“…Traccia un cerchio intorno all’uomo e alla donna e da questo ricava un quadrato e dal quadrato un triangolo. Circonda il tutto con un cerchio ed avrai la Pietra Filosofale”.
Dopo aver dominato la materia (terra-quadrato), l’ascenso porta l’uomo a comprendere il tutto universale (cielo-cerchio).
La pitagorica Tetraktys (1+2+3+4) non è altro che la grande opera della quadratura che dal 4 per l’8, porta al 10, cioè al cerchio (il tutto, il pieno il completo). L’esistenza umana è compresa tra la base quadrata della materia madre (terra, aria, acqua, fuoco) sotto i suoi piedi e la volta celeste paterna (la legge di Dio) sopra la sua testa. Presso l’Islam il numero 8 e l’ottagono simboleggiano la luce del cielo, l’occhio del filosofo, lo specchio della Sapienza, l’essere e la vita ultraterrena. Ottagonale è la Corona di Borgogna, con 8 placche d ‘oro riunite a cerniera, utilizzata per l’incoronazione degli Imperatori del Sacro Romano Impero in Aquisgrana, nella cappella anch’essa ottagonale dove veniva celebrato l’evento (nel 1215 vi fu incoronato Federico II). La placca frontale di tale gioiello aveva 12 gemme tra le quali la più grande, in posizione mediana alta, era un opale bianco latteo, andato in seguito smarrito e sostituito con un’agata azzurrina.Di pianta ottagonale è il Tempio di Gerusalemme, la così detta moschea di Omar, il cui peristilio è delimitato internamente da 8 pilastri con 16 colonne così come le piante di vari edifici di culto quali la chiesa di Poderborn (1036), quella di Montmorillon quelle di Laon ed Eunate nonchè le chiese templari di Torres del Rio e di Tomar e segmenti delle strutture fortificate e dei castelli degli ordini monastico-cavallereschi in oriente. Analoga considerazione meritano i templi cristiani a pianta rotonda con colonnato circolare interno in numero di 8 elementi ed ambulacro (S. Michele di Fulda, S.Giovanni al Sepolcro in Brindisi ad es.). Molte delle opere fortificate federiciane hanno pianta o segmenti (es. le torri) a sezione ottagonale (castelli siciliani di Agira, Salemi, castello Ursino, Colombaia di Trapani, torre di Enna) espressioni, nell’accezione dello stesso imperatore per mano dei suoi architetti, di moschee fortificate. Cosi come l’ottagono esprime l’ incontro tra la base materiale della vita e la sua evoluzione spirituale o celeste, la croce che è possibile tracciare da linee dirette da un angolo all’altro, passanti per il centro, esprime lo stesso concetto. Il centro della croce, del resto equivalente a quello dell’ottagono è il punto di maggior equilibrio possibile tra l’essenza verticale e quella materiale, disposta trasversalmente, dell’ essere. Strane cose si raccontavano su tali centri o nodi energetici, una volta identificati e riconosciuti. Arcani poteri, misteriose forze taumaturgiche venivano in tali punti a concentrarsi a tutto beneficio di chi vi si collocava fisicamente, in condizioni di attenta recettività. Da tutto ciò, la realizzazione di opere architettoniche a pianta o con elementi a sezione ottagona con la individuazione di un centro o punto di equilibrio in esse.
La più eloquente fabbrica ottagonale concepita, forse, anche su tali principii è senz’altro Castel Del Monte, il famoso monumento di architettura ideale condensante in sè esperienze di varia origine, di varie epoche, cultura tradizione; uno scrigno di pietra racchiudente parte delle conoscenze iniziatiche dello Stupor mundi e della sua corte.
Ottagono regolare di blocchi calcarei ocracei ben quadrati e sovrapposti con, ad ogni spigolo, una torre anch’essa ottagonale, ha un cortile interno ovviamente ottagono, nel cui centro, in origine, era collocata una gran vasca di analoga forma geometrica alimentata da cisterne sotterranee e tubi in cotto e piombo discendenti dalla sommità delle torri stesse. Lo spazio interno è diviso in due piani comprendenti otto grandi vani trapeizoidali identici.
