8 Dicembre 2024
Attualità

Il tacco(*) e lo zibibbo(**) – Renato Padoan

Se capitava che qualcuno mi chiedesse perché non ho figli, la mia risposta era “Perché non sono mai rimasto incinto!”.

Non credo servano spiegazioni e se ne servissero la mia spiegazione era questa.

All’uomo maschio non compete la maternità ma semmai la paternità ovviamente … Mi ritengo aver sempre esercitato la paternità di ruolo. Sono sempre stato un educatore completo e compiuto. Ho fornito ai miei discepoli una placenta adeguata e quand’è stato il momento li ho messi alla luce e partoriti perché da quel momento in poi si muovessero con le loro gambe. Un educatore come io lo sono stato dev’essere per taluni aspetti crudele e tirannico.

Un feto non può che mangiare quel che mangia sua madre e nutrirsi del suo sangue e respirare con lei. Il latte che succhia è quello, e non ce ne sono altri.

Chi insegna per alimentare non può che essere autocratico e seducente. Io lo sono sempre stato e sono ovviamente ben lungi dal pentirmene. Un conto è istruire e un conto è educare. L’educatore non è un semplice istruttore. Però all’allievo figlio non offro la mia carne. Per una donna è diverso. Il suo compito principale assegnatole dall’evoluzione è lo sviluppo dell’embrione. Una donna senza figli non può essere come un uomo senza figli. Sono diverse le conseguenze della privazione dei figli. Non ho mai risentito in definitiva della mancanza di un figlio, ma tutt’al più di quella di una figlia. Semmai mi sarebbe piaciuto avere una figlia.

Da questa considerazione discese la risposta che le diede.

Ma perché mi hai sposata. Perché hai sposato me che ho 32 anni di meno “

Perché tu sei per me come quella figlia che mi sarebbe piaciuto avere, o anche due o perché no sette come il padre della moglie di un mio amico che in cerca del figlio maschio arrivò ad essere il padre di ben sette figlie! E poi educare un maschio al giorno d’oggi non saprei che dirgli. Il ruolo del maschio si riduce ad essere banale. Che dirgli? Tutti questi ometti, omini, maschietti mi sembrano un po’ tutti mezzi scemi. Vuoi mettere le bambine. Non c’è né una che con quei vezzi prematuri non possa affascinarti. Le bambine fin da piccole sembrano già delle donnine seducenti. I maschietti mi sembrano o troppo violenti e irrequieti o tonto scemi”[1].

Però se avessi avuto una bambina non sarebbe venuto meno il compito di educarla. Le bambine vanno educate su di un punto specialmente, che è il solo importante. Alle bambine va insegnato che cos’è il maschio che non è assolutamente quello che loro credono per natura.

Il maschio desidera, non sa fare altro che desiderare la donna e per taluni impossessarsene. Non ha nemmeno il tempo per giudicarla, la desidera e basta e soggiogarla. Di questo una donna non si rende conto. Pensa di essere desiderata per il suo intorno, per il profumo che emana, per la propria cura ecc. Non è così il maschio è totalmente vulvocentrico dentro la sua testa. Siccome vede la sua propaggine eretta la segue e non se ne può distaccare e il dove la conduce è una lei … che ci sta e che sempre deve starci e mai distaccarsi per il timore ancestrale di perdere la sua propaggine.

A una bambina mia figlia avrei dovuto insegnare questo soprattutto.

Le eccezioni non vanno messe nel conto perché sono sovrastrutturali. Ben vengano se verranno ma saranno poche.

Non ci si deve stupire più di tanto di un femminicidio. Alla base sta un evirazione simbolica temutissima come l’abbandono di una madre. Il legame tra la madre e il maschio è terribile e resistente. Il maschio diventato adulto continua a sognare la madre perché da adulto può legittimare l’incesto e la morte del padre in una donna per lui solo, oggetto di concupiscenza e di travolgimento affettivo. Se poi l’amante si identifica con la madre come si può pensare che una madre voglia e possa abbandonare suo figlio? Una simile libertà non si può concedere a una donna che si vive come fosse una madre e semmai questa donna fosse capace di abbandonare l’amante figlio andrebbe soppressa insieme al frutto del suo tradimento.

Le donne ci cascano perché sono vittime del loro narcisismo, della loro centralità naturale. Sono loro a racchiudere e concludere il mistero della vita procreativa, quella vita che dalla fusione dei sessi si rigenera e non più dalla partenogenesi dell’ameba[2].

Le donne che muoiono di femminicidio muoiono per così dire di un eccesso di femminilità a fronte di un eccesso di mascolinità. Ma come dire a una donna che le si vuole semplicemente bene, tanto bene senza per questo far dipendere in toto la propria esistenza da lei?

Le donne preferiscono restare con l’uomo che non può a parole e non solo fare a meno di loro. Ci cascano sempre.

“Io ti voglio bene, continuo a volertene e oggi che non ti desidero te ne voglio ben più di prima”.

“ Oh si … “ sospirò lei “ perché adesso sono vecchia “.

