“I partiti contano sempre meno e alla gente è stata tolta la cultura per opporsi a un potere che ci fa vivere nel controllo.” E’ il sottotitolo dell’intervista concessa a un sito di informazioni da Carlo Freccero, massmediologo ed ex dirigente della Rai. Concetti del tutto condivisibili: il declino dello spazio politico (i partiti spariti, ridotti a comitati d’affari e macchine elettorali); il degrado della conoscenza che produce una generazione di ignoranti, quindi conformisti e facilmente manipolabili; il potere che si fa biopotere, ovvero sorveglianza, dominio sulla vita concreta.
Temi centrali per chi vuole riflettere senza le gabbie mentali di ideologie invecchiate. Non importa chi l’ha detto, importa ciò che è detto, era il motto di un giornalino della nostra giovinezza. La verità – e la sua ricerca – non hanno ideologia, né si definiscono attraverso gli schieramenti. Freccero non rinuncia alle sue origini marxiste. Chi scrive, più modestamente, ha camminato per strade assai diverse: cuore a destra (Dio, Patria, famiglia, onore, fedeltà) e portafogli a sinistra, l’acuta sensibilità sociale di un figlio di operai che ha conosciuto la fatica di studiare e sbarcare il lunario lavorando. Ciononostante, approdiamo a conclusioni simili, senza rinnegare nulla dei rispettivi percorsi. Un segno dei tempi, uno dei pochi positivi: chi ancora pensa diventa dissidente e si ritrova in compagnie impensate. Nell’era “post” e “trans” non importa da dove veniamo; conta dove vogliamo andare.
Forse è una benefica coincidentia oppositorum, l’unione degli opposti che attraversa settori del pensiero europeo, dal greco Eraclito al neoplatonico Nicola Cusano sino a Carl Gustav Jung. Nessuna banalizzazione sugli estremi che si toccano, piuttosto la convergenza tra universi ideali lontani che trovano – quasi inconsapevolmente – un terreno comune dinanzi a un nemico potentissimo, capace di attivare, rileva Freccero “processi culturali che hanno sostituito la nostra cultura con culture che non mettono mai in discussione il potere. Pensiamo al festival di Sanremo, al mondo musicale che domina la scena: sono tutti contestatori e trasgressivi come i Maneskin, Achille Lauro, Fedez, eccetera. Ma sono contestatori contro qualcosa. Woke significa risveglio ed è quello che intendiamo per politicamente corretto. Un costrutto culturale molle che non ha mai una visione d’insieme della realtà”.
Ecco un punto cruciale, ed è importante che la riflessione provenga da un intellettuale che non confonde il progressismo “liberal” con i diritti sociali. E’ di capitale importanza la messa in guardia dalle follie postmoderne di chi non è sospettabile di pulsioni conservatrici o reazionarie. “Siamo nella cultura woke e nella Cancel Culture, assorbite dal Pd, la principale forza della sinistra italiana”.
Importante è svelare l’uso delle emergenze che attraverso il meccanismo della paura hanno permesso decisioni contrarie alle libertà sulla base di imperativi tecnoscientifici presentati come indiscutibili. “Oggi la forma di governo strutturale della società è l’emergenza. Viviamo in un’epoca di cancellazione dei diritti e l’unico modo per ottenere questo risultato, immediatamente, senza suscitare opposizione, è proprio l’emergenza. I teorici delle élite guardano all’emergenza sanitaria come a un’opportunità per resettare la società”.
Quando lo dicevano personalità di diversa estrazione culturale, scattava il meccanismo della ridicolizzazione, della negazione, dell’indignazione a gettone. Freccero esprime convincimenti fino a ieri ritenuti paranoie estremiste. “La cosa curiosa è da dove è partito questo governo dell’emergenza: è partito dal 2001 con l’attacco terroristico dell’11 settembre. Ieri c’era la pandemia, oggi la guerra e l’agenda verde. Quindi capisci che l’emergenza poi si confonde o meglio si intreccia con quello che il filosofo Agamben chiama lo stato di eccezione permanente. La guerra ha avuto un successo talmente insperato che non solo non c’è alcuna opposizione ma genera una sorta di ipnosi.”
L’acquiescenza di massa è un fenomeno nuovo, figlio dell’americanizzazione globalista. La colonizzazione culturale ha raggiunto il suo scopo: neutralizzare il dibattito sugli assetti sociali ed economici dominanti, che nessuno mette in discussione. Un sonno narcotico in cui “il controllo sociale è diventato un’ossessione del potere. I nostri dati registrati dai dispositivi digitali servono ad elaborare scenari predittivi che si estenderanno alla vita futura”. Le restrizioni subite, accettate senza fiatare dalla maggioranza, in cui il dissenso si è manifestato nelle generazioni mature e non tra i giovani – un segnale inquietante – hanno generato un soggetto gregario, obbediente, disciplinato, fedele alla narrazione del potere.
