8 Ottobre 2024
Sapienza

Il simbolo dell’anima: a confronto con il prof. Davide Susanetti – Luca Valentini

1 – Nei suoi libri la tradizione arcaica risulta essere il tema predominante, nelle sue differenti varianti: è corretto affermare che la filosofia, la mitologia e la religiosità fossero specchi diversi di un unico prisma sapienziale?

“Sicuramente, le partizioni tematiche e i settori disciplinari adottate dagli studi e dall’insegnamento accademico contemporaneo dividono, in modo del tutto fuorviante, quello che di fatto costituiva, per così dire, un medesimo ambito e un identico orizzonte: aspetti differenti — e, vorrei dire, strumenti complementari — di un’unica e sola Sophia, di un’unica conoscenza integrata che parte dalla pratica concreta di sé e dei molteplici piani della realtà. L’enunciazione dottrinale che i testi offrono in diverso modo e con differente metodica è sempre risultato di un’esperienza e di un “esperimento” che il lettore è chiamato a ripetere, verificare e fare propri”

2 – Per l’editore Carocci la prossima settimana sarà disponibile il suo nuovo libro “Il simbolo dell’anima”, in cui le diverse vie del platonismo si incrociano con la prassi teurgica della divinazione dell’uomo: è uno sguardo attuale verso l’eterno e non solo il racconto di un mondo che fu?

“Tutto quello che vado scrivendo in questi ultimi anni si sforza, di fatto, di coniugare le due prospettive. La conoscenza storica e filologica costituiscono il necessario punto di partenza per un’esplorazione sicura e affidabile dei temi in questione, che talora — a

nche in ragione della loro complessità — vengono divulgati con spiacevoli approssimazioni o con mediazioni, per così dire, di seconda o terza mano. Occorre, per contro, un esame accurato e “attrezzato” dei testi antichi se si vuole davvero cogliere il nucleo di una tradizione sapienziale. Ma lo scopo ultimo non è, evidentemente, quello di un inquadramento storicistico o “museale” fine a se stesso, ma, al contrario e con forza, la riproposizione di metodo e di un’esperienza di lavoro in direzione dell’Eterno e dell’Uno, per un concreto risveglio personale e un’espansione della coscienza con la conseguente riattivazione di tutte quelle facoltà sopite e latenti che riposano nella radice divina del nostro Essere. Chi avrà il desiderio e la pazienza di addentrarsi nella lettura del volume non solo vedrà come l’insegnamento di maestri moderni dell’ermetismo e dell’esoterismo riposi su questi testi antichi — cosa per certi versi ovvia —, ma constaterà anche e soprattutto come riandare direttamente a questi stessi testi consenta spesso di trovare formulazioni più chiare, precise e “generose” di alcuni snodi essenziali del percorso iniziatico. Nell’introduzione del libro, d’altro canto, mi richiamo esplicitamente a alcune voci significative della scienza tradizionale moderna e contemporanea, ponendo il problema — quanto mai attuale e cogente — di indirizzarsi a un radicale oltrepassamento dell’“umano troppo umano”: troppi ed evidenti sono i segni di crisi che indicano come la soggettività prodotta storicamente dalla modernità sia un paradigma “finito” e portato a termine da ogni punto di vista. Con una spinta creativa che salda simboli antichi a consapevolezze postmoderne occorre disegnare e attuare un modello del tutto differente non solo a livello individuale, ma anche, per conseguenza, sociale”

3 – Il nuovo testo, a suo parere, potrà essere un utile strumento di studio per comprendere quanto nell’opera di Platone e dei suoi successori vi sia stata una traccia per il riconoscimento della propria spiritualità e quanto di questa teoria dai Teurghi sia stata recepita e concretizzata tramite l’arte ieratica?

