Il Nuovo Testamento in generale
Il Nuovo Testamento, il cui significato è nuovo patto, è composto da un insieme di libri e documenti in lingua greca, che sono stati consolidati ed assestati nei contenuti e nella forma con cui li conosciamo oggi soltanto verso la fine del IV° secolo dell’era volgare, dopo un lungo e travagliato periodo di modifiche, adattamenti ed integrazioni durato circa due secoli.
La prima scelta dei resoconti da includere nel canone del Nuovo Testamento ed il conseguente tentativo di omogeneizzazione tra gli stessi sembra doversi attribuire al padre della Chiesa Ireneo di Lione all’incirca nell’anno 170. Il Nuovo Testamento fu poi completamente rivisto e pesantemente modificato da Eusebio di Cesarea all’inizio del IV° secolo, e, successivamente ancora rivisto da Atanasio di Alessandria nell’anno 367, assestato con poche ulteriori modifiche nel corso del Concilio di Ippona dell’anno 393 e definitivamente ratificato dal Concilio di Cartagena dell’anno 397, risultando alla fine praticamente irriconoscibile rispetto alle prime stesure di due secoli prima.
Sul Nuovo Testamento è stato edificato il più importante dei culti cristiani, e cioè il Cristianesimo Cattolico Romano.
Il termine cristianesimo, riferito alla religione nata all’incirca non prima della fine del II° secolo, deriva dall’aggettivo cristo, traslato dal greco christòs, con il medesimo significato di messia, traslato dall’ebraico meschiach, che significa semplicemente unto. L’unzione era un rito di remota origine sumera, diffusosi tra tutti gli antichi popoli del Medio Oriente ed ancora utilizzato ai giorni nostri presso alcune nazioni per la consacrazione dei sovrani nelle cerimonie di incoronazione.
Nella lingua italiana il termine cristiano è polisemico, e viene collegato sia al sostantivo cristianesimo, con il significato di membro appartenente ad uno dei diversi culti e movimenti che, anche con varianti significative, si ricollegano alla religione cristiana, sia anche direttamente al nome cristo, con il significato di partigiano seguace di uno dei tanti unti consacrati che si opponevano ai Romani dall’inizio del I° secolo. In altre lingue, invece, come ad esempio in quella francese, non si riscontra alcuna ambiguità, poiché vengono rispettivamente utilizzati i termini chrétiens e christiens.
La Chiesa romana ha continuato a modificare nel corso dei secoli le sue impostazioni dottrinali, e quando non ha più potuto ritoccare il Nuovo Testamento perché era ormai diffuso e conosciuto nella stesura definitiva, ha inventato la tradizione, al fine di poter introdurre, nel tempo, ulteriori elementi di fede.
Soltanto dai primi anni ’90 del secolo scorso, in seguito alla pubblicazione delle immagini microfilmate dei cosiddetti rotoli del Mar Morto, che erano stati occultati per più di quaranta anni, è stato finalmente possibile accedere ad informazioni attendibili per comprendere e valutare correttamente, dal punto di vista storico, i contenuti del Nuovo Testamento.
Già negli anni ‘20 del secolo scorso lo studioso francese Daniel Massé, conducendo uno studio con mente aperta e priva di pregiudizi, nel suo saggio L’énigme de Jésus-Christ aveva individuato molti punti deboli nella comune interpretazione del Nuovo Testamento, riuscendo anche a dedurre il vero nome del cristo crocifisso che era Giovanni, ma la sua pregevole opera non ebbe la giusta risonanza in Italia, perché, con il concordato facente parte dei Patti lateranensi del 1929, il Cattolicesimo Cattolico Romano era diventato la religione ufficiale dello stato, e da quel momento era stato problematico diffondere testi che ne avrebbero potuto mettere in discussione i presupposti.
