7 Ottobre 2024
Archeostoria

La favola africana e altre democratiche falsità – Fabio Calabrese

Sembra che il mio libro Ma davvero veniamo dall’Africa?, edito nel 2022 dalle edizioni Aurora Boreale, abbia destato un discreto interesse. Comincio con il dirvi che già un anno fa è stato oggetto di un’interessante conversazione sul sito “Facciamo finta che, Il sentiero di Atlantide” tra il conduttore Gianluca Lamberti e Nicola Bizzi, dibattito che potete trovare riportato su Youtube.

Nicola Bizzi ha osservato che il mio testo smonta punto per punto, dati scientifici alla mano, la teoria della presunta origine africana della nostra specie, e il fatto che i cosiddetti scienziati che l’hanno elaborata sono piuttosto che ricercatori, sceneggiatori che scrivono a comando quel che il potere detta loro.

“Sceneggiatori di Netflix”, ha osservato Lamberti, e Bizzi ha confermato che sovente si tratta delle stesse persone, spesso con credenziali scientifiche estremamente discutibili.

Un esempio quasi umoristico nella sua grossolanità, di come i dati della ricerca siano stati manipolati in base a un’esigenza ideologica, e che io riporto nel mio libro, è la storia dell’uomo dell’attribuzione di un aspetto africano all’uomo di Cheddar, questo antico inglese vissuto 7.000 anni fa, cui resti sono stati ritrovati nella località omonima. Al riguardo però devo precisare che io mi sono limitato a riportare nel mio testo quanto ha scritto Thomas Rowsell sul suo sito “Survive the Jive”.

Farci accettare come verità scientifica una presunta origine africana serve a indebolire psicologicamente la resistenza all’invasione dall’altra sponda del Mediterraneo di cui oggi siamo oggetto, in vista della programmata sparizione dell’uomo europeo. Si tratta, in altre parole, come Lamberti ha rilevato, di un aspetto del piano Kalergi.

Recentemente sono stato contattato da Luciano Tovaglieri segretario nazionale dell’associazione Ignis Fuoco Italico per un’intervista in streaming sul mio libro, che è stata trasmessa martedì 7 maggio.

Naturalmente, come accade sempre in questi casi, sintetizzare il contenuto di un libro di 300 pagine non è proprio facilissimo, ma ci ho provato, aiutato, devo dire, dalle puntuali domande e osservazioni di Tovaglieri.

Per prima cosa, ho illustrato come si colloca questo libro, esso infatti è il secondo della mia produzione saggistica (escludendo quindi quella parte della mia attività letteraria dedicata alla narrativa, ma magari è un discorso che riprenderò in altre sedi), che fa seguito ad Alla ricerca delle origini, pubblicato nel 2020 dall’editore Ritter nella collana “I quaderni di Thule”.

Entrambi questi testi nascono poi “in scia” di un lavoro ultradecennale di ricerca e documentazione che del pari ha portato a una lunga serie di articoli che trovate sulle pagine di “Ereticamente”.

Il primo di questi due testi era dedicato principalmente a studiare le origini della civiltà, e a smentire l’altrettanto falso mito della sua origine a oriente, quello che ho varie volte chiamato lo strabismo orientale, di cui storici e archeologi sono afflitti, mentre con il secondo, forse più ambizioso, ho cercato di indagare sulle origini della nostra specie.

E veniamo al contenuto del libro come l’ho esposto nell’intervista, precisando subito che la mole di fatti e di scoperte che contraddicono la favola africana, e che io ho documentato nel mio testo, è tale che, rispetto ad essa non mi sarebbe stata possibile se non un’esposizione assai sintetica.

Sono partito da una citazione sull’argomento dello storico australiano Greg Jefferys:

“Tutto il mito dell’Out of Africa ha le sue radici nella campagna accademica ufficiale negli anni ’90 intesa a rimuovere il concetto di razza. Quando mi sono laureato, tutti passavano un sacco di tempo sui fatti dell’Out of Africa ma sono stati totalmente smentiti dalla genetica. (Le pubblicazioni) a larga diffusione la mantengono ancora”.

