ॐ
Meditiamo sullo splendore glorioso
del divino Vivificatore.
Possa Egli illuminare le nostre menti!
ॐ
Iniziamo questo studio sul Vêdânta, il più alto sentiero metafisico conosciuto che scuote le fondamenta dell’essere ma concede un integrale liberazione da ogni conflitto di schiavitù psicofisica. Bisogna partire da un presupposto ben preciso, fare una netta distinzione tra il «Sè» l’infinito o assoluto metafisico che potremo per comodità chiamare «Personalità» e l’«Io» ciò che concerne l’individuo «Individualità».
Il «Sè» è il principio immutabile trascendente permanente, a cui l’essere umano deve tornare essendo parte di esso come modificazione transitoria e contingente. Questo «Sè» emana da se stesso infinite possibilità che chiameremo manifestazioni possedute dentro di sè senza che però ne risenta minimamente oppure cambi il suo aspetto. Questo processo avviene dal passaggio relativo del «Sè» come potenza in atto, in un percorso di infiniti gradi di manifestazione. Da ricordare bene che di tutti questi gradi infiniti solo l’individualità umana è sottomessa all’esistenza terrena. Il «Sè» quindi è il principio per il quale tutto esiste, non soltanto la manifestazione individuale che comprende la materia e tutto ciò che possiede una forma e può essere compreso dai sensi come lo stato umano, ma anche gli stati non-manifestati, che si trovano negli stati superiori dell’Essere. Ora se questo «Sé» lo paragoniamo agli stati non manifestati della manifestazione informale rapportati all’Universale sarà la «Personalità Divina», Īśvara l’aspetto personale di Dio. Īśvara è il Demiurgo o il Logos personificato, la Coscienza Assoluta del Brahmā, il Signore della manifestazione che controlla e sostiene il Cosmo, o il Nous, la Mente Cosmica, Colui che provvede alla creazione dei mondi, al loro mantenimento e alla loro dissoluzione. In questo senso Īśvara può essere identificato nella Trimūrti (Brahmā, Viṣṇu, Śiva), in quanto assomma in sé le principali funzioni delle tre divinità supreme induiste, adorate come un’unica entità. Īśvara è l’aspetto personale e monoteistico di Dio, adorato presso le maggiori religioni mondiali, che si incarna e si rivela sotto nomi e forme diverse. Īśvara trascendente alle illusioni di questo mondo. Īśvara è il Saguna Brahmā, il Dio con forme ed attributi, riflesso di ātman l’infinito metafisico principio di ogni cosa presente in tutte le cose che sono le sue modificazioni accidentali, che costituiscono il suo «corpo» senza che esso sia modificato. Mentre se lo rapportiamo all’individuale della manifestazione formale in relazione con jīva o jīvātman (l’anima individuale) che si distingue dal Paramatman (anima cosmica). Ora affrontiamo l’«Io» specifico, individuale e soggettivo formato da: bhūta (corpo grossolano) l’esistenza corporea composto dai cinque elementi (etere, aria, fuoco, terra, acqua) sottomesso al guna tamas di qui parleremo più avanti tanmatras (corpo sottile) che svolge le funzioni vitali – praniche formato da gli elementi sottili (suono, tatto, forma, sapore, odore,) anche loro sottomessi al guna tamas. Oltre troviamo i buddhindrya, karmendriya (sensi d’azione, percezione) sottomessi invece al guna sattva e manas (senso interno). Insieme formano gradi differenti della manifestazione formale, che sono le due condizioni dell’individualità umana. Ahakāra è ciò che fa l’«Io», questo stato è collegato con il manas (mente) uno dei quattro antahkarana che crea la māyā (illusione), ma noi la percepiamo come reale, oscurando la soggettività e la vera realtà. Ahakāra è il principio di individuazione, in qualità di una entità cosciente indipendente che vive all’interno di una realtà fittizia profondamente illusoria impura tuttavia, non ha coscienza della propria. Questo stato soggettivo persiste finché jīvātman anziché essere in contatto diretto con il «Sé» che abbiamo detto che è ātman Infinito\Unità si trova in contatto con l’«Io» nel dualismo Materia\Molteplicità.
Ciò può essere riassunto con questa frase:
«Quando la dualità viene superata, o Signore, io sono Tuo, ma tu non sei mio. Le onde appartengono all’oceano, l’oceano non appartiene mai alle onde»
Concludiamo questo primo capitolo dicendo che tutte le considerazioni filosofiche nate nell’«Io» si limitano ai sensi come il materialismo e naturalismo, oppure la connessione illuminista tra mentale\individuale antropocentrica del razionalismo e dell’individualismo. Ed è proprio qui che che comprendiamo come quella del Vedānta sia una weltanschauung diametralmente opposta da tutte le altre perché va ben oltre questi aspetti affermando che c’è qualche cosa superiore anche all’idea stessa di «Dio».