I ribelli hanno i capelli bianchi: un dato che sconcerta. Le forze politiche hanno rivelato il loro volto. A destra il riflesso pavloviano “legge e ordine” ha smentito ogni proclamazione di sovranità, indipendenza, volontà di respingere i diktat dei poteri esterni. A sinistra è maturata una mutazione genetica da brividi. “La sinistra ha fatto suo il sistema americano. Il Pd nasce come fotocopia del Partito Democratico americano [da cui] non ha preso solo l’impostazione ma anche la cultura. Abbiamo sostituito il nostro sistema politico con un sistema in cui la sponsorizzazione è legittima perché è iscritta a bilancio. Le campagne elettorali sono sempre più espressione di lobby. E la politica diventa un grande show e si fa con il marketing. Questo modo di fare politica all’americana contagia tutta la società e fa sì che tutti siano schierati sulle stesse posizioni”.
Benvenuto tra noi, Carlo Freccero. “Il problema è che noi ragioniamo ancora con parametri novecenteschi, in termini di Stati, partiti, pensando alla guerra parlando di patrie, mentre gli interessi economici sono sempre globali. Oggi le decisioni non le prendono gli Stati ma le grandi organizzazioni internazionali come il Fondo monetario internazionale, il WTO, l’OMS, l’ONU che porta avanti l’agenda verde. Queste organizzazioni non rispondono agli Stati ma ai loro finanziatori. Vedi l’OMS [con] Bill Gates. Gli Stati cosa fanno? Si limitano a sottoscrivere quelle decisioni nei trattati, come quello dell’epoca di Renzi che ha fatto dell’Italia la punta di diamante della sperimentazione vaccinale. E se gli Stati non contano più, ancor meno contano i partiti che dovrebbero guidare gli Stati. Tutti i partiti non hanno alternative perché le decisioni si prendono altrove: possono solo spartirsi i fondi di progetti come il PNRR. “Il potere del denaro svuota la democrazia. Noi irregolari, eretici di tutte le bandiere c’eravamo arrivati da tempo, ma quando la verità sgorga sulle labbra dell’ex nemico, bisogna gioire.
Sognavamo l’Europa unita per motivi di civiltà, cultura e geopolitica quando altri si attardavano nel terzomondismo o si facevano banditori dell’inculturazione (o deculturazione) coloniale americana. American way of life, il nome di liberatore, protettore, alleato attribuito a un occupante. L’intellettuale savonese mette il dito nella piaga: “la sinistra è così esageratamente atlantista perché ha assorbito in modo spasmodico la cultura americana. Come mai siamo tutti filo americani?” Perché così ci hanno voluto sino a farci dimenticare la dignità nazionale, la nostra lingua, violentata da lockdown, green pass, week end e mille altre parole che ci fanno pensare con la mente altrui.
Si rivoltano nella tomba il comunista Gramsci e i maestri della cultura non conformista, spazzata via da un tradimento vissuto come liberazione, tributo alla modernizzazione. “Siamo stati colonizzati con la globalizzazione. I partiti contano sempre meno perché le decisioni vengono prese da organizzazioni internazionali che passano sulla nostra testa. Così sono tutti per la guerra come erano tutti per il vaccino come unica risposta alla pandemia.” Ovvero, siamo diventati non pensanti. E’ la grande vittoria del nemico globalista. Prenderne atto significa abbandonare tutte le categorie con le quali abbiamo analizzato, giudicato, spiegato il mondo di ieri, divenute inservibili. Su questo siamo molto vicini: “oggi la lotta non è più tra destra e sinistra ma tra chi sta alla base contro chi è al vertice della piramide. “
Alla buon’ora, ma le voci che ritengono obsolete le categorie di destra e sinistra sono ancora isolate. Il lockdown, gli obblighi di iniezione, l’esclusione sociale dei renitenti, il passaporto vaccinale, sono di destra o di sinistra? E l’adesione acritica alle sanzioni, la russofobia, l’invio di armi, l’allineamento alla Nato, il silenzio sul Meccanismo di Stabilità o sul potere delle cosiddette “autorità monetarie”?
