La lezione
Dramma socio-zoo-filosofico in un atto
Personaggi:
Il Professore (P)
L’Allievo (A)
La Governante (G)
(L’azione si svolge in un piccolo salotto modestamente arredato. Il Professore è un uomo sulla sessantina, piccolo e pingue, testa calva. L’Allievo ha all’incirca trent’anni, aspetto sportivo. La Governante ha più o meno l’età del Professore, segaligna, veste di grigio. Professore e Allievo sono seduti uno di fronte all’altro. Tra di loro v’è una vecchia scrivania su cui stanno impilati libri e fogli.)
P: encomiabile il suo desiderio di imparare la logica.
A: (abbozza un sorriso) lei crede?
P: certo, la logica è alla base di tutto.
A: è per la mia ragazza…dice che faccio discorsi assurdi.
P: è il mondo di oggi che è assurdo.
A: ne son convinto anch’io.
P: la gente ha perso la capacità di fare deduzioni corrette.
A: (annuendo) verissimo.
P: per questo il mondo va a rotoli. Non c’è più logica. La gente crede a quello che sente o che legge e non ragiona più.
A: infatti.
P: vedo che lei è d’accordo con me.
A: certo, mi fido di lei.
P: ah no, questo no. Lei deve fidarsi della logica, non di me. Deve dubitare di tutto e di tutti.
A: me lo scrivo (prende appunti)
P: sa cosa disse Buddha?
A: no.
P: “non dovete credere a me ma a ciò che è dimostrato”, cioè all’evidenza.
A: (scrive ripetendo a bassa voce) “dimostrato…evidenza”.
P: ma non l’evidenza dei sensi, che è apparenza. L’evidenza della ragione, della logica.
A: (continua a scrivere bisbigliando) “apparenza…logica”.
P: dunque, cominceremo con l’affrontare alcuni elementari problemi logici. Spero che lei ne afferri il senso senza difficoltà.
A: non si preoccupi. Ho sempre avuto molto buon senso.
P: (scuote la testa) ah no, no! Son due cose ben diverse logica e buon senso. Prenda ad esempio questa frase (scandisce le parole): tutti gli uomini hanno cappotti.
A: ma io non ho un cappotto.
P: questo è irrilevante. Dunque, se io dico: tutti gli uomini hanno cappotti, ergo…
A: cosa vuol dire ergo?
P: è latino…vuol dire quindi, perciò, di conseguenza…
A: ah, ho capito…quindi vuol dire che fa freddo…
P: no, la prego, non salti alle conclusioni, mi lasci finire. Dicevo, tutti gli uomini hanno cappotti, quindi uomini grandi hanno… (fa un gesto con la mano per invitare l’allievo a completare la frase)
A: (dopo averci pensato un po’) cappotti grandi.
P: (compiaciuto) ah! Lo sapevo. Vede? Lei è caduto nella trappola.
A: quale trappola?
P: ci pensi, ragioni.
A: (ci pensa per un po’) a me sembra logico. Un tizio grande ha un cappotto grande.
P: qui casca l’asino!
A: l’asino?
P: è un modo di dire. Lei fa una deduzione arbitraria. Non si attiene ai dati contenuti nella premessa.
A: quali dati?
P: le ho forse detto: tutti gli uomini hanno cappotti adeguati alle loro dimensioni?
A: no.
P: quindi, se “tutti gli uomini hanno cappotti” è evidente che anche uomini grandi – rientrando tra “tutti gli uomini” – hanno cappotti. Se siano cappotti grandi o piccoli non possiamo saperlo. Non è nelle premesse.
A: sarà come dice lei.
P: è, non sarà.
A: ma un uomo grande non può avere un cappotto piccolo.
P: perché no? Lei confonde la logica con la praticità. Ma solo la logica è reale, realmente reale.
A: (scrive) “realmente reale”.
P: prenda questo semplicissimo enunciato: Gianni è più vecchio di Piero, Piero è più vecchio di Mario. Quindi, Mario è più giovane o più vecchio di Gianni?
A: (tira a indovinare) più…giovane?
P: esatto. Eppure lei non sa l’età di questi signori! Vede il potere della logica?
A: Passiamo allora a un facile problema statistico. Un gatto e mezzo mangia un pollo e mezzo…
A: ma non esiste un gatto e mezzo.
P: abbia pazienza. Non posso insegnarle qualcosa se lei mi interrompe con osservazioni non pertinenti. Glielo ripeto. Parliamo di logica: gatti ideali, enti generali, non questo o quel gatto.
A: ma nessun gatto può mangiarsi un pollo e mezzo.
P: (spazientito) non ha importanza. Non ci interessa lo stomaco del gatto.
A: d’accordo.
P: allora, se un gatto e mezzo mangia un pollo e mezzo in un’ora e mezza, in quante ore tre gatti mangiano tre polli?
A: (schizza sul suo quaderno alcuni disegni di gatti, polli, mezzi gatti e mezzi polli. Fa alcuni calcoli) …un pollo e mezzo…un’ora e mezza…tre polli… (dopo una lunga riflessione, esitando) direi… tre ore.
P: (con una smorfia) lei non riflette. Non sono tre ore. È sempre un’ora e mezza.
A: (perplesso) strano… comunque, le credo.
P: non deve credere a me!
A: ma lei è l’insegnante. Lei ne sa sicuramente più di me.
P: non si tratta di fidarsi, gliel’ho già detto, ma di capire.
