8 Ottobre 2024
Arte

La musica di Battiato: il fondamento – Luigi Angelino

E’ con grande piacere che accolgo l’invito ad unirmi a coloro che vogliono ricordare il grande artista Franco Battiato che ha plasmato, in maniera eclettica e del tutto personale, stili diversi fra loro, lasciando un’impronta culturale originale ed indelebile nelle sue particolari composizioni. Nei vari decenni di attività musicale, Franco è riuscito a trionfare sia con la melodia della musica classica e sperimentale che nel genere “pop”.

La sua biografia ci racconta di una vita ricca e piena di sfumature multiculturali. Dopo aver conseguito la maturità scientifica in Sicilia, si trasferì per un breve periodo a Roma, ma poi scelse Milano, “città di nebbia”, come da lui stesso definita e più in sintonia con lo spirito di quello che diventerà il suo approccio artistico. All’inizià partecipò come chitarrista in un programma di cabaret, il “Club 64”, nel quale c’erano personaggi di spicco come Paolo Poli, Lino Toffolo e Bruno Lauzi, nonché il grande Giorgio Gaber, con il quale strinse un buon rapporto di amicizia. Verso la metà degli anni Sessanta collaborò  con la rivista Nuova Enigmistica Tascabile, che proponeva dischi contenenti canzoni celebri, ma interpretate da artisti emergenti, ancora non conosciuti dal grande pubblico. Nel 1967 Franco fondò il duo “Gli ambulanti”, in collaborazione con Gregorio Alicata, esibendosi con un repertorio di protesta davanti alle scuole, in perfetta armonia con il clima di rinnovamento sociale e culturale che si respirava nel nostro Paese. L’inedito duo, destinato a sciogliersi dopo breve tempo, a causa di incomprensioni caratteriali, fu aiutato da Giorgio Gaber che riuscì ad introdurli nella importante casa discografica Nanni Ricordi. Di seguito, quando Battiato decise di proseguire da solo il proprio percorso artistico, Gaber favorì il suo inserimento in un’altra grande casa discografica, la Jolly, per la quale il cantatutore siciliano incise brani come La Torre, Le reazioni, Il mondo va così e Triste come me, sempre del filone di protesta.

Nel 1967 Francesco Battiato cambiò il nome artistico in Franco Battiato, in occasione del programma, Diamoci del tu, in onda il 1 maggio 1967, condotto proprio da Giorgio Gaber in coppia con Caterina Caselli. In tale contesto si esibì anche l’ottimo Francesco Guccini: sembra che il cambio di nome sia nato proprio dalla volontà di distinguersi da quest’ultimo. Nel 1971 iniziò la fase della musica sperimentale e di avanguardia “colta”, con il difficile esordio Fetus per l’etichetta indipendente Bla Bla, riportante sulla copertina un feto ed all’epoca censurato. L’album riprodotto anche in lingua inglese presentò vari profili di originalità, come i suoni mediterranei dei testi Una Cellula o Fenomenologia ed i toni distopici e surreali come Cariocinesi e Fenomenologia. Con le raccolte Pollution ed il più riuscito Sulle corde di Aries Battiato continuò il suo percorso sperimentale, scegliendo strumenti particolari come il violoncello, la calimba e l’oboe, così come sintetizza in maniera significativa il brano Sequenze E Sequenze. Nel 1976 con la chiusura della Bla Bla passò alla Disco Ricordi, con tre album poco apprezzati dalla critica e, nello stesso periodo, cominciò la collaborazione con il musicista Giusto Pio, con il quale incise vari dischi, tra cui l’aristotelico Motore Immobile.

