Il Portogallo, prima della rivoluzione militare del 1926, era un paese povero e arretrato dove imperava la corruzione e l’inefficienza amministrativa. Gli scioperi, i disordini e le violenze rivoluzionarie erano all’ordine del giorno. Dal 1911 al 1926 ben due capi di governo vennero assassinati, nel 1918 e nel 1921, e si succedettero otto capi di Stato e quarantacinque governi. Nell’ottobre del 1920 un gruppo di comunisti su una camionetta arrestano il presidente del Consiglio, Machado Santos, e altri personaggi politici che poi vengono assassinati. Si moltiplicano le manifestazioni e i lanci di bombe contro beni e persone. Tutto questo porta alla sollevazione militare del 1926, ma neanche la dittatura riuscì però a risolvere i problemi economici e pacificare la nazione. Continuarono i conflitti sociali e le sommosse, di particolare violenza quelle del 2 febbraio 1927 nel Nord e del 17 febbraio 1927 a Lisbona. Nel 1928 viene chiamato a guidare il Ministero delle Finanze un giovane professore cattolico. In realtà aveva coperto per tredici giorni quel ministero due anni prima ma all’epoca non vi furono le condizioni per proseguire. Salazar, nel 1928, pretese pieni poteri e li ottenne.
Egli dimostrò come fosse sbagliato credere che soltanto l’operaio lavori e produca e che le altre classi vivano e prosperano sul sacrificio altrui. Vi è una gerarchia anche nel lavoro: lavoro d’invenzione, di organizzazione, di direzione e di esecuzione. Questa gerarchia è l’immagine della ineguaglianza naturale delle attitudini individuali che la società non può e non deve contrastare. Tutti lavorano all’interno della società per creare le migliori condizioni morali ed economiche. Esiste una ricchezza-egoismo, e una ricchezza-sacrificio: la prima è destinata al consumo e all’appagamento delle necessità naturali o create artificialmente dalla civiltà; la seconda, che considera e prevede l’arricchimento progressivo della collettività, esige, per costituirsi, sacrificio e la buona volontà di tutti i cittadini e di tutte le categorie del lavoro. Salazar non promise “paradisi in terra” ma sacrifici, chiese ai suoi cittadini di studiare, discutere e consigliare ma alla fine obbedire, si impegnò a spiegare i motivi delle sue scelte ma lasciò che fossero i risultati a parlare per lui. Una politica di verità e sincerità. I risultati arrivano, il bilancio dello Stato non solo non è più in deficit ma addirittura si registra un’eccedenza nel biennio 1928-1929. Nel 1937 l’attivo sarà di 200 milioni di scudi. In un discorso del luglio 1930 alla sala del Consiglio di Stato, Salazar fissa i principi del movimento e di quello che sarà il nuovo Stato portoghese:
“Occorre uno Stato forte, ma limitato dalla morale, dai principi del diritto delle genti, dalle garanzie e dalle libertà individuali che sono un’esigenza superiore della solidarietà sociale. Lo Stato ha il diritto di promuovere, di armonizzare e controllare tutte le attività nazionali, senza sostituirsi a esse, e il dovere di educare la gioventù nell’amore di patria, della disciplina, degli esercizi vigorosi che la preparano e la predispongono a un’attività feconda e a tutto quanto può esigere da lei l’onore o l’interesse della nazione. Di sopra al frazionamento del potere, servizi, autarchie, attività particolari e pubbliche, vita locale, domini coloniali, mille manifestazioni della vita in società, senza contrariarle e senza intralciare la loro azione, lo Stato stenderà il manto della sua unità, del suo spirito di coordinamento e della sua forza: lo Stato deve essere forte per fare a meno di essere violento. Il liberalismo politico del secolo ha creato il cittadino, individuo smembrato dalla sua famiglia, dalla sua classe, dalla sua professione, dalla sua cerchia culturale, dalla collettività economica ai quali appartiene, conferendogli, affinché egli lo eserciti facoltativamente, il diritto di intervenire nella costituzione dello Stato. Così si trovano spostate le fonti della sovranità nazionale. Ecco, alla base, la famiglia, cellula sociale irriducibile, nocciolo originale della parrocchia, del comune e, ovunque, della Nazione. Essa è dunque, per natura, il primo degli elementi politici organici dello Stato costituzionale. Efficacemente protetta nella sua formazione e conservazione e nel suo sviluppo, la famiglia deve esercitare, con la voce del suo capo, il diritto di eleggere i membri del corpo amministrativo, almeno quelli della sua