A: (scrive) “non fidarsi”.
P: dunque, ha capito?
A: un’ora e mezza? Secondo me dipende se il gatto ha fame. Per esempio, il mio gatto…
P: non ricominci a dire assurdità. Ragioni. Per aiutarla le farò un altro esempio. Un castoro costruisce una diga in un’ora e mezza.
A: mi sembra poco.
P: (irritato) è una semplice premessa. Se preferisce, immaginiamo che un castoro impieghi un’ora e mezza a costruire una diga.
A: come in una fiaba?
P: se vuole… Dunque, nella sua fiaba, tre castori insieme, per costruire la stessa diga impiegheranno mezz’ora, la terza parte, non le pare?
A: boh, sa come sono le fiabe. Comunque, se lo dice lei…
P: non lo dico io, è logico!
A: va bene, le credo.
P: “le credo”! Misericordia, ma è un’ossessione la sua! Si sforzi di capire. Un castoro, una diga, un’ora e mezza. Tre castori, una diga, mezz’ora. Il lavoro è lo stesso ma è triplicata la forza lavoro, quindi i tempi saranno un terzo. È ovvio. Ma se sono tre dighe e tre castori, sarà sempre un’ora e mezza.
A: (si appunta) “sempre un’ora e mezza”.
P: mi segue?
A: dove?
P: nel ragionamento!
A: ah, sì, certo.
P: allora, abbiamo detto: un gatto e mezzo mangia un pollo e mezzo in un’ora e mezza. Quindi se i gatti sono tre e i polli sono tre – vede che il rapporto tra gatti e polli non cambia? – sarà sempre un’ora e mezza.
A: tre polli ciascuno o in totale?
P: in totale, se no l’avrei detto.
A: mah…non mi sembra logico.
P: e perché no?
A: beh, metta che un gatto mangia più in fretta, oppure c’è un pollo più grosso…
P: (visibilmente alterato) ma io non ho specificato delle variabili. Polli uguali, gatti uguali, per Dio! Stiamo parlando di entità astratte. Come glielo devo dire? L’idea del pollo, il gatto come concetto universale!
A: ok, ok, non si inquieti.
P: (controllandosi a fatica. Ingoia un paio di pillole. Chiude gli occhi. Cerca di calmarsi) ora, la prego, faccia attenzione. Le pongo un problema che può sembrarle analogo al precedente. Quindi potrebbe trarla in inganno.
A: sono pronto.
P: Prendiamo una lumaca che percorre cento metri in un’ora.
A: io direi al massimo cinquanta.
P: (affranto) è una lumaca ipotetica! Ipotetica, ipotetica (si affloscia sulla sedia).
A: ah, ho capito…è un’altra fiaba.
P: (riprendendo con voce stanca) se una lumaca ipotetica percorre cento metri in un’ora, tre lumache ipotetiche percorrono trecento metri in…
A: ma, trecento metri ipotetici?
P: trecento metri son sempre trecento metri.
A: (si concentra) credo, sempre un’ora e mezza.
P: perché un’ora e mezza?
A: lo ha detto lei che è sempre un’ora e mezza.
P: ma non faccia il pappagallo! Ragioni almeno una volta! Sono tre ore!
A: ma se i tre polli…
P: (esasperato, quasi piange) non vede la differenza? Usi la logica!
A: va bene, però anche lei…mi scusi, ma prima dice una cosa, poi ne dice un’altra.
P: allora mi dica lei cos’è logico. Hitler era vegetariano. Dunque i vegetariani sono nazisti. Le sembra logico?
A: beh, non so, può darsi.
P: (comincia a ridere nervosamente) senta questa…ieri ho mangiato polenta e il mio cane è morto, quindi se non mangiavo polenta era ancora vivo, che dice?
A: oh, mi dispiace…
P: (incalzando) e la giraffa ha il collo lungo. Anche mia nonna ha il collo lungo, quindi mia nonna è una giraffa, non le pare?
A: non saprei. Non la conosco.
P: (fissandolo freddamente) e io conosco delle scimmie che hanno più logica di lei.
A: di sua nonna?
P: lasciamo perdere. La lezione è finita.
A: di già?
P: non le basta?
A: beh, sì, anche se abbiamo parlato più di animali che di logica. Comunque, quanto le devo?
P: nulla, sono io che le devo qualcosa (apre con calma un cassetto, ne estrae una pistola e spara due colpi in pieno petto all’allievo).
A: oh mamma!
P: (distaccato) mi dica ora, se tre pallottole uccidono un uomo e mezzo in un minuto e mezzo, in quanti minuti due pallottole uccidono un uomo?
A: (con un filo di voce) credo un minuto e mezzo.
P: lo crede o lo sa?
A: io…io (l’allievo stramazza al suolo e muore. Entra la governante. Guarda il corpo steso a terra e il tappeto sporco di sangue).
G: (severamente) ma, professore, l’ha fatto un’altra volta.
P: non aveva logica. Come tutti gli altri.
G: (infastidita) adesso mi tocca pulire di nuovo.
P: (rivolto alla governante) ha detto: “credo un minuto e mezzo”.
G: (assecondandolo) sì, sì, va bene (gli toglie la pistola di mano). Adesso si sieda qui tranquillo che sistemo tutto io.
P: (si siede su una vecchia poltrona, pensieroso) “credo”…
G: (mentre trascina via il corpo): sì, sì, va bene…
P: o si pensa o si crede!
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