Soltanto in seguito alla successiva revisione del concordato, effettuata nel 1984 con gli Accordi di Villa Madama, è stato possibile pubblicare senza troppi problemi studi di natura divulgativa con accurate analisi filologiche del Nuovo Testamento, che anche se sviluppati al di fuori degli ambienti scientifici ufficiali (ed in qualche caso per motivazioni chiaramente anticonfessionali ed anticlericali) hanno tuttavia permesso di individuare importanti aspetti, che, gradualmente, sono stati riconosciuti ed accettati anche dalla quasi totalità del mondo accademico italiano.
Tra le diverse componenti del Nuovo Testamento prese in considerazione non vi sono soltanto i quattro vangeli ritenuti canonici, ma anche le Epistole di San Paolo e gli Atti degli apostoli, che sono strettamente connessi tra di loro.
I vangeli canonici
Il termine vangelo deriva dal greco evanghélion, con il significato originario di buona notizia. I quattro vangeli canonici derivano da scritti precedenti dei quali ancora non si conosce praticamente quasi nulla di certo, alcuni dei quali composti originariamente in aramaico, con lo scopo di tramandare il ricordo di personaggi e di avvenimenti che avevano segnato profondamente la Palestina e la nazione ebraica nel I° secolo dell’era volgare.
I nomi degli autori originari riportati dalla tradizione cristiana sono universalmente riconosciuti frutto di pura invenzione ed i loro veri autori non sono noti, con la sola eccezione del vangelo di Giovanni, che alcuni filologi ritengono di poter attribuire allo gnostico Cerinto, probabilmente nativo di Antiochia e seguace della filosofia neoplatonica, in accordo con quanto sostenuto dai padri della Chiesa Epifanio di Salamina ed Eusebio di Cesarea.
Soltanto le informazioni recuperate dai rotoli del Mar Morto hanno permesso per la prima volta di comprendere il significato di alcune delle parabole riportate nei vangeli, che apparentemente sembravano non aver alcun senso, ed a spiegare il vero significato di tanti episodi, che a causa della mancanza della corretta chiave di lettura, già nell’antichità erano stati ritenuti riferirsi a miracoli. Tra l’altro si è anche scoperto che perfino il dogma principale della cristianità, la trinità Padre, Figlio e Spirito, rappresentava semplicemente il modo più comune per alludere a tre altissimi sacerdoti appartenenti al movimento esseno, che in certi momenti era subentrato al clero che si riconosceva nel movimento sadduceo nella pratica delle funzioni rituali del Tempio di Gerusalemme.
Durante il lungo e travagliato processo di composizione del Nuovo Testamento sono state apportate ai vangeli continue evidenti alterazioni, dovute sia ad errori involontari che a scelte volute per nascondere verità ritenute scomode.
Alcuni errori dipendono dalla errata traduzione di parole dall’aramaico, vuoi a causa della insufficiente conoscenza della lingua, vuoi per lo scambio di consonanti dalla grafia similare, ma i più sono stati provocati dall’ignoranza degli usi, dei costumi, delle espressioni idiomatiche e dei codici utilizzati dai movimenti settari ebraici del I° secolo dell’era volgare, che quasi subito erano andati perduti per sempre. A volte i collazionatori od i copisti, avendo cercato di interpretare espressioni che non erano riusciti a comprendere, avevano cercato di spiegarle inserendo nei testi delle chiose, con il risultato, a volte, di inventare inesistenti miracoli contro natura, poi fatalmente ripresi dai copisti successivi.
