Riconoscendo in Parsifal il potenziale salvatore/salvato Klingsor invia Kundry a tentarlo. La femmina fatale allora lo provoca con la malizia delle sue movenze, con la sensualità serpentina del suo corpo. Poi si accorge di trovarsi di fronte non ad un uomo adulto ma a un giovane avvolto da un primordiale candore: Parsifal, il “puro folle”, vive in angelica inconsapevolezza, non sa di sé, non articola neppure il suo nome, ovvero non possiede una identità personale elaborata.
Kundry comprende allora che per colpire al cuore Parsifal deve mostrarsi con il fascino della donna, ma anche con la graziosa benevolenza della madre. Kundry si manifesta con le forme di Erzeloide, la madre, e chiama il ragazzo per nome: “Parsifal!”.
Allora il prescelto ri-corda come in un sogno di aver già udito quel nome, perché era il modo con cui la madre lo chiamava.
Siamo di fronte a un nodo fondamentale della esperienza interiore: il riconoscimento del proprio nome (il principio della consapevolezza) si accende nell’uomo in virtù dell’incontro con la donna. Duplice incontro: dapprima con la madre, quindi con la donna, il completamento afroditico.
È Kundry che – nonostante tutta la problematicità del suo essere – consente a Parsifal di sapere chi è. La donna bacia il giovane ed egli comprende cose di cui prima non aveva cognizione. Qui ritorna in Wagner il tema del bacio iniziatico come principio di nuova vita e dunque necessariamente come “morte” della precedente condizione esistenziale: la Mors Osculi di cui parlavano i Fedeli d’Amore.
Parsifal ora, nel suo sentire ampliato, comprende tutto il dolore di Amfortas, sente il travaglio dell’anima del mondo, percepisce la desolazione della terra del Graal.
L’essere di Parsifal si innalza a un livello superiore di coscienza, quello in cui si consegue la Compassione nei confronti delle sorti del mondo, al di là della chiusa egoità. Kundry che pure era stata inviata per rovinarlo si commuove dinanzi alla nobiltà d’animo di chi ha di fronte ed esclama: “Se nel cuore senti gli altrui dolori, senti ora anche i miei! Se sei il Redentore, cosa ti vieta di unirti a me per la mia salvezza?… Lo vidi, vidi Lui, Lui, e risi! Ora lo cerco di mondo in mondo, per incontrarlo ancora, e posso solo gridare, urlare, nell’ombra cieca della mia follia… Lasciami piangere sul tuo petto, lasciami unirmi a te affinché in te io sia purificata! …”
Kundry accenna con ciò alle sue passate manifestazioni: Erodiade, Maria Maddalena…Nel mistero musicale di Wagner sentimento cristiano e influssi buddhisti, tema dell’amore redentore e dottrina della reincarnazione si stringono in un solo nodo.
Il bacio aveva comunicato a Parsifal un calore che, divampando negli strati più profondi del suo essere vitale, lo apre ad uno sguardo universale: la sua coscienza ora non è più limitata alla prospettiva angusta del corpo fisico (e dell’ego che si circoscrive in esso). L’essere vitale e cosciente si proietta ora oltre il limite della figura fisica, secondo la modalità che fu descritta da un medico accorto di inizio Novecento: il dottor Giovanni Colazza.
Guardando ora al mondo da una prospettiva di vetta, Parsifal sente il grido di dolore della terra del Graal e finalmente sa di sé stesso. Anima cosciente spiritualizzata.
Kundry, oscillando ancora tra ansia di redenzione e sudditanza alla magia nera di Klingsor, sentendosi sconfitta nella sua arte ammaliatrice invoca l’intervento dell’oscuro signore. E Klingsor giunge impugnando la Lancia che a suo tempo aveva sottratto ad Amfortas.
La contraddizione drammatica a cui si assiste nel “Parsifal” consiste appunto nella separazione tra i due principi archetipi: quello della Coppa del Graal e quello della Lancia del Destino.
L’armonia del Regno del Graal si è persa nel momento in cui Klingsor si impadronisce della Lancia e la sottomette al suo oscuro potere.
Venendo meno il completamento tra Coppa e Lancia la sapienza del cuore passa ad uno stato sonnambolico e la forza della Lancia (quella forza primordiale che fisicamente si manifesta nei genitali dell’uomo, con il loro potere generativo e la loro carica testosteronica) passano sotto il dominio di una realtà infera.
