3.1 La mappa della vita e lo svilupparsi della memoria
Siamo giunti ora al punto in cui, nella mappa di Bendolina dell’illustr. 1 è come se vedessimo una primordiale mappa della vita cromosomica umana, da paragonarsi a quella mostrata di seguito con l’illustr. 2
Nella mappa di Bedolina i tanti quadrati punteggiati possono raffigurare una certa sequenza del Dna in cui i puntini rappresentano “basi chimiche” che nel Dna umano sono circa tre miliardi.
Di qui l’idea di un continuo “moltiplicarsi” nel tempo di una razza umana che ebbe inizio qui in Valcamonica della provincia di Brescia. In altro modo può essere interpretata la mappa in esame facendo capo ad un alveare di api in cui la proliferazione è affidata, come si sa, all’ape regina, e per Bedolina essa la si può intravedere nel segno che ho evidenziato in verde, in alto a sinistra dell’illustr. 1. L’ape regina è naturalmente la nostra Rosa Camuna che si trova collocata sulla mappa nelle immediate adiacenze ‒ mettiamo ‒ dell’abitazione dello sciamano della tribù di Bedolina. O forse, più probabilmente, è l’abitazione del capo dei guerrieri, ad esempio quello dell’illustr. 2 con casco raggiato. Gli sciamani, preferiscono un luogo appartato, lontano dal resto dei loro simili, e di solito questo luogo è una grotta. In stretta relazione della mappa di Bedolina con l’ipotesi di una primordiale mappa della vita cromosomica umana, supposto in precedenza, affascina l’idea che si tratta dell’abbozzo del cervello umano. Lo suggerirebbe, secondo me, la simbologia del casco raggiato dei supposti guerrieri dell’illustr.ni 2 e 6 della prima parte di questo scritto, interpretati come segno di regalità. Ma è vero pure che il cervello ha per davvero lo stesso significato che trova poi nel cuore la sua vera sede interiore.
La scienza è d’accordo nel credere che la testa dell’uomo, come di qualsiasi vivente, nel cominciare a prefigurarsi alla vita terrena, segue un certo itinerario genetico, in netto anticipo sul resto, pur esse in formazione secondo gli schemi cromosomici. «I geni che formano la testa cominciano a funzionare quando ancora l’embrione che diventerà “non sa” dove andrà la testa e dove i piedi. In questa fase, la porzione dell’embrione che diventerà la testa è smisuratamente grande rispetto al resto, come se la natura si sia voluta concentrare sulla parte più nobile di un individuo, lasciando perdere temporaneamente il resto».
Sono parole di un illustre scienziato contemporaneo della biologia molecolare, Edoardo Boncinelli (vedi note 13) che ha compiuto accurate ricerche sui geni architetti preposti allo sviluppo del cervello, la cui formazione è regolata in maniera indipendente da quella di tutto il resto del corpo. Non solo, aggiunge il prof. Boncinelli, quei geni architetti «probabilmente rappresentano la nostra parte più antica rimasta sostanzialmente inalterata da quando comparvero sulla terra i primi animali dotati di testa, cioè subito dopo le meduse nella scala evolutiva». La conclusione a riguardo, di Boncinelli, è che «la bellezza di questa ricerca è proprio nell’aver mostrato che il progetto fondamentale del corpo umano è stato deciso centinaia di milioni di anni fa e che tutti gli animali oggi esistenti, uomo compreso, non rappresentano che delle variazioni al tema». «Un bambino inizia a svilupparsi con l’attivazione di questi geni “preistorici”, quindi, è come se in pochi giorni ripercorresse l’intera storia evolutiva».
Ma c’è di più da ipotizzare sul conto della mappa in questione, perché per essa si associa anche ad un altro teorema della vita atto a concepire nell’uomo di quell’epoca preistorica il formarsi della memoria. I tanti “quadrati” di Naquane (o di Bedolina) potrebbero essere interpretati come una struttura di memoria analoga a quella dei calcolatori. L’illustr. 3 mostra una superata struttura di una memoria a nuclei magnetici (a sinistra) e schema di un piano di memoria (a destra), di facile comprensione. Per il calcolatore ipotetico cui è riferita la discussione, si è assunta una memoria semplificata, a 10 piani (tanti quanti sono i bit per parola) e 64 bit per piano. Il secondo schema mette in evidenza, per ogni piano, la posizione dei nuclei, i fili di attivazione e il cosiddetto filo di senso o di lettura10.
