26 Giugno 2024
Filosofia Politica

Il partito politico e le sue implicazioni occulte – Antonio Filippini

I tanti partiti che ci sono nei regimi democratici, di solito sono presi come esempio per dimostrare la libertà che esisterebbe in tali regimi, ignorando volutamente la logica dei “secondi fini”, nel senso che il pluralismo dei tanti partiti può dissimulare qualcosa d’altro. Dietro il pluralismo dei tanti partiti si cela in realtà la logica del “dividi et impera”. Frazionando il tutto sociale in parti che si contrappongono dialetticamente, è praticamente impossibile ottenere la coesione dell’insieme sociale e la manifestazione di una volontà univoca dove tutti lavorano effettivamente per il bene dell’insieme e quindi per il bene di sé come popolo, etnia, razza, nazione.

Il pluralismo partitico è in realtà il trionfo dell’egoismo individualistico in grande e esteso a tutti i livelli. Il vero e reale scopo dei tanti partiti è l’esatto opposto di quel che è fatto credere: non la libera espressione della volontà popolare, ma la sua neutralizzazione, poiché i tanti partiti esprimono volontà divergenti che cozzano tra di loro neutralizzandosi, questo va a tutto vantaggio degli “intermediari”, una piccola oligarchia di persone che detiene realmente il vero potere, ma lo esercita “in differita”, dietro le quinte e per vie traverse, senza apparire mai come tale, giostrando abilmente tra le varie posizioni e interessi dei tanti partiti, non esitando a ricorrere a pressioni, intimidazioni, ricatti e violenze per piegarli al proprio volere.

È risaputo che un qualsiasi partito fa innanzitutto il proprio interesse invece che l’interesse dell’intero popolo e della nazione, mettendo così in secondo piano il concetto stesso di popolo e di nazione, esaltando nel contempo l’individualismo e il particolarismo ideologico. Un popolo che manifesta un’unica volontà coesa è in grado di smuovere le montagne, questo quasi in senso letterale, loro lo sanno bene, da qui la necessità dei tanti partiti, e questo spiega bene anche la vera ragione di quell’odio feroce suscitato contro Hitler e il nazismo e anche contro Mussolini, che erano riusciti entrambi, anche se in misura diversa, a rendere coeso il popolo e la sua volontà. Va da sé che un popolo coeso che manifesta un’unica volontà, non dà nessuna possibilità di maneggiamento ai mestatori occulti, per costoro è un’autentica iattura, ecco allora la necessità di convertirli alla libertà democratica con i suoi tanti partiti, in modo da spezzare l’unità e la volontà del popolo, così da imporre più facilmente i propri interessi e il proprio volere.

Guardando la Germania nazista, l’Unione sovietica comunista come qualsiasi altro regime dittatoriale moderno, ci si chiede stupefatti che cosa mai ci faccia il “partito” in tali regimi, e specialmente il “partito unico”; se un regime è autoritario non ha affatto bisogno del “partito”, né del “partito unico”, qua invece, noi vediamo che il partito è stato addirittura messo sul trono, l’autoritarismo non è espresso da una persona, ma da un partito e dalla sua matrice ideologica, questa non è una cosa normale né è bene, perché si tratta di unilateralismi e estremismi ideologici con il relativo fanatismo imposti a un intero popolo, stato o nazione.

Il “partito” deriva da parte, frazione, quindi essere uomini di partito significa essere degli uomini di parte, dei “partigiani”, dei settari, degli elementi incompleti e disarmonici, necessariamente dei fanatici, non si capisce come questo possa essere positivo e che senso abbia il “partito unico”. Il “partito” è la vera “eminenza grigia” dell’Era della demonia del collettivo, questo spiega bene perché noi lo troviamo anche là dove la sua presenza sarebbe superflua, il partito è imposto dalle democrazie, è lo strumento indispensabile delle ideologie illuministe, necessario per portare avanti le loro trame, si tratta quindi di comprendere la sua vera e reale natura e la sua funzione.

