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3 Febbraio 2025
Tradizione Iperborea

Il mistero dell’Artide preistorica: Thule

Una delle designazioni per l’Asgard, sede delle divinità e patria originaria dei ceppi regali nordici, secondo le tradizioni scandinave, è l’isola verde o terra verde, in tedesco moderno Grunes-Land, donde Groenlandia. Ma questa terra, come lo dice il suo nome, ancor sino al tempo dei Goti sembra presentasse una rigogliosa vegetazione e non fosse ancora investita tutta dal congelamento. Ma vi è di più: nella regione dei ghiacci artici recentemente le spedizioni del canadese Jenness, dei danesi Rasmussen, Therkel e dell’americo Birket-Smith han fatto dei rinvenimenti archeologici invero singolari: in fondo sotto i ghiacci si son trovati resti di civiltà di ben più alto grado di quella esquimese e relitti di strati ancor più antichi, preistorici. A tale civiltà è stato dato il nome di civiltà di Thule.
Thule è il nome che i Greci davano appunto a una regione o isola dell’estremo nord, la quale si confonde spesso con quelle terre degli Iperborei. Donde sarebbe venuto il solare Apollo, cioè il dio delle razze dorico-achee scese effettivamente dal nord in Grecia. E di Thule Plutarco dice che in essa le notti per circa un mese duravano due sole ore: è proprio la notte bianca dei paesi boreali. E se altre tradizioni elleniche chiamavano il mare boreale Mare Cronide, cioè Mare di Kronos (Saturno), questa è un’indicazione significativa, poiché Kronos veniva concepito come uno degli dei dell’età dell’oro, cioè dell’età primordiale, dell’età prima dell’umanità.
Walhall, Das Rheingold von Hermann Hendrich
Ora se noi ci portiamo in America, nelle civiltà azteche del Messico troviamo corrispondenze così singolari, che esse si estendono fino ai nomi. Infatti gli antichi messicani chiamavano Tlapallan, Tullan e anche Tulla la loro patria primordiale. E come la Thule ellenica veniva riferita al solare Apollo, così ecco che anche la Tulla messicana vien considerata come la Casa del Sole.
Ma confrontiamo tali tradizioni messicane con quelle celtiche. Se i lontanissimi progenitori dei Messicani sarebbero venuti in America da una Terra nordica-atlantica, ecco che le leggende irlandesi ci parlano della razza divina del Tuatha dè Danann, la quale sarebbe venuta in Irlanda dall’Occidente, da una mistica terra atlantica o nordico-atlantica, l’Avallon. Si direbbe, dunque, due forme di uno stesso ricordo. Le due civiltà corrisponderebbero a due irradiazioni, americana l’una, europea l’altra, partite da un unico centro, da un’unica sede scomparsa (mito dell’Atlantide), ovvero congelate. Ma vi è di più, nel senso che, se passiamo nel campo delle indagini positive moderne, troviamo elementi che potrebbero benissimo concordare con questi echi leggendari. Infatti sul litorale atlantico europeo esistono tracce ben precise di una civiltà vera e propria e di un tipo di umanità – il cosidetto uomo Cro-Magnon – che appare di uno sviluppo ben superiore rispetto alle razze quasi animalesche del cosidetto uomo glaciale o musteriano abitante allora l’Europa. I frammenti pervenuteci di questa civiltà sono di tale natura, da far dire ai ricercatori, che i Cro-Magnon potrebbero ben definirsi gli Elleni dell’età della pietra. Ora, questa dei Cro-Magnon, apparsa enigmaticamente nell’età della pietra lungo il litorale atlantico fra razze inferiori e quasi scimmiesche, non potrebbe forse essere la stessa cosa dei Tuatha de Danann , della razza divina venuta dalla misteriosa terra nordico-atlantica , di cui nelle accennate leggende irlandesi? E i miti circa le lotte fra le razze divine sopravvenute e le razze di demoni o mostri, non sarebbero per caso da interpretarsi come echi fantastici della lota svoltasi fra quelle due razze, fra gli uomini Cro-Magnon, gli Elleni dell’età della pietra, e gli uomini musteriani animaleschi?