Diversa è invece la motivazione delle censure e delle alterazioni volontarie: in sostanza si era voluto far dimenticare all’interno dell’Impero la situazione di insurrezione permanente in Palestina contro il potere di Roma in quel periodo storico, al fine di pacificare gli animi e di giustificare a posteriori l’apparizione di un tipo di predicatore completamente diverso da quelli che avevano realmente operato nel I° secolo. Valga per tutti l’attribuzione della provenienza del cristo crocifisso negli anni “30 dalla piccola località di Nazareth situata in Galilea, in una zona di dolci colline ad occidente del fiume Giordano ed abbastanza distante da esso, che probabilmente all’epoca non esisteva ancora, confondendo volutamente l’attributo nazareno, derivato dal termine ebraico nazir, indicante chi era stato consacrato dalla nascita al nazireato, con il termine nazaretano, indicante alcuni secoli dopo un nativo di Nazareth, e ciò allo scopo evidente di nascondere la vera provenienza di quel messia dalla città fortificata di Gamala, situata nella Golanide in prossimità dell’estremità nordorientale del lago di Tiberiade, su di una scoscesa montagna, che a quel tempo era il centro della resistenza antiromana.
Da una lettura attenta dei vangeli canonici chiunque può riuscire a comprendere, senza alcuna difficoltà, che alcuni passi sembrano doversi necessariamente riferire a due personaggi radicalmente diversi per carattere, abitudini e comportamenti, ma soltanto pochi esegeti hanno mostrato di essersene resi conto. Il primo è stato il padre della Chiesa Origene di Alessandria, che già alla fine del II° secolo, nei suoi Commentari su San Matteo, riportava che, a suo giudizio, con lo stesso nome venivano indicate due distinte persone: Gesù detto il Cristo e Gesù Barabba.
Dalle traduzioni della Regola della Comunità, rinvenuta tra i rotoli del Mar Morto, gli studiosi avevano potuto apprendere che per la liberazione della Palestina dai Romani ed il successivo avvento del regno di Yahweh (dio degli Israeliti successivamente trasformato nel dio unico universale dei cristiani) dovessero operare contemporaneamente, con funzioni diverse, due diversi messia: il cristo regale di Davide ed il cristo sacerdotale di Aronne, e che pertanto i vangeli riportavano effettivamente notizie riferite a tali distinti personaggi, senza distinguerle. La confusione era avvenuta perché di solito i due non venivano citati per nome ma soltanto con l’appellativo funzionale il cristo, per cui già nel II° secolo, in conseguenza delle grandi rivolte, grazie alla scomparsa pressoché totale di due generazioni a causa della morte di più di un milione di persone e delle successive deportazioni di massa, i ricordi degli episodi erano stati non intenzionalmente confusi, e le due nobili figure erano state unificate in un unico personaggio, ricordato secoli dopo con il nome di Gesù Cristo.
Soltanto recentemente, dallo studio approfondito delle opere dello storico ebreo Giuseppe Flavio e dei vangeli canonici, è stato possibile procedere alla precisa identificazione dei due messia, entrambi di nascita regale: uno di essi, appartenendo in linea diretta alla stirpe regale di Giuda era stato naturalmente destinato ad essere il cristo davidico, mentre l’altro nobile personaggio, appartenente alla linea di sangue oniade, famiglia che aveva fornito molti sommi sacerdoti, era stato invece prescelto come cristo sacerdotale.
Il processo di identificazione completa dei due messia, delle loro genealogie, degli ambiti familiari e dei rapporti di parentela con i principali personaggi riportati nel Nuovo Testamento è giunto a conclusione nell’anno 2007, e tale studio è riportato compiutamente nel saggio L’origine del Cristianesimo Cattolico Romano recentemente pubblicato dalla casa editrice Profondo Rosso.
Gli Atti degli apostoli e le Epistole di San Paolo
Il termine apostolo deriva dal greco apostòlos che significa inviato. Per le chiese cristiane gli apostoli sarebbero stati dodici discepoli del messia crocifisso negli anni “30, che erano stati prescelti per continuare l’opera di predicazione dopo la sua morte e successiva miracolosa resurrezione, e per tale ragione il Cristianesimo Cattolico Romano viene ulteriormente definito Apostolico.
