La Via della Seta, l’accordo commerciale con la Cina, su cui in questi giorni si sta sollevando un polverone mediatico senza pari, ha, da una parte, trovato degli sfegatati estimatori che vedono in questo fatto, oltreché una ghiotta opportunità per l’incremento dell’interscambio commerciale tra il nostro paese ed il gigante asiatico, anche e principalmente, una concreta possibilità in direzione della realizzazione di un asse euro-asiatico, tale da poter controbilanciare e ridurre lo strapotere globale degli Stati Uniti. Dall’altra parte, i detrattori dell’accordo, argomentano in modo vago e confusionario la mancanza di una comune politica europea, di fronte all’espansione commerciale cinese. Molta parte della critica all’accordo, è imperniata sul risentimento di chi, per decenni al governo del paese, ora invece all’opposizione, sputa veleno per principio su qualunque cosa il governo giallo-verde faccia, foss’anche la migliore.
Dall’altra parte, invece, sembra non esser presente un’esatta coscienza della portata di ciò che si sta facendo o, quanto meno, non se ne calcolano le conseguenze a lungo termine. Qui il problema non è tanto la mancanza di coordinamento dell’Europa di fronte all’espansione economica cinese, così come blaterato dagli esponenti del Pd e di Forza Italia, assieme ad altre scipitaggini, quanto saper, anzitutto, guardare con attenzione a quelli che sono gli specifici interessi dell’Italia, a medio e lungo termine.
Ma tutto questo necessita, anzitutto, di una premessa, ad ora, ben lungi dal vedere una concreta e rapida realizzazione: quella di un integrale recupero della sovranità nazionale italiana. Sovranità politica, economica, finanziaria e culturale,costituiscono tutti elementi tutti questi, senza i quali, le varie “Vie della Seta”, altro non assurgono se non ad ulteriori specchietti per allodole, concedendo nell’immediato l’illusione di facili guadagni per quanto riguarda l’interscambio commerciale ma, nel lungo e medio termine, facendosi veicolo di una vera e propria penetrazione commerciale e finanziaria, tutta all’insegna di un esiziale e degradante “trash”.
Qualche allocco crede che la Cina possa costituire un valido contraltare alla strabordante potenza Usa e si sbaglia di grosso. La Cina, ad oggi, non è meno mondialista degli USA o della Gran Bretagna o della Francia o di Israele. Qui è solamente una questione di collocazione geopolitica e geostrategica. La Cina è attualmente il più importante “competitor” degli Usa, anzitutto per quanto riguarda il controllo delle rotte commerciali del Pacifico Pacifico, un’area questa in cui se la deve però vedere con le varie “Tigri” asiatiche, Giappone incluso. Quella della Via della Seta, altri non è che un “escamotage” geo economico per cercare di trovare via in grado di aggirare più rapidamente l’assedio di Usa e soci vari.
Il tutto, senza dimenticare che, il gigante asiatico ha perduto il ruolo di primo detentore mondiale di riserve in dollari, dopo gli Usa stessi che li producono dal nulla e li esportano. Dopo il 2007, difatti, con la crisi finanziaria globale, la Cina, in preda ad un attacco di sfiducia ha lasciato il suo primo posto al Giappone. Adesso, si parla parlano di soli 1000 miliardi di dollari detenuti dalla Cina. Cioè meno del 5% del complessivo circolante E’ chiaro che, a questo livello, la Cina non è più in grado di esercitare grandi pressioni sugli Usa. Inoltre la brusca sterzata “sovranista” di Trump, con la sua politica dei dazi, ha imposto al gigante asiatico la necessità di trovare delle vere e proprie vie d’uscita geo economiche ad una situazione di stallo e decrescita interni senza precedenti, da quando è stato inaugurato il “nuovo corso” economico del paese.
