di Fabio Calabrese
Io non voglio vantarmi trincerandomi dietro un “ecco, l’avevo detto”, recitare il ruolo della Cassandra, ma è un fatto: la vittoria del PD – e non la si può definire in nessun altro modo – al test amministrativo di maggio, mi ha irritato, indispettito, mi sembra un pessimo presagio per il futuro di questa disgraziata Italia, ma di certo non mi ha sorpreso.
Secondo diversi commentatori, la formazione del governo “delle larghe intese” guidato da Enrico Letta avrebbe avuto un non trascurabile costo elettorale soprattutto per i Democratici. Gli Italiani, la cui insoddisfazione è ormai arrivata a proporzioni galattiche – si pensava – l’avrebbero interpretata come la coalizione della vecchia politica, dei partiti della “casta” che si chiude a riccio per difendere i suoi privilegi contro la novità del “movimento” rappresentata da Beppe Grillo, e poiché si presume o si presumeva che soprattutto l’elettorato del PD sia (fosse) di sinistra, ci si aspettava in base alla falsa equazione sinistra uguale riforme, novità, cambiamento, che sarebbe stato esso a manifestare la maggiore insoddisfazione.
Ci sono molte cose chiaramente sbagliate in questo ragionamento, a cominciare dal fatto che “sinistra” e “progressismo” sono vuote etichette che non significano per nulla quella voglia di riforme e cambiamento che molti anacronisticamente s’immaginano.
Esiste inoltre nei media una decisa sopravvalutazione del residuo ruolo che Berlusconi e il PDL ancora hanno nella politica italiana. In realtà, non è che coloro che controllano il sistema mediatico siano degli scocchi, tutt’altro, semplicemente a loro NON CONVIENE presentare le cose come veramente sono. L’immagine di un governo Letta in qualche modo teleguidato da Berlusconi FA COMODO AL PD che si è messo in una posizione molto simile a quella che aveva il PCI nella Prima Repubblica, e che gli consentiva di godere sia dei vantaggi propagandistici dello stare all’opposizione, sia di quelli concreti e reali della spartizione del potere.
Berlusconi è un uomo molto meno furbo di quanto crede di essere, e dalle “larghe intese” non sta ottenendo e non otterrà nulla, nemmeno un rallentamento della guerra giudiziaria che gli stanno facendo le “toghe rosse” annidate nelle procure di mezza Italia, e come quest’ultimo test elettorale dimostra, sta vedendo il suo potere negoziale erodersi ogni giorno di più. Bersani invece, con quella sua aria patetica da eterno sconfitto, ha dimostrato nei fatti di essere l’asso-piglia-tutto. Ha dovuto momentaneamente cedere la segreteria a Epifani, ma “mister PD” rimane lui.
Quando i media, la TV e internet hanno diffuso i dati dell’affluenza alle urne di questa tornata caratterizzata da un altissimo astensionismo, era chiaro che il risultato sarebbe andato a favore del PD, e che PDL, grillini e Lega avrebbero subito una cocente batosta ancora prima che iniziassero gli scrutini o fosse diffuso il primo exit poll, che il PD avrebbe vinto senza guadagnare consensi, ma semplicemente perdendo meno degli altri, perché ha un elettorato molto più “fidelizzato” rispetto a quello del PDL, perché esiste una continuità molto maggiore fra elettorato e nomenklatura politica, mentre il PDL è un’accolita raccoliticcia attorno a un leader che sarà magari un abilissimo imprenditore, ma in campo politico rimane un dilettante. Dei grillini e della Lega parliamo fra poco.
Sembra la favola di Pinocchio con la volpe Bersani che convince il burattino Berlusconi a seppellire i suoi zecchini nel campo dei miracoli. Grillo, proprio come il grillo di Collodi, appare sempre più destinato a finire spiacciacato da una martellata contro il muro. E il gatto? Mah, potrebbe essere Napolitano, vista l’aria sorniona del nostro giovanissimo bis-presidente.
Anche qui pare di rivivere una situazione da Prima Repubblica: a quei tempi i commentatori politici tenevano d’occhio il meteo: se era brutto tempo, le cose andavano meglio alla Democrazia Cristiana, ma se c’era sole, erano i comunisti a veder migliorare le loro posizioni, perché una parte consistente dell’elettorato DC almeno potenziale, preferiva andarsene al mare o a fare scampagnate piuttosto che alle urne.
