11 Ottobre 2024
conferenza Filosofia Punte di Freccia

La nascita della filosofia e la tragedia greca


di Mario M. Merlino

 Venerdì, tardo pomeriggio, nella sede dell’a.c. Passepartout, in piazzetta Nicolosi, a Latina. E’ ciò che rimane delle case popolari edificate con la bonifica. La città redenta, Littoria, oggi al suo terzo cambio di nome. Latrina… La locandina mostra la vittoria di Samotracia e l’argomento: la nascita della filosofia e la tragedia greca, relatore il prof. Merlino (in terza persona do meno rilievo alla mia vanità come si conviene ad un fine geniale unico irripetibile genio dell’intelletto e della cultura e della scrittura nonché del fluido eloquio). Grigio umido ma la saletta è piena, sessanta presenti, e la maggior parte estranee all’associazione, attratte dall’argomento e dal relatore, ovviamente. Per le grandi occasioni capelli raccolti in un codino (ahi, Ronzinante, dove porti il cavaliere del sogno?), giacca con drakkar – l’unica che riesce ancora a contenere l’espansione adiposa-, sciarpa da talebano con relativo berretto comandante Massud dono di un alunno, ora ufficiale, e per due volte in Afghanistan.

Fra i presenti un professore di greco in pensione, garbato e attento nell’evitare di rilevare probabili strafalcioni con sua figlia Germana, che in fb contribuisce a tenere alto un livello d’interventi, che in generale è destinato a starnazzare come oche nel cortile. E’ venuta la professoressa di storia e filosofia, che fu preside del liceo scientifico e già consigliere comunale della sinistra radicale, con in dono un suo libro e dedica ‘con grande curiosità intellettuale’. Negli anni ’80 nemica giurata degli stessi ragazzi che, oggi, gestiscono questi incontri. Segnale dei tempi in cui, molti di noi, hanno riscoperto, chi più chi meno, la priorità delle storie, dell’esistenza, rispetto a schemi ideologici, gabbia sovente dell’inquietudine, di quel porsi in cammino alla ricerca di una risposta su chi siamo da dove veniamo dove andiamo e perché qui ed ora…
E Urano, il cielo, gravava con il suo peso su Gea, la terra, costringendola a partorire i Titani. Stanca ella affida a suo figlio Chronos, il tempo, un falcetto ricurvo, in uso per raccogliere in fascine le spighe, e con questo evirare il padre. Così cielo e terra si separarono e da questa lontananza nacque l’oscuro tormento dell’anima. Ciò che, nel Timeo, Platone descrive con l’immagine del dio il quale, prendendo per i capelli l’uomo, gli consente d’avere il corpo eretto e, al contempo, ricordargli come la sua ‘patria’ sia il cielo. Dal linguaggio del mito a quello della filosofia. O, come è stato rilevato nel successivo dibattito, da Omero pervaso dal pathos al logos di coloro che vollero autodefinirsi i philosophoi…
Straordinaria ed affascinante espressione nel suo… nulla voler intendere. Ecco perché se ne può fare uso ed abuso. Ad esempio sul Corriere dello Sport il grande Zeman applica la filosofia del suo gioco; la mia amica Moana Pozzi ebbe a scrivere un libro dal titolo La filosofia di Moana (a lei dedicai un capitoletto in Ritratti in piedi e un ‘ironico’ articolo contro i ‘saputelli’ dell’ortodossia evoliana, che si scandalizzavano perché aveva citato del Barone ‘vivi come fosse l’ultimo giorno, pensa come dovessi vivere in eterno’!). Difatti amare il sapere non implica possederlo e, se traduciamo con ‘aver cura di…’, o lo rendiamo troppo nostro o, comunque, non ne definiamo la sua natura e il perimetro ove opera. Un depotenziamento del sacro?
Recentemente hanno riproposto in televisione il film Balla coi lupi. C’è una scena dove i nativi d’America danzano intorno al fuoco e al ritmo reiterato del tamburo, indossando le pelli del bisonte e imitandone le movenze. Non ricordo se per ingraziarsi la divinità totemica prima della caccia o per ringraziarla d’aver spinto la mandria nella prateria dove la tribù vive. In Grecia, accanto alla filosofia, nasce la tragedia, la rappresentazione del dramma tra il protagonista che s’illude di gestire il proprio futuro e il destino che s’impone rovinandolo nella polvere. La danza del capro, come ricorda Aristotele, anche se ci sembra che valga la pena tradurlo al plurale perché paradigma della condizione umana, degli uomini e delle donne. Il conflitto tra il principio di libertà e quello di necessità, per usare un linguaggio aderente alla filosofia.
 Nell’Iliade gli stessi dei sono sovrastati dal fato quando Zeus annuncia agli altri dei, divisi sulla sorte di Troia, che il tempo della città s’è concluso e che neppure essi possono prolungarne l’esistenza. Nei canti dell’Edda si legge che Odino pisciò sulla testa dei guerrieri che, ebbri di birra, affermavano appartenere loro la vittoria. In fondo è il concetto classico della pietas, modificatosi poi nel cristianesimo come elemento consolatorio e, per Nietzsche, l’ipocrisia e il vanto di chi si china sulle altrui miserie per manifestare il suo esserne esente. Sotto lo stesso cielo vincitori e vinti coabitano e la vittoria e la sconfitta sono assegnati dagli dei ascosi. Ciò che conta, allora, non sta nel rimettersi alla sorte, ma saldi fra le rovine essere uomini in piedi in cammino contro…
Altro e ben altro si sarebbe potuto voluto dovuto dire. A q
uanto pare, data la soddisfazione degli organizzatori di come sia andata la serata per presenza e attenzione di pubblico, possiamo accontentarci. Un segnale che il domandare, il porsi all’ascolto suscita ancora, misterioso magnete, la sua capacità attrattiva. Bene per gli amici di Passepartout; bene soprattutto per coloro che rifiutano di acconciarsi nel mondo loro dato ma, osservando l’orizzonte sempre come limite di un universo concentrazionario, si mettono per percorsi, spesso impervi, e raggiungere la radura, oltre la linea, oltre ogni confine interiore ed esterno… Sulla pietra tombale del filosofo Martin Heidegger, nel piccolo cimitero di Messkirch, una stella. Aveva scritto: ‘Auf einen Stern zugehen, nur dieses (in marcia verso una stella, nient’altro che questo)’…

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