Dalle ricerche pubblicate negli ultimi anni del secolo scorso è invece chiaramente emerso che si trattava di quattro fratelli di sangue reale, originari di Gamala, che dopo la crocifissione del primogenito, a causa degli obblighi imposti dal retaggio familiare, avevano dovuto assumere, in successione, la guida politica e militare del movimento partigiano zelota. A questo proposito è interessante ricordare che i collazionatori dei vangeli canonici, probabilmente senza rendersene conto, per cercare di completare l’elenco dei dodici apostoli, abbiano aggiusto ai nomi dei quattro fratelli, che in italiano corrispondono a Giuda, Giacomo (il maggiore), Simone, e Giuseppe, i loro numerosi pseudonimi e soprannomi in aramaico od in greco, e perfino il nome del primogenito Giovanni, cioè proprio del cristo crocifisso.
Gli Atti degli apostoli, composti da 28 capitoli, secondo le chiese cristiane racconterebbero avvenimenti successivi a quelli riportati nei vangeli canonici.
Fino agli anni “80 del secolo scorso, ad eccezione dei soliti aspetti miracolistici, gli Atti venivano accreditati negli ambienti scientifici di una sostanziale validità storica, ma i successivi esami a cui sono stati sottoposti, con l’attento controllo delle cronologie degli avvenimenti, della rispondenza alle leggi vigenti, della verisimiglianza dei rapporti con personaggi noti, e naturalmente grazie al confronto puntuale con le fonti storiche, ha evidenziato, al contrario, che al di fuori di pochi episodi verosimili, si tratta di una brillante opera di propaganda, composta anche grazie all’ausilio di raffinate tecniche psicologiche, utilizzate per dare verosimiglianza ai racconti. Un tipico esempio di tali tecniche si riscontra, ad esempio, quando il comandante del contingente militare acquartierato a Gerusalemme confessa a San Paolo di aver ottenuto la cittadinanza romana elargendo una cospicua bustarella.
Tra le tante evidenti incongruenze storiche e cronologiche risalta la presenza a Roma di San Pietro durante il regno dell’imperatore Nerone, mentre era già stato crocifisso in Palestina venti anni prima per sentenza del governatore della Giudea Tiberio Giulio Alessandro.
Il vero protagonista degli Atti degli Apostoli è però sicuramente San Paolo, che sarebbe stato un commerciante di tende originario della città di Tarso in Cilicia, diventato successivamente un cacciatore di taglie che si dedicava alla ricerca dei cristiani, e che infine si sarebbe trasformato in un apostolo postumo del cristo crocifisso che non aveva mai conosciuto, ma di cui, ciò malgrado, sarebbe diventato l’unico vero portavoce.
Gli studiosi riconoscono concordemente in San Paolo il vero fondatore del Cristianesimo Romano, inteso come religione, che perciò viene anche definito paolino, per distinguerlo dagli altri cristianesimi originari, che erano invece direttamente derivati dal movimento esseno.
Tramite le sue lettere, San Paolo predica il superamento del patto tra Yahweh e gli Israeliti, grazie alla morte ed alla successiva risurrezione del cristo, che non era ancora stato riconosciuto anch’esso un dio, e proprio tramite la quale sarebbe stata implicitamente stipulata una nuova alleanza tra lo stesso Yahweh e tutti indistintamente gli uomini dell’Impero romano, anche se all’insaputa degli stessi. Soltanto dopo aver ricevuto la nuova rivelazione proprio attraverso San Paolo, la salvezza sarebbe stata ottenuta tramite la fede cieca ed assoluta, e dopo aver sempre rispettato le leggi ed essersi sempre sottomessi alle autorità, che dovevano essere rispettate in ogni circostanza.
Per mantenere in soggezione i credenti tramite un senso di colpa collettivo, San Paolo ha introdotto il peccato originale, assolutamente non presente nell’Antico Testamento, come persino la Chiesa Romana è oggi costretta a riconoscere, anche se soltanto ai massimi livelli e nei convegni scientifici, continuando però a promuovere il sacramento del battesimo dei bambini, il quale, secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica, pubblicato sulla base alle conclusioni raggiunte nel corso del Concilio Vaticano Secondo, a differenza di quello degli adulti, è finalizzato proprio alla sua cancellazione, e naturalmente senza prendere nemmeno in considerazione il disconoscimento del conseguente dogma della immacolata concezione, introdotto soltanto verso la fine del XIX° secolo.