Una sensazione di flashback, di deja vu, di ritorno alla Prima Repubblica l’ho avuta anche andando in internet a scorrere il blog di Beppe Grillo constatando il modo in cui il Beppe nazionale ha cercato di giustificare lo scacco elettorale con un mezzuccio veramente proto-repubbl
icano: fa il confronto con le precedenti amministrative del 2008 o del 2009 quando il Movimento Cinque Stelle non esisteva o era agli esordi e rispetto alle quali i dati attuali lo danno raddoppiato o triplicato, ma così passa sotto silenzio il fatto non trascurabile che in poco tempo il M5S si è gonfiato come una bolla di sapone e si è sgonfiato come un soufflé, fatto che forse una certa rilevanza politica ce l’ha.
icano: fa il confronto con le precedenti amministrative del 2008 o del 2009 quando il Movimento Cinque Stelle non esisteva o era agli esordi e rispetto alle quali i dati attuali lo danno raddoppiato o triplicato, ma così passa sotto silenzio il fatto non trascurabile che in poco tempo il M5S si è gonfiato come una bolla di sapone e si è sgonfiato come un soufflé, fatto che forse una certa rilevanza politica ce l’ha.
Rispetto a Grillo, la Lega ha lo svantaggio di essere sulla scena politica da molto più tempo, e quindi di aver avuto molto più tempo per deludere il suo elettorato anche se, come abbiamo visto, quanto a capacità di dare delusioni, i grillini recuperano in fretta.
La Lega è un movimento che ha qualcosa di ermetico, di poco chiaro. Sulla carta, dovrebbe essere il partito politico più decisamente identitario, che ha fatto dell’opposizione all’immigrazione la sua bandiera, eppure sembra che abbia una sorprendente vena “africana”. Ci sono certamente affari, alcuni poco chiari, che la Lega ha messo in piedi nel “continente nero” secondo il buon vecchio principio che “pecunia non olet”, ma pare che ci sia anche altro.
Ricordo alcuni anni fa un servizio di “Striscia la notizia” che essendo un TG satirico è probabilmente l’unico telegiornale serio che esista in Italia, dedicato alla Lega e sottolineato da una canzoncina, “Camicie verdi”, che faceva il verso a “Montagne verdi” cantata da Marcella Bella. Nel punto in cui il testo recitava: “E l’amico mio più sincero, un leghista (invece che “un coniglio”) dal muso nero”, l’inquadratura zoomava su di un soggetto in camicia verde decisamente più abbronzato di Barack Obama. Io non so se questo leghista di colore sia o meno lo stesso che alle ultime amministrative è stato candidato nella circoscrizione di Bergamo. Se non lo è, è ancora più preoccupante, vuol dire che abbiamo a che fare con una colonia di “leghisti neri”. Da ultimo è arrivata l’espulsione dalla lega dell’on. Borghezio, colpevole di aver risposto per le rime alle offese verso gli Italiani pronunciate dalla congolese Kyenge, ministro del PD; ma si sa, se si ha la pelle nera si può dire e fare quello che si vuole, ma se si è di pelle bianca, tocca subire e stare zitti, sennò si viene accusati di razzismo. Chi difende gli Italiani? La Lega no di certo!
I meridionali no e gli africani si? Chissà perché, mi ricorda tanto il mio antico e non rimpianto maestro Claudio N. di cui vi ho parlato in “Razzismo rosso”. Sarà un caso e tutti sembrano esserselo dimenticato, ma prima di diventare “il senatur”, Umberto Bossi “è nato” politicamente all’estrema sinistra.
La batosta elettorale della Lega a queste amministrative, del resto non è che l’ennesima tappa di una spirale discendente imboccata dal movimento di Bossi. Quando sparirà definitivamente, penso che non lo rimpiangeremo troppo.
