Oggi cristianesimo e democrazia sono i peggiori nemici del sapere, in difesa dell’autorevolezza di un libro anacronistico che si continua a pretendere “sacro”, e per far valere a tutti i costi il dogma dell’uguaglianza degli uomini.
In Origini del monoteismo e sue conseguenze in Europa (1), Gianantonio Valli e Silvano Lorenzoni, parlando dello studio delle differenze psicologiche fra i diversi gruppi umani che stanno alla base delle differenze religiose, hanno osservato che da questo punto di vista “Nel 1945 in Europa sono calate le tenebre”.
Lo studio delle differenze fra gli uomini e fra i gruppi umani, fra le razze – diciamola pure questa parola tabù – che è tutt’altra cosa da politiche di discriminazione o tanto più di sterminio, è stato soppresso, cancellato, demonizzato per fare posto al dominio incontrastato del dogma democratico dell’uguaglianza, e oggi l’Europa si trova a dover affrontare un imponente fenomeno di immigrazione allogena, non solo con le mani legate, ma con gli occhi chiusi.
Come se questo non bastasse, occorre tenere presente che gli Stati Uniti, diventati la potenza egemone a livello planetario dopo la seconda guerra mondiale e ancor più dopo il crollo dell’Unione Sovietica, hanno imposto e stanno sempre più imponendo il loro modello “culturale” e di costume a un’ Europa sempre più plagiata, una “cultura” rozza e superficiale con modi di pensare rudimentali in confronto a quelli che l’ Europa ha sviluppato nella sua storia, e quel che forse è ancora peggio, venata da un fondamentalismo religioso che è l’eredità diretta dei fanatici puritani e calvinisti che hanno fondato le colonie da cui gli Stati Uniti stessi hanno avuto origine.
Io vorrei qui riprendere le tematiche contenute in due articoli già presenti sul sito del Centro Studi La Runa: La mistificazione della storia e L’altra faccia della stupidità.
La mistificazione della storia nasce direttamente dal cristianesimo, dal fatto che la nostra cultura si è organizzata attorno a un antico libro mediorientale ritenuto nientemeno che “la parola di Dio”. Tutte le rivoluzioni scientifiche, da Copernico a Galileo, a Darwin sono state degli affrancamenti dall’influenza biblica, tuttavia questo liberarsi dalla disastrosa influenza della sedicente “parola di Dio” che è avvenuto nell’astronomia e nelle scienze naturali è finora del tutto mancato nelle scienze storiche. La storia antica, quella che viene insegnata nelle scuole, è impostata ancora oggi secondo un’ottica che è biblica, che enfatizza il Medio Oriente (che era l’unica parte del mondo che gli estensori del cosiddetto sacro testo conoscessero) e tiene in assoluto non cale l’Europa.
Ancora oggi gli archeologi, tutte le volte che in Medio Oriente trovano due paraventi di canniccio, le tracce di una capanna, quattro cocci di vaso, annunciano la scoperta di “una nuova civiltà”, mentre Stonehenge, Carnac, la tomba megalitica di Newgrange in Irlanda, i tumuli di Heuneburg in Germania o i templi megalitici dell’isola di Malta sembra che non dicano loro nulla.
Davvero l’evidenza non sembra dotata di alcun potere contro l’ossessione biblica: ad esempio, studiando la storia dell’Europa antica, troviamo un gran numero di popolazioni non indoeuropee (né del resto camitiche o semitiche) insediate nella stessa area euro-mediterranea e affini in termini antropologici e culturali: Iberi, Liguri (che un tempo popolavano tutta la Francia meridionale, Etruschi, Minoici, Pelasgi; perché non postulare allora un quarto ramo “mediterraneo” della famiglia caucasica? Non si può perché secondo il racconto biblico i figli di Noè erano tre. E le popolazioni non caucasiche? Forse i loro antenati sono giunti sul nostro pianeta a bordo di UFO?
Questo modo deformato di vedere le cose si mantiene attraverso un sistema di censure; ad esempio, si è evitato che arrivasse al grosso pubblico, e tanto meno sui libri di scuola una scoperta vecchia ormai di più di mezzo secolo avvenuta nei pressi di Turda in Romania dove in un sito appartenente alla cultura Vinca sono state ritrovate le cosiddette “tavolette di Tartaria”, tavolette di argilla che contengono i più antichi esempi di scrittura noti a livello mondiale, più vecchi di mille anni dei più antichi pittogrammi sumerici.