Il potere è ormai totalitario, gli spazi di discussione e di opposizione si chiudono in ogni ambito. Il Dominio è così forte che controlla molte voci dissidenti. Lo abbiamo compreso nelle lotte degli ultimi anni. Al momento di marciare molti non sanno che alla loro testa marcia il nemico. La voce che li comanda è la voce del loro nemico. E chi parla del nemico è lui stesso il nemico. (B. Brecht) Lo conferma Freccero: “il potere comincia a personificare anche l’opposizione, come scriveva Guy Debord: oggi i movimenti di protesta spontanei contro il potere sono spariti perché il potere li ha sostituiti con movimenti che non centrano il tema, cioè la lotta tra il popolo e le élite. Il potere globalizzante per omologarci ha imposto la cultura woke e la cancel culture’”.
Neo reazionario Freccero, o semplicemente uno sguardo senza paraocchi? Peraltro, cultura della cancellazione è un curioso ossimoro: o c’è cultura o c’è cancellazione. Ma vuolsi così dove si puote ciò che si vuole. E le centrali che diramano ordini e dettano le parole stanno nella casa madre del liberalcapitalismo, gli Usa. Prenderne atto risulta impossibile per la legione dei conversi. Per loro, il giudizio è lapidario. “Il Pd ha sostituito la cultura con la visione americana delle minoranze. Pensiamo al femminismo di oggi: sono le donne contro le discriminazioni, le donne contro gli uomini. Poi abbiamo i neri contro i bianchi, i gay contro gli etero. Ma nessuno ha gli argomenti per una visione d’insieme. Esercitano cioè rivendicazioni di minoranze che in qualche modo vogliono tutelare i più deboli ma in realtà non vanno al nucleo del problema: come si genera la realtà in cui soffrono?”
Ovvero, nessuno, sul versante progressista (quello conservatore si limita a non disturbare i manovratori) contesta il modello sociale della privatizzazione oligarchica, il capitalismo dei giganti che distrugge il mercato, trasformato in oligopolio indifferente ai popoli, alle nazioni, ai diritti naturali e a quelli sociali. Finti oppositori dividono la società ostentando antagonismo funzionale al sistema. “Le loro rivendicazioni sono digerite dal potere. Oltretutto sono tutte rivendicazioni contro il razzismo, la differenza di genere, il colonialismo, il femminismo, lo specismo, gli animali, che la cultura europea ha già ampiamente digerito. Ma servono al potere perché convogliano le frustrazioni in qualcosa di impotente. Vanno a spostare quello che è il tema centrale: chi è che ci comanda? Come lo fa? Con quali conseguenze sulla nostra vita reale? Il Woke è una cultura che innesca un conflitto permanente in seno alle masse per impedire loro di indirizzare il conflitto contro i poteri al vertice; non dà fastidio a chi comanda davvero”. Viviamo cioè in un mondo di rivendicazioni che non mettono in discussione il potere: conflitti innocui, ottimi affari per il mercato onnipotente.
Infine, Freccero getta lo sguardo sul campo che meglio conosce, la cultura, “talmente scadente da non generare novità. E’ appunto il tema della Cancel Culture. Tutto il passato viene cancellato. Questa omologazione alla cultura americana è passata come un rullo compressore sulle differenze culturali che rappresentavano la ricchezza dell’Europa e dell’Italia e quindi che cosa è successo? Che è rimasto un unico valore: il profitto. Un valore totalizzante che in questa forma non è un valore prettamente europeo ma è il valore.”
Non tutto è perduto: la consapevolezza si diffonde. La minoranza dispersa lentamente si riconosce. Molti passi devono essere compiuti per l’accettazione reciproca tra soggetti ancora occupati a enfatizzare le proprie differenze. Ci azzuffiamo come i capponi di Renzo, che finirono tutti nella pentola dell’avvocato Azzeccagarbugli. Il tema della guerra, la sua nauseante spettacolarizzazione, tuttavia, aiuta a orientare la tensione nella giusta direzione. La guerra è morte, distruzione, povertà e la gente lo sa.
Un nostro maestro – cattolico tradizionale – usava ricordare che i popoli hanno riflessi di vita. Con parole diverse, Carlo Freccero approda alla stessa conclusione: “C’è questo istinto di sopravvivenza che ci salva ancora e poi si vive male, con tutta una serie di problemi economici e sociali gravi, l’energia alle stelle, il controllo. Ma è facile capire come il cerchio si chiuda e Zelensky a Sanremo sia un fenomeno comprensibile nel mondo culturalmente devastato in cui viviamo, dove la sinistra italiana ha cancellato la nostra cultura per sostituirla con quella americana che nega il conflitto come motore della società”. Ancora Eraclito: pòlemos padre di tutte le cose.
Accettiamo come un soffio di aria fresca il coraggio di chi supera i dogmi in cui è cresciuto. Sappiamo per esperienza quanto sia duro liberarsene, restando coerenti sull’essenziale. Coincidenza degli opposti: lo sguardo della verità.
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