parrocchia, poiché questa non è che l’espressione naturale delle famiglie e dei focolari coi comuni interessi che a essa li riallacciano. Così troviamo che il cittadino ha diritti politici ben fondati. Le Corporazioni morali ed economiche, come le Università, le accademie scientifiche, i circoli letterari, artistici, tecnici, le associazioni agricole, industriali, commerciali, coloniali e operaie sono organismi che la civiltà crea per istinto di mano in mano con le necessità sociali. Rappresentando interessi legittimi che sarebbe utile incorporare nella collettività, è una tendenza del tempo ed è un bene per lo Stato che si moltiplichino, si allarghino in federazioni e confederazioni per costituire gli elementi della nazione organizzata. Come tali, devono concorrere col loro voto o la loro rappresentanza alla costituzione della Camera dove si desidera trovare una delegazione veramente nazionale […] Le Corporazioni non devono soltanto possedere le prerogative dell’amministrazione locale e regionale tanto decentrata quanto lo permettono le condizioni del Paese, ma devono possedere diritti politici con influenza nell’organizzazione dello Stato. La loro provenienza e la loro posizione nell’organismo nazionale ne fanno logicamente dei collegi elettorali perfettamente adatti a designare i membri delle camere legislative, unitamente al voto delle Corporazioni morali ed economiche. Riassumendo, si pretende costruire lo Stato sociale e corporativo in rapporto stretto con la costituzione naturale della società. Le famiglie, le parrocchie, i comuni, le corporazioni dove si trovano i cittadini con le loro libertà giuridiche fondamentali, sono gli organismi che compongono la Nazione e, come tali, devono intervenire direttamente nella costituzione dei corpi supremi dello Stato: ecco un’espressione più fedele di qualsiasi altra del sistema rappresentativo. Non si può sperare di costituire uno Stato equilibrato e forte senza la coordinazione e lo sviluppo dell’economia nazionale la quale, oggi più che mai, deve fare parte dell’organizzazione politica. Questa è forse la più grande trasformazione pratica da attuare in tutte le nazioni civili”.
Lo Stato è quindi una manifestazione della vita collettiva, dalla famiglia alle corporazioni fino a tutte le associazioni morali e culturali riconosciute. Mircea Eliade[1] sottolinea la rivoluzione spirituale promossa da Salazar, il quale operò una reintegrazione della politica portoghese nello spirito della propria tradizione e della propria storia. Uno Stato davvero nuovo che avrebbe saputo ricostruire le fondamenta economiche e morali della nazione senza ricorrere ai partiti e alle vecchie gerarchie di potere demo-liberali.
“Un complesso processo di reintegrazione dell’individuo nell’unità sociale, della collettività in un destino storico, dello spirituale nel suo campo di applicazione specifico”.[2]
Si trattava di un ritorno alle realtà organiche e alla valorizzazione della cultura latina, cristiana ed europea. Ed è proprio la riforma morale, politica ed intellettuale la base per una vera rinascita nazionale. Le stesse corporazioni non avevano una funzione esclusivamente morale ma anche spirituale. Nel 1932 Salazar viene nominato presidente del Consiglio e l’11 aprile 1933 entra in vigore la nuova Costituzione, approvata con il referendum del 19 marzo dello stesso anno. Vi è inserita una possibilità di revisione se lo richiedono i due terzi dell’Assemblea nazionale. L’Estado novo è una democrazia organica. Anche in Spagna si svilupperà un sistema politico simile[3]. Si tratta di un sistema presidenziale, il Capo dello Stato viene eletto a suffragio universale da tutti i cittadini che sanno leggere e scrivere o in grado di pagare cento scudi di imposta. Le donne con diploma e quelle che pagano almeno duecento scudi di imposta possono votare. Il Capo dello Stato può sciogliere l’Assemblea nazionale, designa il Capo del governo e su proposta di quest’ultimo nomina e revoca i ministri. L’iniziativa legislativa spetta al Governo e ai deputati. La Costituzione dell’Estado Novo prevedeva due Camere: quella Corporativa e l’Assemblea Nazionale. Quest’ultima è composta da deputati eletti per quattro anni a suffragio diretto. L’articolo 11 della Costituzione attribuiva alle famiglie il fondamentale ruolo educativo e le riconosceva come il fondamento del sistema politico. Solo ai capifamiglia venne conferita la facoltà di eleggere i parlamentari.