“Il sangue è un succo peculiare” asseriva Rudolf Steiner, nel nostro tempo il calore del sangue si connette direttamente all’elemento dell’Io, nel momento in cui esso consegue la sua superiorità agli impulsi inferiori.
Amfortas, una volta che è stato vinto da Klingsor, percepisce che il suo sangue è infetto, per questo non osa più avvicinarsi alla coppa del Graal.
Il sangue diventa puro quando diventa veicolo del dolce calore del cuore, un calore temperato che supera l’irruenza delle passioni. È questa la “temperatura spirituale” che caratterizza Parsifal.
Klingsor impugna la lancia e la scaglia contro l’eroe, ma questa si arresta all’altezza del capo.
Il capo è la sede dei pensieri, e nel nostro tempo proprio il pensiero liberato (concentrato e sollevato al di sopra del flusso istintivo di associazioni) è la chiave della liberazione in vita.
Il pensiero concentrato – secondo un procedimento che Steiner e il suo discepolo italiano Massimo Scaligero hanno descritto scientificamente – può redimere la potenza dell’eros.
In realtà se chiudiamo gli occhi e osserviamo il flusso dei pensieri, dietro il velo apparente dell’astrazione, scorgiamo la potenza della brama che sale dalle regioni inconsce. Cosa muove il pensiero associativo? La brama. Freud e i suoi discepoli – tra i quali non a caso vi era un italiano di sensibilità sottile come Emilio Servadio – hanno colto questo nesso.
La lancia scagliata da Klingsor si ferma all’altezza del capo di Parsifal, l’eroe solare la fa sua e con essa traccia il segno della croce.
L’Eroe puro, puro innanzitutto nella regione dei pensieri (quella che corrisponde al capo), riesce a ripristinare il controllo sulla forza proiettiva che caratterizza la lancia.
Purezza di pensiero significa innanzitutto purezza di immaginazione. L’immaginazione è una facoltà di pensiero amplificata. Dunque la chiave della purificazione dell’eros non è in qualche ginnastica macchinosa dei corpi, ma innanzitutto nella concentrazione del pensiero (al di sopra del flusso della brama) quindi di una immaginazione purificata, che torni ad essere immaginazione creatrice.
Nel momento in cui Parsifal traccia con la lancia il segno della croce (altri direbbero il segno della Rosa+Croce) il giardino incantato, ovvero la Maya tessuta da Klingsor svanisce, e Parsifal compie l’esperienza culminante della solitudine in un deserto terribile.
Qui ritroverà Kundry, ora non più sotto il potere di Klingsor. L’Eroe e il suo Eterno Femminino possono ricongiungersi per la salvezza di entrambi.
Parsifal è ora spogliato e battezzato, può accedere consapevolmente al castello del Graal e trasformare in gioia rinnovata la tristezza della decadenza.
Nella terra desolata del Graal Titurel, il vecchio re, è morto, posto nella bara. I cavalieri chiedono angosciosamente ad Amfortas di compiere il rito del Graal, ma Amfortas vittima della sua ferita, preda di una sete ardente e bruciante brama la morte, chiede l’estinzione. Egli è già un revenant, espressione di una linea tradizionale che si è arresa, ma ecco che si fa strada Parsifal, guarisce Amfortas nella sua ferita e diventa il nuovo Re del Graal. Salva il passato, genera il rinnovamento del tempo.
La terra desolata torna a splendere, Kundry ripete il gesto della peccatrice del vangelo che bagnò di lacrime i piedi di Cristo e poi li asciugò con i suoi lunghi capelli, e a cui “molto è stato perdonato, perché ha molto amato”.
L’amore lussurioso trova la sua metanoia in amore divino. Ma questo cambiamento è stato reso possibile dall’avvento del redentore Parsifal, che ha ritrovato la sapienza del cuore, ha cioè realizzato quella condizione in cui la coscienza ricongiunge in armonia le facoltà del capo (pensare) del cuore (sentire) e delle membra (volere) per cui si realizza l’auspicio: “Dal cuore all’azione, dall’azione al cuore nell’ordine trionfi l’amore”.
Anche il gesto sessuale, compiuto con il cuore, con la consapevolezza che ad essa corrisponde, diventa azione sacra, capace di redimere il mondo, in virtù di quel pensiero concentrato e creativo che non divide (dia-ballei), ma unisce.
Alfonso Piscitelli