Un mistero racchiuso in una donna,
“suo fedele corpo di guardia”
“C’è sempre un momento nella storia degli uomini in cui la difesa della propria tradizione culturale vuol significare che tutto ciò che è accaduto non è stato vano, che il tormento, la gioia, l’odio, l’amore folle e smisurato per affermare la realtà di una passione, continua a vivere e ad avere un senso. Ma quando, guardando indietro, si pensa di appartenere ad una tradizione non più recuperabile, ci si persuade che il destino non dà nessuna spiegazione e nemmeno l’ombra di una motivazione su ciò che è stato, allora la ricostruzione di un’identità perduta e dimenticata diventa impossibile e rimane soltanto l’angoscia dello sradicamento, la desolazione e la solitudine vissute come incubo quotidiano”. (Stefano Zecchi pref.al Tramonto dell’Occidente di Oswald Spengler: introduzione “Stiamo tutti cercando qualcosa di reale” – Il Poliscriba EreticaMente 20 marzo 2018)
Ma fu veramente così per Julius Evola nell’inviare una lettera all’astrologo Tommaso Palamidessi quel lontano 20 gennaio 1972? O fu un estremo messaggio di un naufrago racchiuso in una bottiglia e deposta in un certo mare verso l’ignoto, verso una terra di un futuro a lui favorevole?
- Giacobbe lotta con l’angelo a Peniel
Il racconto biblico della lotta di Giacobbe con l’angelo a Peniel, può meravigliare il lettore, preso per gli argomenti pertinenti la prestigiosa figura del filosofo Julius Evola, nonché rinomato artista e poeta dadaista, venuto meno a Roma nel 1974. Tuttavia è proprio partendo da questo, episodio biblico della religione cristiano-ebraica, che si può far luce, per esempio, sul mistero dell’infortunio occorso ad Evola a causa di un bombardamento nell’ultima guerra mondiale, durante il soggiorno a Vienna. Da quel giorno in poi, la conseguente lesione permanente del midollo spinale gli procurò una paralisi permanente, che lo obbligò a muoversi su una carrozzella per il resto della sua vita. Ma è proprio l’accostamento con la figura di Giacobbe, non più tale, ma «Israele», che si illumina a giorno quella di Evola, preso per un altro destino, che lo portò a “guidare”, anche lui, presumibilmente, una schiera di uomini presi per la rinascita interiore del proprio IO cosmico che lui idealizzava. Qual’è il suo destino, partendo da questo presupposto, non si può sapere… o forse sì indagando su una misteriosa giovane donna, che Evola definisce emblematicamente “appartenente al suo fedele corpo di guardia”, in una lettera inviata all’astrologo Tommaso Palamidessi, il 20 gennaio 1972.
Poco più di due anni dopo, a Roma dove abitava, l’11 giugno del 1974, egli lasciava questo mondo, chissà per insediarsi arditamente nel supposto regal ruolo a lui destinato. Ma ecco i fatti biblici su Giacobbe [Genesi 32,24-34 – Nuova Diodati]:
< Così Giacobbe rimase solo e un uomo lottò con lui fino allo spuntar dell’alba. Quando quest’uomo vide che non lo poteva vincere, gli toccò la cavità dell’anca; e la cavità dell’anca di Giacobbe fu slogata, mentre quello lottava con lui. E quegli disse: «Lasciami andare, perché sta spuntando l’alba». Ma Giacobbe disse: «Non ti lascerò andare, se non mi avrai prima benedetto!». L’altro gli disse: «Qual è il tuo nome?». Egli rispose: «Giacobbe». Allora quegli disse: «Il tuo nome non sarà più Giacobbe, ma Israele, poiché tu hai lottato con DIO e con gli uomini, ed hai vinto». Giacobbe gli disse: «Ti prego, dimmi il tuo nome». Ma quello rispose: «Perché chiedi il mio nome?». E qui lo benedisse. Allora Giacobbe chiamò quel luogo Peniel, perché disse: «Ho visto Dio faccia a faccia, e la mia vita è stata risparmiata». Come egli ebbe passato Peniel, il sole si levava; e Giacobbe zoppicava all’anca. Per questo, fino al giorno d’oggi, i figli d’Israele non mangiano il tendine della coscia che passa per la cavità dell’anca, perché quell’uomo aveva toccato la cavità dell’anca di Giacobbe, al punto del tendine della coscia. >
- Julius Evola un uomo che ha combattuto con un Nume
Per capire il significativo legame che mi è venuto di ravvisare tra Julius Evola e Giacobbe biblico, occorre cominciare a leggere uno scritto pubblicato dal sito web RIGENERAZIONE EVOLA del 21 gennaio 1918, incentrato su Francesco Waldner1, uno dei più importanti astrologi italiani del Novecento, che qui descrive accuratamente il carattere di Evola in chiave esoterica.