“Chi ha la responsabilità di una famiglia sa generalmente meglio quel che gli convenga di un letterato che non conosca la vita. E la verità è che gli uomini quando raggiungono la maggiore età […] escono generalmente dalla famiglia paterna per crearsi una loro famiglia propria, e così acquistano naturalmente il diritto al voto. Quelli che non lo fanno […] non hanno effettivamente la personalità necessaria; e, per questi, non è male ch’essi non influiscano sui destini del paese”.[4]
La Camera Corporativa, di natura consultiva, affiancando l’Assemblea Nazionale, assicurò la rappresentanza degli interessi economici e sociali. Il Capo dello Stato è assistito dal Consiglio di Stato, il quale è composto dal Presidente del Consiglio, il Presidente dell’Assemblea Nazionale, il Presidente della Camera Corporativa, il Presidente della Corte Suprema di Giustizia, il Procuratore Generale della Repubblica e dieci membri designati a vita dal Capo dello Stato. La revisione costituzionale del 1959, stabilisce che il Capo dello Stato sia designato da un collegio elettorale composto dai membri dell’Assemblea Nazionale e della Camera Corporativa, dai rappresentanti delle municipalità e dei consigli legislativi e dai consigli di governo delle province d’oltremare. L’articolo 46 della Costituzione garantì l’indipendenza dello Stato dalla Chiesa, a cui fu riconosciuta la personalità giuridica e il diritto delle sue organizzazioni di agire liberamente nel campo sociale. Solo nel 1940 si arrivò al Concordato. L’Estatuto do Trabalho Nacional, promulgato con il decreto legge n. 23048, il 23 novembre 1933, affiancando la Costituzione, completò la dottrina corporativistica dello Stato. Venne concessa la settimana lavorativa di otto ore, il diritto alla contrattazione collettiva, il salario minimo e numerosi provvedimenti per la protezione del lavoro minorile e femminile. In Portogallo si sviluppò un sistema politico dove erano più marcate le marcate le caratteristiche conservatrici rispetto a quelle rivoluzionarie. Nello Estado Novo il popolo portoghese non fu coinvolto in una massiccia e metodica politica di mobilitazione e Salazar non era solito comparire dinnanzi ad esso, non vi era la volontà di rappresentare una nuova fase della civiltà ricollegandosi ad una visione dell’uomo e della vita pagana, né vi furono pretese totalitarie. Inesistente il culto della giovinezza e della forza, il rapporto diretto capo-massa, il partito unico ed una milizia da esso direttamente dipendente. Fu invece una gestione politica caratterizzata da una forte impronta etica cristiana; dal nazionalismo, inteso come senso di appartenenza e sentimento di solidarietà intergenerazionale e interpersonale che dava consapevolezza ai portoghesi di essere una comunità; dal ruolo della famiglia, che come abbiamo visto viene caricata di una veste politica centrale nel progetto del regime.
Mentre nel fascismo e nel nazismo vi è un richiamo alla tradizione romana e indoeuropea, il regime di Salazar è intriso di cattolicesimo. Per Salazar la fede era la garanzia contro il dispotismo, l’unico strumento per evitare la divinizzazione dello Stato e la sua ingerenza in un campo che non gli appartiene: la dimensione spirituale. Le differenze con il fascismo sono notevoli. Quel che Salazar rimproverava al fascismo era di scatenare il popolo, di essere troppo rivoluzionario, nel termine e nei significati che abbiamo prima indicato.
“La nostra dittatura si avvicina, evidentemente, alla dittatura fascista nel rafforzamento dell’autorità, nella guerra dichiarata a certi principi della democrazia, per il suo carattere accentuatamente nazionalista, per le sue preoccupazioni di ordine sociale. Se ne discosta, però, nei metodi di rinnovamento. La dittatura fascista tende a un cesarismo pagano, a uno stato nuovo che non conosce limitazioni di natura giuridica né morale, che marcia verso le sue mete senza trovare ostacoli”.[5]
La stessa Unione nazionale portoghese, il partito unico del regime di Salazar, era molto diverso dai partiti fascisti. In primo luogo, più che un partito politico l’Unione Nazionale fu costituita come un’organizzazione ombrello con il compito di sostenere l’esecutivo (massima autorità del sistema), una “organizzazione di unità di tutti i portoghesi” che sostenevano il regime di Salazar siano essi repubblicani, monarchici o cattolici. In secondo luogo, rispetto ai partiti fascisti ebbe un ruolo più marginale: più che detenere il potere o gestirne una parte, era il braccio politico dell’esecutivo. In terzo luogo, aveva più una funzione di controllo e freno dell’opinione pubblica piuttosto che di strumento rivoluzionario di mobilitazione. Infine, ministri, diplomatici e funzionari pubblici non sono mai stati costretti a unirsi al partito.