Il partito è innanzitutto una aggregazione quantitativa, il suo scopo è di realizzare una massificazione di elementi vari che sono così resi uniformi, la sua semplice esistenza impone l’imperio della quantità sulla qualità. La massificazione quantitativa finirà per assumere un certo colore ideologico, dando così luogo a un’entità collettiva che avrà come sua natura quel particolarismo ideologico; il partito è un’entità collettiva, ma questa non è qualcosa di positivo come molti pensano, perché non è l’“insieme delle vacche della stalla”, ma solo l’“odore generale della stalla”! “Entità”: ciò che esiste in forma definita e determinata; “Collettiva”: comune ad un numero indeterminato di soggetti; l’entità collettiva affonda le radici nel numero. L’“odore generale della stalla”, per esempio, esiste ed ha una propria autonomia, anche se è stato determinato dalle tante vacche e così l’entità collettiva finisce per imporre quel determinato fattore comune che spesso è un semplice sottoprodotto. Anche quando il partito sembra essere caratterizzato da ideali o ideologie positive, ritenendo così un bene che una moltitudine di persone si metta al servizio del “partito”, questo però non fa venire meno ciò che si è detto e che si dirà in seguito, e comunque si tratta di specchietti per le allodole, perché il partito continua a rimanere tale: aggregazione quantitativa che pretende di dare forza e legittimità a un fattore qualitativo isolato in se stesso, estremizzato e pure disgiunto dall’Essere.

L’entità collettiva umana (di cui il “partito” ne è un tipico caso) o psichismo collettivo è appunto un’entità, solo che invece di essere “odore generale” è “basso psichismo generale e collettivo” e l’attuale metodologia imperialistica consiste nel condizionare e dominare i singoli individui servendosi dello psichismo collettivo come mezzo, rendendo i singoli individui “tossico-dipendenti” nei confronti dello psichismo collettivo, e la cosa è igienica come il condizionare le vacche della stalla usando il loro odore collettivo! È il classico cortocircuito in orizzontale o autofecondazione tipico della concezione immanentista.

Si tratta adesso di spiegare perché la massificazione quantitativa messa al servizio di un’ideologia è un errore, prima però bisogna mettere in rilievo un altro automatismo presente nel “partito” e nella scelta del partito politico. La tua opinione come io individuale, nel contesto generale ha una forza insignificante e nessuna possibilità di influenzare la realtà sociale, allora si è fatto ricorso al trucco dell’accorpamento delle opinioni. Tante opinioni similari sono unite assieme, è questo che si fa quando si vota uno stesso partito, l’unione di queste tante singole opinioni dà forza a quell’opinione, ma ha anche importanti effetti secondari sgradevoli e negativi per il singolo individuo. L’unione di queste tante opinioni provoca lo scorporo delle singole opinioni dai tanti individui che le hanno espresse, che non avranno più alcun potere su di esse e ne diverranno schiavi, per questi individui non cambia assolutamente nulla, prima la loro singola opinione non aveva alcun peso, dopo non sono più padroni della loro opinione e questo implica che essa sia gestita da altri e quindi la loro vera opinione non conta nulla! L’accorpamento delle tante opinioni in un unico centro, le trasforma in un’entità collettiva che, come tale, possiede una propria autonomia e agisce come un automa secondo la sua logica, che significa che i singoli individui, prima padroni delle loro opinioni, dopo ne diverranno schiavi e servi della macchina sociale così creata, per cui vedere nella scelta del partito un’espressione di libertà, questa è solo una barzelletta oscena! La libera scelta tra i tanti partiti, cela in realtà l’imposizione obbligatoria del partito, cioè dell’aggregazione quantitativa e l’obbligo di sottostare al potere dell’entità collettiva. Per i singoli individui, la massificazione quantitativa delle opinioni corrisponde a un drenaggio energetico, mediante il quale prende vita un’entità collettiva autonoma che si nutre di questo psichismo collettivo succhiato via dalla massa votante, ma tale entità non è diretta dal popolo, ma dai mestatori occulti e dai rappresentanti “democraticamente” eletti, i quali si servono di questo potenziale energetico per perseguire i loro scopi e i loro interessi (che non sono quelli del popolo) e il tutto assume l’aspetto di una strumentalizzazione parassitica.

Abbiamo a che fare con la creazione artificiale di entità collettive e il processo è per metà “magico”, perché per “entità collettiva” si intende sempre un aggregato psichico autonomo fatto trasudare a una collettività opportunamente manipolata. Il “partito” è un’entità collettiva, ma di partiti ce ne sono tanti e tutte queste entità collettive ne sostengono un’altra più grande ancora che le ingloba tutte e che si chiama: “Democrazia”. Anche la Democrazia con la maiuscola è un’entità collettiva, qui ci troviamo di fronte a una leggera variante del processo descritto, perché in questo caso non si tratta più delle tante opinioni dei singoli individui che sono unificate, processo che per certi versi è ancora naturale, ma più che di un’opinione, si tratta di una suggestione elaborata da poche persone che è imposta alla moltitudine; queste poche persone danno un senso arbitrario a una certa parola, che spesse volte non coincide con il suo significato letterale, poi costringono la moltitudine, non soltanto ad accettare questo significato arbitrario, ma pure a vitalizzarlo con la propria energia psichica, trasformando ciò che in origine era solo un significato arbitrario appiccicato a una parola, in un’entità collettiva dotata di una temibile carica psichica.