Ma vogliamo scherzare? In un’epoca in cui si cerca ti trasformare l’Europa economicamente e culturalmente in una periferia degli Stati Uniti ed etnicamente in un sobborgo del Terzo Mondo, vi pare che si possa lasciar divulgare qualcosa che ricordi agli Europei l’antichità della loro cultura, la grandezza del loro passato, l’orgoglio di essere tali?
Tanto più che gli Stati Uniti sulla base della bibbia, e di quella che ben si potrebbe chiamare la loro bibliolatria, hanno costruito la pseudo-identità della loro non-nazione e non cessano di proclamarsi e di considerarsi il “nuovo Israele”.
La mistificazione della storia è nato come condensato di un lavoro molto più ampio, un libro che finora non ho avuto modo di pubblicare (speriamo in futuro), dove rimetto in discussione tutti i concetti sui quali si basa la versione ufficiale della storia delle civiltà. Per mo
tivi di sintesi, l’articolo si concentrava sulla storia del nostro continente, ma nel libro esaminavo anche alcuni aspetti ignorati della storia delle civiltà extraeuropee, e anche qui vengono fuori cose molto interessanti.
tivi di sintesi, l’articolo si concentrava sulla storia del nostro continente, ma nel libro esaminavo anche alcuni aspetti ignorati della storia delle civiltà extraeuropee, e anche qui vengono fuori cose molto interessanti.
Oggi sembra che sia una cosa sconveniente, “politicamente scorretta” anche soltanto porsi simili interrogativi, ma i ricercatori del XIX secolo si sono dati parecchio da fare a elaborare ipotesi circa le origini delle popolazioni indoeuropee e caucasiche, e molti allora si orientarono nel porre l’origine dei popoli caucasici in quell’Asia centrale che oggi è il dominio delle popolazioni di ceppo mongolico. Questo avveniva per un motivo preciso: noi troviamo popolazioni di tipo caucasoide stanziate sia a occidente sia a oriente dell’area mongolica: riconducibili a un ancestrale tipo caucasico appaiono essere sia i Dayaki del Borneo, sia gli Ainu dell’isola di Hokkaido nel Giappone settentrionale sia Polinesiani, certamente stanziati in Asia orientale prima di avventurarsi nelle acque del Pacifico. Era logico supporre che le popolazioni caucasiche si fossero originate nel cuore dell’Asia e si fossero divise in due rami, uno direttosi verso ovest avrebbe dato origine alle popolazioni “bianche” occidentali, l’altro, direttosi verso oriente sarebbe stato l’antenato di Ainu, Dayaki e Polinesiani.
Oggi questa tematica è caduta in desuetudine, non perché siano state avanzate teorie diverse, ma perché è considerato sconveniente occuparsi di simili problemi, eppure popolazioni-relitto “bianche” emergono nel centro del continente asiatico e ritrovamenti archeologici in questo senso si sono moltiplicati. Ad esempio, nel dicembre 2008, il sito on line di “Ticino Libero” ha riportato una notizia sensazionale che avrebbe meritato ben altra rilevanza:
“Capelli e barba rossicci con spruzzi di grigio, un naso lungo e un’altezza considerevole, quasi 2 metri. Per la sepoltura era stato vestito con una lunga tunica di colore rosso e calzature in pelle, decorate.
Questa è la mummia, di aspetto visibilmente europeo e ben conservata, di un uomo che era morto (e forse vissuto) oltre 3000 anni fa nel deserto del Taklamakan, nello Xinjiang, una regione impervia nell’ovest della Cina (…).
Gli archeologi lo hanno chiamato “l’uomo di Cherchen” e lo hanno trasportato in un museo della capitale della provincia dell’Urumgi.
La mummia era stata rinvenuta con le mummie di tre donne e di un bambino piccolo; fanno parte di circa 400 mummie di razza celtica rinvenute nel deserto del Taklamakan e il loro stato di conservazione è migliore di quello delle mummie rinvenute nei siti archeologici egiziani.
