Assistiamo oggi a un tentativo di rivisitazione del passato, e dei personaggi che lo hanno caratterizzato, e tale rivisitazione prevede la forzata rimozione di elementi che non si addicono alle istanze e alla sensibilità del presente. Qualche anno fa, ricordo bene, all’Opera di Firenze hanno modificato il finale della Carmen di Bizet non facendo morire Carmen per evitare quello che, alla sensibilità di alcuni contemporanei, appariva un “femminicidio” che urta il gusto e la sensibilità. Oggi si elimina dalla cultura e dall’immenso patrimonio artistico e letterario che abbiamo alle spalle tutto ciò che viene reputato razzista, sessista, antidemocratico, antiliberale e così v
La dinamica traumatica si sposta quindi dal fatto in sé alla risonanza psichica che questo può suscitare nel soggetto. Freud utilizza il termine in relazione alla sua concezione della temporalità e causalità psichiche: dalle impressioni legate a delle esperienze vissute, le tracce mnestiche sono ulteriormente rimaneggiate in funzione di nuove esperienze vissute in un altro stadio dello sviluppo psichico, e possono allora assumere un significato totalmente nuovo rispetto al significato originario. Quello che Freud usa per descrivere lo sviluppo psichico individuale, io voglio azzardare a usare in termini storici, come se la storia fosse, come amo definire, un organismo vivente (²). Qui l’epoca storica, organo psichico ben preciso di un continuum vivente, è traumatizzata, da sé stessa e in sé stessa, e rimuove la fantomatica origine del trauma (il suo passato) non risolvendo per nulla la sua angoscia, ma aumentandola: essa opera quindi una negazione della sua identità. Sostanzialmente la riscrittura della storia è una nevrosi, sia a livello individuale, sia a livello collettivo. Le istanze morali, ovvero sia l’interesse collettivo, ora rimuovono il proprio passato, sventrandosi, facendosi a pezzi. Tale processo è all’apoteosi in questa epoca storica, che io chiamo epoca del sogno, appunto, in cui si perde ogni riferimento e ogni identità, riferimento che viene vissuto come un elemento di cui liberarsi; ma questa “liberazione” questo disintegrare ogni elemento identificativo (maschio/femmina/uomo/donna/bianco/nero/cittadino/Patria/ecc. ) fomenta la malattia della storia anziché curarla.
In questo parricidio storico ben presto si giunge ad accusare Eschilo di sessismo, Omero di sovranismo, Aristotele di maschilismo e reputarli non degni di rappresentare il mondo presente. Ma il mondo presente non solo è la derivazione del mondo passato ma con esso è in continuo e vivo collegamento, come lo è un rene con il cuore, il cervello con i polmoni. I fenomeni di negazione storica quali stiamo assistendo oggi sono, in questa ottica organicista, analoghi al fatto che un bel giorno il cuore si senta di non avere più nulla a che spartire con il sistema linfatico: se ne ricaverebbe la malattia dell’intero organismo. In questa prospettiva sono pronto ad affermare che il revisionismo storico di oggi è da leggersi come malattia psichica della Storia Vivente. Che di malattia si tratti, lo si evince dal modus operandi della revisione stessa, ovvero quello della de-composizione. Sezionare, ovvero fare a pezzi, elementi inizialmente collocati in un contesto, con una finalità precisa, e riporli in un altro contesto ancora, che con il primo nulla hanno a che fare. Ad esempio prendere rituali dell’antica Grecia, come quello di alcuni Sacerdoti che si vestivano da donne per la Dea Cibele, e usarli come pretesto per giustificare aberrazioni odierne come le teorie gender, l’utero in affitto, la fecondazione in vitro e così via, fenomeni totalmente scollegati che vengono posti in un chimerico rapporto di continuità. O, altrimenti, prendere le gesta di un Giulio Cesare, e immaginare che le medesime azioni, parole e pensieri, vengano fatte da un amministratore di oggi. Sono decontestualizzazioni che a chiunque sano di mente apparirebbero illogiche, anti-storiche ma che appunto a un malato appaiono lecite.
