C’ è chi dice che, quello delle cosiddette migrazioni, è un inarrestabile fenomeno storico; una specie di nemesi che fa pagare alla ricca e benestante Europa i peccati di un passato coloniale e dunque, giù con buonismi, accettazioni, solidarietà a iosa, alla cieca. C’è invece, chi, nel fenomeno, vede un’invasione che mette a pericolo il proprio benessere ed il proprio quieto vivere e pertanto, preconizza una chiusura tout court delle frontiere. C’è poi, chi dice che “immigrazione sì, ma sino ad un certo punto”; ovvero più controlli alle frontiere, ma sino ad un certo punto, tanto per non turbare la propria perbenistica coscienza. Tutti e tre questi atteggiamenti, non portano da nessuna parte e lasciano aperto il problema, in quanto difettano di un’analisi di base, senza la quale , non si potrà mai effettuare una corretta lettura del fenomeno.
nni di kefiah e kalashnikov, anni di aspirazioni nazionaliste e di toni forti che, ben presto, si spensero davanti alla dura realtà di un debito estero che cresceva a dismisura. La corruttela delle classi dominanti, sempre più asservite ai centri di potere economico e finanziario globale, unite ad una manifesta incapacità a gestire quei tanto impetuosi cambiamenti, determinarono il “default” del sogno terzomondista. Furono i difficili ’80 e ’90, furono gli anni delle moratorie dei debiti esteri, dei ricatti e dei definitivi asservimenti ai diktat di quell’Fmi, divenuto ancor più potente, grazie alla caduta del fatidico Muro. Grazie a quell’evento, molte nazioni del Terzo Mondo, furono costrette ad adottare le ricette neoliberiste dei Chicago Boys di Rudiger Dornbsuch e compagnia bella, che accelerarono non poco il disastro. Se, da una parte, è vero che la cosiddetta “immigrazione” è frutto di questa situazione, dall’altra, in base a questa considerazione, è necessario effettuare un più che doveroso e necessario chiarimento. Nella stramaggior parte dei casi, quello della cosiddetta “immigrazione”, è un fenomeno indotto, eterodiretto. Andrebbe anzitutto ricordato che, sino a poco tempo fa e ad oggi ancora, la maggior parte degli abitanti di questi paesi aveva una scarsissima e pressoché nulla conoscenza del Primo Mondo, se non un generico e vago affastellarsi di immagini e racconti. Con l’arrivo dei mezzi di comunicazione e della rivoluzione informatica, tale livello di conoscenza è aumentato in maniera assolutamente irrilevante. Molti di questi paesi hanno vissuto per lo più all’interno di vere e proprie “cortine di ferro” di natura politica ed economica, per cui, raggiungere Europa o Nord America, era ed è, ad oggi, per un abitante del Terzo Mondo molto difficile ed oltremodo dispendioso. A svolgere un ruolo principe in questa storia, sono state e sono, tuttora, tutte quelle organizzazioni “umanitarie”, o presunte tali, dalle varie Ong, all’Onu ed alla Fao, alle missioni cattoliche ed evangeliche, alle rappresentanze di alcune multinazionali, che hanno negli anni svolto una mefitica opera di persuasione occulta tra queste popolazioni, facendo loro balenare l’idea che il Primo Mondo fosse il paradiso in terra, una specie di Bengodi, in cui avrebbero potuto vivere e prosperare senza problema alcuno. A questa silenziosa opera di indottrinamento, ne è seguita una ulteriore, ancor più deleteria e criminale: quella della vera e propria organizzazione di “viaggi della speranza”, in gran parte foraggiati da quelle medesime menti, che fanno trovare ai “profughi” in gommone, delle imbarcazioni di fronte alle coste libiche o in pieno Mediterraneo, pronte ad accoglierli ed a traghettarli, a mò di taxi, verso gli italici lidi, tanto per cambiare. Il problema, dunque, non sta all’arrivo in pieno Mediterraneo, bensì in quel del Terzo Mondo, ove loschi figuri si muovono per persuadere, istigare masse di illusi, sbandati, criminali d’ogni sorta e risma ed organizzare per costoro, grazie ad occulti sponsor, i famosi “viaggi della speranza”. In base a quali prove, effettuiamo queste considerazioni? Anzitutto, la maggior parte dei livelli di reddito, di determinate aree del Terzo Mondo, non permettono di poter impunemente pagare cifre che vanno dai tremila ai cinquemila dollari come nulla fosse. Pertanto, è inutile girarci attorno, siamo di fronte ad una precisa volontà politica, volta a fomentare ed a foraggiare l’immigrazione. Fondazioni cosiddette “no profit”, Ong ad alto livello ed i loro coordinatori, tra cui molti nomi sconosciuti ma, su tutti uno arcifamoso, il solito immarcescente George Soros, brigano per fare dell’Europa e dell’Occidente intero, un mercato di poveri schiavi, diseredati e sfruttati, atti a consumare codinamente tutto ciò che a loro venisse offerto.