[Nota: L’articolo su “Ticino Libero” riporta queste grafie, ma quelle più comuni sono “Urumci” e “Takla Makan”].
Una delle donne della tomba di Cherchen ha capelli castano chiaro, il viso e le mani dipinti con simboli e porta un vestito rosso riccamente ornato. La mummia del bambino è avvolta in una stoffa di colore bruno e sugli occhi ha due pietre blu
È notevole la somiglianza con le popolazioni celtiche dell’Età del Bronzo; l’analisi dei tessuti e la maniera in cui erano state tessute le stoffe hanno rilevato analogie con i vestiti indossati dai minatori di sale che vivevano nell’attuale Austria nel 1300 a. C.”.
Apprendiamo in primo luogo che la scoperta della mummia dell’uomo di Cherchen è stata fatta da Victor Mair, sinologo dell’università della Pennsylvania che, mentre accompagnava un gruppo di turisti in un museo di Urumci, capoluogo dello Xinjiang, avrebbe notato per caso le fattezze europidi della mummia esposta in una teca male illuminata. Da qui sarebbe poi risalito ad altre mummie sorprendentemente “europee” e “celtiche” provenienti sempre dalla zona di Cherchen. Altro fatto importante, perché illustra bene le condizioni in cui i ricercatori sono costretti a lavorare, le analisi del DNA che hanno permesso di accertare le caratteristiche “celtiche” di questa antica popolazione vissuta attorno all’XI secolo avanti Cristo, sono state condotte su campioni “rubati”, prelevati di nascosto, all’insaputa delle autorità cinesi che non l’avrebbero di certo consentito.
Per quale motivo il governo cinese ostacoli in tutti i modi queste ricerche, ciò non è affatto un mistero:
“Lo storico Ji Xianlin spiega [che] vi è in Cina un piccolo gruppo di separatisti etnici che hanno approfittato dell’occasione per fomentare disordini e pretendere una discendenza con questo antico popolo celtico” (2).
Così come il Tibet, il Sinkiang, oggi indicato con la grafia cinesizzata di Xinjiang, abitato dagli Uighur, un popolo di etnia turca e di religione mussulmana, è una di quelle regioni etnicamente non cinesi che la Cina comunista ha invaso, sottomesso e cerca in ogni modo di snazionalizzare.
Peggio, come sappiamo, la zona del Lop Nor è stata trasformata dalla Cina in un devastato poligono per esperimenti nucleari. Poiché proprio qui nell’anteguerra si concentrarono le ricerche di Sven Hedin finanziate dai Tedeschi miranti a scoprire le origini degli Indoeuropei, c’è da pensare che i Cinesi abbiano voluto punire la regione diventata per ciò stesso “fascista” con un processo di chiusura mentale e ottusità indotta assolutamente tipico dei seguaci di Marx.
Un’ipotesi molto verosimile collega le mummie di Ch
erchen ai Tocari, un’antica popolazione vissuta nel bacino del fiume Tarim, sempre nella regione del Sinkiang (o Xinjiang) che ci ha lasciato una copiosa letteratura di testi religiosi buddisti in una lingua non solo indoeuropea, ma appartenente al gruppo centum (le lingue indoeuropee sono divise, secondo la forma del numerale “cento”, in un ramo orientale, centum, comprendente i linguaggi celtici, latini e germanici, e in un ramo orientale, satem composto dalle lingue slave e da quelle indoiraniche). Questo risolve solo in parte l’interrogativo circa le mummie di Cherchen, perché a sua volta il popolo tocario rappresenta un bel mistero.
erchen ai Tocari, un’antica popolazione vissuta nel bacino del fiume Tarim, sempre nella regione del Sinkiang (o Xinjiang) che ci ha lasciato una copiosa letteratura di testi religiosi buddisti in una lingua non solo indoeuropea, ma appartenente al gruppo centum (le lingue indoeuropee sono divise, secondo la forma del numerale “cento”, in un ramo orientale, centum, comprendente i linguaggi celtici, latini e germanici, e in un ramo orientale, satem composto dalle lingue slave e da quelle indoiraniche). Questo risolve solo in parte l’interrogativo circa le mummie di Cherchen, perché a sua volta il popolo tocario rappresenta un bel mistero.