3.2 Il magnetismo potrebbe spiegare l’irraggiamento delle teste dei guerrieri e del sacerdote dei Camuni
È possibile una versione diversa, forse più plausibile, da quella fornita dal prof. Cupitò dell’Università di Padova, che ha spiegato i grafemi della statua-menhir di Bagnolo 10 delle illustr. 7 e 8 del capitolo 3, in particolare quando dice: «in questo caso […] vi sono elementi maschili e femminili» e successivamente, «lo scialle pettorale e un pendaglio a doppia spirale» (illustr. 4). Vi sono due fatti che sembrano portare questa concezione in un’altra direzione: uno è quello dell’analogo doppio grafema, il presunto «pettorale-pendaglio a doppia spirale», e l’altro è la necessità di dare una spiegazione all’irraggiamento del sacerdote, che io considero alla strega di sciamano, e dei guerrieri con casco raggiato, appunto (illustr. 5).
Secondo me si tratta di un modo di esprimere un presunto potere magnetico posseduto da queste persone che si distinguevano, a ragione di ciò, dal resto delle persone delle popolazioni camune. È grazie a questo potere che essi potevano esercitare il loro dominio che poi, di conseguenza, i rispettivi sudditi mantenevano saldamento con il potere delle armi presenti con pugnali e asce sulle statue-menhir.
Di qui il passo è breve per legare queste concezioni con quel pettorale e pendaglio a doppia spirale presente in gran parte delle statue-menhir della Valcamonica e Valtellina.
Resta da spiegare il grafema del «pendaglio a doppia spirale» che può avere questa versione:
Il segno cui si riferisce può essere riferibile alle narici di un simbolico naso, cosa che può far riferimento al potere del senso dell’olfatto invi riposto.
< Il quinto ed ultimo senso l’olfatto, lo possiamo definire il più antico dei sensi, in tempi primitivi quando ancora non esisteva la tecnologia, l’uomo aveva bisogno di una guida sensoriale e l’olfatto essendo legato alla nostra parte primordiale, ha permesso all’uomo di quelle epoche la sopravvivenza. Gli odori che sentiamo, restano impressi nella memoria olfattiva, come quando sentiamo un profumo, che ci riporta al momento vissuto in particolari circostanze. Immanuel Kant grande filosofo tedesco definiva l’olfatto “contrario alla libertà” perché respirando siamo costretti a percepire con l’olfatto ogni genere di odore.
Il senso dell’olfatto è l’unico le cui informazioni arrivano direttamente alla corteccia celebrale, che esercita la funzione da filtro. Fra gli organi di senso l’olfatto, che ha sede nella cavità nasale, è il più antico e il più legato alle nostre origini animali è dunque legato all’intuito, la capacità di scegliere. Per gli animali a noi simili l’olfatto è vitale, essendo usato per trovare cibo, sfuggire ai predatori, scegliere un partner. E’ attraverso l’odorato che sentiamo il profumo della pelle degli altri, e ci sentiamo attratti o respingiamo. Il naso è anche un simbolo sessuale: la sua forma allungata e prominente ha fatto sì che Sigmund Freud, padre della psicoanalisi, lo collocasse fra i principali simboli fallici. Attraverso il naso respiriamo l’aria che ci collega con tutti gli esseri, l’aria entra nel naso portando con sé un’infinità di messaggi; di una persona che ha l’olfatto molto sviluppato si dice che ha fiuto. Il fiuto interiore svela simpatia e antipatia, orienta i desideri e le parole, guida il cammino della vita. Lo possiamo definire il più sensibile, in quanto può percepire gli odori anche di altri piani, infatti si dice che i Santi sono in “ odore” di santità per il profumo che emanano e chi ha un olfatto spiritualizzato sente profumi a volte sconosciuti. >11
A questo punto volendo immaginare con degli esempi, come si manifesta il magnetismo nello sciamano, ma anche in modo ridotto quello dei guerrieri ‒ mettiamo ‒ della tribù di Bedolina, del quale si è parlato in precedenza, si ha modo di spiegare un peculiare significato simbolico della statua-menhir dell’illustr. 11, che ho attribuita a lui o a chi come lui di altri siti della Valcamonica.