Perché il malato psichico, freudianamente parlando, estrapola dal contesto elementi e li pone in un altro contesto. Pare evidente a tutti che se uno va al panificio e dice: “Buongiorno vorrei un pezzo di pane” tale azione è ben sensata al contesto e al luogo, al tempo in cui si svolge. Ma se uno andasse dal calzolaio a chiedere un pezzo di pane apparirebbe urtare la sensibilità che il contesto richiede. Sono questioni di una ovvietà assoluta, ed oggi la grande battaglia è proprio quella della difesa dell’ovvio, quella evidenza che è stata chiara per millenni e che ora è soffocata dalla malattia. Nella nostra contemporaneità si sta facendo un processo non solo a fatti o persone di secoli or sono, ma addirittura ad episodi e personaggi di pochi decenni or sono, pertanto la schizofrenia dell’apparato psichico storico ha assunto una velocità e una scissione impressionanti. Si abbattono le statue di un Churchill, di un Cristoforo Colombo, figure fino a ieri culto della storia umana vengono travolte dall’onda delle proteste antirazziste e anti sessiste. Statue e monumenti abbattuti tirandole con delle corde, incendiate e buttate a mare. La folla incontrollata, dopo la morte dell’afroamericano George Floyd in America, si è scagliata contro le statue di diversi personaggi accusati di essere “razzisti” o “schiavisti”. Ma non solo: sono accusati di fomentare l’odio razzista anche film storici, come “via col vento”, o anche vecchi cartoni animati, come “calimero”, o addirittura dei cioccolatini.
Quelli che vengono reputati simboli di schiavitù dall’immaginario collettivo vengono rimossi come fa la psiche con i pensieri peccaminosi che poi moralmente non riesce ad accettare. Ma, come ogni buon intenditore dell’inconscio sa, la rimozione non può che portare, per accumulo, all’isteria, e a maggior violenza. Non solo statue, ahimè, ma anche altri uomini, rei di non far parte di questa orda revisionista, sono gettati a terra, presi a calci, a sputi. E questo non lo si può chiamare egualmente odio? Violenza? Degrado? Un razzismo ancora più efferato del razzismo stesso? C’è chi invita a scendere in piazza per dire no al razzismo e ad ogni forma di discriminazione in nome di una libertà e di una emancipazione che viene propugnata espropriando terre e uomini, obbligando popoli millenari a rinunciare alle loro tradizioni e identità per soddisfare una omologazione economica e un asservimento alle multinazionali, e non avendo alcuna remora ad adottare, verso chi si oppone a questa unica visione, ripicche e ripercussioni e un tal odio che messe a confronto con il razzismo che criticano sono ben peggio. Ciò che uccide è quella cultura della mercificazione, che ha reso gli uomini sacrificabili, proprio in nome di quella dannata “libertà” declamata, che, in fin dei conti, altro non si riduce che alla libertà di produrre e consumare. Ma è evidente che una implosione ci sarà, e parimenti una soluzione: in una chiave di lettura che si spinga a vedere la storia come un processo vivente e universale sono propenso a credere che un organo malato (questa epoca) venga arginato da un sistema immunitario (le parti sane della storia, i Miti, le epoche che hanno fondato il Logos e la Tradizione) e che si impongano, come un sistema di linfonodi e di globuli bianchi, affinché arginino e curino questa massa tumorale, questa nevrosi psichica della storia, in una rinnovata epoca ormai rinata a una nuova solarità in cui la Tradizione sappia convivere con gli aspetti positivi della modernità.
Note:
¹ “Io lavoro all’ipotesi che il nostro apparato psichico è formato da stratificazioni: i materiali presenti sotto forma di tracce mnestiche subiscono un po’ alla volta, in funzione di nuove condizioni, una riorganizzazione, una riscrittura.” Lettera di Freud a Fliess.
Si veda:
“Abitare l’altro. La psicoterapia nella prospettiva intersoggettiva”, di Ruggero Piperno e Raffaella Zani; Franco Angeli Edizioni 2012.
² “La Storia come organismo vivente”, Emanuele Franz, Audax Editrice 2017
Emanuele Franz
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