di Luigi Cardarelli
Nella sfida feroce che avviene all’interno del palazzo d’ Itaca tra Ulisse ed i Proci maligni, il mitico Omero vede le avvisaglie del vecchio mondo che sta per cambiare con l’arrivo della democrazia. L’antica società nobile e patriarcale, tradizionale e guerriera di Laerte e Odisseo soccomberà di fronte ai nuovi ceti arroganti, mercantili e aguzzini. I discendenti dei Proci, la casta emergente dei signori liberi e ricchi. Ma non si tratterà affatto del “demos” trionfante come si favoleggiava in Atene, bensì dell’ascesa al potere di avidi e biechi oligarchi. La forma oligarchica è la più terribile forma di tirannide, perché non si basa su nessun principio morale, ma soltanto sulla forza delle armi, del denaro e della corruzione.
Il divino Platone accusava la democrazia medesima d’essere il propedeutico sistema che a posteriori conduce alle dittature. Non tutta la Grecia però, vale a dire il paese a quel tempo civile, seguirà la stessa strada. Già duemila anni e passa prima di Marx, il sommo Licurgo in quel di Sparta aveva reso tutti gli esseri umani uguali di fronte alla legge e riuniti sotto la comunità più insigne, lo Stato. Oramai da due secoli e più questa organizzazione democratica ci viene spacciata come il non plus ultra, dopo la vittoria ottenuta dal “terzo stato” borghese con la rivoluzione industriale e Francese.
Sembrerebbe che prima d’allora, l’ homo non avesse neanche mangiato! Ma nei tempi recenti sono passati dal definirla il governo del popolo a quello della maggioranza ed infine or ora sic et simpliciter a quello della maggioranza relativa. Vale a dire che una minoranza ristretta decide e comanda sulla sacralità dello ius gentium. Gruppi organizzati di plutocrati, potenti e corrotti, decidono sul destino dei popoli, i quali quindi sentendosi esclusi e traditi disertano perfino le urne. Pare che nulla sia cambiato davvero rispetto a tremila anni addietro. E provateci pure a ribellarvi appena o protestare contro i demo-padroni, sentirete tosto quel che vi fanno assaggiare. Turchia docet.
I libri di storia narrano le malefatte epocali dei massimalisti e degli imperi del male, ma nessuno ricorda lo sterminio totale compiuto nelle praterie d’America o nell’Amazzonia ad opera della democrazia più moderna, contro gli indios nativi del luogo. Un secolo dopo questi “uomini di buona volontà”, sganciano le letali atomiche sopra due inermi città del Giappone, neppure difese da uno sparuto cannone.
E 70 anni più tardi, non mostrano nemmeno rimorso.