E questo giustifica la manovra di accerchiamento commerciale che la Cina sta cercando di portare a termine nei riguardi di Usa ed Europa, passando attraverso l’Africa, tramite una serie di accordi economici e commerciali con una serie di paesi del continente nero, riguardanti la costruzione di infrastrutture ed altre opere pubbliche, come nel caso dell’Etiopia. Una manodopera a basso costo, una scarsa qualità nei vari materiali oggetto di esportazione, fanno poi il resto.
La Cina non è la Russia. Non è e non sarà mai parte dell’Europa né potrà mai esser parte di un ipotetico blocco euro asiatico, da promuovere in contrapposizione agli Usa. La Cina ha bisogno di crescere, costi quel che costi e la sua crescita non potrà che avvenire a discapito dell’Europa e dell’Italia. Purtroppo la crescita di certi paesi extra europei, tra cui Cina, India, Arabia Saudita ed altri ancora, per un perverso meccanismo di compensazione economico- finanziaria, non può non avvenire se non a danno dell’Europa.
Quella degli assi geo strategici con determinati paesi del Terzo Mondo, sta sempre più dimostrando la propria natura di illusoria inconsistenza. In modo silenzioso, ma non per questo meno esiziale, il Terzo Mondo sta da tempo esportando un prodotto non meno concorrenziale e pericoloso, dello scadente “made in China”: i cosiddetti migranti. Un’invasione programmata ed organizzata da lungo tempo, su cui si innesta il risentimento di determinate realtà (vedi l’integralismo islamico) nei confronti dell’ Europa, della sua bellezza, del suo benessere, della sua cultura, dall’altra la “longa manu” delle oligarchie globaliste, tutte protese a far dell’Europa e del mondo intero una prigione di globale miseria.
Per questo cercare di porre un freno ed arginare tutti questi fenomeni, tramite un lavoro di costanze revisione, restrizione e blocco di certi accordi commerciali e politici, è ora prioritario. In caso contrario, per non essere sommersa e schiacciata, l’Europa del prossimo futuro, si troverà costretta a scatenare un conflitto mondiale contro molti paesi del Terzo Mondo, che finirebbe con l’assurgere alle dimensioni di un universale macello, distraendo risorse ed energie preziose da quello che dovrebbe, invece, essere il reale obiettivo di una comune azione euro-asiatica, ovverosia gli Usa, la cui posizione di predominanza politico-finanziaria non è mai stata, negli ultimi settant’anni, messa in seria discussione.
Ad oggi, gli Usa producono ed esportano incontrastatamente denaro dal nulla e nessuno osa mettere in discussione tale predominio, attraverso attacchi speculativi o altro. In sede Onu, nessuno ha mai varato sanzioni o serie misure contro questo Paese. Lo scenario sin qui descritto, fondamentalmente imperniato sulla possibilità di interazione tra realtà geo economiche e geo politiche differenti, la cui condizione prima è la assoluta permeabilità di tali realtà, a tutti i livelli, presenta, però un unico punto debole.
A ben vedere, l’intero Nuovo Ordine Mondiale è fondato su un assetto la cui debolezza, sta proprio in quella tanto esaltata interrelazione, per cui basta che un tassello salti, per provocare una reazione a catena, urbi et orbi. Mettendo in discussione e facendo saltare tutta una serie di accordi, senza bisogno di guerre o inutili spargimenti di sangue, si potrebbero creare le concrete premesse per un integrale recupero della Sovranità Nazionale. Il tutto, non senza tornare a parlare, senza più pudori o complessi di sorta, di fronte al clamoroso fallimento dei vari nazionalismi extra europei e della vittoria del Nuovo Ordine Mondiale, imperniato su ideologie universaliste e livellatrici, di supremazia spirituale ed antropologica di un’Europa, portatrice di un’eredità spirituale che, ad oggi, non ha pari.
Presunzione? Razzismo? Assolutamente no, bensì pura e semplice osservazione della realtà con la rinnovata coscienza che, con accordi alla cieca, animati da un miope spirito privo di prospettive geopolitiche di sorta, altro non si farà che portare sempre più l’Italia e l’Europa sull’orlo della rovina e del collasso.
UMBERTO BIANCHI