Alla fine degli anni ’70, con il ritorno al pop, inizia la vera età dell’oro di Battiato ed i miei ricordi cominciano ad essere legati alla sua musica. Grazie alla mediazione di Angelo Carrara, che lo seguirà nelle produzioni fino al 1986, Battiato passa alla casa discografica EMI italiana. Pur riprendendo  uno stile più melodico, Franco conserverà vivo il suo interesse per la musica orientale, avvicinandosi all’esperienza spirituale del sufismo ed iscrivendosi all’Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente. Nell’autunno del 1979 incide uno dei suoi album-capolavoro, L’era del cinghiale bianco, in cui ci sono evidenti e profondi riferimenti alle dottrine esoteriche del grande pensatore e scrittore Renè Guenon. Con quest’opera, il grande artista getta le basi di quelli che saranno gli ingredienti dei suoi testi degli anni Ottanta, il suo periodo apicale, tra elementi esotici, riferimenti culturali e sovrapposizioni glottologiche. Il disco Patriots del 1980 ottiene maggiori consensi, arrivando al trentesimo posto in classifica, con brani cult come Prospettiva Nevski, la strada principale di San Pietroburgo, l’onirica Venezia-Istanbul, o l’avveniristica Arabian song, dove l’autore si confronta per la prima volta direttamente con la cultura araba.

Le canzoni di Battiato appaiono come dei componimenti originali, in apparenza senza nessi causali o filo conduttore, che non raccontano una storia scandita in maniera cronologica, ma ricche di fluttuazioni metafisiche e diacroniche, nonchè sature di citazioni culturali mutuate da autori come Proust, Leopardi, Carducci etc. Nel 1981 pubblica La voce del padrone, il suo disco di maggior successo, il cui titolo richiama con sapiente ironia la sua stessa casa discografica, richiamando il pensiero dello scrittore Gurdjeff. L’album rappresenta il compendio del percorso culturale di Battiato, unendo elementi raffinati a melodie orecchiabili e spendibili anche nell’ambito del grande pubblico. In particolare, segnalo il refrain del brano Bandiera bianca che riprende in maniera evidente l’ode L’ultima ora di Venezia, composta da Arnaldo Fusinato ed ancora l’intramontabile testo di Centro di gravità permanente che evidenzia le difficoltà dell’essere umano nel cammino di conoscenza del proprio io interiore, accompagnato da sequenze linguistiche, che esprimono una profondità intellettuale e mistica di assoluto rilievo. Nell’autunno del 1981 il precitato album oltrepassa il milione delle copie vendute, aggiudicandosi, tra i vari ricnoscimenti, la prestigiosa Gondola d’oro dalla città di Venezia come migliore raccolta dell’anno, entrando nella lista dei cento album italiani più ascoltati di tutti i tempi.

Altrettanto di successo nel 1982 è la raccolta L’arca di Noè, dai toni psichedelici ed apocalittici, contenente il misterioso brano Scalo a Grado, in cui si canta la trascrizione latina della giaculatoria Agnus dei ed il brano Radio Varsavia, molto contestato da alcuni intellettuali sinistrorsi, perchè accusato di diffondere “una cultura di destra”. Voglio vederti danzare diventa quasi un tormentone ballato, cantato e recitato in ogni stagione dell’anno, testo famoso per aver citato l’abilità artistica dei “dervisches tourneurs”, quei danzatori mistici che utilizzano la danza, come una sorta di emblema delle ricerca spirituale, evidenziando taluni movimenti ossessivi di carattere geometrico, in particolare circolare. Nel periodo centrale degli anni Ottanta, la produzione di Battiato si concentra su tematiche che potremmo definire “mistica del quotidiano”. Nel 1983 Le stagioni dell’amore, un altro suo brano cult, è il singolo portante della raccolta Orizzonti perduti, meno efficace dei precedenti. Nel 1984, in coppia con la bravissima Alice, interprete per la quale scrive molti pezzi, Franco si esibisce all’Eurovision song Contest, cantando un brano che amo moltissimo, I treni di Tozeur, che fa riferimento ad un centro commerciale del sud della Tunisia, ai confini del deserto con il Sahara, dove le esalazioni di un lago salato porterebbero i viandanti ad avere strane allucinazioni, simbolo delle visioni del nostro io inconscio. Nel 1985 con Mondi Lontanissimi, riportante in copertina il pianeta Saturno, Franco si avvicina al genere cyberpunk in voga in quegli anni, operando una felice commistione tra suoni computerizzati e melodie classiche. I mondi lontanissimi di Battiato non sono solo quelli dello spazio ed ultradimensionali, ma soprattutto quelli che esistono nel profondo della nostra essenza, come si evince dai brani Il re del mondo, L’animale e Via lattea. In maniera parallela, il Maestro si dedica ad un’attività da compositore raffinato, producendo opere di matrice accademica e di nicchia, come Genesi nel 1986, la cui prima rappresentazione fu tenuta al Regio di Parma il 26 aprile 1987.