Noi possiamo subito, a tale proposito, fare dei rilievi molto interessanti: innanzi tutto, ci spiega Jefferys, l’Out of Africa non nasce come teoria scientifica, e in effetti non lo è mai stata, ma come assunto politico, dogma ideologico “inteso a rimuovere il concetto di razza”, che è stato totalmente smentito non solo dalla genetica, ma da tutte le evidenze archeologiche e paleoantropologiche che sono emerse negli ultimi trent’anni. Tuttavia, non stupisce che le pubblicazioni a larga diffusione, tutta la divulgazione “scientifica”, i media, i testi scolastici la mantengano ancora presentandola come una verità accertata, indiscussa e indiscutibile, perché è uno dei capisaldi dell’ideologia che il potere ammannisce al popolino, infatti, se c’è un’idea che dobbiamo levare subito dalla testa, è quella di avere perlopiù accesso a un’informazione libera, onesta e imparziale, quando invece tutto il sistema mediatico, la cosiddetta informazione, è sotto stretto controllo del sistema politico che decide ciò che la gente deve credere, infischiandosene altamente della realtà delle cose.

Circa il fatto che l’Out of Africa è stata totalmente smentita dalla genetica, si possono ricordare le ricerche di  due genetisti russi, Anatole A. Klyosov e Igor L. Rozhanski, che nel 2012 hanno pubblicato l’articolo Re-Examing the Out of Africa Theory and the Origin of Europeoids (Caucasians) in the Light of DNA Genealogy. Il responso è chiaro, senza appello, i genomi europei NON derivano da genomi africani.

La cosa curiosa è che oggi sembra di assistere a una sorta di rinnovata Guerra Fredda a parti invertite. Laddove i ricercatori russi non sono oggi sottoposti a pressioni ideologiche di alcun tipo e sono liberi di lasciar semplicemente parlare i fatti, gli americani sono costretti a non mettere in discussione l’Out of Africa considerata una specie di supporto “scientifico” a quell’ideologia della political correctness ritenuta indispensabile alla sopravvivenza senza troppi conflitti di una società multietnica com’è quella statunitense.

Ma naturalmente non ci si ferma a questo punto, perché attraverso i fenomeni tutt’altro che spontanei, ma accortamente provocati della sterilità e dell’invecchiamento demografico dell’Europa e la massiccia immigrazione dal Terzo Mondo, lo stesso destino multietnico vogliono imporlo anche a noi, e l’Out of Africa ha precisamente lo scopo di indebolire le resistenze psicologiche a tutto ciò.

Lo scopo finale lo ha bene spiegato “l’intellettuale americano”, – in realtà appartenente allo stesso gruppo etnico-religioso di Marx, Freud e Levi Strauss – Noel Ignatiev:

Lobiettivo di abolire la razza bianca è così desiderabile che è difficile credere che possa trovare unopposizione diversa da quella dei suprematisti bianchi”.

Si tratta, in altre parole, del piano Kalergi in piena attuazione.

Notate che, quando si tratta di attaccare noi, cade la proibizione di usare il concetto di razza. Siamo noi, che per il potere che ci è nemico, dobbiamo lottare con le mani legate dietro la schiena.

A questo punto, Tovaglieri mi ha fatto una domanda. Come mai il termine “razzismo” che un tempo definiva chi vantava la superiorità di una razza sulle altre o addirittura voleva la soppressione di alcune di esse, ha finito per indicare la semplice constatazione che le razze umane esistono?

Gli ho risposto che la manipolazione del linguaggio è uno strumento tipico della democrazia e ne svela il volto tirannico. Ricordate George Orwell e 1984, un libro che tutti dovrebbero leggere? “La guerra è la pace, l’odio è amore, la schiavitù è libertà”.

Ma, direte voi, Lucy e gli altri ominidi africani del genere Australopithecus e tutta la storia davvero fantasiosa che è stata costruita intorno ad essi? Ebbene, è verosimile che non si tratti di altro che una smaccata falsità.

Una cosa di cui non ci si è precipitati di certo a informare il grosso pubblico, è che lo scheletro di Lucy è stato recentemente riesaminato da un team di ricercatori britannici guidati da sir Solly Zuckermann, considerato il maggior esperto vivente di anatomia comparata, e la conclusione è che Lucy era “una scimmia estinta che non ha nulla a che fare con il lignaggio umano”.