In altri termini, sono loro che decidono il significato che devono avere le parole, la massa deve semplicemente adeguarsi e deve pure vitalizzare con la propria energia questi significati arbitrari, trasformandoli in temibili entità collettive che schiacciano con il loro “peso psichico” la stessa massa che li ha creati; come a dire: sedotti e bidonati! Questo è anche il vero senso della “dittatura del proletariato”, che non è il proletariato che assume un ruolo dittatoriale, ma molto più semplicemente, si tratta di dominare la massa servendosi della massa stessa, servendosi del potenziale energetico della massa stessa; si tratta di ritorcere contro la massa ciò che è fatto uscire dalla massa stessa, rendendo la massa prigioniera di se stessa, la più terribile delle prigionie. Questo spiega perché le attuali masse sedicenti democratiche occidentali incassano tutta una serie di enormità, imbastite a loro danno, senza reagire, non possono reagire perché dando ascolto alle sirene incantatrici illuministe, si sono auto-imprigionate e auto-castrate! Questi popoli occidentali sedicenti democratici devono rendersi conto di quanto sia stupido e idiota vitalizzare con la propria energia significati arbitrari che altri hanno concepito all’esclusivo scopo di asservirli. Abbiamo a che fare con un imperialismo che è semplicemente mentale, nel senso che mirano alle menti e la loro arma principale è la suggestione, che se è applicata ad arte e collettiva, è di un’efficacia temibile, tant’è vero che i popoli “atlantisti” occidentali vivono costantemente sotto ipnosi e, come spesso accade a tutti gli ipnotizzati, essi non se ne rendono conto e quindi non lo sanno e si credono svegli e autocoscienti!

Il maggiore punto debole dell’elite illuminista è che essa ha un disperato bisogno della massa, il suo potere non è autonomo, ma passa attraverso la massa e la sua manipolazione, si esercita per mezzo di questa, ciò crea l’illusoria impressione nella massa di essere protagonista e libera, senza rendersi conto che il suo protagonismo è come quello del martello e dello scalpello in mano a uno scultore; la massa ha il solo scopo di dare luogo e vitalizzare l’entità collettiva, la quale però è in potere dell’elite illuminista, che se ne serve per soggiogare la massa, imporle il suo volere e realizzare i suoi veri fini. Questo agire attraverso le entità collettive è il contrassegno tipico della gerarchia rovescia, che essendo tale, non ha alcun potere reale, perciò può agire e diventare “potente” solo attraverso il parassitismo e il vampirismo energetico e la massificazione quantitativa.

La massificazione quantitativa messa al servizio di un’ideologia è un duplice errore, sia perché la massificazione quantitativa è già negativa per conto suo, sia perché l’ideologismo moderno, oltre ad essere un estremismo e quindi un fanatismo, è la conseguenza della prevaricazione del mentale. L’ideologismo politico moderno è la conseguenza dell’idealismo, che a sua volta è conseguenza del “mentalismo” (il mentale messo sul trono, concepito come vertice supremo), il quale è strettamente ammanigliato all’umanismo (l’uomo collocato al vertice supremo, come causa di tutto), e tutti questi fattori sono contenuti nell’immanentismo che, secondo il Guenon, fa rima con satanismo!

Il mentale sul trono è un errore perché in realtà il mentale è un elemento intermedio che, come tale, funge da ponte di collegamento fra due realtà con valenze opposte, come possono essere Infinito e Finito, Incondizionato e Condizionato, Realtà non manifesta e Realtà manifesta ecc. Il mentale sul trono implica il rifiuto di subordinarsi al principio superiore col conseguente distacco da esso e il pervertimento della funzione del mentale, che è appunto di ponte di collegamento. Con il “mentalismo” moderno, il mentale è stato estratto fuori (dall’interazione armonica ternaria) e contrapposto ai due altri ordini di realtà, ne è derivata la caratteristica tipica del mondo moderno: l’artificialità, nel suo senso pratico, ciò che non è naturale, che deriva solo dall’uomo e non ha alcun rapporto con gli altri due ordini di realtà, Finito – Infinito ecc.

