Di Fabio Calabrese
Questa volta comincerò raccontandovi un breve apologo.
C’era una volta un uomo che era caduto nelle mani dei suoi nemici. Questi gli legarono al collo un grosso macigno e lo buttarono in acqua. Mentre annaspava nel disperato tentativo di rimanere a galla, l’uomo cercava di sciogliersi dal collo la corda che lo legava al macigno.
Allora, i suoi carnefici gli dissero:
“Ma come? Proprio ora che hai difficoltà a rimanere a galla, vuoi toglierti il salvagente?”
Il nome dell’uomo potrebbe essere Grecia ma anche Italia, o quello di uno qualsiasi dei Paesi che sono entrati nella trappola dell’eurozona. Il nome del macigno, invece lo conosciamo bene: si chiama euro.
Sicuramente, nessuno di noi ha alcun motivo di compiacersi delle recenti vicende della Grecia, semmai occorre notare la profonda incoerenza e vigliaccheria del governo di sinistra retto dal premier Tsipras. Questi ha portato il suo partito, Syriza, da partitino marginale alla sinistra del Pasok, il partito socialista ellenico a maggioranza di governo, promettendo fuoco e fiamme, di liberare i Greci dalla trappola in cui gli euro-usurai li hanno messi, e poi, alla prova dei fatti, non ha avuto nemmeno il coraggio di respingere l’ennesimo piano “di salvataggio” proposto dagli usurai di Bruxelles, ma ha affidato la cosa a un referendum popolare, tanto per lavarsene le mani, mentre il ministro dell’economia Varoufakis non ha aspettato neppure l’esito del referendum per annunciare le proprie dimissioni “per facilitare la ripresa dei negoziati”, come dire, aggiungere al danno la beffa, oltre che una vistosa fuga dalle responsabilità.
Però non preoccupatevi, a Bruxelles faranno di tutto perché la Grecia rimanga nell’euro. Se un Paese dell’eurozona uscisse dalla trappola della moneta unica, ripristinasse la moneta nazionale, e la sua economia cominciasse a riprendersi, questa sarebbe l’eventualità più temuta dagli eurocrati che faranno di tutto per scongiurarla, potrebbe mettere fine all’ipnosi che tiene tutti incatenati all’euro come galline affascinate da un serpente.
Io credo che non possiamo non tenere d’occhio anche la situazione italiana. Cosa significano realmente le “rassicuranti” affermazioni del “nostro” premier Matteo Renzi, che possiamo stare tranquilli perché l’Italia “ha fatto le riforme”. Un Paese che si sta progressivamente de-industrializzando, le cui aziende sempre più chiudono o sono vendute all’estero e passano di proprietà di Paesi extraeuropei, dove la disoccupazione giovanile è al 46% e l’imposizione fiscale ha raggiunto il 53% (oltre la metà del reddito), dove i contratti non sono rinnovati, i salari non sono adeguati all’inflazione e la famiglie hanno difficoltà sempre maggiori ad arrivare alla fine del mese, può stare tranquillo?
Ma cerchiamo di capire cosa sono queste famose riforme che secondo il nostro premier giocattolo dovrebbero costituire la nostra salvaguardia. A prima vista, sembra un discorso delirante: in che modo le privatizzazioni, lo sfaldamento del patrimonio pubblico, lo smantellamento dello stato sociale, la diminuzione delle garanzie per i lavoratori avvenuta con il job’s act, o addirittura l’introduzione di un principio di privatizzazione dell’istruzione con la riforma della scuola, potrebbero impedire la necrotizzazione del nostro tessuto industriale e lo scivolamento della nostra economia nel Terzo Mondo, questo non è dato di sapere, ma in tutto ciò c’è una logica sia pure aberrante, “vi è del metodo in questa follia”.
A spiegarcelo è stato il predecessore dell’attuale premier, Mario Monti, rispetto al quale Renzi si pone in una linea di assoluta continuità, in un incauto e troppo esplicito discorso tenuto alla LUISS il 22 febbraio 2011:
“Non dobbiamo sorprenderci che l’Europa abbia bisogno di gravi crisi per fare passi avanti. I passi avanti dell’Europa sono per definizione cessioni di parti di sovranità nazionali a un livello comunitario. E’ chiaro che il potere politico ma anche il senso di appartenenza dei cittadini a una collettività nazionale possono essere pronti a queste cessioni solo quando il costo politico e psicologico del non farle diventa superiore al costo del farle perché c’è una crisi in atto, visibile e conclamata.
