Come nasce la vita? Come nasce l’uomo? Da sempre l’umanità si pone questi interrogativi e cerca delle risposte. Ma ancor oggi l’origine della vita resta un enigma che la mente umana si sforza invano di comprendere. Questa ricerca di conoscenza presuppone non solo l’applicazione di virtù intellettuali ma anche il coraggio di sfidare pregiudizi e luoghi comuni, di andare contro un establishment culturale, con un’abnegazione che si spinge talvolta all’estremo sacrificio.
Ne trovo un esempio assai significativo nel libro “Il serpente cosmico – Il mistero della nascita nella cultura precolombiana” (ed. “Lemaître”, Parigi, 2009). Autore è l’antropologo francese Albert Daniélou, presunto figlio naturale del cardinale Jean Daniélou, (celebre teologo che, com’è noto, morì d’infarto mentre si trovava nella casa di una prostituta).
In un capitolo del libro si narra dell’incontro, avvenuto nel 1765, tra il gesuita Felipe Suarez e un indio chiamato Chichuaua, uomo-medicina della tribù dei Mazuchau (“figli della luce”), popolazione rigorosamente endogamica che abitava le foreste amazzoniche. Il Suarez, studioso delle tradizioni amerinde, venne casualmente a sapere dell’esistenza di questo vecchio stregone che viveva nel territorio delle Yungas meridionali e che si diceva fosse custode di antichi miti e strane leggende.
Dopo lunghe ricerche trovò infine il pueblo dove Chichuaua dimorava, solitario, in una cadente baracca. Il Suarez lo descrive come un uomo mite, di età indefinibile, dall’aspetto incartapecorito, dallo sguardo “che sembrava posato su realtà invisibili”. Diceva di avere 111 anni e di essere l’ultimo sopravvissuto del suo popolo, di cui conservava gelosamente la storia.
Il vecchio sciamano appariva ancora perfettamente lucido ma, secondo il Suarez, soffriva di una forma di delirio. Era infatti convinto che il suo decrepito corpo, prima di morire, avrebbe generato nuovi discendenti nei quali la linfa dei Mazuchau sarebbe tornata a scorrere ancora copiosa, riempiendo di nuovo i villaggi nella foresta. Una simile, farneticante speranza incuriosì il Suarez. Così, superando poco a poco la diffidenza di Chichuaua verso gli europei (“i barbari bianchi”), il gesuita lo convinse a spiegargliene i motivi.
Gli apparve chiaro, dopo alcuni colloqui, che i Mazuchau avevano una concezione magica e totalmente ascientifica dei meccanismi riproduttivi. Secondo loro era il dio Nagazuxitoatl (nome che significa “il grande serpente di fuoco”) con la sua ‘luce’ a creare i mondi e ogni creatura vivente. Il dio poteva, a detta dello sciamano, cavare la vita anche dai sassi. Quindi a maggior ragione poteva, se voleva, far partorire un uomo, per quanto vecchio e debole come lui.
Il Suarez cercò di saperne di più su Nagazuxitoatl, ma il vecchio era restio a parlarne. Il gesuita ipotizza che tale divinità fosse residuo di un antico culto solare (che definisce ‘eliolatria’). Daniélou osserva però che il Sole era adorato dai Mazuchau in quanto ‘teofania’, simbolo del dio e del suo potere di fecondare la terra, far crescere il mais, moltiplicare gli animali e gli uomini. Nagazuxitoatl poteva infatti agire anche di notte, rendendosi invisibile. Secondo l’antropologo francese la sua ‘luce’ è da intendersi come ‘energia’, una forza sovrannaturale dotata di efficacia, simile al ‘manas’ polinesiano.
Il gesuita chiese se era mai successo che un uomo o un animale maschio avesse partorito. No, rispose il vecchio, ma questo non significava che fosse impossibile. Tutti sapevano che Nagazuxitoatl aveva deciso di assegnare questo compito alle femmine, nel cui ventre penetrava attraverso uno degli orifizi del corpo, deponendovi un chicco di mais bianco da cui sarebbe a suo tempo germogliato un nuovo essere. Questo accadeva in circostanze normali, ma di fronte all’incombente fine del suo popolo il dio poteva certo fare un’eccezione e introdurre il chicco di mais nel corpo di un vecchio.
Questa singolare antropogonia – che il Suarez definì ‘mito teospermico’ – era per i Mazuchau un articolo di fede indiscusso e formava la base della loro struttura sociale. Tuttavia, nella lunga storia della tribù, v’erano stati alcuni che ne avevano dubitato. Chichuaua li chiamava con disprezzo ‘puyatl’ (termine che il Suarez traduce con ‘eretico’ ma che secondo il Danélou significa ‘indemoniato’). Chichuaua si ricordava di alcune ‘eresie’ la cui empietà era stata giustamente punita.
Ad esempio, un puyatl disse che le femmine erano fecondate non dalla luce di Nagazuxitoatl ma dai raggi di Omecihuatl, divinità associata alla luna (per il Suarez costui aveva semplicemente rilevato una parentela tra i cicli femminili e quelli lunari). Per dimostrare la sua teoria impedì ad alcune donne di esporsi alla luce lunare. Ma quelle misero al mondo dei figli lo stesso, e il puyatl fu scorticato vivo per placare l’ira di Nagazuxitoatl.
Nonostante ciò, osserva il Suarez, pare che i Mazuchau non fossero a priori rigidamente dogmatici e intolleranti. Infatti offrivano ai puyatl la possibilità di dimostrare la loro tesi, pronti a ricredersi di fronte all’evidenza. Chichuaua disse che quando uno di loro sostenne che era la pioggia a provocare le nascite, gli chiesero di dimostrarlo. Ma anche gli esperimenti per comprovare la teoria pluviale fallirono. Il suo patrocinatore fu bollito vivo e la sua carne fu offerta al dio in riparazione dell’offesa.
