La neuropsicologia studia i legami che ci sono fra i processi psichici e il funzionamento del sistema nervoso. Queste connessioni sono indagate attraverso l’analisi, condotta su pazienti neurologici, dei disturbi della percezione, del linguaggio, del pensiero, dell’emozione e dell’azione. Si tratta di un’area di ricerca attraversata da paradigmi diversi completamente alternativi, e che storicamente ha già conosciuto due rivoluzioni scientifiche.
La nascita della neuropsicologia si ebbe nel 1861, anno in cui il chirurgo e anatomista francese Paul Broca pubblicò il suo articolo sul caso di un paziente, muto da anni. Eseguendone l’autopsia dopo il decesso, egli scopri un danno cerebrale localizzato alla porzione posteroinferiore del lobo frontale sinistro.
Inizia con Broca l’età d’oro della neuropsicologia, periodo durante il quale ogni funzione psichica viene localizzata con grande precisione. Dopo qualche decennio, cominciarono a farsi sentire le obiezioni per un approccio estremizzato di spezzettamento del cervello in parti separate e indipendenti. L’esito di questa prima rivoluzione fu un approccio molto più cauto, basato sullo studio di larghi gruppi di pazienti. Il nuovo prudente metodo portò a studi estesi, lunghi nel tempo, ma l’analisi delle somiglianze dei disturbi produsse meno risultati del previsto. Si fece strada allora un nuovo paradigma, di cui il neuropsicologo e scienziato cognitivo Norman Geschwind (1965) fu uno dei più illustri sostenitori.
Il metodo dissociativo comporta un’assunzione di modularità a livello sia di organo (cervello), sia di funzione (la mente). Mentre la neuropsicologia classica localizzava le lesioni anatomicamente, la neuropsicologia cognitiva le localizza in primis funzionalmente. L’essenza di tale metodo può essere espressa come segue: se in un paziente neurologico, a seguito di una specifica lesione cerebrale, si osserva che il processo x è intatto mentre il processo y è danneggiato, e specialmente se vengono osservati anche casi in cui succede il contrario, allora si può dire che x e y riflettono meccanismi di base del normale. Data la condizione precedente, si può affermare che x e y sono funzioni di sottosistemi indipendenti.
La percezione, la sensazione, l’impressione, il pensiero, l’apprendimento, il ragionamento, la risoluzione dei problemi, la memoria, l’attenzione, il linguaggio e le emozioni sono processi mentali studiati dalla psicologia cognitiva, o cognitivismo. Quest’ultima rappresenta una branca della psicologia che intende comprendere i processi mentali grazie ai quali le informazioni vengono percepite dal sistema cognitivo, poi elaborate dal cervello e memorizzate in modo da poterle estrapolare in caso di necessità. Vedremo ora quali sono i processi mentali principali in modo da avviarci successivamente allo studio dei disturbi psicologici e psichici.
Studi storici. Inizialmente i modelli cognitivi definivano l’elaborazione dell’informazione come un processo che presenta stadi consecutivi, ma negli anni settanta furono presentati nuovi modelli intenti ad evidenziare la possibilità di una retroazione o feedback nel passaggio da uno stadio ad un altro, come anche la possibilità che le successive operazioni mentali si potessero attivare senza che le precedenti fossero state elaborate. Il comportamento veniva quindi considerato come una serie di atti guidati dai processi mentali ed il processo di retroazione divenne di grande importanza negli aggiustamenti del comportamento per raggiungere la migliore soluzione possibile. George Armitage Miller definì il comportamento come un’elaborazione dell’informazione presente nei processi cognitivi al fine di risolvere un problema. Il comportamento non era quindi più solo un arco riflesso ma il risultato di una continua retroattività cognitiva che si verifica secondo il TOTE (Test, Operate, Test, Exit): l’atto finale non deriva da un input sensoriale o da un comando motorio in maniera diretta ma è il risultato di operazioni di verifica delle condizioni ambientali, di esecuzione e di nuove verifiche. La prospettiva cognitivistica venne riassunta nel libro di Ulric Neisser, Cognitive Psychology, del 1967 che sancì il consolidamento di tali teorie a discapito di quelle antecedenti agli anni settanta.
