L’occasione non sfugge a Claude Lévi-Strauss, celebre antropologo autore di Tristi tropici, al quale non succede tutti i giorni di trovarne una simile per esaminare, sotto i propri occhi, lo sviluppo repentino di un rito e di un culto, perché di questo, secondo lui, si tratta (da Le Père Noël supplicié, Babbo Natale giustiziato, 1952).
K. Bokarev, Plakat Publishing House, Mosca, 1979. Via pbase.com |
L’accusa, la condanna, le polemiche, la difesa
Veniva denunciata una “paganizzazione” della festa della Natività, che deviava lo spirito collettivo dal significato propriamente cristiano di tale celebrazione, a vantaggio di un mito privo di valore religioso. Secondo l’accusa, Babbo Natale era inoltre un usurpatore perché si era via via conquistato spazio anche laddove era bandito il presepe (nelle scuole, ad esempio, secondo il particolare principio costituzionale di laicité francese che vieta l’esibizione di simboli religiosi nei luoghi pubblici).
In effetti, si osserva, da quando l’attività economica era tornata progressivamente alla normalità, le celebrazioni del Natale in Francia avevano raggiunto un’ampiezza sconosciuta prima della guerra, uno sviluppo che fu il risultato diretto dell’influenza e del prestigio americani.
Copertina del Point de Vue Images du Monde; il titolo annuncia la polemica. Via tentation-du-regard.fr |
Ebbene il 23 dicembre, presso il Duomo di Digione, si è compiuta l’esecuzione pubblica: il fantoccio di Babbo Natale è stato impiccato all’inferriata e quindi arso sul sagrato sotto gli occhi di parecchie centinaia di bambini.
Questa esibizione di plateale crudeltà non ha mancato di suscitare vive polemiche, anche nel mondo cattolico; la stampa dedica all’accaduto prime pagine ed editoriali e da parte del mondo civile si muove una disapprovazione verso la condotta del clero di Digione che costringe le autorità religiose a ritirarsi senza ulteriori commenti.
Si tenga conto che la Francia ha una lunga storia di solido consenso con la Chiesa cattolica – dai tempi dei Carolingi attraverso il reciproco riconoscimento della centralità del papato di Roma da una parte e dell’istituto della regalità dall’altra, passando per il massacro di Ugonotti nella notte di San Bartolomeo (1572), fino alle correnti utra-tradizionaliste ostili alle riforme del Concilio Vaticano II (è del 1988 la scomunica dell’arciverscovo Marcel Lefebvre). Persino oggi la Francia sembra cedere alla tentazione di svolte oltranziste, sullo sfondo di rivendicazioni nazionaliste.
Ai tempi del rogo di Babbo Natale, il Paese era da poco uscito dall’occupazione tedesca della II Guerra Mondiale ed era molto diffusa un’opinione che si definiva miscredente, e che ricorda l’ondata libertaria della Rivoluzione francese e la noncurante spavalderia di certa stampa satirica contemporanea. Era tuttavia in atto un processo di graduale riconciliazione con le rappresentanze cattoliche, come dimostra in quegli anni la presenza nel Governo di partiti dichiaratamente confessionali.
E sono proprio gli anticlericali, in questa querelle che rischia ormai solo di suscitare ironie, a farsi difensori del buon vegliardo, privandolo di ogni caratteristica religiosa, riducendolo a innocua superstizione e facendone una bandiera di irreligiosità. Quale paradossale malinteso!
Re d’Inverno
La forma americana, legata al consumo e al commercio, è solo la più recente trasformazione di un rituale, piuttosto disomogeneo nelle sue forme attraverso la storia, che non è tanto la sopravvivenza di una pratica specifica, quanto il risultato di un fenomeno di convergenza – di simboli, caratteristiche, prerogative – attorno a un personaggio e a dei simboli che non trovano riscontro in nessun antico prototipo.
Le celebrazioni del Natale sono, per come si presentano oggi, una invenzione dell’Europa moderna; da sempre sentito come una festa da trascorrere in famiglia, con l’usanza di fare doni ai bambini, il Natale con i suoi elementi più caratteristici come l’albero addobbato è menzionato in testi tedeschi del ’600, un secolo dopo arriva in Inghilterra e in Francia solo nel 1800. Ma è una soluzione sincretistica tra pratiche folkloriche di diversa provenienza e molto antiche: si pensi agli alberi soprannaturali ricoperti di luci menzionati già nei romanzi del Ciclo arturiano, all’uso alto-medievale del ceppo da ardere tutta la notte, alle decorazioni di edifici attestati fin dai Saturnalia romani; albero magico, fuoco, luce duratura e verde permanente sono i significati simbolici di quella che è una vera e propria tradizione religiosa moderna che non inventa, ma ricompone i frammenti di una vecchia celebrazione che, seppur con alti e bassi, non è mai caduta definitivamente nell’oblio.
Il personaggio che la incarna ha molti nomi. Babbo Natale, San Nicola, Santa Clauss, Père Noël: in lui si ritrovano usi e tradizioni dei popoli nomadi e seminomadi del nord (le renne che trainano la sua slitta) e del cristianesimo ortodosso che lo sincretizza con il Nicholas vescovo di Myra (Turchia), venerato anche come santo cattolico (San Nicola di Bari).
“È vestito di scarlatto, è un re. La barba bianca, la pelliccia, gli stivali, la slitta su cui si muove, evocano l’inverno. Si chiama Babbo ed è un vegliardo, incarnando l’aspetto bonario di una remota autorità. Tutto molto chiaro. Ma in quale categoria ordinarlo, dal punto di vista religioso?
Non è un essere mitico, poiché non c’è mito che renda conto della sua origine e delle sue funzioni; e non è nemmeno un personaggio di leggenda, poiché non è collegato a nessun racconto semi-storico.
Di fatto, questo essere soprannaturale e immutabile eternamente codificato nella forma, e definito da una funzione esclusiva e a una periodica ricomparsa, appartiene piuttosto alla famiglia delle divinità.
Gli è riservato un culto da parte dell’infanzia, in una precisa epoca dell’anno, sotto forma di lettere e preghiere. Premia i buoni e punisce i cattivi. È la divinità di una classe d’età del nostro mondo (una classe che la credenza in Babbo Natale basta a definire), e l’unica differenza tra Babbo Natale e una divinità autentica è che gli adulti non credono in lui, benché incoraggino i propri figli a prestarvi fede e ne alimentino la leggenda con un gran numero di mistificazioni”.