Tra riti che si svolgevano nella Roma pagana, ritroviamo quelli dedicati a Vesta. E’ interessante notare a riguardo che il ruolo della sposa, quale custode del fuoco sacro, venne istituzionalizzato creando le Vestali, le sacre sacerdotesse votate al culto della dea. Si trattava di giovani fanciulle di rango patrizio, scelte nell’età tra i sei e i dieci anni, che venivano consacrate dal Pontefice massimo e che dovevano fare voto di castità. Il loro servizio durava trent’anni: dieci impiegati nell’apprendistato, dieci nell’esercizio delle funzioni sacerdotali e, infine, dieci nell’istruzione delle nuove Vestali.
Il tempio che ospitava le sacre vergini era di forma doppiamente circolare (un altro tempio semplicemente circolare era quello di Ercole nel Foro Boario), l’unico con tale caratteristica esistente a Roma. Il suo aspetto non era casuale. Al contrario, in esso sono ravvisabili remote simbologie provenienti dall’India e legate all’antichissima religione vedica, che disponeva il fuoco nell’area sacra (quella destinata ai sacrifici) tenendo conto dei rapporti cosmologici. In tale contesto era di fondamentale importanza la presenza di tre fuochi (il numero 3 è legato anche alla Trimurti indiana e alla Trinità ermetica), due principali ed uno secondario. Il primo di quelli principali doveva essere acceso mediante lo sfregamento di un legno oppure veniva prelevato da un altro fuoco sacrificale: le sue erano le fiamme sacre per eccellenza. Il focolare o tempio circolare inoltre, rappresentava la Terra che secondo la dottrina filosofico-religiosa era rotonda. Il secondo fuoco principale, invece, era destinato alle offerte e il fumo che da questo sprigionava salendo in alto, verso il cielo, faceva giungere agli dei l’omaggio degli esseri umani. Così, lo splendido tempio di Vesta, non era altro che un gigantesco focolare, che attraverso la sua rotondità contrastava con gli altri edifici di culto a forma quadrata, dando vita ad una contrapposizione tra Cielo e Terra. Possiamo dire in tal senso che quello di Vesta, più che un tempio era una casa sacra o ades sacra secondo la concezione dei romani, in perfetta osmosi con la filosofia religiosa indiana.
Ma torniamo ad occuparci delle Vestali, le custodi de fuoco sacro. Come abbiamo visto, il loro sacerdozio durava trent’anni, passati i quali avevano facoltà di lasciare il tempio e anche di sposarsi. Le sacerdotesse di Vesta vivevano nel cosiddetto Atrium Vestae, collocato accanto al tempio rotondo della dea nel Foro Romano, ma comunque avevano la possibilità di uscire e di rientrare in un tempo stabilito. La cerimonia d’iniziazione, che le consacrava alla dea, merita particolare attenzione visto che cela in sé particolari usanze. L’iniziazione ai misteri avveniva nell’Atrium. Qui si svolgeva l’inauguratio, la consacrazione della novizia che consisteva nel taglio sacro dei capelli, appesi in un secondo tempo ad un albero antichissimo (secondo Plinio quella pianta aveva almeno 500 anni). In seguito, la fanciulla indossava una veste candida simbolo della purità e dell’iniziazione. Dopo questa fase la vestale assumeva il nome di Amata, ed era pronta per mettersi al servizio della sacerdotessa più anziana, la Maxima. In quel luogo sacrale, dove ardeva il fuoco perenne, si conservavano anche degli oggetti sacri e arcani (pignora imperii), conosciuti solo dalle Vestali e dal loro capo spirituale, il Pontefice massimo. Si trattava con ogni probabilità dei Penati, Numi tutelari della casa e demoni custodi degli insediamenti umani, intimamente legati al culto del fuoco sacro di Vesta nel cui tempio avevano il proprio scomparto, il Penus. Oltre ai Penati vi era anche il Palladio, (scultura che raffigurava la dea Atena nell’atto di levare in alto lo scudo e la lancia). Gli oggetti cultuali in questione, sorvegliati dalle sacerdotesse vergini, furono salvati (così vuole la tradizione), da Enea durante l’incendio di Troia e portati nel Lazio.
Le custodi di tali segreti godevano dei massimi onori e privilegi, ma il loro rigido servizio comportava rinunce e richiedeva la massima attenzione. Nel caso in cui la Vestale, a causa di una distrazione provocava lo spegnimento del fuoco, veniva pubblicamente battuta a sangue con delle verghe. Infatti, un evento di tale portata rappresentava per lo Stato un presagio funesto. Nel caso in cui la fanciulla infrangeva il voto di castità invece, era condannata senza pietà e sepolta viva. L’ordine delle Vestali, secondo la tradizione, fu istituito dal secondo re di Roma, Numa Pompilio, profondo conoscitore delle pratiche magico-religiose. Uno dei lavori più importanti espletati dalle Vestali era rappresentato dalla preparazione della mola salsa, un composto sacro utilizzato nel corso dei sacrifici. Uno degli ingredienti principali era il farro, cereale dalle valenze magiche che una volta abbrustolito sul fuoco sacro, veniva poi pestato nei mortai fino ad ottenere una sorta di farina. L’impasto della farina con acqua e sale era indispensabile durante i sacrifici. Il sacerdote addetto al rito sacrificale, infatti, si serviva della mola salsa per cospargere il capo della vittima prima della sua uccisione. E’ da ciò che deriva il termine immolare, volto a indicare le offerte sacrificali. Indispensabile era anche il ruolo che rivestivano le Vestali nella preparazione dei suffimina, profumi magici intimamente legati alla ritualità dei romani. Le fumigazioni rituali in effetti, racchiudevano un grande potere e venivano espletate in occasione di solenni ricorrenze. Il grande Ovidio, nel quarto libro della sua opera i Fasti, descrive la sua preparazione e gli elementi chiave che componevano i suffimina. Uno di questi era il sangue del cavallo d’ottobre e le ceneri dei feti, estratti dalle vacche gravide sacrificate in occasione dei Fordicidia, festa propiziatrice di fecondità. Le Vestali amalgamavano il sangue equino rappreso e le ceneri del feto, aggiungendovi pure baccelli di fave vuote. Ciascuno degli elementi menzionati possedeva particolari peculiarità magiche. Il sangue era legato alla fecondità e lo stesso dicasi per le ceneri del vitellino, mentre gli involucri delle fave tenevano lontani i temibili lemures, spiriti inferi o forme larvali che amavano cibarsi con questo legume.
(Ringraziamo per la collaborazione il sito www.giulianokremmerz.com e le Edizioni Rebis di Viareggio, oltre che l’autore del saggio)