Complimenti vivissimi, invece, ai partitini dell’ultra-destra che sono riusciti a raddoppiare il consenso ricevuto alle ultime elezioni politiche, passando dall’1 al 2% complessivo; il loro peso politico è comunque rimasto uguale, cioè zero. Anche qui non tanto, probabilmente, per l’acquisto di nuovi elettori, ma perché meno penalizzati di altri dall’astensione. Chiaramente, le elezioni non sono un referendum che può essere invalidato dal mancato raggiungimento del quorum, ma vale la pena di compromettersi col sistema democratico per raggiungere risultati così miseri?
Non sarebbe meglio rimanere un punto di riferimento ideale e prepararsi a essere una classe dirigente alternativa per il momento, forse non lontano, in cui la crisi economica e l’invasione extracomunitaria provocheranno l’inevitabile ribellione? In ogni caso, bisogna finirla con i personalismi e i frazionismi. Che un’ “area” che attualmente raccoglie l’1-2% dell’elettorato sia divisa in quattro o cinque partiti, è ridicolo. Così non si va da nessuna parte.
Parliamo dei vincitori di questa elezione. Dal 2011, da quando il governo Berlusconi è stato “sfiduciato” dall’Unione Europea, costoro non hanno fatto altro che guadagnare posizioni. Non è naturalmente un caso che la loro linea politica sia di prona obbedienza agli euro-vampiri di Bruxelles. In un certo senso, però, da questo lato costoro si presentano come i continuatori piuttosto della DC che del PCI. In Italia il potere non logora, o logora chi non ce l’ha, come diceva il non compianto Andreotti. Guadagnare posizioni aumenta la possibilità di guadagnarne ancora indipendentemente da quel che si fa o ci si propone di fare, per una sorta di sciocca adulazione del potere diffusa nel carattere nazionale, forse retaggio di secoli di dominazioni straniere. E’ questo probabilmente il segreto della longevità del dominio democristiano, e rischia di essere il segreto del successo del PD.
La fisiognomica dei nuovi padroni dell’Italia è un capitolo a parte: apparatcik di una nomenklatura buonista e conformista, i “Democratici” post-comunisti sono kennediani, obamiani e veltroniani, esponenti di quello che penso si possa definire un buonismo str.nzo, somigliano più ai Democratici americani che ai loro predecessori.
Non sono più i tempi di don Camillo e Peppone, oggi abbiamo questi don Peppillo onnipresenti, in sacrestia come in municipio o nella sezione di partito.
Dal 1945 l’Italia ha una classe politica che rappresenta i peggiori difetti nazionali, tuttavia costoro segnano un’ulteriore caduta di livello. Il fascismo italiano contava fra le sue file intellettuali di alto profilo, di livello europeo: Giovanni Gentile, Filippo Corridoni, Filippo Tommaso Marinetti, Luigi Pirandello
, Vilfredo Pareto, Julius Evola, persino l’ex socialista Giovanni Verga degli ultimi anni. Questi qui, più in là di Dario Fo, Nanni Moretti e Lucio Dalla non arrivano.
, Vilfredo Pareto, Julius Evola, persino l’ex socialista Giovanni Verga degli ultimi anni. Questi qui, più in là di Dario Fo, Nanni Moretti e Lucio Dalla non arrivano.
L’orso sovietico è ormai scomparso, e anche l’antropoide trinariciuto disegnato da Guareschi non ha più corso: l’animale a cui somigliano di più mi sembra sia il pinguino, per la sua conformazione idrodinamica e il piumaggio idrorepellente. Come questo, sono capaci di farsi scivolare addosso qualsiasi cosa senza fare una piega, e sembrano spargere attorno a sé un’aura di anestetico.
Delle classi lavoratrici, che oggi pagano il prezzo maggiore della crisi economica, e che continuano a votarli per inveterata abitudine, per un riflesso condizionato pavloviano, in realtà gliene importa poco (un tubo, un piffero, un fico secco: fate voi), non ha forse proclamato il loro guru Walter Veltroni che la lotta di classe non esiste? Continueranno a imporre sacrifici sempre più pesanti, ligi agli ordini degli euro-vampiri magari manifestando rincrescimento, ma senza sgarrare di un millimetro.
