18 Luglio 2024
Punte di Freccia

La Guerra non è mai finita …

Alcuni anni fa Gabriele Marconi ha tratto ispirazione dal Nietzsche di Così parlò Zarathustra per il titolo del suo buon libro sulle vicende della Fiume dannunziana. Le stelle danzanti. E, ancora anni prima, mio cognato mi regalò una felpa con la medesima espressione e che conservo, nonostante questo indecente e gonfio strato adiposo m’impedisca di indossarla. Perché, soprattutto nella solitudine dell’Alta Engadina e quando il proprio tempo volge al tramonto, s’avverte come ‘bisogna avere del caos dentro di sé per poter generare una stella danzante’ (in tedesco suona simile a rullo di tamburo approssimandosi le file alla battaglia: ‘Man muss noch Chaos in sich haben, um einen tanzenden Stern gebaeren zu koennen’). Ecco il nichilismo che è, al contempo, foriero del depauperamento d’ogni sistema valoriale di secolare tradizione europea e capace di sprigionare libere e vitali energie, spiriti nuovi, per oltrepassare la linea del suo stesso orizzonte. Ciò che Nietzsche ha intuito – non a caso Zarathustra è un profeta – e Martin Heidegger rielaborato – non a caso è stato definito ‘l’ultimo sciamano’ – sono simili ad un conflitto in cielo, il dio gli dei le forze telluriche il nulla lo spirito, prima che le forze della storia, gli uomini, le ideologie, l’economia, la geopolitica, si siano dati e si rinnovino battaglia inzuppando di sangue e spargendo di rovine gran numero la terra…

Di quest’ultimo conflitto abbiamo scritto, Roberto Mancini ed io, nel romanzo dal titolo (provocatorio e in parte inesatto, volutamente) La guerra è finita, tramite l’a.c. Novecento di Trieste, per l’editore Ritter. Già, proprio quello ‘spazio Ritter’ che è stato bersaglio d’attentato incendiario da mani ignote stupide spregevoli vili – dei nipotini sgangherati eredi della ferocia dei loro nonni nella guerra civile 1943-’45. O, meglio, per usare una espressione cara e polemica verso i contestatori del ’68 (me compreso) di Adriano Romualdi ‘i figli dell’uovo marcio della borghesia’. Con alle spalle, fra l’altro, quella magistratura che non dimentica i cosiddetti ‘pretori d’assalto’ usi a pubblicare su Lotta continua come comportarsi in caso di fermo da parte delle guardie e rispondere alle domande degli stessi magistrati…

Attenzione, però, sgombro subito il campo a possibili equivoci di appiattimento su il belare scandalizzato, le rimostranze piagnone ed isteriche, il grido di dolore e di offesa di coloro che, nella mia giovinezza, erano ‘la maggioranza silenziosa’, i forsennati censori e richiedenti legge e ordine, insomma ‘i benpensanti’. In linea con Almirante (mi aspetto come qualcuno si leverà a chiedere la mia testa per il reato di lesa maestà, ma il ‘me ne frego’ sta qui a tutto tondo, olio di ricino e manganello compresi) che, negli stessi anni, reclamava la pena di morte e, invocando una scelta impossibile e contro natura, la sua applicazione per ben due volte a quei giovani, della destra radicale o nazional-rivoluzionari, che avevano preso a portare sotto la giacca la P38 e a farne uso. Sì, probabilmente, con qualche eco emulativa BR e dintorni e poche idee e confuse, ma di fatto, il cuore oltre l’ostacolo, combattenti di una guerra che, premessa di una rivoluzione auspicata, non ha termine e confini. E, posti a difesa, di militanti e dirigenti, con lo stesso Segretario e il suo delfino, quel ‘caghetta’, che si dimostrerà in tutta la sua impudicizia in tempi più recenti (tra Berlusconi amico-nemico, tra il Mussolini grande statista e il fascismo ‘male assoluto’), quando le sezioni del partito saltavano in aria e venivano prese d’assalto e si tentava di impedire il comizio della Fiamma.

