di Mario M. Merlino
Il poeta Giovanni Pascoli gli dedicò dei versi a ricordo del tentativo di raggiungere il Polo Nord, tentativo fallito, ma che lo vide percorrere ben 1400 chilometri con compagni un marinaio e due guide valdostane una slitta e la muta di cani, nel silenzio e nell’oscurità e nel deserto di ghiacci, partendo dalla baia di Teplitz (nell’isola del Principe Rodolfo, la più a settentrione dell’Europa) e qui ritornando dopo centoquattro giorni (11 marzo – 23 giugno), approssimandosi alla meta, distante ormai meno di quattrocento chilometri. ‘…la nostra bandiera – sta sopra indicibili lande… – aurighi d’alivola slitta, – tra un rauco anelare di cani – parevano un arido volo – di foglie, che piccolo e solo – va con la bufera’. Era l’anno 1900. Autore dell’impresa l’ammiraglio Umberto Cagni.
Poi la guerra italo-turca del 1911 alla conquista della Tripolitania e della Cirenaica, la Libia , sotto il dominio ottomano. E l’ammiraglio Cagni si distinse con lo sbarco e la conquista di Tripoli, munita fortezza turca, con sole poche centinaia di uomini. Raccontava mio padre, così amante degli aneddoti, come egli, ben consapevole che il nemico controllava i suoi movimenti, facesse sbarcare sfilare imbarcarsi e di nuovo scendere a terra i marinai, sempre gli stessi, modificando loro l’uniforme – invernale estiva un po’ dell’una e dell’altra – dando così l’impressione di un numero più alto di truppe.
(Secondo lo storico Zen Sternhell, ne La nascita dell’ideologia fascista, fu questa l’occasione nella quale si trovarono i nazionalisti e i sindacalisti rivoluzionari sul medesimo fronte, cioè entrambi favorevoli pur se con diverse motivazioni. Si sarebbero ritrovati, entrambi interventisti, nei mesi antecedenti l’entrata dell’Italia nella Grande Guerra, crogiolo da cui sarebbe scaturito il Fascismo. Un complesso coacervo di eterogenee forze di cui, appunto, il nazionalismo e il sindacalismo rivoluzionario ebbero un ruolo principe in idee e uomini).
Infine, durante la Prima Guerra Mondiale, prima a Brindisi e poi a La Spezia , a comando della flotta di incrociatori. Senatore del Regno fin dal 1919, nominato conte e morto nel 1932 a Genova.
Raccontava sempre mio padre, preziosa memoria, di cui mi sono servito per rendere meno pesanti (?) le lezioni di storia, – e da questo aneddoto si ricava il senso del presente intervento, dopo il mio solito girovagare di qua e di là, sovente a vuoto –. Insomma. Durante uno dei rari scontri navali tra italiani ed austro-ungarici, nelle acque dell’Adriatico, un giovane ufficiale si pavoneggiava sul ponte di comando, diritto come un fuso e ripetendo ad alta voce di non aver paura. Asciutto, Cagni: ‘Io, invece, ce l’ho, ma me la tengo’…
(Oggi l’aneddotica è vista con condiscendenza, roba per bambini alle prime armi, dai soloni dell’insegnamento della storia. L’importante sono i dati statistici, quelli sociologici, l’economia e il tutto patinato da arcaismi ideologici. Un paragrafo de Il Capitale di Marx suscita gridolini di gioia nei professori e uno sbadiglio fra gli alunni. Napoleone a Waterloo non è la caduta degli dei, in una somma di particolari (accidenti secondo Hegel), ma la dialettica in atto della Ragione o lo scontro tra esigenze del capitale inglese, liberale, e quello continentale, monopolistico (di fatto entrambi alla ricerca della supremazia nell’eterno conflitto mare-terra, per dirla con Carl Schmitt, che è ben più interessante ed efficace, ma messo a tacere per le sue note simpatie verso il nazional-socialismo).
C’è, però, un modo d’intendere l’episodio, la capacità cioè di elevarlo a testimone con cui confrontarci, in una sorta di specchio ove esso ci esorta e ci guida e noi, dal canto nostro, abbiamo il potere di appropriarcene o di farne a meno. Allora non conta essere sulla tolda dell’incrociatore mentre arrivano bordate dalle navi avversarie, si può ignorare lo stesso nome di Umberto Cagni, ma si può far sua l’esclamazione – ‘io ne ho tanta eppure sono capace di dominarla’…
Prima azione con i camerati, quartiere San Lorenzo, di fronte redazione e tipografia de L’Unità e del Paese Sera. Si va allo scontro. Io sono stato relegato in seconda fila, troppo esile nel fisico e troppo inesperto (in effetti avrebbero voluto che me ne restassi a casa), con un bastone che oscilla fra le mani sudate. Non sono un ammiraglio, al massimo un mozzo alle prime armi, ma, sì, sono rimasto… e, chissà, devo ancora dire grazie a mio padre d’avermi narrato – ed educato – ad una storia di uomini…
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