Premetto che nel succitato articolo, pubblicato dal sito evoliano, sono evidenziate in grassetto molte frasi che io riporto solo in parte, e altre ne ho evidenziate, ritenendole significative ai fini del tema in trattazione.
Tra Waldner ed Evola ci fu un rapporto di rispetto e di sincera, reciproca stima, sia prima che dopo il noto l’accennato incidente di Evola a Vienna. Nello scritto suddetto Waldner inizia col riportare le impressioni, sull’amico filosofo, di una sua amica, Marianna Leibl, nota psicologa, che ha parlato in diverse occasioni di Julius Evola e dell’affascinante amicizia che la lega a lui.
« Ciò che maggiormente ha sempre colpito Marianna Leibl ‒ riferisce Waldner ‒ è la profonda cultura spirituale di Evola, la sua critica tagliente portata al limite estremo, tanto da indurlo a vivisezionare ogni cosa che vien messa a fuoco dalla sua mente fredda e lucidissima. […] Marianna Leibl ha sempre ammirato in Evola l’autonomia realizzata come conquista, unita ad un orgoglio luciferico e ad una forte carica vitale, ma ciò che più l’ha colpita è la sua natura inafferrabile e il suo totale distacco dalle cose.
Dai miei colloqui con Marianna Leibl ‒ continua Waldner ‒ ho avuto l’impressione che Evola abbia rappresentato per lei una meta da raggiungere, soprattutto perché egli non era un maestro che insegnava al livello teorico, era un uomo che illuminava con pochissime massime essenziali.
In realtà, la forte personalità di Evola e le sue adamantine concezioni hanno influenzato numerosi spiriti, quando non hanno addirittura trasformato completamente la concezione del mondo dei singoli individui, cambiando cosi, in qualche modo, anche la loro esistenza.
Un giorno, anni fa, Marianna Leibl mi invitò a casa sua con lui. Anch’io fui affascinato dal suo potente senso della realtà, dalla sua enorme capacità di sintesi, dal suo modo di vedere le cose e di sdrammatizzarle con sottile umorismo.
Uscimmo, io e lui, a notte alta e c’incamminammo a piedi verso il Centro: era tempo di guerra e c’era l’oscuramento, ma la luna piena illuminava la città. Parlammo a lungo di Gustav Meyrink e del suo orientamento spirituale. Proprio in quel periodo, Evola stava curando la traduzione di alcune sue opere: Il domenicano bianco, L’Angelo della finestra d’Occidente, La Notte di Valpurga. Io debbo molto a Meyrink che, nel periodo della mia giovinezza, diede un indirizzo al cammino della mia vita: mi fece così molto piacere ricordarlo attraverso lo scambio di opinioni che ebbi con Evola. Giunti al Pantheon, ci salutammo: le nostre strade, pur avendo una meta comune, proseguivano in direzioni opposte.
Quella conversazione, però, continuava ad articolarsi nella mia mente e, ad un tratto, mi parve di scoprire l’individualità di Evola. Egli era un intellettuale poderoso; la sua forte personalità era impegnata in una linea di ricerca magica sperimentale. Vicino a lui, provavo una sensazione irrazionale, una specie di terrore, sentivo in lui il mago operante, e un uomo che aveva davanti a sé una strada dura da percorrere, piena ancora di esperienze molto dolorose. Gustav Meyrink invece aveva, secondo me, una potenza interiore armoniosa, morbida, una chiaroveggenza spontanea, la sua linea di ascesi mistica era come guidata da un impulso naturale. Io non sono un intellettuale, mi affido più all’intuito che al pensiero, e quella notte mi addormentai tardissimo sotto l’impressione di qualcosa che aveva colpito nel profondo la mia radice.