“Ho rilevato che i dubbi sollevati circa la possibilità di una vita costituzionale senza partiti politici, provengono principalmente dalla difficoltà, nella quale ci han messi le abitudini acquisite di capacitarci che una macchina funzioni in modo diverso da quello in cui, da più di un secolo, fu vista funzionare… L’applicazione dei principî nazionalisti agli ordinari problemi che siam soliti a vedere risolti in un certo modo coi criteri del partitismo dominante, è difficile e porta a risultati che stupiscono per la loro audacia, per la loro verità, per la loro novità. La gran parte della nostra terminologia appartiene tutt’ora al passato; traduce concetti morti che non possono più realizzarsi… Molti si preoccupano seriamente perchè suppongono non essere più possibile in avvenire divergenze di idee, o che i partiti siano assolutamente necessari per dar corpo alle correnti dottrinarie, o ancora, che lo Stato rimanga inaccessibile alla cosiddetta opinione pubblica. Supposizioni errate. L’opinione o un certo stato di coscienza del Paese circa il governo della cosa pubblica è sempre esistita ed ebbe sempre valore politico: e una sola differenza si noterà: ed è che in un Governo antipartitista possono non profittarne affatto coloro che si atteggiano a dirigenti di una campagna o a legittimi rappresentanti dell’opinione pubblica… E quando si vegga, praticamente, che non son le vie che menano a questo, quelle che nello stesso Stato nuovo conducono al potere, non dubitiamo che delle grandi trasformazioni non siano per prodursi nei costumi, che non si noti maggior calma nelle discussioni e maggior dose di serietà nello studio dei problemi”. Il Portogallo di Salazar fu una reazione conservatrice alla crisi del liberalismo portoghese e al pericolo marxista. Spiega Salazar come da “Dottrina essenzialmente economica (d’altronde già provata e incapace di adeguarsi alla complessa economia dei popoli civili), il comunismo si è convertito, per esigenza di lotta, di difesa o di infiltrazione nelle masse, in una dottrina totalitaria, come si dice oggi, in un sistema completo di vita e di organizzazione sociale. Esso si è aggiunto tutte le aberrazioni dell’intelligenza; ed è, come sistema e indipendentemente da qualche realizzazione materiale, la sintesi di tutte le rivolte tradizionali della materia contro lo spirito e della barbarie contro la civiltà. Esso è la grande eresia della nostra epoca.”
Nel 1934, la Terza Internazionale proverà a organizzare un movimento teso a rovesciare il governo ma fallì. Nel marzo del 1935 un nuovo tentativo di sovversione viene respinto. Questo ennesimo tentativo spinge il governo, dopo nove anni dalla rivoluzione militare, a mettere fuori legge la Massoneria (legge 21 maggio 1935). Nel gennaio 1937 altre azioni sovversive che culmineranno con l’attentato a Salazar del 4 luglio dello stesso anno. Per tutto il corso della sua vita Salazar difese il suo governo dagli attacchi sovversivi, risanò il bilancio statale, eliminò le spese inutili, garantì equilibrio politico e una amministrazione competente, mise fine alla lotta di classe realizzando una economia organica inserita costituzionalmente nella struttura dello Stato. Immaginò un altro Stato, proiezione della nazione e delle sue realtà organiche. Uno Stato unitario, sociale e corporativo dove venivano riaffermati i valori della gerarchia, dell’ordine e della disciplina. Ispirata dall’ideale di servire la comunità, l’opera politica di Salazar fu diretta al risanamento dell’economia portoghese e alla rigenerazione morale dell’intera nazione.
NOTE
[1] M.Eliade, Salazar e la rivoluzione in Portogallo, Edizioni Bietti, Milano, 2013, p. 217-236
[2] M.Eliade, Salazar e la rivoluzione in Portogallo, op.cit. p. 221
[3] Per un approfondimento sulla Spagna franchista rimando a Roberto Lobosco, “Controstoria del franchismo”, Editorie Idrovolante, Roma, 2023
[4] A cura di Serapiglia Daniele, Il fascismo portoghese, le interviste di Ferro a Salazar, Edizioni Pendragon, Bologna 2014, p. 131
[5] A cura di Serapiglia Daniele, Il fascismo portoghese, le interviste di Ferro a Salazar, op.cit., p.91
BIBLIOGRAFIA ORIENTATIVA
Mircea Eliade, Salazar e la rivoluzione in Portogallo, Edizioni Bietti, Milano,2013
Paolo, Rizza, I fondamenti ideali del regime di Salazar. La rivoluzione sconosciuta del XX secolo, Solfanelli, Chieti, 2020
Paul Serant, Salazar e il suo tempo, Volpe, Roma, 1963
Pino Rauti, Volto di un’epoca, Centro Editoriale Nazionale, Roma, 1967
Jacques Ploncard d’Assac, Salazar, Edizioni del Borghese, Roma, 1967
Serapiglia Daniele a cura di, Il fascismo portoghese, le interviste di Ferro a Salazar, Pendragon, Bologna, 2014
Roberto Lobosco è nato a Cecina (LI) il 2 ottobre 1984. Laureato in giurisprudenza con una tesi di Diritto pubblico comparato. Ha pubblicato due saggi: La rivoluzione conservatrice europea. Storia e interpretazione del fascismo (Edizioni del Borghese, 2022) e Controstoria del franchismo (Edizioni idrovolante, 2023).