Forse costoro hanno lasciato discendenti o almeno parenti abbastanza stretti. Nelle alte valli del Pakistan, oggi ridotto a poche migliaia di sopravvissuti dalle incessanti persecuzioni islamiche, vive ancora oggi un popolo di biondi pagani tenacemente attaccato alle proprie tradizioni, i Kalash. Di questa popolazione praticamente sconosciuta nel mondo occidentale, aveva parlato Duccio Canestrini in un articolo pubblicato su “Airone” nel n. 98 del giugno 1989 (3):
Canestrini definisce i Kalash un’ “isola pagana nel mondo islamico”, “rappresentano infatti l’ebbrezza, l’amore, la poesia e tutti i sentimenti pagani che abbiamo ereditato dalla civiltà del dio Pan”, ci racconta di “una terra d’Oriente abitata da gente bionda, di carnagione chiara, con occhi cerulei, che passa il tempo a bere e a cantare, e che sacrifica giovani maschi di capra a un ventaglio di dei. Tra gente che relega, vela e reprime le proprie donne, resistono i loro costumi sessuali, più rilassati e più gioiosi, che si manifestano soprattutto durante le feste. In un mondo clamorosamente devoto ad Allah, resiste il loro “profondo” politeismo, animato da divinità maschili e femminili, da fate con tre seni, da splendidi protettori delle vette, da numi solari e da cavalli soprannaturali”.
Ovviamente, costoro sono stati sempre odiati e ferocemente perseguitati dai mussulmani:
“ Purtroppo, la storia dei kalash coincide con l’inizio dei loro guai. A battezzarli kafiri (in arabo, “infedeli”) furono proprio i seguaci di Maometto che, nella loro gigantesca campagna di islamizzazione partita nel VII secolo dopo Cristo, giunsero ad accerchiare anche la patria dei kalash, chiamata Tsyam. Quegli “infedeli” si dimostrarono, però, degli irriducibili. Uguale insuccesso toccò l’anno Mille, al fondatore del ramo turco dei Ghaznavidi, Mahmud, il sultano conquistatore dell’India. E neppure i diecimila cavalieri dell’esercito di Tamerlano, il celebre discendente di Gengis Khan, ebbero ragione, quattro secoli dopo, delle roccheforti dei ribelli”.
Oggi però la pressione islamica mai cessata ha ridotto questo fiero popolo e la sua cultura sull’orlo dell’estinzione.
Riguardo alle loro origini, Canestrini ci racconta che:
“Gli antropologi culturali, infine, sottolineano la somiglianza di alcune caratteristiche della cultura kalash (come la figura dello sciamano, l’uso del tamburo nelle feste e la stessa vinificazione) con elementi tribali del Turkestan orientale, oggi politicamente cinese”.
Il Turkestan orientale, noto anche come Sinkiang o Xinjiang, la stessa regione dei Tocari e delle mummie di Cherchen. E’ alquanto difficile considerare tutto ciò una coincidenza.
Altri elementi di grande interesse si ricavano da L’ultima falange macedone, un articolo apparso (purtroppo senza firma) su Digilander (4) al seguente link: http://digilander.libero.it/kisp/focus/selezioneita.htm
L’ignoto articolista ci racconta:
“Le persone che vedo [appartenenti a una popolazione affine ai Kalash, gli Hunza] sono notevolmente diverse dai pakistani di pelle scura dei bassopiani. Rosei nelle guance e bianchi di pelle, molti dei 50.000 Hunza hanno occhi blu, verdi o grigi, e capelli che variano dal giallo granturco al nero corvino. Alcuni ragazzi hanno anche capelli rossi e efelidi. Ma ancora più addentro le montagne, mi dicono, c’è un altra tribù, i Kalash, tra i quali la somiglianza con i presunti antenati europei è ancora più sorprendente” .
Ma il dato più sorprendente e incontrovertibile viene da una ricerca sul DNA dei Kalash condotta da un medico pachistano, il dottor Qasim Mehdi.
“Mehdi aggiunge che il DNA dei Kalash presenta inoltre un parentela genetica con gli italiani e i tedeschi”.