Nei primissimi anni dopo la guerra, in un viaggio da Vienna a Salisburgo, ebbi un colloquio casuale con un compagno di scompartimento. Se ben ricordo, era un medico; il discorso, non so come, cadde su questioni metafisiche, ed egli mi disse che s’incontrava spesso a Vienna con uno studioso molto evoluto che guidava un gruppo e aveva un vasto seguito di ammiratori: «È un italiano», aggiunse. Gli domandai chi fosse, ed egli mi rispose che era Julius Evola. Rimasi molto sorpreso. Mi raccontò che Evola era rimasto invalido per via di un bombardamento: mi parlò della sua infermità che, però, non aveva in alcun modo offuscato la sua piena lucidità mentale; mi disse che il suo magnetismo esercitava un grande potere sulle persone che facevano parte del gruppo; che era un uomo volitivo, di grande forza intellettuale, che conservava intatto il suo amore e il suo interesse per la vita. Poi il mio compagno di viaggio concluse dicendo che Evola, pur essendo un invalido, non lo era, perché partecipava in tutti i sensi alla vita, più di lui stesso. La notizia dell’infermità di Evola mi colpì; però mi fece piacere sapere che essa non l’aveva distrutto, che lui era rimasto un mago, ed un vero mago non può essere vinto.
Passarono diversi anni, e lo incontrai di nuovo a Roma. Parlammo del suo oroscopo; mi disse che alla sua morte voleva essere cremato e le sue ceneri sparse sui ghiacciai. Evola ama la montagna con tutte le sue forze, e io posso capirlo perché provengo dalla montagna. Mi domandò se potevo predirgli oroscopicamente l’epoca e il giorno della sua morte: mi sarebbe stato concretamente riconoscente per questo. A me non fa paura la morte, ma preferisco che, per chiunque, essa giunga in punta di piedi, inattesa2.
Quando studio un oroscopo, mi si presenta ogni volta alla mente un’immagine diversa, a seconda della personalità che vi sta dietro. L’oroscopo di Evola suscita in me l’immagine di un albero: esso, infatti, ha sulla cima (nel mezzo del cielo) una forte corona di pianeti e in basso, alla radice, due pianeti molto potenti, Saturno e Urano in una larga congiunzione. Urano è il pianeta delle forti scosse, dei terremoti e, naturalmente, l’ha colpito rendendolo invalido; Saturno, il padrone della materia, in quarta casa, dà una radice molto profonda e forte e non ha permesso che venisse distrutto; ha voluto, anzi, che egli assolvesse i suoi compiti, perché doveva ancora dare molto di sé. Marte è in ottava casa, in buon aspetto con Saturno; questa casa rappresenta il campo magnetico della piccola morte, perciò il suo organismo è stato parzialmente distrutto, ma la sua forza vitale è rimasta intatta e continua a sostenerlo.
Qualche volta, in sogno, ho veduto questo albero in una atmosfera tempestosa e ogni volta ho potuto constatare che un’altra crisi si stava abbattendo su Evola. I due luminari, Sole e Luna, si trovano sul punto culminante del suo oroscopo, affiancati da Mercurio, da Nettuno e da Venere; essi gli danno le forze creative, artistiche e passionali indistruttibili di cui abbonda, ed una fervida immaginazione. Al momento della sua nascita si alzava all’orizzonte il segno del Leone, però, a mio avviso, il suo vero, invisibile padrone è Saturno: il Guardiano della Soglia. »3.
E siamo giunti al punto in cui si capisce, per bocca dell’astrologo Waldner ‒ esaurendo le sue note su Evola ‒, con chi dovette combattere l’Uomo Julius e restare in piedi fino alla morte, il Guardiano della Soglia, appunto. Chissà, ricordando l’ultimo momento della sua vita, allorché, come viene testimoniato, chiese di essere accompagnato alla finestra di casa sua e aiutato a porsi in piedi, egli poté dirigere il suo ultimo sguardo al Gianicolo, lì sull’orizzonte dei palazzi di fronte4. Per Julius Evola dovette sembrare simile ad un apparire di uno scenario astrale, un certo “Ottavo Colle”, non compreso fra i sette famosi Colli romani. E fu come di un suo guardare ad un mondo che lo aspettava per accoglierlo, e mi viene in mente il Guardiano che gli apriva la fatidica Soglia. E non per modo di dire, perché come si sa il Gianicolo è legato al dio Giano strettamente connesso al dio Saturno5.