Il sistema cognitivo. Il sistema cognitivo è un sistema complesso e ancora ignoto, che comprende due rami fondamentali: la coscienza e la consapevolezza. Con il termine coscienza si intende una qualità della mente che ci dono la consapevolezza dell’ambiente circostante, dei rapporti con esso e della soggettività, dei propri contenuti mentali. Il termine deriva dal latino conscientia, a sua volta derivato di conscire, cioè “essere consapevole, conoscere” ed intende la consapevolezza dell’insieme delle esperienze vissute. Per parecchi secoli, un luogo comune, molto diffuso, è stato quello che la mente umana potesse conoscere se stessa molto meglio di quanto potesse conoscere il resto del mondo. Oggi la situazione si è capovolta: siamo coscienti che conoscere il resto del mondo è infinitamente più alla nostra portata rispetto che conoscere noi stessi. Secondo autori come Dennet e Jaynes, la coscienza avrebbe origine da una gerarchia di livelli nel cervello e ne rappresenterebbe il livello più alto. Pensatori come Nagel, Jackson e McGill ritengono che sia praticamente impossibile studiare e capire la coscienza in quanto i metodi a nostra disposizione per comprenderla, ossia l’introspezione ed il metodo scientifico, risultano ancora inadeguati. Esiste una corrente di pensiero che propone un’interpretazione della coscienza alla luce della meccanica quantistica. Dal punto di vista biologico, si può dire che la coscienza sia un fenomeno biologico emerso grazie alle modificazioni dei processi fisiologici ed alle mutazioni che si sono susseguite nel corso del tempo e che hanno portato alle caratteristiche evolutive presenti nella specie umana. Si tratta di un processo seriale il quale si sovrappone all’inconscio, lavorando in parallelo; è l’interazione fra due sottosistemi con caratteristiche funzionali così diverse da rendere i processi mentali così potenti nell’uomo. La peculiarità della coscienza, elaborazione seriale ed intenzionalità, la rendono vulnerabile all’errore. L’errore occasionale è raramente preoccupante, a meno di circostanze particolarissime. L’errore sistematico è al contrario sempre grave, spesso è alla radice di patologie mentali.
Processi mentali. Vediamo nello specifico cosa sono e come ci influenzano i processi mentali, elencati precedentemente:
- Percezione: la percezione è data dall’elaborazione delle informazioni captate dai recettori degli organi di senso. Si tratta di un’elaborazione di tipo soggettivo che può essere trasdotta in oggettiva solo se tali elaborazioni concordano che le sperimentazioni scientifiche. Essa può essere divisa in: percezione dello spazio, percezione del tempo e percezione degli oggetti. La tendenza alla conservazione delle caratteristiche nel tempo e nello spazio, sempre considerando certi limiti, viene definita come costanza percettiva. Tale costanza permette di sostenere che vi possa essere una certa corrispondenza anche nel caso in cui la stimolazione vari notevolmente rispetto alla condizione oggettiva permettendoci quindi di prendere decisioni anche nel caso in cui gli oggetti si presentino in maniera differente alla normalità o a come siamo abituati a percepirli.
- Sensazione: quando la mente pensa allora il corpo percepisce. La sensazione è un’attività che viene sempre percepita a livello corporeo. Le sensazioni corporee si possono dividere in enterocettive e propriocettive. Quando parliamo delle prime allora intendiamo tutte quelle sensazioni che si provano interiormente durante le fasi dello sviluppo e della crescita, ma anche durante le tecniche corporee che hanno come fine quello di migliorare il carattere. Le seconde riguardano la cute ed esprimono il nostro grado di sensibilità alle situazioni esterne di contatto con le persone, con la realtà degli avvenimenti e ci orientano a conoscere il piacere e il dolore.