Canoni ed elementi vitruviani nel portale principale, finestroni gotici, feritoie prive di funzione, volte a crociera, stanze intercomunicanti con enormi camini, pareti lastricate in marmi bianchi e porfido verdastro, breccia corallina rossastra, parziali soluzioni in opus reticolatum, l’aspetto orientaleggiante dell’intero complesso fanno di questo misterioso monumento un unicum, un enorme libro di pietra che come tale, doveva essere solo letto e non frequentato. Del 1240 (29 gennaio) è l’ordinanza di requisizione (attractum) dell’imperatore, da Gubbio, per Riccardo Di Montefuscolo, giustiziere della Capitanata, relativamente ai materiali necessari alla fabbrica dell’edificio “de Sanctam Mariam de Monte”. Ciò è anche confermato da un altro documento del 1240 (5 maggio), stilato a Milano, ed elencante le varie opere fortificate pugliesi. In esso si tace, perchè appena iniziata, la costruzione di Castel Del Monte. In realtà su quel piccolo monte o nelle sue immediate vicinanze esisteva, già nel 1182, una chiesa con le sue pertinenze dedicata a S. Maria “de Monte Balneoli” o “de Balneo” dei Canonici Regolari del Santo Sepolcro che come è risaputo, solevano portare in occidente moduli o multipli di misure dell’architettura sacra dei templi gerosolimitani (in particolare il tempio o moschea di Omar e l’anastasis del Santo Sepolcro). Interessante notare come il castrum-palazzo di Castel Del Monte, provvisto di una cupola, potrebbe essere confrontato o assimilato proprio alla ottagonale moschea della cupola della roccia. Notoria è l’ammirazione che l’Hohenstaufen manifestò a Gerusalemme per le linee architettoniche del sacro edificio di cui volle salire il pergamo per meditarvi. Il muro interno utilizzato come gnomone per la realizzazione dell’intera costruzione, misura nel castrum pugliese circa 21 m (20,90 in media) tanti quanti ne misura il lato dell’ottagono perimetrale ed il diametro dello spazio circolare interno del Tempio di Gerusalemme nella realizzazione del quale in buona parte, i costruttori si ispirarono a modelli e misure dell’Anastasis Costantiniana dei Canonici Regolari del S.Sepolcro.
Architetti rimasti sconosciuti, utilizzanti misurazioni sacre, portarono a termine materialmente i progetti del “laboratorio di corte” animato da astrologi, matematici, maghi oculatamente coordinato dall’imperatore che volle così fissare un punto di memoria sintetico delle conoscenze delle tre civiltà del tempo (la arabo-normanna, la romanico-pugliese, la gotico-ultramontana) senza rinunciare alla storica concezione architettonica classica romana. Nel centro del cortile che in origine era dotato, presumibilmente, di un funzionale ballatoio ligneo e adorno di sculture antiche o lavorate all’antico, l’enorme vasca dove la leggenda vuole sia stato fatto annegare l’ignoto·costruttore del castello. Costui si era rifiutato di rivelare all’imperatore dove avesse celato nelle opere murarie da lui realizzate, i quattro segni o cifre magiche necessarie alla reintegrazione energetica di sè e all’apertura del terzo occhio della conoscenza. Le cifre, stando alla fantastica storia dovevano essere tracciate a terra in corrispondenza dei quattro punti cardinali ai lati della grande vasca ottagona del cortile, col postulante in posizione eretta, immerso nell’acqua dalla cintola in giù. Dopo la sconfitta nella guerra contro i comuni dell’ Italia settentrionale Federico, nel novembre 1250, unica circostanza in cui soggiornò in Castel Del Monte, fece cercare a lungo dai suoi astrologi, maghi e maestri scalpellini lì convenuti, le preziose magiche cifre; ma inutilmente. Uno di essi, Tancredi da Pentima, lapicida e scultore, non senza timor per la propria vita, riferì all’Hohenstaufen quanto aveva appreso dal suo maestro, l’architetto di Castel Del Monte fatto uccidere, e cioè che:
“Ogni segno non trovato, solo di una quaterna il tempo ti avrà prolungato”.
Lo Stupor mundi in effetti, morì sedici giorni dopo nel castello di Fiorentino preso Foggia. Era il 13 dicembe 1250. La maledizione dell’architetto non si esaurì con la morte dell’imperatore. I suoi nipoti, figli di Manfredi, (Federico, Enrico ed Ezzolino) infatti, furono detenuti per vari anni nel castrum pugliese, trascorrerndovi la fanciullezza e la giovinezza. Nel 1269, durante la sua prigionia in Castel Del Monte, Enrico Di Castiglia che ai Piani Palentini aveva guidato la carica di cavalleria dell’esercito svevo contro quella di Carlo D’Angiò, sembra che avesse cercato affannosamente tra quei muti blocchi di pietra le misteriose cifre per sperare di riavere la perduta libertà.
A chi avesse la curiosità (ed il coraggio) di cercare i magici segni, daremo in questa sede il primo di essi. Gli altri sono ancora sapientemente occultati. Buon lavoro ai ricercatori di buona volontà!
Avvertiamo che alcune scritte incise sui conci del cortile interno sono del 1566 e, come tali, non hanno nessuna relazione con i simboli ricercati. Riportiamo tali leggende abbreviate con la relativa completa trascrizione latina al fin di evitare l’errore di qualche autore di scambiar la criptica scrittura per l’indicazione operativa per la realizzazione della Grande Opera(sic!).
Orgoglioso della Landa
da un testo dattiloscritto a circolazione interna della Confraternita del V Vangelo
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