Il passo è breve per la comprensione del tema proposto con questo scritto che allude ad una misteriosa donna, che, come già detto in precedenza, Julius Evola stesso definisce “appartenente al suo fedele corpo di guardia”. E per ritenerla tale, Evola doveva intravedere in lei una potere che valica il comune senso attribuito a chi è di “guardia” e intuire che si doveva trattare di un occulto “guardiano astrale”. E conseguentemente è come intravedervi il misterioso “Guardiano della Soglia” che altri non è, se non il Nume Saturno. E procedendo per questa strada ecco che si delinea la visione della dea Saturnia Tellus, considerato che si lega magnificamente all’antica Urbe Roma dal suo “nascere” in poi, e il cerchio si chiude con il “gran maestro Julius Evola“, un poderoso IO destinato perciò a “troneggiarvi” occultamente. Forse si avrà modo di entrare nei particolari per sostenere questa ipotesi, non del tutta balzana.
***
E siamo ‒ secondo la mia visione ‒ alla comprensione del Nume con cui, lottò l’Uomo Julius Evola, cosa che gli costò l’invalidità alla colonna vertebrale durante il bombardamento a Vienna (la Peniel biblica di Giacobbe). Ma l’Uomo in Evola «volle» restare in piedi fino a poco prima della sua dipartita da questo mondo ed era l’11 giugno del 1974.
Julius Evola non è stato solo un filosofo rigoroso, uno studioso delle civiltà tra i maggiori del nostro tempo, un orientalista di fama internazionale, il maggiore esponente del dadaismo in Italia; non è stato cioè un “intellettuale” freddo e distaccato, impegnato solo a rincorrere le costruzioni della propria mente, ma un uomo che ha vissuto il proprio pensiero e le proprie scelte, che ha tradotto ciò che pensava e sentiva in modo di essere ed in realtà esistenziale con una coerenza rigorosissima che nulla ha mai potuto intaccare…»5.
Ma ora, prima di entrare nel merito del tema ancora da sviluppare sul conto della misteriosa donna, che Evola definisce “appartenente al suo fedele corpo di guardia”, e cosa rappresenta per Evola sotto il profilo esoterico, mi preme sviluppare meglio la figura del filosofo, del quale l’astrologo Waldner ebbe a dire “che lui era rimasto un mago, ed un vero mago non può essere vinto”, nonostante il grave infortunio di Vienna. E sarà proprio la traccia del mio accostamento all’episodio biblico di Giacobbe citato all’inizio, a permettermi di riallacciarmi ad un episodio “analogo” legato al suo tentativo di suicidio dell’epoca che venne dopo quella dell’esperienza artistica del futurismo.
- La legge del caso di Hans Jean Arp e l’alchimia di Evola
Nei processi dell’alchimia, l’iter “metafisico” è inimmaginabilmente diverso da quello “storico”, e lo si può capire esaminando ciò che scrive un occulto cronista del Gruppo di UR, Ekatlos, in LA «GRANDE ORMA»: LA SCENA E LE QUINTE del libro, INTRODUZIONE alla MAGIA:
< Più tardi. 1919. Fu «caso» che, da parte delle stesse forze, attraverso le stesse persone, venisse comunicato a chi doveva assumere il Governo – allora direttore del giornale milanese – l’annuncio: «Voi sarete Console d’Italia. Fu «caso» parimenti, che a lui fosse trasmessa la formula rituale di augurio quella stessa, portata dalla chiave pontificale: «Quod bonum /austumque sit». Più tardi. Dopo la Marcia su Roma. Fatto insignificante, occasione ancor più insignificante: fra le persone che rendono omaggio al Capo del Governo, una, vestita di rosso, si avanza, e gli consegna un Fascio. Le stesse forze vollero questo: e vollero il numero esatto delle verghe e il modo del loro taglio e l’intreccio rituale del nastro rosso; e ancor vollero di nuovo il «caso» che l’ascia per quel Fascio fosse un’arcaica ascia etrusca, a cui vie parimenti misteriose ci condussero. >
Non si nota il ritornello di Hans Jean Arp6 del dadaismo, di cui si innamorò Julius Evola?
« La legge del caso, che racchiude in sé tutte le leggi e resta a noi incomprensibile come la causa prima onde origina la vita, può essere conosciuta soltanto in un completo abbandono all’inconscio. Io affermo che chi segue questa legge creerà la vita vera e propria ».
Tanti « casi », per giunta “insignificanti” che però, messi uno dopo l’altro sono quelli che fanno la storia degli umani, ma da tener lontani dall’occulto, due “verità” allo specchio!