Mi raccontava il padre di Tonino, già battaglioni M, a caccia di partigiani nelle valli del Piemonte, salvatosi per puro caso da un improvvisato tribunale del popolo (la storia sua e dei suoi fratelli appartiene ad uno dei racconti che erano in progetto di stampa proprio con la Ritter) come combattessero, la maggior parte di loro, ancora con la mentalità del soldato, l’onore i vincitori la resa il rispetto dei vinti, per cui si arresero alle brigate garibaldine che promettevano loro l’onore delle armi e un salvacondotto. Poi, una volta disarmati, il pestaggio la tortura le esecuzioni sommarie e in gruppo. Molti dei suoi commilitoni furono fatti sdraiare nel cortile dell’ospedale psichiatrico di Vercelli e vi passarono sopra con i camion. I vari Moscatelli, Moranino…

(Quando gli slavi comunisti occuparono l’Istria ed entrarono in Pisino, ridussero in polvere, pietra su pietra, quanto rimaneva del liceo di lingua italiana Gian Rinaldo Carli affinchè non vi rimanesse traccia alcuna; così sbriciolarono i partigiani le ossa del nemico fascista. In entrambi i casi l’annientamento fino a far sì che se ne disperdessero ogni forma) Insomma, da una parte dei soldati dall’altra dei ‘rivoluzionari’ (i comunisti, forgiatisi nella guerra di Spagna, al confino, alla scuola di Mosca, delinquenti comuni politicizzatisi nelle carceri, magari a loro volta traditi da Stalin e da Yalta da Tito e da Togliatti).

Sono stato ospite di Marco Battarra, promotore e responsabile della casa editrice, a presentare il libro La guerra è finita, alcuni mesi fa. Con lui Maurizio Rossi che ha fatto una introduzione di alto e condivisibile contenuto di fronte ad un pubblico, attento e raccolto, con il dibattito successivo articolato e di spessore. Uno spazio ricoperte le pareti di scaffali pieni di libri, la saletta ordinata le poltroncine, un’atmosfera sana e intima dove la cultura si trovava – e ci auguriamo si ritrovi – a suo agio. Sono stato bene; ci tornerò, ci conto – ci contiamo noi tutti. E l’ospitalità certa e discreta. Oggi, immediatamente dopo l’attentato, è scattata una gara di solidarietà di singoli camerati di piccole e grandi realtà della ‘galassia in camicia nera’ in sovvenzioni raccolta fondi concerti proiezioni conferenze (sabato 9 maggio sarò a Bari e i giovani responsabili del ‘covo del klan’ mi fanno sapere che il ricavato andrà anch’esso per la riapertura della Ritter). Spontanea e diretta iniziativa, gara di solidarietà, lodevole, espressione di vivacità sentimenti emozioni reazione. Tutto bello, tutto vero, tutto giusto come un’Idea platonica e le sue caratteristiche…

Chiuso nella gabbia del campo di Coltano, nei pressi di Pisa, oltre trentamila fascisti della Repubblica ivi ristretti in condizioni terribili, Ezra Pound inizia a poetare e inizia ricordando ‘Ben e la Clara a Milano – per i calcagni a Milano’ e, pochi versi dopo, per i tanti troppi caduti della ‘macelleria messicana’ del 25 aprile e dintorni, ‘… uno schianto, non una lagna – uno schianto, non una lagna – per costruire la città di Dioce che ha terrazze color delle stelle’. Altri tempi, altra razza. Forse. Durante la guerra in Vietnam (e vale la pena ricordare come fu il tanto amato dai democratici, anche di casa nostra, presidente Kennedy a dare il via all’inasprimento del conflitto autorizzando la CIA ad eliminare la famiglia Diem), si ammoniva come ogni lattina di Coca-Cola non bevuta fosse un proiettile in meno per i marines. E così imparammo a riappriopiarci dell’italica gazzosa e del chinotto. Negli anni di piombo, nel sangue sull’asfalto di Stefano Recchioni, il camerata Franco Anselmi immerse il passamontagna di Mantakas, per poi cadere colpito dal piombo durante la rapina ad una armeria. Altri tempi, altra razza. Forse.

Nessuna risposta militare si richiede né è nelle mie intenzioni volgermi con animo inquieto e nostalgico a quel decennio dove la ferocia generatasi dalla sopravvivenza dalla testimonianza dal difendere se stessi e la propria identità travolse tanti dei nostri e impedì, suo malgrado, la crescita di un progetto politico di nuovi quadri e orizzonti politici. Rifiuto, però, che quel ‘sangue sparso’ (dal titolo del brutto film di cui, anche qui, ho espresso critica severa per la sciatteria della regia e il travolgimento di quei giovani caduti comunque al servizio dell’Idea) si trasformi in ‘una lagna’ e non preservandosi ‘uno schianto’. Rifiuto che ogni gesto di solidarietà, legittima e doverosa e ‘militante’, possa essere frainteso o avvertito allo stesso modo dell’obolo dato in chiesa del vaglia postale per difendere le balene o i terremotati del Nepal (tutti gesti che nascono dai ‘buoni’ sentimenti, quelle balene tanto amate da Brigitte Bardot a cui va il ricordo dei miei primi sogni erotici, quando non nascondono – Nietzsche docet – il senso osceno e vile del lavarsi la coscienza e attendere che altri facciano ‘il lavoro sporco’).