Una cosa di cui pochi sono al corrente, è che l’Out of Africa non è una teoria, ma sono due, incastrate l’una dentro l’altra, in quello che possiamo definire un abracadabra, un gioco delle tre carte.

L’Out of Africa I ipotizza l’uscita dall’Africa di un Homo ancora erectus attorno a 250.000 anni fa, l’Out of Africa II di un sapiens tra 100.000 e 50.000 anni fa. Può sembrare una differenza di poco conto, ma è essenziale. Se presentata apertamente nella seconda forma, la seconda teoria apparirebbe non solo falsa, ma ridicola, considerato il numero di popolazioni “sapiens arcaiche” i cui resti sono stati ritrovati in Eurasia e che precedono l’orizzonte temporale dei 100.000 anni, ve ne parlo tra poco, e allora nasconde la sua scarsa plausibilità dietro l’omonimia con la prima, ma è quest’ultima a interessare realmente i suoi cultori, perché non lascia alla nostra specie il tempo di differenziarsi in razze.

Ma c’è un piccolo particolare che non quadra, prima di allora l’Eurasia era già abitata da numerose popolazioni che i paleoantropologi definiscono pudicamente “sapiens arcaiche”, Atapuerca in Spagna, Swanscombe in Gran Bretagna, Steinheim in Germania, Petralona in Grecia, e anche naturalmente l’uomo di Neanderthal, che non era affatto un ominide estinto, ma un uomo così poco diverso da noi che, come ha dimostrato la paleogenetica, si è varie volte accoppiato con il sapiens anatomicamente moderno lasciando una discendenza fertile, noi, che abbiamo nel nostro genoma una sia pur piccola componente neanderthaliana.

Possiamo pensare che tutte queste popolazioni si siano graziosamente estinte all’arrivo del nuovo venuto africano? Inverosimile, dato che non c’erano marxismo, né democrazia, né cristianesimo a rimbecillirle. Certo, possiamo pensare che sia stato quest’ultimo a sterminarle, ma ciò non fa fare una bella figura a una “teoria” concepita apposta per favorire l’accoglienza degli allogeni.

A questo punto, qualcuno ha avuto un’idea geniale per uscire dall’impasse. Nell’isola indonesiana di Sumatra si trova un lago che occupa la cavità di una grande caldera vulcanica, il lago Toba. Il vulcano Toba avrebbe avuto un’imponente eruzione tra 75.000 e 50.000 anni fa. Ecco trovato il modo di risolvere l’inghippo, si è supposto che l’eruzione del Toba sia stata così imponente da rilasciare nell’atmosfera un’immensa quantità di ceneri che avrebbero prodotto un inverno nucleare, che avrebbe portato all’estinzione tutte le popolazioni umane del pianeta, eccetto un pugno di superstiti africani da cui tutti noi discenderemmo.

Si tratta di un’ipotesi ridicola, può essere che un evento di questo tipo porti sull’orlo dell’estinzione una specie, la nostra, senza lasciare alcun segno visibile su tutte le altre?

Il diavolo, dice il detto popolare, fa le pentole ma non i coperchi, e infatti, poco dopo che è stata avanzata l’ipotesi del Toba, in un’altra isola indonesiana, l’isola di Flores, si sono scoperti i resti di una popolazione di piccole dimensioni, che sono stati battezzati Homo floresiensis, o più familiarmente hobbit come i personaggi del Signore degli anelli. Non si trattava di sapiens ma di erectus nani – nanismo insulare – quindi di origini molto più antiche dell’eruzione del Toba, che non sembra averli disturbati, tanto che sono vissuti fino a 20.000 anni fa, ben dopo questa eruzione, eppure, su scala planetaria, Flores non è che a un passo da Sumatra.

Cari piccoli hobbit, per dirla con Tolkien, che hanno definitivamente affossato ogni residua credibilità dell’Out of Africa.

A questo punto, il discorso si è allargato, infatti, come spiego con ampiezza nel mio libro, l’Out of Africa non è che una delle falsificazioni della “scienza democratica”. Questo è un punto che io ritengo fondamentale.

