11 Ottobre 2024
Julius Evola

Julius Evola in guerra a cura di Giovanni Sessa

L’ultimo studio di Gianfranco de Turris

                                            

   Nonostante la perdurante censura della grande stampa, della vita e del pensiero di Julius Evola si continua a discutere. In molti casi lo si fa muovendo dal preconcetto ideologico, che non consente di sviluppare giudizi oggettivi. Fortunatamente, c’è chi ha dedicato con serietà ed impegno, un’intera vita allo studio appassionato del pensiero del tradizionalista romano. In questa schiera di studiosi va annoverato, tra i primi, Gianfranco de Turris. La sua importanza nell’esegesi e nella contestualizzazione storica dell’opera evoliana, già significativa per la curatela della riedizione critica dell’intero corpus evoliano presso le Edizioni Mediterranee, e per altre monografie in tema, è accresciuta dalla pubblicazione della sua ultima fatica, Julius Evola. Un filosofo in guerra 1943-1945, nelle librerie per Mursia (euro 18,00).

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  Un libro importante, che analizza un arco della vita di Evola che va dal 25 luglio del 1943, alla metà degli anni Cinquanta. Nell’introduzione, lo storico Giuseppe Parlato ricorda che “Merito di de Turris è stato quello di essere riuscito a ricostruire in buonissima misura tutti i punti oscuri, le versioni contrastanti, le forzature che riguardavano il complesso itinerario di Evola durante ed immediatamente dopo la Seconda guerra” (pp. 7-8). La ricostruzione dell’autore è minuziosa, risultato di anni di ricerche su documenti noti e meno noti, fondata su un lavoro di scavo condotto in archivi, biblioteche e su un numero cospicuo di missive di Evola o a lui indirizzate, nonché su testimonianze dirette di contemporanei. Il lettore può beneficiare, in Appendice, di alcuni esempi della vasta documentazione di cui si è avvalso de Turris, tra gli altri, segnaliamo le carte geografiche in cui vengono ricostruiti i numerosi viaggi di Evola in quel frangente. L’autore discute la più significativa bibliografia prodotta in argomento, sottolineandone, a seconda dei casi, gli aspetti positivi, oppure smascherando le falsità, fatte circolare ad hoc, per sminuire il personaggio e la forza dirompente del suo pensiero.

   Se in termini di contenuti il volume è un’opera di ricostruzione e contestualizzazione storica, in termini stilistici può essere avvicinata alla tradizione del biografismo anglosassone, attento a far partecipare empaticamente il lettore alle vicende narrate. De Turris in ciò è stato agevolato dalla vita di Evola, molto simile a quella di tanti protagonisti delle spy stories. Saggio storico e racconto giallo in uno, quindi, che si legge d’un fiato dalla prima pagina all’ultima. Un testo, peraltro, costruito per cerchi concentrici ed aggiunte successive attorno alla figura del filosofo, a partire dal primo saggio in argomento dell’autore, comparso in un volume collettaneo che raccoglieva gli Atti del convegno Le scelte della Repubblica Sociale, e poi dilatatosi fino a divenire testo compiuto. L’incipit della narrazione prende avvio dall’8 settembre 1943. Evola si trovava in Germania in quanto, ambienti politico-militari tedeschi attivati da Preziosi, ne avevano chiesto la presenza, al fine di ricevere chiarimenti sulla “situazione italiana”. Dopo il 25 luglio egli aveva scelto di rimanere a Roma, non solo per motivi contingenti, ma per constatare chi e che cosa, dopo il crollo del Regime, poteva essere considerato utile per la rinascita politica. Il filosofo ebbe immediata contezza del fallimento del piano fascista mirato a liberare Mussolini e si mosse tra Monaco, Berlino e il Quartier generale di Hitler, come ci racconta negli articoli estremamente dettagliati, che pubblicò sul quotidiano romano, Il Popolo italiano.