Sempre nel quadro di queste “isole” europidi che emergono da un mare turco-mongolo, non si può passare sotto silenzio il fenomeno dei kurgan,
i grandi tumuli funerari che costellano le steppe eurasiatiche, ed è noto che l’antropologa di origine lituana Marija Gimbutas identificava la cultura madre dei kurgan con l’Urheimat, la patria ancestrale degli Indoeuropei. Ebbene, riguardo ai kurgan, un fenomeno che appare molto chiaro è, in presenza del mantenimento della medesima “facie” culturale, la sostituzione del tipo antropologico europide con quello mongolico. In proposito, alla voce “Kurgan” (5) Wikipedia riporta:
i grandi tumuli funerari che costellano le steppe eurasiatiche, ed è noto che l’antropologa di origine lituana Marija Gimbutas identificava la cultura madre dei kurgan con l’Urheimat, la patria ancestrale degli Indoeuropei. Ebbene, riguardo ai kurgan, un fenomeno che appare molto chiaro è, in presenza del mantenimento della medesima “facie” culturale, la sostituzione del tipo antropologico europide con quello mongolico. In proposito, alla voce “Kurgan” (5) Wikipedia riporta:
“Sebbene i kurgan siano un fenomeno essenzialmente culturale, si osserva che, nelle steppe occidentali (ma nelle fasi antiche fino anche in Mongolia e sui monti Sayan-Altai), i cadaveri intumulati manifestano caratteristiche europoidi. In particolare, data l’alta statura, la forma del cranio ed altre caratteristiche che si ritrovano frequentemente nei kurgan, si può certamente asserire che almeno nelle prime fasi le culture kurgan furono diffuse da una popolazione europoide di tipo cromagnoide.
Successivamente nelle regioni orientali si assiste all’apparire delle caratteristiche mongoloidi (probabilmente già nella cultura di Karasuk), come si può ben vedere nei kurgan di Pazirik, un fenomeno questo che sembra accompagnarsi alla sostituzione delle lingue iraniche in Asia centrale e in Siberia da parte delle lingue turco-mongole”.
Abbiano o no una parentela con gli antichi Tocari e con le mummie di Cherchen, gli Uighur del Sinkiang sono un popolo che si vede negato il diritto di esistere, così come i Tibetani, così come i Kalash, così come gli Arabi palestinesi, così come gli Americani nativi negli USA che, oltre a essere i superstiti di un genocidio di dimensioni per nulla inferiori a quello attribuito ai nazisti, pure nella babele etnica che è diventata negli ultimi due secoli quella che fu la loro terra, sono sempre gli ultimi nell’assegnazione dei posti di lavoro, nell’assistenza sociale, nell’assistenza medica, ricordo vivente di un’usurpazione di cui gli yankee sembrano proprio volersi definitivamente sbarazzare.
Parallelo all’elenco dei popoli perseguitati, è quello dei persecutori: comunisti, islamici, sionisti e yankee. Il mondo islamico, una realtà complessa di un miliardo e trecento milioni di persone, richiede forse un discorso a parte. Premesso che l’invasione islamico-magrebina dell’Europa è una catastrofe e un pericolo per il nostro futuro che dovremmo combattere con ogni mezzo, è anche però vero che la resistenza opposta da alcuni stati islamici, l’Iran in primo luogo, alla prepotenza americana e sionista, non può che trovarci solidali. Tuttavia, si vede bene che per il resto questo medagliere di campioni in violazione dei diritti umani: comunisti, sionisti e yankee, coincide alla perfezione con il gotha della democrazia e dell’antifascismo, e questo è certamente un fatto sul quale occorre riflettere.
Fine 1^ parte
Note:
1. Gianantonio Valli e Silvano Lorenzoni: Origini del monoteismo e sue conseguenze in Europa, on line “Thule Italia” www.thule-italia.net/religione/monoteismo.html .
2. “Ticino Libero” , 18.12.2008.
3. Duccio Canestrini: Tra i Kalash, gli ultimi pagani dell’Afghanistan, “Airone” n. 98, giugno 1989.
4. “Digilander” L’ultima falange macedone, link http://digilander.libero.it/kisp/focus/selezioneita.htm
5. “Wikipedia”, voce Kurgan
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