Indimenticabile per gli amanti della filosofia è la raccolta prodotta nel 1987, Fisiognomica, ispirata all’omonima opera di Aristotele che contiene testi celebri come  E ti vengo a cercare, Il mito dell’amore e Nomadi, canzone resa famosa da Alice ed inserita anche nel suo album Park Hotel, comprendente brani di struggente poesia e di grande presa intmistica, come Viali di solitudine e Volo di notte, sempre di matrice battiatea. Nel 1989 Franco fu invitato ad esibirsi in Vaticano da Giovanni Paolo II, un evento mai accaduto prima ad un cantante di musica leggera. In Giubbe rosse, album del 1989, composto alla vigilia della caduta del Muro di Berlino, si intuisce una sorta di rivisitazione del percorso artistico fino ad allora compiuto, con spunti storico-politici, come lo stesso brano portante Giubbe rosse,

Alexander Platz, che diventerà uno dei cavalli di battaglia della bravissima Milva e Mesopotamia. Nei primi anni Novanta, Battiato produce gli ultimi album da solista, come il raffinato Come un cammello in una grondaia, coltissimo riferimento allo scienziato persiano Al-Biruni, vissuto nel XII secolo, che era solito ripetere quella frase per esprimere l’insufficienza della proprio lingua nel poter descrivere in maniera adeguata argomenti scientifici, assioma che può essere adoperato per esprimere la pochezza dell’ingegno umano di fronet ai grandi misteri dell’universo. Con il Caffè della Paix, Franco ritorna in parte al pop anni Ottanta, con brani di grande ispirazione onirica, come Haiku, Ricerca sul terzo ed il binomio storico-mitologico costituito da Atlantide e Carthago delenda est che, non solo riporta il monito di Marco Porzio Catone, ma aggiunge un passo del poeta latino Sesto Properzio. In questi anni compone un’opera classica, il Gilgamesh, ispirato all’epopea sumera, la più antica tuttora accertata, la cui prima rappresentazione si tenne il 5 giugno del 1992 presso il Teatro dell’Opera a Roma. Tra il 1994 ed il 1997 instaura una collaborazione con il filosofo Manlio Sgalambro che culmina nell’autunno del 1996 con la produzione dell’album L’imboscata con la nuova casa discografica Mercury. Questo album diventa in breve tempo il più venduto in Italia, restituendo al Maestro la popolarità dei primi anni Ottanta con testi aulici e raffinati composti anche in più lingue. In questa raccolta è inserita La cura, uno degli inni all’amore più belli di tutti i tempi, per la delicatezza  del significato e per la ricercatezza delle espressioni utilizzate. Un autentico tocco di classe lo riscontriamo nel singolo Di passaggio che comprende un intervento di Sgalambro che legge un frammento di Eraclito in greco antico, mentre un frammento di Callimaco è cantato a due voci: Battiato e l’eccellente Antonella Ruggiero. Alla fine dello scorso millennio, Franco sperimenta il rock con l’album Gommalacca, del quale ho apprezzato moltissimo il brano Auto Da fè, che rievoca l’atmosfera del processo a cura dell’Inquisizione spagnola ed il ballo del potere, con forti percussioni tribali alternate a melodie anni Trenta. Una menzione particolare merita il testo di Shock in my town, che si riferisce alla legge dell’ottava promossa da Gurdjieff, cioè la forza che riesce a tenere unite le nostre intenzioni e spinge verso il risveglio del kundalini che, secondo alcune culture orientali, si identificherebbe con l’energia vitale presente nella colonna vertebrale.