- Pensiero: esistono diversi tipi di pensiero e in questo paragrafo vedremo le più interessanti e partecipative del sistema cognitivo. Il pensiero concreto è un ragionamento strettamente legato ad un determinato contesto o a informazioni immediatamente rilevabili. Il pensiero concreto si caratterizza per la capacità di elaborare problemi, in termini di qui e ora, e non in modo astratto. Segna, da un punto di vista di psicologia evolutiva, una fase ulteriore di differenziazione del bambino dall’ambiente. Il pensiero laterale può essere definito sia in termini di operazioni di un sistema di elaborazione di informazioni sia di risultato o prodotto. Per esempio, nella creatività e soprattutto nell’umorismo, si manifesta il pensiero laterale, che cerca di evidenziare un valore di movimento di un’idea, non solo di giudicarne il valore di verità o coerenza. Il pensiero logico consiste nel ragionare seguendo regole formali in modo che le conclusioni seguano con assoluta validità le premesse. Il pensiero analogico è un pensiero utile per il fatto che può essere adoperato per servire a trasportare un sistema complesso di conoscenze da un’area all’altra poiché si basa sulle analogie, ossia su delle somiglianze parziali, tipicamente tra situazioni piuttosto differenti, a sostegno di successive inferenze di tipo cognitivo. Le ricerche recenti hanno fatto avanzare le nostre conoscenze su come le persone formano le strutture rappresentazionali e traggono ulteriori inferenze in base ad esse.
- Apprendimento: l’apprendimento è una modificazione più o meno permanente del comportamento e delle conoscenze, come anche delle funzioni cognitive che ha luogo grazie all’esperienza. L’apprendimento attraverso l’osservazione, è il tipo di apprendimento che avviene senza alcun rinforzo diretto perciò non riconducibile al condizionamento classico o a quello operante. Viene anche definito apprendimento per mezzo di modelli. Quando parliamo di ragionamento e risoluzione dei problemi intendiamo nella realtà una fusione fra l’apprendimento e la memoria.
- Memoria: la memoria consiste di un insieme di procedure per la conservazione dell’informazione. Questa conservazione può essere a breve tempo (memoria a breve termine) oppure a lungo termine se il fine è di recupero e gestione della conoscenza generale (memoria a lungo termine). La scienza cognitiva considera la memoria come un insieme di procedure enfatizzando così gli aspetti creativi di costruzione attiva dei ricordi. Questo approccio si contrappone sia a quello che considera la memoria una funzione autonoma, sia a quello che limita la memoria a un archivio statistico di dati, immessi una volta per tutte e pronti a essere tirati fuori esattamente come sono. La funzione della memoria a breve termine è quella di selezionare solo alcune delle continue ondate di stimolazioni che afferiscono al sistema nervoso, ma per realizzare tale selezione si hanno bisogno, per un breve periodo di tempo, degli input sensoriali e delle elaborazioni intermedie delle informazioni, finché gli uni e le altre abbiamo trovato una destinazione stabile. La memoria a breve termine ha quindi il compito di servire come una memoria di lavoro in cui possiamo distinguere due sottosistemi più specifici rispetto al tipo di informazione che può venire immagazzinata. L’informazione verbale è mantenuta attiva da un anello articolatorio, in grado di mantenere l’informazione per un periodo di circa due secondi. Accanto all’anello articolatorio, esiste un secondo sottosistema responsabile del mantenimento delle informazioni che sono di natura visiva e spaziale. La formazione dei modelli mentali e delle immagini mentali è attribuita a questo sottosistema, capace di recuperare il materiale contenuto in forma astratta nella conoscenza generale e di mantenerlo attivo nella forma visivo-spaziale, in modo che possa essere ulteriormente elaborato. I due sottosistemi funzionano in modo integrato, grazie ad un terzo meccanismo rappresentato dall’esecutivo centrale il quale organizza e coordina le operazioni dei due. La quantità di informazioni che la memoria a breve termine riesce a contenere è limitata: nel 1956 George Miller ha quantificato la sua capacità massima definendola span, con un valore che si ferma intorno al numero sette (più o meno due). Ciò significa che possiamo ricordare 7±2 cifre separate. La memoria a lungo temine lavora fra la memoria a breve termine e la conoscenza del sistema. Difatti riceve le informazioni selezionate dalla memoria a breve termine, per immagazzinarle nella conoscenza. La funzione della memoria a lungo termine consiste inoltre nel gestire le informazioni della conoscenza e nel recuperarle quando si necessita. L’immagazzinamento avviene sulla base dei dati forniti dalla memoria a breve termine. Le procedure d’immagazzinamento non lavorano su dati reali e oggettivi, ma su dati che sono già stati elaborati quindi soggettivamente interpretati dal sistema. Già nella fase di elaborazione che corrisponde alla memoria a breve termine, il sistema perde contatto con la realtà esterna, corrispondente allo schema adottato nell’interagire fra sistema e mondo. Due persone nella medesima situazione ricorderanno l’episodio vissuto in modi differenti poiché lo hanno concettualizzato al fine di comprenderlo in modi differenti. La conoscenza dipende quindi da come la memoria ha organizzato le informazioni di entrata, categorizzandole in modo arbitrario, seguendo gli schemi interpretativi scelti dal sistema.
