Già a poco più dell’inizio del Novecento grandi filosofi come Spengler, Heidegger, Guènon ed Evola, Junger ed altri ancora avvertivano dell’estremo pericolo che colpiva la forza spirituale dell’Occidente, la quale andava a precipitare verso un baratro in cui sarebbero crollate tutte le sue strutture, a causa di una moribonda cultura tutta imperniata su valori materiali (il denaro, il consumo) e su un consunto umanesimo cristiano-socialista partorito da un dio oramai morto che l’avrebbero fatta stramazzare al suolo nel pieno delirio della follia e dell’impotenza. I tentativi di fermare tale decorso sono falliti o per la preponderante potenza delle forze del nichilismo ( la volontà di potenza del nichilismo si è dimostrata invincibile per il momento) o per una inadeguatezza nel comprendere la complessità tragica verso cui ci si incamminava.
Solo oggi (da parte di pochissimi in verità) si comincia a comprendere la complessità di una realtà di completo, debilitante nichilismo passivo all’interno della cui aura tutto è lecito a scapito della libertà delle proprie scelte (si è liberi di non essere liberi). Si vive in una società sotto assedio i cui nemici sono invisibili e nello stesso tempo vicini. Nietzsche pensava che in una dimensione di questo genere, in cui dio, le ideologie, i fanatismi sarebbero scomparsi, il super-oltre uomo avrebbe potuto trionfare. Ebbene il super-oltre uomo ha trionfato in un modo talmente potente come non si era mai visto nella storia. Ma tale persona d’eccezione non è, come pensava il filosofo, il Creatore, l’Artista ossia il Cesare, il Napoleone, il Leonardo o il Bruno, o se si vuole immaginarlo in una situazione più popolare il Conte di Montecristo (il modello dell’avventura umana per Nietzsche); il super-oltre uomo è invece in questo momento storico il Finanziere, il Capitalista monopolista, il Tecnico-scienziato al servizio dell’unica, vera e santa trascendenza: il profitto o se si vuole il guadagno usuraio. Mille persone dalla miseria spirituale prossima al demoniaco controllano direttamente o indirettamente il 90% del Pil mondiale: questi sono i giganti del nostro tempo. Uomini “seri”, in grisaglia, professorali che, senza battere ciglia, ma facendo premere un tasto di un qualsiasi computer in possesso di uno dei loro servi, possono decidere il destino di popoli interi, senza che questi, tenuti all’oscuro di tutto dai loro media altrettanto servili, siano in grado di capire o di ribellarsi ai loro comandi. Essi sono i mercati: dieci banche e multinazionali che coi loro sgherri “democratici” stabiliscono il nostro destino. E’ il cristianesimo realizzato: gli ultimi, i più abietti, alla guida del mondo. Darwin, come aveva capito perfettamente Nietzsche in “La volontà di potenza”, aveva completamente torto.
Si è arrivati infine al dunque. Bisogna capire una volta per tutte che Il capitalismo è un sistema ormai incompatibile col pianeta: la crescita demografica e il consumo sfrenato che sono ad esso strettamente correlati anticipano ogni anno il cosiddetto “overshoot day” ovvero il sovraconsumo di risorse che la terra ci fornisce. Quest’anno tale giorno è caduto il 23 agosto, e ciò significa che tutto ciò che consumiamo fino al 31 dicembre non sarà più ricostruito. L’umanità è il cancro in fase di accelerata metastasi rispetto alla natura, un tempo nostra dea madre.
Le domande a questo punto sono: è possibile uscirne? E di chi è la colpa? Sono domande epocali a cui è impossibile rispondere in questa sede. E’ evidente che ci troviamo storicamente alla fine del Kali-yuga, dell’età oscura o del ferro che dovrebbe chiudere i cicli del Manvantara (delle 4 Età). Il Kali-yuga, fra l’altro, dovrebbe essere l’età più breve rispetto alle altre tre, sebbene della sua durata non ci è dato di sapere nulla. Il regno della quantità ci sta portando inevitabilmente verso l’entropia, verso quel buco nero del collasso e dell’indistinto. Chi è tradizionalista dovrebbe quindi essere speranzoso, poiché da questa età dovrebbe poi nascere l’età dell’oro e della luce (del Krita o Satya-yuga).