“Certamente, la prospettiva implicita nella scrittura è esattamente questa. Il libro parte da Platone, ma di fatto è prevalentemente dedicato all’esame di temi del neoplatonismo di età imperiale e all’ambito della pratica teurgica. Volutamente nel sottotitolo ho usato l’espressione “le vie della tradizione platonica”, anziché dizioni più scolastiche come “del neoplatonismo” poiché sapienti come Plotino, Giamblico, Sinesio o Proclo — su cui mi soffermo — si concepivano come “platonici” tout court, come devoti e fedeli continuatori non solo dell’opera, ma anche della spiritualità del maestro, di quel Platone che essi ritenevano “mistagogo” e “ierofante”: maestro “iniziatore” che aveva dischiuso le porte al regno dell’Essere e dell’Uno non solo in termini di dottrina, ma anche come concreta pratica di sé. In questo senso, l’ “arte ieratica” o teurgica — nella linea che va da Giamblico a Proclo nel confronto con l’Ermete egizio e gli Oracoli Caldaici — rappresenta, da un certo punto di vista, la necessaria conseguenza di tali premesse. Diverso è il caso di Plotino che, alla teurgia ermetica e caldaica, preferiva l’esercizio progressivo di una sorta di “yoga” della mente, attraverso procedimenti di concentrazione e di meditazione. Ma quelle che appaiono, di primo acchito, come differenze teoriche, sono di fatto differenze di natura e di inclinazione, poiché ognuno deve cominciare a lavorare a partire dalla propria personale “materia” ed individuare di conseguenza le pratiche che, in partenza, risultano più congeniali e sicuri per una progressione. Ma, come ben sappiamo, a un certo livello, i diversi sentieri convergono tutti in un medesimo punto”

4 – La conoscenza di se stessi rappresenta il fondamento di ogni vero impeto verso il Sacro ed il Divino: cosa aggiunge “Il simbolo dell’anima” a quanto i suoi lettori hanno già piacevolmente letto nelle altre sue opere?

“Il nuovo libro è stato scritto, in realtà, su impulso di un certo numero di lettori della precedente “Via degli Dei”, i quali mi chiedevano di approfondire e di ampliare alcune questioni che in esso era solo accennate o richiamate in modo molto sintetico al termine di un lungo percorso che partiva dall’età arcaica e dai presocratici per giungere al tardo antico. Ed è rispondendo a tali sollecitazioni che appunto si è prodotto questo ulteriore lavoro concentrando il focus su alcuni nuclei: iniziando dall’Alcibiade I platonico e alla questione della ricerca del sé, il percorso si sviluppa con un ampio capitolo dedicato a Plotino che — riprendendo il quesito platonico “Chi siamo” — indica i termini di un viaggio esperienziale dell’anima e dell’intelletto attraverso una tecnica di una unificazione intensiva e insieme di un radicale ampliamento del proprio essere (perché “essere qualcosa” quando puoi “essere il tutto”?). Da qui si approfondisce, in modo più metodico, la teoria neoplatonica del simbolo in tutte le sue dimensioni: dai simboli più “materiali” — come pietre, piante o animali — a quel simbolo sacro e ineffabile che riposa alla radice propria anima e che è, di fatto, il segno potente dell’uno nella materia psichica. Si passa a un’analisi dettagliata del trattato “I sogni” di Sinesio di Cirene, testo essenziale non solo nel mondo tardo antico, ma ancor più in età umanistica e rinascimentale (lo tradusse Marsilio Ficino e Giordano Bruno lo utilizzò nella sua teoria delle “ombre” delle idee): qui si trova la teoria del “corpo sottile” dell’anima che viene illustrato nelle sue potenzialità teurgiche e nella sua connessione con quella che si dirà “imaginatio vera”. L’attraversamento del volume si conclude con un capitolo dedicato a Proclo e in particolare alla sua intensa e quotidiana pratica teurgica che si affianca allo studio e al commento “ispirato” dell’opera platonica. Al di là della restituzione di un quadro teorico e storico connesso agli autori e ai temi trattati, non nascondo che il libro ha l’intento di costituire anche — e forse più sostanzialmente — un “esempio”, per cosi dire, e una base teorica per quel lavoro personale di reintegrazione e di ascenso cui siamo chiamati tutti noi”.

Intervista a cura di Luca Valentini

1 Comment

  • Stavros 26 Giugno 2020

    E un grande e capace divulgatore
    del pensiero Platonico
    esoterico
    Ogni suo libro dischiude aspetti diversi
    che poi confluiscono all unita!
    un libro non da leggere , ma da studiare!

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