Gli studi recenti, a causa delle innumerevoli incongruenze di ogni genere, hanno messo in dubbio l’esistenza stessa di San Paolo, ipotizzando che le Epistole e gli Atti
possano essere stati composti dallo storico Giuseppe Flavio o dagli altri sacerdoti ebrei che lo avevano accompagnato a Roma. Infatti, poiché sia Giuseppe Flavio che San Paolo avevano riferito nei loro scritti episodi simili od addirittura identici, come ad esempio un medesimo viaggio nel mar Mediterraneo con conseguente naufragio ed avventuroso salvataggio, è ragionevole ipotizzare che la vita di San Paolo sia stata modellata proprio sulla falsa riga di quella di Giuseppe Flavio, come sostenuto per primo dallo scrittore Ralph Ellis, che, nel suo saggio Jesus Last of the Paraonhs, ha avanzato l’ipotesi che possano essere stati la stessa persona.
Conclusioni
Come è ormai evidente, il Nuovo Testamento non può più essere preso globalmente in considerazione sul piano storico, configurandosi soltanto come un insieme di documenti di valenza religiosa per i credenti che vi si riconoscono. Naturalmente singoli elementi possono sempre essere utilmente valutati per continuare ad approfondire le conoscenze su quel remoto periodo, del quale già nell’antichità si era cercato di cancellare od almeno alterare il ricordo.
È triste ma purtroppo realistico che molti media continuino ancora oggi a propagare e riproporre fatti scorretti ed informazioni notoriamente superate sull’origine del Cristianesimo e sui protagonisti di quell’epoca, spacciandole per corrette documentazioni storiche, poiché non è pagante diffondere la veridicità quanto piuttosto fornire alle masse il prodotto che gradiscono ricevere.
In merito è emblematico ricordare la considerazione riportata da Eusebio di Cesarea nella sua opera Preparatio evangelica, valida ancora oggi: “può essere lecito ed opportuno utilizzare la falsità come medicina, per il beneficio di coloro che vogliono essere ingannati”.
BIBLIOGRAFIA
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- Massé – L’énigme de Jésus-Christ – Editions du Siècle, 1926
- Donnini – Nuove ipotesi su Gesù – Macro Edizioni, 1998
- Donnini – Gamala – Coniglio Editore, 2010
- Salsi – Giovanni il nazireo detto “Gesù Cristo” e i suoi fratelli – in proprio, 2008
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- Flavio – Guerra giudaica – Mondadori, 1989
- Troisi – L’origine del Cristianesimo Cattolico Romano – Profondo Rosso, 2021
- Barbiero – Le radici giudaico-cristiane dell’Europa – Profondo Rosso, 2018
- Flavio – Autobiografia – BUR, 1994
- Ellis – Gesù figlio di Dio, ebreo ribelle o ultimo faraone – Profondo Rosso, 2013
- Il Catechismo della Chiesa Cattolica – Leonardo, 1994
- Mauro Biglino incontra i teologi. Cosa dice davvero la Bibbia? – Uno editori, 2020
- Eusebio – Preparazione evangelica – Città Nuova, 2012
L’AUTORE
Marcello Troisi è nato a Roma nel 1948, si è laureato presso l’Università di Bari ed ha conseguito l’abilitazione all’insegnamento.
Durante la sua vita professionale è stato anche assistente volontario presso le Università di Napoli e di Bari.
Da sempre appassionato di storia, ha approfondito, in particolare, le vicende degli antichi popoli del Medio Oriente, dedicando particolare attenzione soprattutto agli aspetti sociali e religiosi che li hanno sempre profondamente condizionati.
Fonte copertina web