Con la Luna di Marzo incominciava, nell’antica Roma, l’anno sacro. Dopo la transizione invernale si innestava l’avvio della stagione della rinascita, il primo vere: così è ancora oggi perché il calendario romano calcava un andamento perenne reale che ancora oggi permane tale.
L’energia che gestisce il moto apparente del Sole dai pesci in Ariete, legge al di sopra degli astri che guida gli astri medesimi, era reputata un fuoco occulto rinnovantesi in tale fenomeno autogenerato.
In quest’ottica, che facilmente richiama alla mente l’ouroboros pitagorico, si procedeva analogicamente al rinnovo annuale del fuoco sacro collocato nel cuore dell’Urbe Arcana.
Presso l’Aedes Vestae, il tempio della divinità custode del fuoco sacro, occulto e manifesto, le vergini Vestali ed il Pontefice Massimo riaccendevano il fuoco. Il popolo Romano partecipava al rito solenne in astante silenzio. In questa giornata oggetti arcani conservati in una botola dell’Aedes, come ad esempio il Palladio (la statua di Athena che Enea portò con se da Troia), venivano esposti per la cerimonia rituale. Ogni matrona portava con se una torcia (motivo per il quale il giorno era anche detto Matronalia), la quale veniva a sua volta accesa al tempio per essere condotta nella propria dimora. Qui il fuoco veniva perennemente tenuto vivo quale propaggine di un’idea metafisica eterna e destinata al rinnovo futuro. L’intera famiglia si costruiva attorno a questo fuoco: esso poteva collocarsi nella camera matrimoniale, in prossimità del larario e nella cucina. La sua connessione coi diversi aspetti della vita quotidiana era fondamentale per il romano così come per il greco: non dimentichiamo che la sala triclinare nei santuari era chiamata Hestiatorion, da Hestia, corrispettivo greco di Vesta. Degna di nota è la connessione tra la sacralità del pasto e la presenza di questa dea. Omero nei suoi inni dice che non vi fosse banchetto a cui non si onorasse, Hestia, per prima e per ultima, cui era caro il vino dolce come il miele.
Del resto la fiamma degli dei olimpici era dono d’immortalità nel pasto sacro d’ambrosia, il nettare divino.
Di questi misteri, cui il popolo romano era detentore, alle Kalendae di marzo se ne faceva manifestazione velata in velato capite.
Tali la Pietas Romana ha ripristinato ed annualmente ripete, nel rispetto della tradizione, nella data del primo giorno del mese sacro a Marte, il dio padre della stirpe romana.
Fu Marte a concupire la vergine vestale Rea Silvia dopo ch’ella accese un fuoco in una grotta, rifugiatasi dalla pioggia; il dio le apparve e la fece sua. Da essa nacquero i due gemelli Romolo e Remo. Il primo fondatore di una città che fosse riflesso dell’Amor divino in terra tramite la manifestazione della giustizia e la sua diffusione.
I valori di Roma sono la sua sacra fiamma eterna ed autorigenerante, conduttrice di uomini pii a tal compito.
Il primo marzo è sacro anche a Iuno Lucina, colei che porta alla Luce, infatti in questo giorno l’ideale supremo viene alla luce per opera della dea, alla quale sull’esquilino venne eretto un tempio dove Le si offrivano fiori. Così i mariti per onorare Giunone servivano le mogli e queste le loro schiave perché l’anima al servizio dell’idea venisse benedetta.
La perfezione assoluta di tale rito serviva al mantenimento di una società ideologica sana perennemente destinata al rinnovo, ed anche di fronte allo spegnimento coatto del fuoco ed al massacro ed alla persecuzione degli ultimi sacerdoti essa mai realmente si spense: ha continuato a vivere nel mondo delle idee menzionato da Platone e da quel mondo ha, mano a mano, influenzato alcuni uomini nel corso della storia per giungere fino ai giorni nostri ed alla sua riaccensione nei nostri cuori, nei nostri templi e nelle nostre case.
Ad Majora Semper ut Roma Renovata Resurgat.
Dott. Giuseppe Barbera
Presidente A.T.P.
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