I ricordi strutturati come conoscenza veicolano il modo di procedere del sistema, sia nei confronti del mondo esterno, sia nei confronti dell’universo interno. Tali ricordi possono essere emozionalmente carichi e possono essere attivati sia dalle strutture esplicite, sia da quelle tacite (il sapore, l’odore, le emozioni che hanno accompagnato il primo baci). La capacità della memoria a lungo termine è finita, in quanto basata su di un sistema fisico finito, il cervello. Peraltro la capacità della conoscenza di conservare informazioni sembra ai fini pratici inesauribile, siamo sempre in grado di acquisire nuove informazioni e non è neppure detto che quello che non ricordiamo sia perduto per sempre. Spesso qualcosa che pensavano di aver dimenticato ci ritorna in mente ed imparare di nuovo qualcosa, nonostante non lo ricordiamo consapevolmente, è più semplice di quanto non lo sia stato la prima volta. I meccanismi che sovrintendono alla gestione delle conoscenze riguardano sia i dati sia gli schemi attraverso cui i dati stessi sono immagazzinati e ricostruiti. Le modifiche principali avvengono attraverso aggiornamenti e ristrutturazione dei sistemi di rappresentazione della conoscenza.
- Attenzione: per attenzione si intende l’insieme dei processi di selezione, codifica ed elaborazione degli stimoli ricevuti dall’ambiente.
- Linguaggio: quando parliamo di linguaggio ci riferiamo essenzialmente alla specie umana. Difatti esso è la capacità cognitiva che più ci contraddistingue dal resto degli esseri viventi. Il linguaggio ci permette sia di comunicare trasmettendo le informazioni e le esperienze agli altri individui con finalità di interazione sociale, sia di esprimere gli eventi tramite concetti. Il linguaggio possiede inoltre delle proprietà espressive usate per segnalare particolari stati d’animo o intenzioni, ma anche proprietà evocative che intendono influenzare l’individuo con cui si sta comunicando. Le proprietà rappresentative si utilizzano per comunicare eventi astratti che sono lontani nel tempo, mentre le proprietà intraindividuali servono a pensare in modo adeguato, controllare il comportamento e per scambiare informazioni in maniera libera.
- Emozioni: la proposta che l’attivazione emotiva sia non specifica e si fondi su un unico meccanismo è stata chiamata “teoria juke-box dell’emozione” (Mandler 1962). Come indica la stessa denominazione, secondo questa teoria la nascita dell’emozione è simile al porre una moneta in un juke-box: la macchina è accesa, pronta a mettersi in moto per suonare qualsiasi brano della sua collezione. Il comportamento effettivo è determinato unicamente quando è schiacciato un particolare pulsante: l’attivazione emotiva viene quindi interpretata alla stregua delle monete che entrano nella macchina, mentre i fattori ambientali selezionano il comportamento che ne verrà fuori, esattamente come schiacciando un pulsante, si sceglie un particolare brano musicale. Come tutte le analogie, questi parallelismi non devono essere considerati come assoluti. Un fattore importante nelle risposte emotive che non viene considerato dall’analogia è che, nelle emozioni, gli eventi effettivi che portano alla risposta sono i medesimi che controllano il comportamento una volta che il sistema è entrato in funzione. Questo fatto costituisce un vincolo per quel comportamento che risulterà da uno stato emotivo. Una possibilità teorica alternativa è che i meccanismi di attivazione siano differenti a seconda delle emozioni. Un insieme d’emozioni sembra derivare dalla stimolazione del sistema nervoso simpatico e conduce ad una tensione generale, specialmente a livello dei muscoli che sorreggono il corpo. La reazione umana tipica comprende le ginocchia tese, il corpo eretto, le mani e le mascelle strette, il ritmo cardiaco aumenta e i vasi sanguigni si restringono aumentando così la pressione del sangue. In termini d’emozione, spesso tali sintomi si ritrovano nella collera, odio ed ira. Un altro insieme d’emozioni sembra presentare sintomi che possiamo considerare completamente opposti: abbiamo quindi una diminuzione del ritmo cardiaco, una dilatazione dei vasi sanguigni ed una riduzione della pressione del sangue, mentre gli arti tendono a flettersi.