La crisi economica, la crisi economica PROVOCATA dai signori che controllano il credito e hanno allungato le mani sulle ricchezze prodotte dal lavoro dei popoli europei, è nell’immediato un problema di estrema gravità, che può distruggere la vita di milioni di persone, ma dalle crisi i popoli si possono sempre riprendere, nessun crollo è mai definitivo, soprattutto quando si comprende che il denaro non è che uno strumento di mediazione di cui un gruppo di usurai senza scrupoli può fare un uso distorto imponendo sul capo della gente debiti che questa non ha mai contratto, che finché esistono risorse materiali e umane e volontà di lavorare, si può sempre cominciare a risalire la china.
Il vero, gravissimo, mortale pericolo per gli Italiani e tutti i popoli europei è l’invasione extracomunitaria che eufemisticamente ci viene presentata come immigrazione e che, combinata con una denatalità anch’essa PROVOCATA, è destinata a produrre l’assassinio dei popoli europei, la sparizione dell’uomo bianco dal suo continente natale, un genocidio al rallentatore, relativamente “soft” e incruento, ma pur sempre GENOCIDIO.
Sottolineo RELATIVAMENTE, perché l’immigrazione porta anche una notevolissima emergenza dell’ordine pubblico, micro e macro-criminalità, stupri, omicidi, illegalità di ogni genere, deturpazione dei nostri centri storici, e chiunque può incontrare all’angolo di una strada un Kabobo armato di piccone, o un fondamentalista islamico desideroso di ammazzare gente innocente in nome del suo delirio “religioso”
Siamo probabilmente molto vicini al bivio, o i popoli europei prendono coscienza della situazione in cui si trovano e sfoderano la loro volontà di sopravvivere, o avremo passato il punto di non ritorno oltre il quale la china dell’estinzione diventa inevitabile.
Proprio in questi giorni i media, e soprattutto internet che è più difficilmente censurabile, diffondono notizie che fanno chiaramente capire che lo spirito di sopportazione dei popoli europei è giunto al limite: grandi manifestazioni di protesta a Londra, dopo la decapitazione di un militare inglese compiuta a sangue freddo da due fanatici mussulmani che hanno pure girato e postato su internet il video del loro delirante assassinio. Manifestazioni altrettanto imponenti ad Atene contro l’inaugurazione di una moschea, e chi non è del tutto ignorante di storia e non ha la memoria corta sa bene quanto il popolo ellenico abbia sofferto sotto la dominazione turca e sotto l’oppressivo simbolo “religioso” della mezzaluna.
In Svezia, dopo che gli islamici hanno messo per una decina di giorni a ferro e fuoco la città di Stoccolma, pare sia enormemente cresciuto il consenso intorno ai partiti “di estrema destra”.
In Italia niente: siamo stati per nostra disgrazia collocati dalla geografia proprio in prima linea sul fronte dell’invasione che ci si ostina a chiamare immigrazione. Possiamo aspettarci che con il bel tempo estivo, barconi stracarichi tornino a riversare nugoli di clandestini che verranno a riversarsi sulle nostre coste come mosche sul miele, ansiosi di appropriarsi del benessere che abbiamo faticosamente costruito col nostro lavoro e quello dei nostri padri, possibilmente senza lavorare e senza rispettare le nostre leggi, tuttavia i pinguini targati PD continuano e continueranno a spargere il loro anestetico, la loro morfina, blaterando di “accoglienza”, “integrazione” e altre insulsaggini, aiutati anche da quell’associazione a delinquere che si chiama Chiesa cattolica.
Recentemente i loro compagni, i loro COMPLICI inglesi, i laburisti l’hanno apertamente confessato: hanno favorito l’immigrazione nell’intento precisamente di cambiare la composizione etnica della Gran Bretagna, ed è esattamente quello che stanno facendo anche i Democratici italiani (si fa per dire). Costoro, infatti, hanno un solo ideale: il mantenimento e l’astensione del loro potere.
L’interesse personale perseguito ai danni della Patria era una cosa che nel linguaggio dei nostri antenati, uomini semplici e non “politicamente corretti” aveva un nome preciso: TRADIMENTO.
I pinguini sono in marcia, ma questa volta non si getteranno dall’orlo della banchisa dritti nelle fauci dell’orca assassina. Se non stiamo attenti, ci butteranno noi.
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