Abbiamo bisogno delle crisi per fare passi avanti, ma quando una crisi sparisce, rimane un sedimento perché si sono messe in opera istituzioni, leggi, ecc… per cui non è pienamente reversibile”.
In poche parole, cessioni progressive di sovranità nazionale, e/o privatizzazioni (che in definitiva è la stessa cosa, perché questa “Europa” è l’Europa del grande capitale privato) in cambio di un momentaneo allentamento dello strangolamento economico.
In pratica, la (momentanea) tranquillità che ci assicura Renzi non è quella di chi vive nella legalità, ma quella di chi ha appena pagato il pizzo alla criminalità, magari senza accorgersi che gli è stato sottratto dalla tasca.
Con Monti, Letta e Renzi, l’Italia ha prontamente ceduto a tutti i ricatti “dell’Europa”.
In questi giorni mi è capitato di sentire commenti di diverse persone esprimenti il desiderio di avere anche noi un referendum analogo a quello greco, in modo che anche gli Italiani possano esprimersi sul loro destino, sull’euro e sulla UE, in modo da essere trattati per una volta come cittadini invece che sudditi di serie B. E’ un desiderio estremamente legittimo, ma purtroppo inattuabile, e coloro che lo formulano dimostrano di non conoscere le leggi che governano il nostro Bel Paese.
Sebbene sembra che siano davvero in pochi a saperlo, la “nostra” costituzione, “la più bella del mondo” secondo le sinistre, PROIBISCE che i trattati internazionali possano essere oggetto di consultazione referendaria. E’ una storia molto interessante, che vale la pena di rievocare brevemente. Quando la “nostra” costituzione è stata redatta, non era ancora stato firmato il Trattato di Pace. All’epoca, la sconfitta italiana, forse ancor più di quella tedesca e giapponese nel secondo conflitto mondiale, era netta e incontrovertibile, anzi, eravamo crollati due anni prima dei nostri alleati, ma bisogna ricordare che la fine del conflitto aveva segnato anche una profonda frattura tra i vincitori, aprendo di fatto la lunga stagione della Guerra Fredda, e questo avrebbe potuto portare a una revisione del Trattato di Pace, che era stato pesantemente iniquo soprattutto per gli Italiani del Confine Orientale. I “nostri” politici dovevano chiudere a priori la porta a una possibilità simile per dare da subito la dimostrazione di quel servilismo verso le potenze straniere vincitrici del conflitto, che da allora ha sempre caratterizzato la politica italiana.
Questo articolo della costituzione è poi tornato buono in occasione del nostro ingresso nella NATO e poi nella UE, per l’adesione all’Euro e al trattato di Lisbona; in ogni caso sono state decisioni prese passando sulle nostre teste, a cui ci è negato a priori il diritto di replicare.
Per la verità, questa non è la sola trappola inserita nella costituzione “più bella del mondo” per ridurre praticamente a zero quel diritto già più apparente che reale, di decidere del proprio destino che le democrazie fingono di riservare ai loro sedicenti cittadini. Per esempio, vi siete mai chiesti cosa significa l’affermazione contenuta nella “nostra” costituzione, che deputati e senatori sono eletti “senza vincolo di mandato”? Fuori dal tecnicismo giuridico-burocratico, che significa? Significa in realtà una cosa molto semplice: che una volta eletti, onorevoli e senatori non sono tenuti a rispondere ai cittadini del loro operato. Credetemi, lo stato che abbiamo è EATTAMENTE quello disegnato dalla costituzione “più bella del mondo” e che la sinistra vorrebbe immodificabile per l’eternità.
Poiché nei “compagni” la supponenza è sempre pari soltanto all’ignoranza, costoro probabilmente non sanno di essere in conflitto con la stessa Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo approvata dalle Nazioni Unite, che vieta agli stati di dotarsi di costituzioni immodificabili, perché “una generazione non può estendere la propria dittatura sulle altre”, all’infinito per tutto l’avvenire. E che generazione poi! Quella dei “padri costituzionali” forgiati dalla “resistenza”, cioè il tradimento più abietto della nostra storia.
Ma torniamo alla situazione presente e agli usurai eurocrati che stringono in una morsa di ferro l’economia non solo della Grecia ma dell’intera Europa.
Che le crisi possano essere provocate ad arte, è un fatto, è non è nemmeno difficile capire come. Con l’euro, gli stati europei hanno rinunciato alla loro sovranità monetaria cedendola alla BCE, un’istituzione PRIVATA che può creare debito quando e quanto vuole attraverso il meccanismo del signoraggio, ossia facendo pagare loro il valore nominale del denaro che stampa.