Prove per queste asserzioni? I racconti dei “rifugiati”, anzitutto. Seguiti dalle testimonianze e dai troppi “si dice” di una variegata umanità: si va dall’operatore economico europeo in loco, a qualche funzionario di ambasciata, non senza passare per quegli stessi operatori umanitari in buona fede, sino a qualche rappresentante della stampa estera o locale; tutte fonti la cui attendibilità viene subito messa a tacere dal muro di silenzio che i media “embedded” gettano su queste storie. Non sappiamo esattamente quante persone tra i rappresentanti delle categorie che abbiamo poc’anzi citato, siano state uccise per quel che sapevano o stavano per rivelare. Fatte sovente passare per vittime del terrorismo, di qualche criminale comune, di una mina antiuomo o di strani e mai verificati incidenti, questa silenziosa massa di testimonianze, deve ancora fuoruscire dal forzoso anonimato, in cui sono state relegate. Ed a riprova che, in tutto questo, “gatta ci cova”, la strana impunità di cui le Ong godono. La violazione del confine di un Paese, il far entrare persone senza passaporto, il sostituirsi praticamente alla pubblica autorità, costituiscono dei flagranti “vulnus” all’integrità territoriale di uno stato, ma tant’è. Tutto Tace. Il problema, come si può vedere, è molto più esteso di quanto si potrebbe credere e dovrebbe prevedere una serie di soluzioni ad ampio respiro e non solo timidi e goffi tentativi. Il blocco navale sì, ma anche una più decisiva azione contro chi, come il famigerato Fmi, continua a strangolare questi paesi, proponendo delle suicide ricette economiche. Secondo poi. Non si possono continuare a mandare soldi a raggiera per cooperazioni e pagliacciate varie, a paesi caratterizzati da paurose sperequazioni sociali. Ove i soldi arrivano ai pochi ricchi, che li utilizzano per scatenare orride guerre etniche o per metterseli al riparo in Svizzera, lasciando i propri paesi in braghe di tela. Altra nota dolens. Non si può permettere a paesi come Cina, Francia o Usa di comperarsi interi continenti , come nel caso dell’Africa e spingere le popolazioni locali all’abbandono delle proprie terre. Una politica di dure sanzioni e di rinnovato protezionismo, scoraggerebbe certe forme di colonialismo economico e finanziario. Un’ Europa “altra”, un’unione di nazioni libere e decise, dovrebbe però, affacciarsi sul proscenio.
Un’Europa che sappia battere il pugno sul tavolo. E tanto per guardare alle cose di casa nostra. Se un auspicabile blocco navale, potrebbe avere i suoi effetti nell’immediato, ancor più potrebbero dei mezzi di dissuasione economica come, per esempio l’idea dell’introduzione di una bella e pesante tassa sull’immigrazione da far pagare ai “migrantes”, oltrechè a chi da loro lavoro. Una seconda iniziativa, ancor più incisiva nel medio e lungo termine, sarebbe quella di far proibire il business dell’uscita del denaro dei “migrantes”, verso i paesi d’origine. Se gli slogan urlati e le parole forti, sortiscono un effetto molto limitato, il più delle volte reso inefficace dal pronto intervento delle prefiche del buonismo d’accatto, senza urli né strilli, con determinate iniziative, toccando ciò che per certe persone è più sacro e cioè il portafoglio, “immigrare” qui da noi, potrebbe divenire un affare davvero poco conveniente e molto anti economico. Tutto questo, per rispondere a quelli che cerca ancora di convincere qualcuno della “ineluttabilità” del fenomeno “migratorio”, oppure a tutti coloro che ci parlano di un’ immigrazione “controllata”. Non finiremo mai di dirlo: l’immigrazione fa il gioco del grande capitale finanziario e depriva il Terzo Mondo delle sue migliori risorse umane, contribuendo a creare miseria, sperequazione sociale e destabilizzazione in Europa. Libano, Bosnia, Ruanda ed altri ancora, sono scenari oramai non più così lontani, dalla nostra quotidianità. In Occidente il fallimento della società multietnica è sotto gli occhi di tutti: quartieri ghetto, emarginazione sociale, criminalità, terrorismo a getto continuo, prima unicamente da parte degli “immigrati” o dei loro figli, ora anche da parte degli autoctoni, come a Cristchurch o l’altro giorno in quel di Halle, in Germania…Dateci retta: siamo ancora in tempo per evitare che la Storia d’Europa ripercorra i tragici scenari a cui, nei secoli, troppo spesso ci ha abituato. Basta solo ritornare al buon senso ed alla chiara e lucida coscienza che, così, non si può più andare avanti. “Historia magistra vitae”. E con questo antico e sempre attualissimo proverbio, speriamo di sollecitare una positiva riflessione in tutti. Anche in chi non la pensa come noi.
UMBERTO BIANCHI