Processamento dell’informazione. Le reti neurali biologiche sono formate da neuroni, ossia cellule interconnesse fra loro a formare il sistema nervoso centrale e periferico. Come abbiamo visto nelle precedenti lezioni, un neurone si compone di tre parti principali: soma, assone e dendriti. Il soma rappresenta il corpo cellulare, l’assone è il mezzo sul quale viaggia l’informazione neurale sotto forma di potenziale d’azione, mentre i dendriti sono i filamenti di interconnessione dai quali l’informazione in entrata o uscita viene trasmessa. I neuroni hanno quindi la funzione di trasmettere le informazioni, percepite dai recettori, provenienti dall’esterno portandole all’encefalo. Fungono anche da vie di ritorno delle informazioni elaborate dall’SNC che le smista in tutto il corpo verso i neuroni motori collegati ai vari organi e muscoli. Le reti neurali si possono rappresentare come dei gruppi di neuroni che svolgono determinate funzioni fisiologiche, ad esempio il riconoscimento, la memorizzazione e la reazione agli stimoli. Si tratta di popolazioni di neuroni strettamente interconnessi per rispondere il più velocemente possibile agli stimoli.
Il processamento mentale delle informazioni viene ben esposto effettuando una analogia tra il computer e la mente umana. Difatti il computer è caratterizzato da elementi quali: i dispositivi di input; i canali di trasmissione dei dati; i dispositivi di memorizzazione che possono essere differenziati in RAM, ossia una memoria volatile che il computer utilizza sono durante l’accensione, in ROM, ossia una memoria fissa, stabile e che rimane inalterata, e in memoria di massa ossia dischi interni di capacità variabile; l’unità centrale, ossia la CPU; dispositivi di output. Anche l’uomo quindi ha una struttura analoga a tale schema, difatti i problemi vengono captatiti tramite i dispositivi di input dell’uomo che sono rappresentati dagli organi di senso. A questo punto si attiva un procedimento di ricerca e riconoscimento delle informazioni ricevute, rappresentato dalla memoria umana, assimilabile a quella di massa del computer, ossia la memoria a lungo termine. Ma come abbiamo già detto in precedenza, la memoria di lavoro, assimilabile alla RAM del computer, è rappresentata dalla memoria a breve termine. L’elaborazione avviene al termine della ricerca e viene effettuata dal nostro computer centrale rappresentato dall’encefalo. Dopo che i dati sono stati trattati ed eventualmente immagazzinati nella memoria a lungo termine, vengono trasmessi all’esterno mediante i neuroni motori e le reti neurali che mettono in moto le varie tipologie di comunicazione (verbale, grafica, motoria, mimica, ecc.), medesimo lavoro eseguito dai sistemi output del computer. Tutti i processi con i quali si riescono a risolvere i problemi e si trovano le soluzioni sono strettamente connessi alle capacità soggettive; queste sono rappresentate dalla qualità sensoriale, dalla capacità di elaborazione e memorizzazione e dalle strategie di elaborazione e comunicative, sia singole che integrate. Tali capacità condizionano il problem solving e bisogna essere abili nel valutare le proprie risorse e adattare le strategie ad esse.
Le soluzioni ai problemi sono in continua evoluzione e ciò ha permesso l’evoluzione stessa dell’uomo e della sua mente.
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