Ma cos’è che caratterizza l’iter di un processo alchemico? E chi lo può dire?
Lo può dire, ovviamente, chi ritiene di esservi coinvolto… a suo modo, e questo è il suo segreto e nessuno può mai capirlo… ma è un campo minato irto di ostacoli disposti dalla superbia e dalla stupidità per chi si azzarda a trasgredire un “segreto” giuramento.
E perciò l’unico modo in cui sembra rivelarsi il suo carattere è nei tentativi di riportare per iscritto le cose che egli strappa al cosiddetto Guardiano della Soglia tutte le volte che è capace “vincerlo”, giusto al “sorgere dell’alba”. Però a che prezzo! “azzoppature” una dietro l’altra, giusto per concepire la famosa “scala di Giacobbe”7. Ricordiamoci dei fatti biblici su Giacobbe che lotta con un angelo a Peniel descritti all’inizio in relazione a: Genesi 32,24-34 (Nuova Diodati)
Quasi mi “solletica”, far capo a fatti del cristianesimo, poiché spesso viene posta la questione « L’ultimo Evola fu benevolo col cristianesimo? »8. Considerato che il « primo Evola » vi era notoriamente avverso. E si capisce che il mio intento è di provocazione, ma fino a un certo punto perché, strada facendo, sembrerà di giungere ad una soglia che quasi fa sbiadire l’avversità di Evola al cristianesimo…
Ma procediamo sui “frammenti” vinti al “nemico” dall’ermetista Evola al sorgere delle tante “Albe” (mi sovviene Alba Longa che permise a Remo di far nascere la sua Roma… per restare ancorati al nostro Evola preso per la Tradizione Romana). Di qui un gran lavoro per un “copia e incolla” per la composizione di un puzzle, di uno “scrivano” con la mente arroventata a mo’ di vero e proprio atanor, continuamente messa a soqquadro.
Gran brutta bestia la memoria fino a impazzire e ne fanno le spese le preziose “formule alchemiche” per risolvere gli arcani. Ma l’ermetista è bravo a ricomporle… però come si fa a lavorare la “pietra” in un’officina sgangherata piena di scarti, mentre capita di inciamparvi e così ecco un’altra “casuale” “azzoppatura”, mentre il “conto in banca” si “arroventa” a dismisura!
Potremmo intravedere il nostro “azzoppato”, nel Matto del mazzo di carte dei Tarocchi. Un aggancio non a caso perché il nostro solerte Julius Evola sentiva il bisogno di “consultarle”, naturalmente è un mio modo simbolico definirle così. Il « primo Evola » si sa che fu preso dalle esperienze psichedeliche derivanti dall’uso della droga per valicare la famosa Soglia9. Ma non si sentì pago di ciò che poté “esigere” dal Guardiano per il gran successo personale ‒ mettiamo ‒ con l’apoteosi nell’anno 1938, pieno di attività che lo videro fortemente impegnato, per esempio, con le sue conferenze tenute a Berlino, La dottrina della lotta santa (13.6.1938), Il Graal come mistero nordico (20.6.1938), Le armi della guerra segreta (27.6.1938). Senza contare la sua notevole “attività propagandistica” esercitata in Austria, in Romania (agevolato da René Guenon), in Ungheria e in Cecoslovacchia.
Riagganciandomi all’Evola “1938” in auge, molti anni dopo, preso dalla necessità di conoscere il suo destino, si consultò con un noto astrologo, Francesco Waldner, cosa già detta in precedenza. Sappiamo che ottenne da lui l’oroscopo natale, oltre l’etichetta di “servitore” di un invisibile padrone, Saturno: il Guardiano della Soglia, ma, sul mistero legato alla sua data di morte, che a lui premeva sapere, ci fu buio assoluto.
Nel frattempo l’attività di Evola, fu rivolta al corso degli eventi storici ma i giorni volano per giungere ad un altro appuntamento con un secondo astrologo, Tommaso Palamidessi… però fermiamoci qui per ora e facciamo il punto sull’uomo, “storico” da un lato ed “ermetista” dall’altro.