La vena artistica del grande Battiato non si esaurisce con l’avvento del nuovo millennio, ma si confronta con le opere di altri grandi artisti. Con la trilogia dei Fleurs, tra il 1999 ed il 2008, Franco riprende brani in prevalenza degli anni Cinquanta e Sessanta come Era de maggio del poeta napoletano Di Giacomo e Ruby Tuesday dei Rolling Stones, alcuni brani di De Andrè, di Sergio Endrigo e di altri artisti internazionali. Nel 2003 riceve l’ambita Medaglia ai benemeriti della cultura e dell’arte consegnata da Carlo Azeglio Ciampi al Quirinale, non rinunciando a nuove sperimentazioni artistiche. L’anno successivo, infatti, con la Sony Music produce Dieci stratagemmi, traendo spunto dal libro 36 stratagemmi di Gianluca Magi che, a sua volta, si ipira all’antico trattato militare attribuito al condottiero cinese Sun Tzu, L’arte della guerra. Nel 2012 Battiato collabora per l’ultima volta con il filosofo Sgalambro con l’album Apriti sesamo che ottiene un grandissimo successo e si aggiudica il disco d’oro. In questa raccolta, oltre alla consueta ricerca spirituale che caratterizza tutte le opere di Battiato, si riscontrano marcati accenti polemici nei confronti della classe politica e dei grandi egemoni del mondo della finanza, come si evince nel brano Il serpente, una vera e propria condanna all’avidità del denaro e La polvere del bianco. L’ultimo tour di successo, Battiato lo conduce nel 2016 in coppia con Alice, toccando più di trenta città italiane e raggiundendo il momento più intenso nell’interpretazione comune de “I treni di Tozeur”, con l’accompagnamento della Ensemble Symphony Orchestra. Alla fine dell’estate del 2019, in concomitanza dell’annuncio del suo ultimo album Torneremo ancora, viene comunicato il ritiro di Battiato dalle scene. Ed il 18 maggio la notizia della sua morte, causata da una lunga malattia per la quale lo stesso artista e la sua famiglia avevano tenuto il più grande riserbo. Nel corso della lunga attività artistica di Battiato, molte domande sono state fatte sulla particolarità dei suoi testi, spesso senza riuscire a comprendere in maniera adeguata i relativi significati. Ed, infatti, il suo messaggio fondamentale è stato sempre quello di invitare ad una continua ricerca che parta dal proprio intimo per esplorare, poi, i segreti dell’universo.

La sua lucidità intellettuale non poteva proporre facili e false soluzioni, ma soltanto un monito ad una continua e costante riflessione spirituale. Non a caso nei testi di Battiato troviamo frequenti riferimenti al corpo astrale che, secondo Gurdjieff, è costituito da “elementi del mondo planetario” e che può sopravvivere alla morte del corpo fisico. E quante volte ci siamo chiesti chi sia questo fantomatico Re del mondo, che ci tiene prigioniero il cuore (cit. testo del brano di Battiato)?  Se approfondiamo le opere dell’esoterista francese, Renè Guènon, comprendiamo che tale titolo è destinato al vertice della gerarchia iniziatica, una sorta di archetipo universale, il cui nome si ritrova sotto diverse forme nelle civiltà antiche.

Come si può dimenticare la frase finale della canzone Prospettiva Nevski: Ed il mio maestro mi insegnò come è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire? Per chi, come Battiato, crede nella vita oltre la morte, a parte le varie differenze culturali, potrebbe significare una speranza nella vita ultraterrena, che si può ottenere solo se adeguatamente preparati. E si potrebbe procedere all’infinito nell’analisi dei riferimenti ermetici di Battiato. Mi piace concludere questo breve omaggio ad un artista, la cui musica mi ha accompagnato negli anni della giovinezza, con una frase tratta dalla canzone Clamori, presente nell’album L’arca di Noè: “Il mondo è piccolo, il mondo è grande, e avrei bisogno di tonnellate di idrogeno”. Non si tratta di una coincidenza se il Maestro menziona l’idrogeno, l’elemento originario dell’universo e simbolicamente nella sapienza ermetica così importante per l’evoluzione interiore dell’uomo, come specchio del Cielo.

Luigi Angelino

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