Se non fosse tragico, sarebbe addirittura umoristico scoprire, come è avvenuto in questi giorni, che anche noi Italiani condividiamo una fetta non trascurabile di credito verso la Grecia, credito INESIGIBILE s’intende, quando fino a cinque anni fa la Grecia non ci doveva nulla. Il fatto è che, sempre a nostra insaputa, perché i nostri politici non si degnano di informare i cittadini – da BESTIAME quali ci considerano – se ne possono fare a meno, lo stato italiano si è accollato una parte consistente del debito greco NON per aiutare i Greci, ma per salvare le banche francesi e tedesche creditrici della Grecia, perché è ben chiaro che – qualunque cosa succeda- le banche sono quelle che non devono mai rimetterci.
E’ sorprendente la disinvoltura con la quale gli eurocrati fanno ammissioni imbarazzanti, si vede proprio che contano sulla distrazione e la smemoratezza della gente. Dopo le incaute ammissioni di Monti, sentite cosa ha recentemente dichiarato Jacques Attali, banchiere e presidente della “Commissione per la crescita”, di cui fa parte anche Mario Monti:
“Cosa credeva la plebaglia europea? Che l’euro fosse stato creato per la loro felicità?”.
Un’affermazione come questa ci fa capire moltissime cose, potrebbe essere addirittura la chiave di lettura degli ultimi tre secoli di storia europea. Tutte le rivoluzioni “liberali” e “socialiste” che si sono succedute in Europa da quella francese del 1789 (ma forse si può risalire alle due rivoluzioni inglesi del 1640 e 1688), sono state manovrate da chi aveva il preciso scopo di far passare il potere “dai castelli alle banche” (come si disse a proposito della rivoluzione francese del 1830, ma in realtà in questo modo si può rendere in sintesi il significato di una storia plurisecolare), di sostituire la tradizionale aristocrazia del sangue con la rapace oligarchia del denaro, per la quale la gente comune contava solo come utile massa di manovra, ma dei cui diritti e delle cui condizioni di vita, in realtà non importava nulla, e oggi, dopo secoli di “conquiste democratiche” e di “conquiste sociali”, ci presenta un salatissimo conto.
Accanto alla dichiarazione di Attali, si può mettere quella non meno tracotante di quel serpente vestito da donna che risponde al nome di Christine Lagarde: La Grecia deve restituire fino all’ultimo centesimo. E se i bambini greci muoiono di fame, non frega nulla. E certo, non hanno forse il torto di essere bianchi ed europei? Non spetta mica loro il pietismo che si riserva ai bambini africani!
Parlare di un “debito della Grecia” nei confronti di chicchessia in Europa, è una mostruosa ironia. Se appena allarghiamo la nostra considerazione oltre i dati strettamente economici che sono gli unici che interessano a questa Europa di usurai, noi possiamo tranquillamente affermare che l’Europa, ma possiamo dire tutta l’umanità, hanno un debito ENORME nei confronti della Grecia. Cosa mai sarebbe la civiltà Europea senza Omero ed Esiodo, senza Eschilo, Sofocle ed Euripide, senza Leonida, senza Pitagora, Socrate, Platone, Aristotele, senza Fidia e senza Pericle?
Qui sarà bene ribadire un concetto che ho espresso altre volte, ma sul quale è bene essere estremamente chiari. Io ho espresso più volte sulle pagine di “Ereticamente” quello che definirei un patriottismo europeo. Senza per questo sacrificare le loro identità storiche, oggi i popoli del Vecchio Continente hanno più che mai bisogno di unire le forze, di lottare spalla a spalla per contrastare la decadenza imposta loro, la sudditanza al dominio americano, l’americanizzazione e l’impoverimento della nostra cultura, il declino demografico, l’imbastardimento portato dall’immigrazione allogena.
Questo può sembrare in contraddizione con il giudizio estremamente duro che si può dare, che francamente meritano le istituzioni cosiddette europee. In realtà la contraddizione non c’è, la UE non è l’Europa più di quanto un tumore sia la persona che ne è affetta.
I popoli europei devono riprendere in mano il loro destino, e per farlo, è prima di tutto della vampiraglia eurocrate che si devono sbarazzare. Questo vale per i Greci e per tutti noi.
Poco più sopra ho ricordato il debito che l’Europa e il mondo intero hanno nei confronti della Grecia. Di questa eredità, in particolare due esempi devono esserci di ispirazione: il pensiero politico di Platone e la determinazione di Leonida.
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