Tornando ai ricordi tradizionali, non soltanto i Greci e gli Americani ricordano una sede primordiale. Secondo i ricordi iranici dell’Avesta, la patria originaria e mistica degli Ariani, concepita come la prima creazione del Dio di Luce, – l’aryanem vaejo – sarebbe stata una terra dell’estremo settentrione, e anzi vien detto che inessa, a un dato momento, l’inverno durò dieci mesi dell’anno, proprio come nelle regioni artiche. Si tratta dunque di un ricordo ben preciso del congelamento sopravvenuto con la precessione degli equinozi nella regione boreale: ricordo, cui peraltro fa riscontro quello del terribile inverno Fibur scatenatosi alla fine di un certo ciclo, o mondo, di cui nelle antichissime tradizioni scandinave. Ma anche in India, si ricorda un’isola o terra luminosa posta nell’estremo settentrione, lo çveta dvipa, e una razza dell’estremo settentrione, gli uttara-kura; lo stesso ricordo si ha nel Tibet , nel mito della mistica città del Nord Chandhala; nell’estremo Oriente Liezi riferisce la tradizione circa la terra posta all’estremo nord del mare settentrionale e abitata da uomini trascendenti.
I risultati delle ricerche del Wirth sarebbero appunto questi: che nella più alta preistoria – verso il 20.000 avanti Cristo – una grande razza bianca unitaria, dal culto solare, dalla regione polare divenuta inabitabile per via del congelamento si sarebbe spinta verso il Sud, in Europa e in America, ma soprattutto in una terra scomparsa , posta al Nord dell’Atlantico. Da tale terra essa si sarebbe successivamente spostata, nel periodo paleolitico, verso l’Europa e l’Africa, con un moto, dunque, dall’Occidente all’Oriente: essa sarebbe penetrata nel bacino del Mediterraneo creando un ciclo di civiltà preistoriche intimamente apparentate, nel quale rientrerebbero quella egizia, etrusco-sarda, pelasgica ecc., a tacere di altre ancora che nuove ondate avrebbero fondate nel loro avanzare per via continentale fino a raggiungere il Caucaso e poi oltre, fino all’India e alla stessa Cina. Così ciò che si riteneva la culla dell’umanità , l’altopiano del Pamir , sarebbe soltanto uno dei centri abbastanza recenti d’irradiazione di una razza ben più antica. Le razze ariane e indogermaniche, l’uomo europaeus in genere, sarebbero già razze derivate e in una certa misura già miste in confronto a ceppi più antichi e più puri, IPERBOREA, a cui vanno riferito i ricordi, i simboli e perfino le figurazioni preistoriche su roccia relative ai conquistatori dai grandi vascelli stranieri, dall’ascia, dal sole e dall’uomo solare con braccia innalzate. Una misteriosa unità stringerebbe per tal via un gruppo di grandi civiltà e di antiche religioni fiorenti già là dove fino aieri si supponeva l’uomo animalesco delle caverne.
E siccome simbolo richiama simbolo, per finire, ricorderemo questo. Ancor nell’epoca romana l’idea della regione del nord come un paese mistico, abitato dal padre degli dei, dal nume dell’età prima o età aurea, e l’idea che il giorno artico quasi senza notte non fosse senza relazione con la luce perenne che circonfonde gli immortali, tali idee nell’epoca romana erano ancora così vive, che, secondo la testimonianza di Eumanzio, Costanzo Cloro avrebbe diretto una spedizione verso il Nord della Gran Bretagna, confusa con la stessa leggendaria Thule, non tanto per il desiderio di glorie militari, quanto per raggiungere la terra “che più di ogni altra è vicina al cielo” e quasi presentire la trasfigurazione divina che si riteneva subissero gli Eroi e gli Imperatori alla loro morte.
Julius Evola

Fonte: Arcadia Iperborea iscriviti alla pagina Facebook

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