Per rendere meglio l’idea, riferiamoci al ternario creativo “edile”: c’è l’architetto che progetta, il muratore che pone in opera e il mattone sul quale agisce. Vedendo che il muratore è colui che crea materialmente l’edificio,molti sono indotti a credere che il muratore sia il vero creatore e il vero vertice della catena creativa, mentre il muratore manifesta soltanto a un certo livello ciò che altri hanno concepito, non è il vertice superiore, la sua funzione è solo di manifestare e non di creare o ideare, è il fattore dinamico e attivo che agisce sullo statico e passivo mattone dandogli forma; al di là di questi due c’è l’architetto, che è il vero vertice che ingloba in sé l’attivo e il passivo, senza essere né l’uno né l’altro, pur essendo padrone e dell’uno e dell’altro, e, volendo, può essere sia l’uno e sia l’altro!

Il mentale sul trono è la stessa cosa del muratore sul trono, l’elemento dinamico intermedio è stato estratto fuori e assolutizzato, questo ha implicato il pervertimento della sua funzione e la contrapposizione agli altri due fattori. Mentale e muratore vogliono crearsi un mondo proprio basato su di sé e che non dipenda da altro che da sé; siccome loro sono l’attivo e il “fare”, non possono “non fare”, allora se non faranno in un modo, faranno nel modo contrario, se non “faranno” costruendo, “faranno” distruggendo, questa è la vera ragione del forsennato attivismo che noi vediamo nel mondo moderno, ed è la vera causa anche delle ideologie diveniste e progressiste che naturalmente non portano da nessuna parte, un eventuale obbiettivo da raggiungere è solo un pretesto, perché un continuo “fare” significa un continuo movimento e cambiamento coltivati fini a se stessi, si va avanti per muoversi e cambiare, perché il “fare” lo impone, non certo per raggiungere un obiettivo, che non c’è; il progressismo moderno è l’attivismo fine a se stesso, è il movimento coltivato per amore del movimento, conseguenza dell’attivo e del “fare” messi sul trono e resi assoluti, che per questo non possono assolutamente stare fermi, e per questo imporranno un continuo movimento, cambiamento e trasformazione.

Siccome ogni cosa è soggetta a una differenziazione ternaria, anche il “fare” dovrebbe differenziarsi in sé, ma non può farlo nel modo giusto, perché l’armonia del ternario iniziale è stata spezzata, allora si differenzierà in modo maligno seguendo la velenosa dialettica filosofica tesi-antitesi, fare-controfare, costruire-distruggere. La disarmonia iniziale si trasmette a cascata ai singoli fattori, suscitando dovunque velenosi antagonismi che in una realtà normale non avrebbero alcuna ragione di esistere; la follia è consistita nel normalizzare filosoficamente questi antagonismi e reattività, confermando e legittimando l’errore iniziale.

La differenziazione armonica normale non implica alcun antagonismo reattivo, il “fare”, per esempio, pur essendo e rimanendo sempre “fare”, si differenzia in sé nel “fare” reale o attivo e nel “fare” virtuale o inattivo, così come il muratore rimane sempre muratore sia che lavori o stia a riposo, e un fucile rimane sempre un fucile anche quando non spara, e tutti rimandano al ternario creativo iniziale, perché il fucile implica sempre colui che lo impugna e la pallottola da sparare, il muratore implica l’architetto e il mattone, l’attivo implica il passivo e colui che è padrone dell’attivo e del passivo. Nella Realtà Manifesta ogni cosa è soggetta a uno “stacco”, il quale realizza una oscillazione con il “neutro”, così anche il “fare” può subire uno stacco, senza per questo trasformarsi nel suo contrario reattivo, ma oscillerà con il neutro “non fare”, che lascia fare, perché esso non fa. Il muratore, pur essendo l’attivo, la sera smette di lavorare, senza per questo contraddirsi o negarsi. Questo mostra di nuovo che “attivo” e “passivo”, come qualsiasi altra coppia di opposti complementari, hanno senso solo se riferiti a un principio primo che può impugnarli liberamente, ma in sé rimangono ciò che sono e non possono rovesciarsi uno nell’altro, come pretendono i dialettici (questo vale solo per gli opposti complementari, perché per i contrari dialettici bisogna fare tutto un altro discorso).

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