Si tratta del discusso «pettorale» molto nutrito di linee parallele, quasi a identificare una calamita a forma di cavallo che, in modo ridotto di linee parallele, è presente in altre statue-menhir.
Le linee in questione possono essere le linee di flusso magnetiche, appunto. Come paragone serve molto esaminare un papiro egizio attribuito allo scriba Ani dell’antico Egitto12, in cui è raffigurato il dio Osiride in trono rappresentato come un ideale magnete (illustr. 6). Nell’insieme ogni cosa è informata al suo orientamento. In alto all’esterno i 12 serpenti (i mesi dell’anno) rappresenterebbero le linee di forza magnetiche come quelle della Terra concepita come una geodinamo (e come quelle del pettorale dello sciamano-sacerdote.
Più da vicino le linee di forza del dio Osiride sono disposte in modo da essere tutte informate ad un solo senso direzionale come è mostrato con l’illustr. 7. Accanto al papiro di Osiride si vede la rappresentazione didattica di magneti elementari in un asta di ferro raffigurati come aghi di bussola. A destra è il caso di un asta amagnetica; a destra l’asta è magnetica come il corpo di Osiride o dello stregone della tribù di Bedolina13.
4 La costellazione del Cigno riflessa nella Rosa Camuna
4.1 Sul terrazzo nelle sere d’estate.
A cominciare dai mesi estivi, in particolare da luglio, verso sera mi piace godermi, dopo la cena, le belle serate sul terrazzo di casa. Mi siedo sulla sdraio e sono subito attratto dal brillare particolare di tre stelle che, verso le 21, 22, si notano molto bene in alto e che ho imparato a conoscerle. È il noto triangolo estivo, un asterismo che, nell’emisfero boreale, appaiono appena dopo il tramonto da giugno ai primi giorni di gennaio. Una di quelle stelle, puntando gli occhi quasi sulla verticale, ossia nel punto del cosiddetto zenit astronomico, è Deneb, l’astro più luminoso della costellazione del Cigno. La mia abitazione, seppure posta in relativa periferia della città, che è Brescia, risente della foschia presente nell’aria e in più disturba la luce diffusa dalle illuminazioni delle strade, tanto da non permettermi di ammirare la costellazione del Cigno, anche con un binocolo. Ma mi basta la visione di Deneb e le altre due, Altair della costellazione dell’Aquila e Vega nella costellazione della Lira, più brillati della prima.
Come già appena accennato, Deneb, in virtù della sua declinazione astronomica (termine che corrisponde alla latitudine terrestre) è +45°16′49,22″ e questo valore si accosta alla latitudine di Brescia che è 45°32’23,23”. Come si vede i due valori non si discostano molto, per dire che alla giusta ora siderale Deneb è quasi allo zenit qui sul terrazzo di casa mia e questa condizione vale, all’incirca, anche per Capo di Ponte, il luogo delle incisioni rupestri in discussione, posta più a Nord alla latitudine di 46°01’54,84”.
Ecco a lungo andare, fra le tante meditazioni fatte continuamente su quella sdraio, come sotto la guardia ferrea della magnetica Deneb, mi si è fatta strada la convinzione che questa stella non sia estranea alla storia, quasi mitica della civiltà dei Camuni. È un suo messaggio inviatomi più di 1400 a anni luce di un tempo passato? O forse di più fino a 3200 anni luce, la massima distanza ad essa attribuita, poiché non è stata ancora possibile misurarla per la poca luminosità: dunque quasi nel tempo del sorgere della Rosa Camuna. Deneb è in ogni caso fra le stelle di prima magnitudine quella più distante dal Sole. Il suo nome deriva dall’espressione araba Dhaneb, che significa coda.
Che riflessione fare con la meditazione sulla stella Deneb? Io penso che capita quasi sempre così con le grandi scoperte, un fatto quasi banale di “passaggio” per far nascere idee rivoluzionarie, come quella della storiella sul grande genio inglese del Seicento Sir Isaac Newton. Egli, mentre sonnecchiava sotto un albero di mele, venne svegliato dall’improvviso colpo di un frutto maturo sulla sua testa. Lo scienziato s’interrogò su quale sia la forza che aveva fatto cadere la mela e, dopo un po’, arrivò a formulare la sua famosa legge di attrazione universale.
