E’ del ’63 lo scritto di Freda che dà l’avvio al suo grande romanzo politico. È un breve saggio su Cavalcare la tigre – e l’intera avventura di Ar non è che una nota a margine di quel testo. ’67-’69: il tentativo di disintegrare il sistema borghese. ’89-’93: il fronte contro lo sfiguramento etnico. E intorno innumerevoli voci a comporre il coro sapienziale di cui l’azione si nutre. Voci di sorprendente varietà: quella “moltitudine nel tempo” che è l’orgoglio dell’individuo ‘in ordine’.
La questione è sempre una: quale l’urgenza politica del momento? Detta altrimenti: quale l’andatura della tigre? Due le parole d’ordine per chi raccoglie la sfida: volontà, agilità. Se cresce e si radica l’una, all’altra allora è consentito il volo, anche il salto mortale.
E oggi cosa significa “cavalcare la tigre”? Il ritmo, oggi, qual è?
Tanto poteva avere senso contestare aspramente l’Italia postbellica, in cui ancora sobbollivano energie vive e contrarie, tanto oggi è tempo di costruire. Con energia tenace, con disciplina generosa. Costruire. Ribadire le verità perenni – ma pronti a far tacere le parole categoriche di fronte all’incanto di certe verità vitali. Addestrarsi a riconoscerle: soprattutto queste ultime, le più inafferrabili. Nei libri non ci si deve imboscare. I libri sono i lucignoli per farci ritrovare la strada. Il passaggio per la lettura serve proprio a “farci trovare pronti alla chiamata”. E la chiamata è sempre quella dell’azione necessaria – che a volte può coincidere con l’ascesi del rifiuto.
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