Tra alcune generazioni, quando i primi storici della civiltà post europea scriveranno sulle convulsioni finali della civilizzazione a noi contemporanea dedicheranno capitoli importanti alla vicenda del piccolo Charlie. Ormai abbiamo imparato a conoscere Charlie Gard, il bimbo inglese di pochi mesi affetto da una malattia rarissima e finora incurabile, la cui terribile vicenda è diventata un simbolo di questa nostra discesa etica e civile. Attaccato, per sopravvivere, a macchine costose, il piccolo è stato oggetto di una spaventosa sentenza di un tribunale inglese, sostanzialmente approvata dai parrucconi della sedicente corte europea dei diritti dell’uomo, un nome che scriviamo rigorosamente in lettere minuscole.
Ecco un estratto della prosa giuridica frutto di 25 secoli di civiltà: “[è] pienamente lecito e nel miglior interesse di Charlie che si interrompa la ventilazione artificiale”. Hanno altresì dichiarato legittimo il rifiuto a trasferire altrove il povero malato per essere sottoposto a trattamenti sperimentali, le cui spese, tanto per essere chiari, sarebbero state affrontate dalle famiglia e dai tanti generosi che l’hanno sostenuta economicamente. Un magistrato italiano ha concluso amaramente che la decisione, “oltre a costituire una gravissima ingiustizia, ferisce nel profondo una civiltà millenaria e la sua cultura giuridica, religiosa, politica, creando un precedente incredibile. “
Non siamo in grado di addentrarci nel labirinto giuridico che ha destituito i genitori della potestà genitoriale, né vogliamo commentare il devastante totalitarismo di un mondo – il nostro- nel quale sono i cosiddetti “tecnici”, con la copertura dello Stato e delle sue leggi a decidere della vita e della morte. Ci sarà tempo, purtroppo, per le analisi sociologiche e per i cultori della filosofia del diritto. Ciò che a noi, semplici osservatori, uomini della strada, sembra davvero enorme è quella frase buttata lì da professionisti del diritto: staccare la macchina, ovvero uccidere Charlie, è “nel suo migliore interesse”. Lo hanno scritto senza arrossire, poi sono tornati a casa e magari hanno salutato i loro figli. E’ tutto legale, tutto tremendamente legale, non è un incubo da cui ci si risveglia in un bagno di sudore. Sembra un principiante quel malavitoso di un libro di Brecht che, ordinando un assassinio, raccomanda “tutto deve essere legale”. Quei delinquenti almeno rischiavano la galera, i nuovi Dottor Morte sono protetti dalla giurisprudenza e dobbiamo loro, oltreché l’obbedienza obbligata – loro sono “la legalità!”, anche il rispetto, la deferenza sempre pretesa dall’ autorità costituita. No, stavolta no. Oggi e senza tentennamenti “je suis Charlie”.
Con penoso ritardo, si è finalmente mossa l’ultima agenzia morale dell’Occidente attaccato anch’esso a macchine di sopravvivenza, la Chiesa; ha battuto un colpo uno dei cattivi globali, Donald Trump, offrendo aiuto. Hanno taciuto, ed è drammatico, i buoni del mondo intero, le organizzazioni non governative (ONG), la regina d’Inghilterra, la quale, vale rammentarlo, è anche capo della chiesa anglicana, e tutte le altre autorità europee. Charlie non ha diritto di vivere, o almeno di tentare la carta disperata di nuove cure. Al riguardo, esautorati il padre e la madre (genitore 1 e genitore 2) è stato nominato un rappresentante del piccino, l’unico, nel mondo invertito dei soloni del nuovo diritto nichilista, a conoscere “il migliore interesse” del moribondo, ovvero morire ucciso per mano di un operatore in camice e guanti sterili che staccherà una spina e, ove necessario, praticherà un’iniezione letale.
Con maggiore pietà si uccidono con un colpo secco gli animali irrimediabilmente malati, ma nessuno ha mai sentenziato che si tratta del loro “migliore interesse”. Nell’era della libertà globale, la lacuna è colmata. Eppure, continuiamo ad aver orrore dell’abitudine di Sparta di lasciare i bimbi deformi sul monte Taigeto alla mercé delle fiere e delle intemperie. La morte postmoderna è più igienica e tecnicamente organizzata, ma fa ancora più ribrezzo, poiché gli spartani non si ritenevano i depositari della civiltà più elevata e libera della storia. A Roma c’era la rupe Tarpea, dalla quale erano gettati i traditori della patria. Ma traditori non solo della Patria, ma dell’umanità, del diritto e di ogni civiltà che si voglia definire umana ci sembrano i banditori e legalizzatori della società della morte, che una volta definimmo Morgue Society, l’obitorio antisettico in cui si aggirano i nuovi boia. Nostalgia di Mastro Titta del Rugantino, il giustiziere casareccio del Papa Re.
