben simboleggiato dalla vicenda del contrasto tra l’ermetista britannico Robert Fludd e l’arrogante scienziato polacco Keplero. Uno scontro che, se lasciò ognuno con le proprie opinioni, fece da battistrada ad un altro, ben più rilevante, fenomeno. Quello della Gnosi e della sua astrattizzazione del divino, conseguente alla negativizzazione della sfera materiale, costituisce uno dei problemi fondanti dell’odierno Occidente Globale. Con la scusa dell’eccessivo confinamento della dimensione superna si è, invece, prodotta una reazione di matrice opposta. Quel divino, oramai divenuto “substantia abstracta”, anche nel nome di una distorta interpretazione dell’hegeliano Spirito Assoluto, tutto ripiegato sullo Spirito Individuale, non dà più risposte sufficienti sul senso della realtà, da ricercarsi, unicamente, all’interno dell’uomo e dei suoi bisogni e conseguentemente, del suo agire sul mondo materiale. L’Emanazionismo Gnostico-Platonico, si fa così inconsapevole veicolo della modernità globale e dei suoi eccessi, lasciando nuovamente l’individuo solo di fronte alle sue domande sul senso dell’esistenza. La ricerca di nuove sintesi di pensiero, di nuovi modi di affrontare il dilemma dell’Occidente, si fa avanti in coraggiosi ricercatori del pensiero come un Nietzsche o un Heidegger, ma anche in quei ricercatori del senso occulto della realtà, attraverso l’azione su di essa, come nel caso di un Evola, o delle scuole teosofiche ed antroposofiche e dei loro illustri rappresentanti come uno Steiner o uno Scaligero, o partendo anche da un profilo di taglio nettamente psicologico, come nel caso di uno Jung.

Potremmo citare tanti altri autori, ma la sostanza del discorso è sempre la stessa: il cammino per trovare una risposta al dilemma sull’ambiguità dell’Occidente, ha prodotto una serie di risposte egualmente valide, ma ancora non sufficienti ed esaustive. La stessa “praxis” ermetica, piena di suggestivi richiami ed ancorata ad un plurimillenario percorso, si presenta anch’essa irta di difficoltà ed ambiguità. Permane pertanto, la sfida di un percorso la cui intrapresa, comprensione e rielaborazione, costituisce, statene certi, la sfida del secolo, poiché da essa, dipenderanno i destini d’Occidente e del mondo intero.

UMBERTO BIANCHI

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