17 Luglio 2024
Solstizio Tradizione

Il mito solstiziale – Carlo Giuliano Manfredi

 

“Fammi andare
Dal Non-Essere all’Essere
dalla Tenebra alla Luce
dalla Morte all’Immortalità”
Brihad Aranyaka Upanishad

Quando l’anno volge al termine, si vive un momento di passaggio tra i più drammatici, quanto paradossale, dell’intero ciclo naturale delle stagioni (quale manifestazione delle leggi che regolano quella realtà fisica strutturata dalla nascita, crescita, maturazione e morte).

Qui l’oscuritá regna sovrana, le notti si allungano e la luce sembra vinta, tuttavia nel momento in cui quest’ultima sembra estinguersi totalmente e il mondo delle tenebre festeggia il proprio trionfo, mentre tutto sembra perduto, nel giorno del 21 dicembre avviene un capovolgimento della situazione, è l’evento del Solstizio d’inverno (dal lat. solstitium, sol ‘sole’ e stare ‘fermarsi’).

Circostanza caratterizzata da una misterica (con particolare riferimento all’azione/intento del chiudere la bocca, esser muti) dimensione in cui tutto risulta sospeso nell’attesa di una rivoluzione (dal lat. revolutio -onis ‘rivolgimento, ritorno’), e il tempo stesso in effetti pare fermarsi. Ecco allora che il buio cede alla luce che, lentamente, inizia a prevalere sulle brume invernali. E’ la rinascita dopo la morte, vittoria e resurrezione del nuovo Sole concepito come una forza invitta simbolo di un nuovo ciclo luminoso.

Tale aspetto rappresenta in parallelo un orientamento interiore per coloro che vivono coscientemente l’evento, momento rituale (di passaggio o di iniziazione) destinato a rinnovare le energie (l’uomo vecchio muore perchè il nuovo possa nascere).

D’altronde, il passaggio tra l’anno vecchio e il nuovo, è anche analogo a quello tra due cicli cosmici: ed è simbolicamente una reintegrazione del mondo nella sua origine informale. Al riguardo ed in riferimento al calendario romano arcaico, evocando Giano e Saturno, si evidenzia che il primo Dio citato è legato ai solstizi (nello specifico con il nome di ‘janua coeli’ per quello d’inverno) ed è colui che introduce all’età primordiale accogliendo Saturno a Roma. E’ quindi identificato al Creatore (jan significa ‘generare’) e Saturno è il suo germoglio d’oro. Relativamente a quest’ultimo, egli corrisponde al primo terzo dell’inverno ed, in suo onore, veniva celebrata la ricorrenza pre-solstiziale appunto chiamata ‘Saturnalia’ (17 – 24 dicembre). In un clima particolarmente festoso (in cui gli schiavi erano temporaneamente liberi, venivano scambiati doni, e si eleggeva anche una specie di re di burla) si ricordava la ‘notte artica’ ed il rinnovamento del suo Sole Iperboreo (settentrionale), rinnovamento annuale in cui si ristabiliscono dunque simbolicamente le condizioni anteriori all’inizio (motivo per cui i riti e le usanze di rovesciamento e di “sospensione dell’ordine” si innestano coerentemente sul corpo più antico della festa).

Infine, come tutti i momenti di passaggio, quello solstiziale è un periodo carico di valenze simboliche e magiche, dominato da miti e simboli provenienti da un passato lontanissimo e, soprattutto, ricorrente in tutta l’aerea relativa alla civiltà indoeuropea e sue ramificazioni. In particolare si fa riferimento a Yule/Jól (festa del solstizio d’inverno nella tradizione norrena) dove si evidenzia il mito della ridda della “Caccia Selvaggia”.

La ridda si disvela come veicolo di sapienza al di là e al di sopra del tempo profano: eterna e profonda Verità che ancor oggi può essere colta e vissuta come nel tempo iperboreo delle origini delle stirpi indoarie, poichè tutti i miti conducono indubbiamente al “ritorno all’origine”.

Questo Mito, riferito ai giorni solstiziali, avviene nelle “dodici notti sante”, quelle che vanno dal Natale all’Epifania, quando il tempo non scorre e la realtà è sospesa.

Le Dodici si dividono in due metà e cioè nei sei giorni dal 25 al 30 dicembre e gli altri sei dall’uno al 6 gennaio. Il 31 dicembre viene quindi escluso dai Dodici perchè rappresenta la “divisione nel tempo”, che come il nunc, il presente, esclude simbolicamente l’Ur (ciò che è passato) e introduce ciò che deve avvenire, quanto ciò che è spirito divide e contemporaneamente unisce il divino dal mondano, il passato dal presente. La notte di S.Silvestro è da riferire al mutare, alla scomparsa per rinascere, al “passaggio della divinità nella vita umana”. L’Armanismo (gli insegnamenti), come il suo sistema religioso , il Wuotanismo, ha fuso intimamente conoscenza, azione e fede, cosicchè l’ario-germanico non solo sapeva ciò che credeva bensì confermava con la sua azione ciò che sapeva e credeva e con ciò riconosceva la sua ‘Wihinei’ (sacro) non solo come opinione dottrinale con vuote parole, confermandola invece nel più ampio senso della parola con il suo agire ed operare nella vita.

Prepariamoci quindi all’avvicinarsi di questa importante data poichè nella Tradizione di riferimento rappresenta non solo il passaggio stagionale ma soprattutto la rinascita dell’Uomo spirituale.

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