4.2 La costellazione del Cigno riflessa nella Rosa Camuna
Zenit e Nadir sono anche chiamati poli dell’orizzonte e consideriamo che sia l’ora di una certa “resurrezione dai morti”, un antico passato della civiltà dei Camuni, in sede di un certo Nadir che emerge mio tramite per ricongiungersi col suo gemello Zenit, la costellazione del Cigno.
Come concepire questa unione, se non con la Rosa Camuna, una delle trenta e forse più disseminate nella Valcamonica, ma anche altre simili in altri luoghi europei e asiatici?
Sulla scorta delle ipotesi legate al segno della Rosa Camuna, notevolmente diffusa nel comprensorio della Valcamonica, nulla ci vieta di immaginare che il primo artista-scultore dei graffiti rupestri in questione, nel tracciare la prima Rosa Camuna sulla roccia, riusciva a immaginare le stelle del Cigno della presunta origine. Cioè che si trattasse anche di una sorta di sciamano capace di fare viaggi dell’anima verso la sua origine. Probabilmente lo stesso sciamano della tribù del parco di Naquane dell’illustr. 13 o altri simili a lui. Questo in premessa, ma affascina l’idea di concepire una teoria in merito, cioè che ci possa essere la stella in questione – mettiamo – attraverso uno dei puntini segnati sul giusto segno della Rosa Camuna da scegliere fra il ricco repertorio in merito. E la scelta non può che cadere sul segno della Rosa Camuna a svastica impresso sulla roccia 57 di Vite, Paspardo, la cui foto è quella dell’illustr. 3, la stessa mostrata dall’illustr. 9.
Ma è interessante il fatto che questa stessa Rosa Camuna si trova come replicata in Inghilterra, a Ilkley Moore nello Yorkshire. Qui è nota col nome di Swastika Stone [vedi nota 1, prima parte].
E pensare che la stella Deneb del Cigno è stata associata, dal ricercatore Andrew Collins, alle tre piramidi di Giza, i cui vertici corrisponderebbero alle stelle ε, γ e δ Cygni. Questa coincidenza, di conseguenza, accomunerebbe la civiltà camuna legata ai Celti a quella egizia, un fatto davvero interessante (illustr. 8).
Comunque ritornando alla Rosa Camuna, l’idea di intravedervi lo schema della costellazione del Cigno sembra calzante, perché ce lo fa supporre il fatto che il suo autore ha posto in evidenza la disposizione dei pallini che qui formano una chiara croce. Questa cosa lo ha indotto poi ad adattare in modo artificioso i contorni del segno della Rosa Camuna. Di qui l’idea che a questi pallini possono corrispondere le stelle di una certa costellazione presente in cielo, da rintracciare presumibilmente ‒ mettiamo ‒ sulla linea zenitale del meridiano celeste. E facendo capo a Capo di Ponte sappiamo che il meridiano zenitale è intorno ai 45°, riferito al Nord naturalmente. Si capisce che non si tratta di una condizione riferibile al passato, quando fu disegnata sulla roccia della Valcamonica la prima Rosa Camuna, ma solo in relazione alla mia meditazione esposta nel capitolo precedente (analoga al fatto della “mela” di Newton), a guisa di un messaggio casuale, apparentemente slegato ai fatti in esame ‒ chiamiamolo intuizione. A questo punto non è stato difficile costatare che la costellazione boreale che meglio di tante altre si adatta alla ricercata croce stellare della Rosa Camuna, è quella del Cigno, nota come la Croce del Nord, in contrapposizione della Croce del Sud, come si vede nell’illustr. 9.
NOTE
10Tratto dalla «Enciclopedia della Scienza e della Tecnica», vol. II – Ediz. Mondadori
11Fonte: https://www.yogavitaesalute.it/yoga-per-tutti/lolfatto/
12Papiro della XVIII dinastia dei faraoni dell’antico Egitto rinvenuto nella tomba dello scriba Ani e conservato nel British Museum di Londra.
13 Tratto da «Corso di Elettronica», Istituto Svizzero di Tecnica di Luino