Una solidarietà, la nostra, risposta erede di quel partito di ‘combattenti e credenti’ che scelsero la sfida contro il mondo ostile indossando i simboli della propria fede ideale di quella estensione planetaria della lotta consapevoli ‘che la patria è là dove si combatte per le mie stesse idee’ di quella generazione che, proprio a Milano e in questi giorni, s’è rinnovato il ricordo di uno dei suoi caduti. Un impegno, il nostro, atto dovuto contro non soltanto i vili e spregevoli e anonimi attentatori (paradossalmente i più stupidi e servili e i meno colpevoli) ma contro i loro mandanti la ‘cultura’ che li genera gli interessi che muovono il loro agire – ieri come oggi. Una posizione, la nostra, che non fa sconti che non s’adatta a compromessi che rinnega l’immagine d’essere fra coloro che hanno scelto d’indossare la cravatta dello stesso colore della camicia perché ‘nero è bello!’ neri i suoi cuori e nella mente il fascismo ‘immenso e rosso’, quello di Berto Ricci di Nicola Bombacci dei giovani della Scuola di Mistica dei franchi tiratori di Firenze i volontari per l’estrema battaglia… Dell’altro fascismo, dei treni in orario (comunque non da poco confrontando il presente), dei borghesi con la cimice, dei gerarchi a saltare il cerchio di fuoco, pennacchi fasce stivaloni e fez non sappiamo che farcene, lo consegnamo alla storia (migliore di quanto s’ostinano a farci credere). Noi ci teniamo, ormai carne ossa e sangue, l’essere anticonformisti antiborghesi irriverenti sempre…

2 Comments

  • stelvio dal piaz 11 Maggio 2015

    ,Entro nel merito di un piccolo, piccolo episodio accadutomi: sono venuti da me due giovani “giornalisti”: una ragazza e un ragazzo a chiedermi una intervista. Avevo dichiarato la mia disponibilità al telefono. Li ho ricevuti e – come sono iniziate le domande – ho compreso che i due ben poco conoscevano del periodo storico che sarebbe dovuto essere oggetto della loro indagine. Le solite cose fritte e rifritte di una “cultura” sciatta, approssimativa, piena di menzogna e di pregiudizi. Non ho più voglia di fare il ” maestrino ” e tanto meno ho voglia di cadere nella patetica figura del ” nonno che racconta “. Ho loro consigliato di studiare, di leggere, di informarsi, insomma di farsi una opinione sulla base di indagine critica e senza pregiudizio. Ho detto loro chiaramente che non erano in grado di interrogare uno come Stelvio, non eranno all’altezza, in sostanza erano un prodotto scaduto da tempo nonostante la loro giovane età. Li ho invitati a ritornare – se avvessero ancora voluto – quando si fossero adeguatamente informati e li ho invitati ad uscire velocemente da casa mia. Il ragazzo ha capito la situazione; la ragazza ha accennato una reazione tipica della “femminista” militante. Peccato, non si è resa conto che ha perso in un sol colpo femminilità e bellezza ( interiore, ovviamente ! ).

  • stelvio dal piaz 11 Maggio 2015

    ,Entro nel merito di un piccolo, piccolo episodio accadutomi: sono venuti da me due giovani “giornalisti”: una ragazza e un ragazzo a chiedermi una intervista. Avevo dichiarato la mia disponibilità al telefono. Li ho ricevuti e – come sono iniziate le domande – ho compreso che i due ben poco conoscevano del periodo storico che sarebbe dovuto essere oggetto della loro indagine. Le solite cose fritte e rifritte di una “cultura” sciatta, approssimativa, piena di menzogna e di pregiudizi. Non ho più voglia di fare il ” maestrino ” e tanto meno ho voglia di cadere nella patetica figura del ” nonno che racconta “. Ho loro consigliato di studiare, di leggere, di informarsi, insomma di farsi una opinione sulla base di indagine critica e senza pregiudizio. Ho detto loro chiaramente che non erano in grado di interrogare uno come Stelvio, non eranno all’altezza, in sostanza erano un prodotto scaduto da tempo nonostante la loro giovane età. Li ho invitati a ritornare – se avvessero ancora voluto – quando si fossero adeguatamente informati e li ho invitati ad uscire velocemente da casa mia. Il ragazzo ha capito la situazione; la ragazza ha accennato una reazione tipica della “femminista” militante. Peccato, non si è resa conto che ha perso in un sol colpo femminilità e bellezza ( interiore, ovviamente ! ).

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