Charlie, quasi certamente, non potrà mai leggere un’opera che sembra la metafora perfetta di un mondo, il nostro, in cui è normale, legale che il migliore interesse di qualcuno sia la morte. E’ la Terra Desolata di Thomas Stearns Eliot, e chi parla inglese sa che la traduzione italiana è imprecisa, anzi fuorviante: The waste land è la terra guasta, o anche la terra dei rifiuti, giacché waste è il termine che designa ciò che è spazzatura. Charlie, non sei che un rifiuto ingombrante e difficile da smaltire, forse a te permetteranno un funerale, ma centinaia di migliaia di feti vengono, più o meno, “smaltiti”.
E’ il mirabolante circo della libertà, dei diritti e, come scriveva Eliot, l’esito finale del mondo ridotto al calcolo dei profitti e delle perdite. Il sistema sanitario britannico, ma anche tutti gli altri, non possono sopportare le spese per i malati, per certi malati, le assicurazioni ancora meno, con il loro carico di algoritmi derivati dalla matematica attuariale, aspettativa di vita, reddito moltiplicato per le tante variabili inventate dall’ homo oeconomicus. L’ottimo paretiano prescrisse la migliore allocazione delle risorse, le cure per Charlie e tanti altri non lo sono. Tuttavia, con la faccia tosta dei venditori di strada, lo chiamano spudoratamente “diritto”. Eppure, il diritto è sorto come limitazione della legge del più forte, come tentativo di sottrarre la vicenda umana all’arbitrio ed alla violenza. Si è costituito come scienza in rapporto all’antropologia, anzi all’idea stessa di uomo. Filosofi come Antonio Rosmini hanno sostenuto che è “la persona, il diritto sussistente”. Altri hanno esclamato, redigendo venerandi manuali giuridici “l’uomo, ecco il diritto”. (Alberto Trabucchi).
Viviamo invece nella terra guasta, desolata, in una siccità morale ed umana che non dà scampo. Siamo sommersi dai rifiuti che produciamo come precipitato dei nostri consumi, siamo rifiuti noi stessi. Di qui le campagne per l’eutanasia, mascherata da nuovi sintagmi politicamente corretti ( DAT, disposizioni anticipate di testamento, traduzione ammazzatemi voi perché io non ne ho il coraggio ), l’abolizione progressiva della sepoltura – gli spazi “servono” per piantare nuove bandierine produttive della compulsiva Vita Activa contemporanea, la banalizzazione dell’aborto, che infatti si chiama legalmente interruzione volontaria della gravidanza e, nelle legislazioni, viene variamente definito come difesa della donna o financo della maternità “consapevole”.
Basta, Charlie, tu non sai nulla di queste idee astruse. Sei al mondo, e vorresti restarci, quanto meno avresti la speranza che non ti ammazzassero. Hanno inventato macchinari potenti e straordinari che tengono in vita, in attesa di nuove terapie o anche di un miracolo, poiché i miracoli esistono ma non sono contemplati dalle stupide leggi degli uomini. A te hanno tolto anche i genitori: non possono decidere per te, loro che ti amano e ti hanno voluto a questo mondo che, possiamo dirlo, non ti merita. Può decidere uno sconosciuto a cui un’entità astratta (la chiamano Stato, e aggiungono una parolona complicata, diritto, e un sostantivo multiuso, democrazia, e poi ancora libertà) ha attribuito legalmente diritto di vita, anzi di morte, su quel corpicino malato che sei tu. Se fossi grande, sapresti che la tua patria, l’Inghilterra, inventò molti secoli fa un principio chiamato habeas corpus, per affermare che una persona, un essere umano, ha il diritto (diritto!) di disporre del proprio corpo.
Se ne sono dimenticati, perché, in fondo, odiano gli uomini sin da bambini, anzi da quando vengono concepiti. Amano solo il denaro, l’interesse, e l’aritmetica che descrive profitti e perdite. Tanti anni fa, nel 1969, forse i tuoi nonni erano bambini, ci fu un film americano intitolato Non si uccidono così anche i cavalli? Raccontava la sorte disperata di alcuni poveracci che, per bisogno, partecipavano sino allo sfinimento e alla morte ad una interminabile gara di ballo ad eliminazione. Il mondo in cui non ti vogliono è diventato questo: una terribile corsa ad eliminazione in nome del profitto che chiamano libertà.
Hai perso, sei più debole. Domani, vedrai, toccherà anche agli stessi che oggi affermano con sussiego, arroganza, tronfi del loro misero sapere giuridico e del potere detenuto protempore, che, nel tuo interesse, devi morire.
La ruota gira, si uccidono così anche i cavalli. Se dovrai soccombere, non odiarci, figlio postumo ed indesiderato dell’Europa, la terra desolata.
ROBERTO PECCHIOLI
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