La veduta ciclica comporta però l’accettazione della inevitabilità del destino, che diventa quindi un destino destinato in quanto al kali-yuga non si può sfuggire. Come del resto l’avvento dell’età dei sacerdoti sapienti scaturirebbe in modo altrettanto necessario.
La stessa posizione filosofica di Heidegger non si discosta più di molto da questa veduta apparentemente fatalista. Egli, nel suo ultimo scritto pubblicato in vita, affermava che “ormai solo un dio ci può salvare”, avendo ben chiarito molti anni prima che tale dio non sarebbe mai stato quello cristiano, magari rigenerato, aggiungiamo noi, come spirito santo. Anzi egli fece proprio il detto di Nietzsche presente nell’ “Anticristo” che dopo duemila anni noi occidentali non siamo riusciti a “creare” nessun nuovo dio e che questo l’avremmo pagato molto caro, giacché quello che avevamo fece fuggire gli unici dei viventi che ci avevano accompagnato nei millenni. Abbiamo adottato il dio della natura morta, che esaltando l’Uomo, lo ha poi distrutto a causa della esaltazione che gli ha inoculato. Anche per questo pensatore, quindi, non ci resta che attendere, poiché di fronte al gigantismo della quantità, questo sarebbe l’unico atteggiamento da assumere. Attendere forse un nuovo dio incarnato, che all’interno dell’essere-natura sappia, assieme a nuovi titani, convergere su di sé l’ultima energia rimasta? Ma questo dio, poi, che sinora se ne è stato nascosto, quando dovrebbe intervenire, dal momento che non si nota nessun anelito spirituale che lo invochi o lo desideri? Non si vede in realtà nessun dio sull’orizzonte: e quelli rimasti sono gli dei della pandemia umana del crescete e moltiplicatevi. Divinità in preda alla totale follia. E del resto, dice Heidegger, l’esserci umano co-appartiene all’essere, in quanto egli è l’unico ente che ha il privilegio, almeno così si crede, di pensarlo, per cui l’essere stesso senza l’uomo non saprebbe di essere l’essere. Se è così si deve allora, per conseguenza, ritenere che la colpa di ciò che accade è principalmente dell’essere stesso.
Anche in questo caso, però, la responsabilità umana verrebbe sminuita, perché la differenza ontologica fra noi enti e l’essere addebiterebbe a quest’ultimo il disastro attuale. Per cui se ci si rifà alla veduta ciclica tradizionale bisogna considerare ineludibile il kali-yuga, e se si considera l’ente umano di fatto subordinato all’essere, le nostre colpe sarebbero davvero minime. Heidegger afferma inoltre nel suo fondamentale saggio “La questione della tecnica”, che il “Gestell”, che è l’impianto tecnico inscindibilmente legato all’industrialismo capitalista, altro non è che la configurazione tecnica dell’essere nell’ente umano, in quanto l’essenza della tecnica sta nell’essere e non nell’esserci.
Ecco che combattere a petto in fuori per dirla alla Junger, serve a ben poco in questo periodo storico. Semmai si tratta di saper cavalcare la tigre, cioè assecondare il proprio destino (il ming confuciano) conoscendo a fondo quello che accade e ci accade, poiché questo è l’unico modo per non venir travolti.
Circa otto miliardi di individui anonimi sono il Fatto: la massa di perdizione, come la chiamava Albert Caraco, rischia davvero di portarci verso quella orribile strada che ci viene descritta, in una allucinante visione realistica, da Cormac McCarthy.
Tovo Flores
e-mail: f.tovo@libero.it
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