NOTE
1 Francesco Waldner è nato il 18 giugno del 1913 a Marlengo (Bolzano). Sin da bambino dimostrò di possedere facoltà paranormali: le sue prime importanti visioni di chiaroveggenza risalgono infatti a quando aveva appena sette anni, tanto che a quattordici era già divenuto famoso lavorando in questo campo per tutta Europa. Durante una di tali esibizioni in pubblico Waldner conobbe lo scrittore austriaco Gustav Meyrink (1868-1932), famoso autore di romanzi fantastico-esoterici, ed esperto di problemi occulti, il quale lo guidò per un breve periodo, fino alla morte, e lo indirizzò decisamente verso lo studio e l’applicazione dell’astrologia. Morì a Roma il 23 giugno 1995
2 Non è dato sapere se Waldner effettivamente accolse la richiesta di Evola. Data l’amicizia tra i due e la disponibilità dell’astrologo altoatesino, nulla lascerebbe escluderlo, anche se l’accenno di Waldner circa il fatto che sia opportuno che il trapasso giunga inatteso, potrebbe essere letto in chiave contraria. Se si pensa, tuttavia, a come Evola sembrò andare incontro, prepararsi e quasi “cercare” la sua dipartita terrena nei suoi ultimi giorni di vita, si potrebbe ipotizzare che in qualche modo egli sapesse, o intuisse che il suo momento solenne era vicino. Forse per una percezione, per un sentore irresistibile, fenomeno che poteva essere tutt’altro che sorprendente in una personalità straordinaria come la sua. O forse anche perché qualcuno, presumibilmente Waldner stesso, poteva avergli accennato qualcosa al riguardo, forse non all’epoca della richiesta di Evola ma successivamente. Si tratta comunque di pure e semplici ipotesi, non suffragate da alcun dato concreto…
4 Quarant’anni fa la morte di Evola
5 Gli studenti della media traducono spesso parte di questa storia dal latino in base a questo brano: Giano e Saturno. Per primo ottenne questa regione, che ora chiamano Italia, il re Giano, che, assieme a Camese, possedeva equamente questa terra al punto che la regione era chiamata Camesene, la città Gianicolo. In seguito governò il regno il solo Giano, che credono abbia avuto una doppia faccia che senza dubbio significavano la saggezza e la solerzia del re, che conosceva le cose passate e prevedeva le future. Avendo dunque questo Giano accolto in ospitalità Saturno, e avendo da lui imparato la pratica dell’agricoltura e avendo quello (Saturno) reso migliore il vitto delle genti, lo ricambiò con l’alleanza del regno. Poi, essendo Saturno andato via all’improvviso, Giano chiamò tutta la terra Saturnia. Anche questo testimonia la loro concordia, ovvero il fatto che i posteri dedicarono loro due mesi contigui, affinché Dicembre fosse in possesso della sacra memoria del dio Saturno, Gennaio il nome dell’altro. (Ianus et Saturnus. Regionem istam, quam nunc vocant Italiam, primus Ianus rex obtinuit, qui ita cum Camese aeque hanc terram possidebat ut regio Cameseme oppitum Ianiculum vocitaretur…)
5 Fonte: riciclaggio della memoria
7 Giacobbe fece un sogno (Genesi 28:10-22): una scala da terra si protendeva sino in cielo, con angeli che salivano e scendevano. Nel sogno Dio gli parlava, promettendogli la terra sulla quale stava dormendo ed un’immensa discendenza e tutte le famiglie della terra saranno benedette in lui e nella sua discendenza.
9 A un tavolo delle Grotte dell’Augusteo, pochi stanzoni semibui di quello che oggi sarebbe un night, sedeva, 23enne assorto, Julius Evola: così solitario e preso dal suo misterioso cogitare che non sembrava accorgersi, in quelle notti romane degli anni Venti, del circolare di camerieri e ragazze che tra i tavoli andavano cercando clienti. Amico di Giovanni Balla e, senza essere futurista, di Tommaso Marinetti, dopo aver preso parte alla prima guerra mondiale Evola era tornato a Roma per tuffarsi nell’esperienza dadaista, spinto, come racconterà nel Cammino del cinabro (la sua autobiografia spirituale) «dall’insofferenza per la vita normale e dal senso dell’inconsistenza degli scopi che impegnano normalmente le attività umane». Taciturno, e accuratissimo nella persona – come gli amici lo ricordano nelle sere dell’Augusteo? il barone era preda di una grave crisi esistenziale, dove il limite dell’io si scontrava con la fame di assoluto e «l’uso di certe sostanze» lo portava «verso forme di coscienza in parte staccata dai sensi fisici». Fu l’incontro con la Gnosi tradizionale e in particolare con una frase del Buddha a distoglierlo dal suicidio.
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