   De Turris è il primo studioso a servirsi, ai fini di una ricostruzione storica del periodo e del personaggio, di questa fonte così rilevante. Presentiamo, in sintesi, le scelte, gli incontri e gli spostamenti del filosofo. Evola a Rastenburg, cittadina della Prussia orientale sede del Quartier generale di Hitler, incontrò al suo arrivo Mussolini e assistette alla nascita, tra molte perplessità, del nuovo stato fascista, assieme a Pavolini, Vittorio Mussolini e Preziosi. Rientrò a Roma, all’aeroporto di Guidonia, la sera del 18 settembre “il filosofo aveva avuto la speciale missione di mettere al sicuro a Napoli una parte dell’archivio segreto di Preziosi, prima che la città venisse occupata” (p. 45). L’archivio probabilmente conteneva documenti inerenti la massoneria. Non si può asserire se Evola riuscì nell’impresa. L’unica cosa certa è che dodici casseforti di color verde, dopo mesi di viaggio, giunsero nell’aprile del 1945 a Desenzano, presso gli uffici di Preziosi. Il pensatore era certo dell’inevitabilità della sconfitta, ma convinto della necessità di battersi fino allo stremo. De Turris dimostra che nel periodo badogliano il tradizionalista non cercò affatto di accreditarsi presso i nuovi padroni, ma si attivò “per mettere su un’organizzazione che si rifacesse ad una Destra ideale e politica” (p. 57), senza riferimenti unilaterali al fascismo, e che in esso fosse in grado di discriminare il positivo da ciò che andava rigettato. Il nome scelto per questo progetto, cui parteciparono Costamagna e Balbino Giuliano, fu Movimento per la Rinascita d’Italia.

   A  Roma Evola collaborò anche con lo SD tedesco, i servizi segreti, in particolar modo con l’Amt VII, i cui interessi prioritari si riferivano all’ambito ideologico. All’arrivo degli alleati in città, il filosofo ricevette la visita di uomini dei loro servizi. Fu costretto ad una fuga rocambolesca: con una valigia contenente, forse, testi delle riviste Ur e Krur, attraversò le linee americane e francesi, raggiunse Verona, sede dell’SD. Dalla lettura emerge il possibile duplice ruolo svolto dal pensatore nell’Unità “Ida” dell’ SD: consigliere ideologico ed agente che avrebbe dovuto fornire informazioni, qualora non fosse stato individuato come accadde, dall’Italia occupata. Evola si trasferì a Vienna dove proseguì in incognito il lavoro iniziato già a Roma: creare, in collaborazione con i circoli vicini a Spann e al principe Rohan, una Destra tradizionale europea. De Turris svela il nome che Evola si era dato in Austria, Carlo de Bracornes, ricavandolo dall’epistolario intercorso tra il pensatore e Walter Heinrich, inoltre, presenta un documento ufficiale, il rapporto riassuntivo stilato dal dottor Dussik dell’ospedale di Bad Ischl, da cui si ricava la data esatta del bombardamento durante il quale Evola rimase gravemente ferito “In data 21/1/45 il paziente ha subito, a causa della caduta ravvicinata di una bomba, una contusio spinalis” (p. 107). La testimonianza smentisce le numerose illazioni create attorno alla paralisi delle gambe di Evola. Questi a Vienna avrebbe dovuto studiare del materiale inerente i rituali massonici, che gli sarebbe servito per scrivere la Storia segreta delle società segrete, ciò avrebbe indotto la comprensione dell’involuzione storica della massoneria. Con altrettanta dovizia di particolari è raccontato il ritorno in Italia, il soggiorno in Ungheria per cure presso il prof. Peto, i tentativi di attivazione di forze sottili per tentare una via diversa alla guarigione. Ma, soprattutto, la virile accettazione del proprio destino. Dal libro, la figura di Evola esce in modo esemplare: uomo in ogni circostanza della vita teso a fare ciò che andava fatto.

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