“ Ma scherzi! Tu non sei vecchia, io lo sono. Anche per questo ti ho voluta e sposata ben più giovane. Non ti vedrò mai con le rughe che segnano la vecchiaia perché morirò prima di te e così non ti ve

drò veramente sfiorire. E’ egoismo questo? Non lo so e non me ne curo. Per me è così!”

“Ma no Amore, tu non morirai prima di me e chissà quanto durerai”

“Ma scherzi? E poi quand’anche arrivassi ad essere un nonagenario ed oltre ben poco ti dedicherei del mio tempo restante a guardarti. L’unico assillo di un vecchio attardato è mangiare qualcosa di dolce come un tacco e irrorarlo con un vino di santità come un bicchierino di zibibbo” ed è tutto senza doversi suicidare in un tetro e asettico gabinetto chirurgico e per di più svizzero piuttosto che piantarsi in testa un proiettile con una  Ruger legalmente detenuta.

Con questa nota tragica erano già giunti a Caorera[3] dove si tiene una sagra della Zucca e dove si trova un patetico museo dei cimeli della Grande Guerra opera della cura di un vecchio signore del posto.

Il Piave  della Patria proseguiva oltre verso le proprie sorgenti e la loro Peugeot,[4] dal cock pit così comodo e dalle porte slittanti e automatiche, lo stava risalendo fino a Belluno.

A Belluno lei, la sposa sua figlia, avrebbe compiuto alla Conad le ultime spese e lo avrebbe accompagnato al poligono di tiro per sparare 150 colpi 22 lungo con la sua Ruger …

 

NOTE

[1]   Con quel che è successo adesso con il caso Cecchettin aggiungerei pazzi narcisi manicomiali contro cui avrei fin da subito eretto uno schermo protettivo per tutelare la mia creatura.

[2]   La partenogenesi dell’ameba è un abuso e meglio una trovata metaforica. Le amebe non hanno sesso ma semplicemente si scindono a un certo momento della loro crescita per cui da un’ameba si hanno due amebe e così via. Se anche le amebe non fossero mortali l’universo sarebbe diventato da tempo ameboide. La partenogenesi o generazione verginale si ha quando il sesso femminile senz’essere fecondato dal maschio partorisce un proprio clone che non può che essere femmina. Nel caso invece si congiunga col maschio sarà capace di generare una femmina od un maschio. E’ altresì vero però che si registrano casi in cui la femmina è capace partenogeneticamente di generare maschi. Che la Madonna abbia potuto generare un maschio è del tutto miracoloso dal punto di vista della partenogenesi mitica. Essendo maschio il Cristo non poteva che essere fecondata la Madonna da una potenza divina maschile.

[3]   Caorera è un comune della cosiddetta sinistra Piave squallido a vedersi – il sole vi batte poco e d’inverno è quasi sempre coperto da un manto di neve anche se un po’ prima e un po’ dopo non ce n’è – ma è generoso di iniziative. Si trova a pochi chilometri dallo sbocco di una quasi gola che si apre su Quero Vas, di cui fa parte. Presentemente con la minaccia degli attentati è in forse la sagra di San Gottardo per l’ovvia ragione che non dispone di danaro sufficiente per noleggiare le barriere jersey che ci sarebbero volute a Nizza e a Berlino e a Barcellona per impedire la morte di tante persone innocenti! Sarebbe veramente increscioso che a Caorera potessero nel corso della Sagra della Zucca morire vittime innocenti di qualche attentatore islamico residente da queste parti o commissionato dagli emirati.

[4]   Si tratta della Peugeot 1007 dalle porte automatiche scorrevoli “Sesame” dal nome della mitica porta della caverna della Mille e una Notte che si apriva dicendo “Apriti o Sesamo”

Dal titolo

* Si chiama tacco una pasta dolce che in Venezia e non solo si è sempre chiamata puncetto. Fin da bambino è stata la mia pasta dolce preferita. E’ un amalgama al cioccolato che in Venezia aveva piuttosto la forma di un cono o la sezione di un seno. La base era di pasta frolla e il contorno di cioccolato rappreso e lucido. Nonostante mi fosse stato detto che non era una pasta originale ma di ripiego composta per lo più con gli scarti delle altre paste ho continuato a preferirla e quand’ero a Parigi a prenderne un surrogato identico per la preparazione ma diverso per il nome e l’aspetto. A Parigi quella stessa dolce e amabile poltiglia si chiama “Figue” ed ha ovviamente la forma di un fico rivestito un verde marzapane. Queste “Figue” parigine sono esagerate e la migliore la trovai dalle parti di Place République o nei dintorni di Bastille verso Hotel de Ville. Il puncetto formato chiamato tacco è invece opera di Tomasi, eccellente pasticceria di Marostica la Turrita, dove ogni due anni si celebra la storica “Partita a Scacchi”.

 

 

**Lo zibibbo è un vino dolce come il marsala o il Portoferraio, fatto dalla spremitura dell’uva zibibbo dagli acini ovoidali. In Turchia quando feci il regista di quest’uva ne mangiavo a chili. E’ dolcissima più che adatta a quella cura che solennemente si chiama ampeloterapia

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