Noi spesso abbiamo l’impressione tutt’altro che infondata che tutta la “scienza democratica”, dall’economia marxista alla psicanalisi freudiana, all’antropologia culturale (“il rifiuto di distinguere tra le conoscenze e gli usi”, in ragione del quale si pretende che i vaneggiamenti di uno stregone africano che cura i suoi pazienti con incantesimi, e terapie frutto di decenni di ricerche, siano equivalenti), la Scuola di Francoforte, eccetera, siano altrettante armi puntate contro di noi e la nostra visione del mondo, e  l’Out of Africa è ovviamente una di queste.

Da ciò la tendenza di molti di noi a cercare una via alternativa alla conoscenza, di tipo sovra-razionale, spiritualista o esoterico. Io, tuttavia, penso che ci sia un solo metodo per arrivare alla conoscenza del reale, il metodo galileiano dell’osservazione e della messa alla prova delle teorie e la loro correzione tramite l’esperimento o l’acquisizione di nuovi fatti, in altre parole, precisamente il metodo scientifico, ma, questo è il punto, questo metodo la “scienza democratica” non lo rispetta minimamente, in altre parole, non è scienza, ma fuffa, ciarlataneria. Dell’Out of Africa credo di aver detto a sufficienza. Per quanto riguarda l’economia marxista, penso che il fallimento sovietico e dei regimi comunisti dell’est europeo in cui si è cercato di applicarla, parli da solo.

Riguardo alla psicanalisi, penso faccia testo il bellissimo libro di Michel Onfray Il crepuscolo di un idolo, smantellare le favole freudiane (edizioni Ponte alle Grazie) di cui consiglio vivamente la lettura, e che dimostra che Sigmund Freud era un ciarlatano e, come dimostrano le sue lettere private, consapevole di essere tale e il cui unico intento era di spillare denaro ai gonzi.

Le falsificazioni della “scienza democratica” si insinuano persino nel terreno delle scienze fisiche, dominate dall’ingombrante feticcio di un altro ciarlatano, Albert Einstein, e al riguardo non si può non citare il lavoro di smascheramento dell’einsteinismo compiuto dal nostro Silvano Lorenzoni, a cui vi rimando.

Io personalmente, pur avendo una laurea in filosofia e non una grande competenza nel campo delle scienze fisiche, ho sempre trovato strana e palesemente erronea la famosa formula einsteiniana e = M C² che sarebbe una specie di sunto della teoria della relatività. Essa stabilirebbe una proporzione C² fra l’energia ”e” e la massa M, ma per stabilire una proporzione occorre un numero puro, e C² non lo è, è una velocità, esattamente il quadrato della velocità della luce.

Faccio un esempio per comprenderci meglio, se io dico che una sterlina vale 1,5 euro, faccio un’affermazione che sarà vera, approssimativamente vera o falsa a seconda del mercato dei cambi, ma sarà in ogni caso un’affermazione dotata di senso, cosa che non avverrebbe se dicessi che una sterlina vale 1,5 metri al secondo euro.

Io ho avuto questo dubbio fin da studente, e lo ho esposto prima ai miei insegnanti, poi, passato dall’altra parte della barricata, ai miei colleghi di matematica e fisica. Non sono mai riuscito a ottenere in risposta altro che borbottii e sguardi perplessi.

A lungo mi sono chiesto se era a me che sfuggiva qualcosa che era evidente a tutti gli altri, o se ero io che avevo colto qualcosa che sfuggiva a tutti gli altri. In breve, mi sono sentito come il bambino della celebre favola di Andersen I vestiti nuovi dell’imperatore, che è l’unico ad avere il coraggio di dire che il re è nudo.

Nel mio testo trovate un’esposizione di tutte le ciarlatanerie che costituiscono la “scienza democratica” nel capitolo Scienza e democrazia, che è poi una sintesi degli articoli che, con lo stesso titolo, ho pubblicato su “Ereticamente”.

Io vorrei considerare questo mio libro semplicemente un punto di partenza per nuove battaglie.

 

NOTA: Nell’illustrazione, a sinistra il mio libro Alla ricerca delle origini, al centro la locandina di una conferenza da me tenuta, a destra il mio libro Ma davvero veniamo dall’Africa?.

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