Altri, che credettero di vedere l’origine della vita negli spiriti dell’aria, dell’acqua o del fuoco, non ebbero miglior sorte. Alcuni vennero squartati, altri sepolti vivi. Ma il puyatl più sacrilego di tutti, a detta di Chichuaua, fu quello che osò supporre come causa delle nascite il machuclal (quello che noi diremmo ‘rapporto sessuale’).
Costui era convinto che la vis generandi entrasse nella donna attraverso il membro maschile, e che bisognasse perciò adorare quest’ultimo come latore di vita. Suarez scrive che tale teoria suscitava nel vecchio ilarità e scherno. Lo stregone, esibendo il suo sorriso sdentato, disse che pur avendo orinato per terra innumerevoli volte non aveva mai visto spuntare un bambino.
Il puyatl aveva tentato di dar conferma sperimentale alle sue idee proibendo alle sei mogli ogni contatto intimo. Un espediente tanto ridicolo non poteva certo ostacolare il potere di Nagazuxitoatl, commentò il vecchio. E infatti quelle donne rimasero gravide e partorirono sei piccoli Mazuchau. Era un chiaro monito del dio a non mettere in dubbio il suo potere.
Ma il puyatl le accusò di aver fatto machuclal con altri uomini, protestò che l’esperimento era stato falsato e che quindi andava ripetuto. Le mogli però respinsero indignate quelle accuse (il Daniélou riporta qui una maliziosa osservazione del padre Suarez, il quale scrive che “niente fa indignare di più una donna che l’essere accusata di qualcosa che ha fatto”).
Chichuaua disse che la sua gente era stanca di teorie sacrileghe. Rifare l’esperimento avrebbe aumentato la collera del dio. Nagazuxitoatl avrebbe punito i Mazuchau con la sterilità per quella ostinata mancanza di fede. Perciò, implorando il perdono divino, il puyatl venne dato in pasto al sacro Xelipatlocoan, enorme serpente che abitava il fiume (presumibilmente un’anaconda).
Il Suarez provò a far breccia nelle credenze del vecchio, insinuando che la teoria di quel puyatl poteva avere forse qualche fondamento. Per sostenere tale idea gli chiese se c’erano mai stati tra i Mazuchau casi di donne che avevano figliato senza “aver conosciuto uomo”. Chichuaua parve sorpreso da una tale domanda. Certo, v’erano stati molti casi simili, e si meravigliava che proprio un cristiano potesse dubitarne (“No crees en la virgen María?”).
Quindi i puyatl, questi liberi pensatori, vittime di un insanabile conflitto tra ragione e superstizione, pagarono con il martirio la loro ricerca della verità. “Scienziati ante-litteram” li definisce Daniélou. Ma il loro sacrificio fu inutile, non determinò alcun progresso scientifico e razionale. Infatti, dopo quell’ultima eresia, messa a tacere da un mostruoso serpente, il consiglio degli anziani Mazuchau decretò che la nascita della vita fosse argomento tabù, di cui era proibito parlare, pena il taglio della lingua e la morte sul rogo.
Il Suarez sospetta che gli anziani conoscessero in realtà il meccanismo fisico del concepimento. Secondo il gesuita, essi posero il tabù perché, seguendo l’ipotesi sessuale e mettendola alla prova, sarebbe infine emersa la verità. E questo avrebbe provocato la perdita dell’antica fede, con conseguenze fatali per la società dei Mazuchau. Perciò stabilirono quel divieto. Per Daniélou questa è una congettura non provata. Comunque, nessun membro della tribù mise più in dubbio l’origine divina della vita. I bambini continuarono a nascere come sempre, e i figli della luce prosperarono.
Ma poi, lamentò il vecchio, arrivarono i barbari bianchi, con le loro idee da puyatl, e la miscredenza aveva corrotto l’anima del suo popolo. La punizione divina non tardò a manifestarsi. Tranne lui, i Mazuchau erano tutti scomparsi. Il Suarez dice che questo in realtà fu l’effetto delle malattie portate dall’uomo bianco, dei cibi raffinati, dell’alcool, del fumo e di altri vizi che gli europei avevano portato con sé. Ma Chichuaua non aveva dubbi: era la punizione di Nagazuxitoatl per aver tradito l’antica fede.
L’epilogo di questa vicenda è singolare. Il giorno prima che padre Suarez tornasse in Europa, lo sciamano, con le lacrime agli occhi, gli confidò che il dio aveva finalmente esaudito le sue preghiere. Nella notte aveva sognato il grande serpente di luce che entrava in lui e deponeva un chicco di mais bianco nel suo ventre. Ora, disse, l’albero secco avrebbe buttato nuove gemme, portato fiori e frutti e i Mazuchau avrebbero camminato ancora sulla fertile terra. Di fronte al gesuita sbigottito, il vecchio intonò con la sua voce tremula un canto di lode a Nagazuxitoatl.
Il Suarez partì lasciando quell’indio ultracentenario ai suoi vaneggiamenti. Quando tornò, l’anno successivo, Chichuaua era scomparso. Qualcuno l’aveva visto dirigersi verso le foreste, ma nessuno ne aveva notizie precise. Era opinione comune che fosse morto. Solo in anni recenti, ci informa Daniélou, si è scoperto che, a differenza di quel che si credeva, i Mazuchau non erano totalmente estinti. Pare esista ancora una piccola comunità di figli della luce. Vivono in umili capanne nella foresta e ancora credono nel potere di Nagazuxitoatl.
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