Mai, come in questo contingente momento politico, si è preavvertita una così forte istanza di cambiamento, ad un così epidermico livello, da far parlare ai media di una reazione che viene dallo “stomaco” di un’opinione pubblica stanca e disgustata dei vecchi equilibri…Eppure qui in Italia, da qualcuno considerata il “laboratorio” d’avanguardia per la sperimentazione del populismo post moderno, qui in Italia, tutto tace…Ad un governo pieno di incertezze e difficoltà dovrebbe far da contraltare una mobilitazione di base, massiccia, senza precedenti, proprio in virtù del fatto che, apertosi un minimo spazio di agibilità politica con l’avvento del governo giallo-verde, bisognerebbe coglier l’occasione per tale spazio allargarlo, spingendo sull’acceleratore delle richieste politiche, senza ulteriori attendismi, senza più compromessi di sorta.
La rivolta dei pastori in Sardegna, dovrebbe costituire un primo ed importante segnale, un “la” a cui dovrebbero far seguito, altrettante vigorose proteste e rivendicazioni. Dalle politiche sui farmaci e sui vaccini, passando per il nodo immigrazione, sino alle opere pubbliche (Tav in primis…), arrivando a nuove politiche sui prezzi al consumo, senza contare la difficile gestione di città come Roma, le tematiche su cui agire non mancano di certo. Eppure da noi non si muove foglia…ovvero a muoversi sono i vecchi rottami della p
Un oscuro ricatto psicologico sembra angosciare un’opinione pubblica che, sinora impaurita dal clima di incertezza umana, sociale ed economica, ingenerata dai precedenti governi, sembra adesso rivolgere le proprie irrefrenabili ansie e paure, proprio verso coloro a cui hanno massicciamente conferito mandato a rappresentarli, in nome di un più sicuro futuro.” E se lo spread ritorna a salire?”, “E se il Pil ancora non cresce?” “E se l’Europa ci boccia ancora?”, “E se fossimo troppo cattivi con i poveri “migrantes”?”. Una paura che si fa stasi, inazione e che, ci fa correre il rischio di tornare inesorabilmente e silenziosamente ad uno stato di cose, da cui non ci potrà più essere uscita alcuna. Gli eventi di Francia e Sardegna sono i segnali di una speranza di cambiamento non ancora sconfitta e sommersa, dalla montante Liquidità dei Poteri Dominanti. Ma occorre muoversi. E presto. Pensare che i partiti “si et si”, nelle loro uscitine ufficiali, possano da sé bastare per produrre quel cambiamento di marcia, a cui tutti oggidì aneliamo, è illusorio. Aspettarsi qualcosa da Elezioni Europee o Regionali, ora “alle porte”, è un ulterior voler rinviare, procrastinare, evitare il vero e centrale nodo dell’attuale dibattito politico: quello tra la proposta e la conseguente azione sul piano pratico, ovverosia quello di un chiarimento su cosa siamo e da che parte vogliamo stare.
Se sottomessi alla Globalizzazione Tecno Economica ed alla sua spietata mercificazione ed omologazione delle nostre vite, a tutti i livelli. Oppure contro di essa, nel nome di un’esistenza aperta al Molteplice, che ritorni a fare della Tecnica e dell’Economia degli strumenti di sussistenza e non il fine ultimo dell’umana esistenza. E ritornando al nostro tema centrale, tutto questo non può non trovare uno sbocco reale, veritiero, pragmatico, se non nella continuità di un’azione diretta, decisa e senza compromessi e per parafrasare il filosofo: “Solo una rivolta ci potrà salvare!”.
UMBERTO BIANCHI