Nelle cinque parti precedenti di questa serie di articoli, mi sono dedicato ad analizzare punto per punto la “nostra” costituzione, quella che secondo un filosofo e giurista insigne come Roberto Benigni, è “la più bella del mondo”. Torno a precisare che io non ho una cultura giuridica, ho un diploma di maturità classica e una laurea in filosofia, ma credo di saper leggere e di riuscire a capire quello che leggo, anche se forse una competenza più specifica nel campo del diritto mi avrebbe permesso di fare un lavoro migliore.
Quello che appare chiaro a chi si da la pena di leggere questo documento che costituisce “la legge fondamentale dello stato” (della repubblica democratica, ovviamente), è che essa è disseminata di trappole per fare in modo che la volontà popolare non possa esprimersi o sia priva di efficacia. Fra di esse hanno particolare rilevanza l’articolo 67 che stabilisce che ogni parlamentare “esercita la sua funzione senza vincolo di mandato”, il che significa in pratica che una volta eletto può fare il cavolo che gli pare senza doverne rispondere ai cittadini, compreso passare a uno schieramento politico opposto a quello per il quale era stato eletto, e questo, lo sappiamo bene, ha permesso più di una volta di costruire in parlamento maggioranze del tutto difformi rispetto al mandato popolare, e l’articolo 75 che vieta il referendum popolare su molte materie importanti, fra cui oggi assume una rilevanza che definirei drammatica il divieto di sottoporre a referendum i trattati internazionali, in particolare considerando il fatto che, soprattutto a partire dalla costituzione della cosiddetta Unione Europea, abbiamo assistito a cessioni sempre più vaste della nostra sovranità a organismi internazionali, la UE ma non solo. Questo significa in pratica che come cittadini italiani non contiamo più nulla. Su ciò, torniamo più avanti.
Un lavoro che ritenevo tutto sommato concluso e portato a termine nella maniera migliore possibile, pur nei limiti di una persona sprovvista di una cultura giuridica specialistica, tuttavia alcuni lettori di “Ereticamente” e conoscenti mi hanno chiesto di approfondire ulteriormente alcuni punti. Vedremo ora di accontentarli.
Un punto riguardo al quale sono stato benevolmente rimproverato di non aver detto nulla, è l’articolo 139:
“La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale”.
Detto senza giri di parole, io non sono in alcun modo un sostenitore della monarchia, specialmente per quanto riguarda casa Savoia. Io penso che qualunque diritto i Savoia potessero vantare a regnare sull’Italia in ragione del risorgimento, esso sia stato irrimediabilmente cancellato dal voltafaccia dell’8 settembre 1943 che ha presentato all’Italia e al mondo l’inaudito spettacolo di un re che diserta, tradisce e si butta nelle braccia del nemico, una cosa che avrebbe comportato la fucilazione alla schiena o l’impiccagione per l’ultimo dei fantaccini, e ha segnato una macchia incancellabile per l’onore dell’Italia, vanificando i sacrifici e l’eroismo di migliaia di combattenti.
Si può anche ricordare che Julius Evola, sostenitore della monarchia in linea teorica, nel caso specifico non ebbe alcun dubbio nell’aderire alla RSI.
Tuttavia, anche se io non penso, e suppongo che nessuno di noi pensi a una restaurazione monarchica e tanto meno sabauda, mi è stato fatto notare, e io non posso che riconoscere la fondatezza di quest’obiezione, che l’articolo 139 rivela quanto meno l’arroganza dei “padri costituzionali” che hanno inteso stabilire il nostro destino per tutti i secoli dei secoli.
Questo configura una sorta di tirannide cronologica di una generazione su quelle successive, perpetuata facendo credere, come sostiene acriticamente la sinistra, che i “padri costituzionali” siano stati il culmine della saggezza politica e giuridica, cosa che analizzando ciò che costoro hanno prodotto, non risulta proprio.
Se teniamo a mente quel che diceva il filosofo J. G. Fichte, che “L’unico regime veramente tirannico è quello che rifiuta per principio di riformarsi”, allora dobbiamo concludere che l’unico regime veramente tirannico è la democrazia, perlomeno questa democrazia.
L’articolo 75 in particolare, l’abbiamo già visto, è uno dei macigni più grossi che la costituzione “più bella del mondo” mette sulla possibilità del popolo italiano di decidere del proprio destino o anche semplicemente di dire la propria opinione al riguardo o addirittura di venire a conoscenza dei fatti. Non è ammesso il referendum sulle leggi di amnistia e di indulto e sull’autorizzazione a ratificare trattati internazionali.
La prima di queste due esclusioni fu certamente voluta dal PCI: non si voleva che un referendum popolare potesse rimettere in discussione l’amnistia generosamente concessa dal leader comunista e allora ministro della giustizia Palmiro Togliatti ai crimini compiuti dai partigiani, alle stragi e agli eccidi che continuarono ben dopo la fine del conflitto, fino al 1947, perché occorreva costruire la mitologia resistenziale, occultare il vero volto di ciò che è stata la cosiddetta resistenza: mattanza fratricida.
Solo in tempi relativamente recenti uno storico non “di Area”, Giampaolo Pansa, ha osato squarciare il velo di omertà che ha avvolto quei fatti per più di un sessantennio, e il risultato è stato dirompente: quel che è venuto alla luce è un pozzo senza fondo di atrocità e di orrori sui quali sarebbe stata fondata la “nostra” repubblica “nata dalla resistenza”.
L’altra esclusione è però quella che era destinata ad avere le conseguenze a lungo termine più gravi, essa era stata prevista allo scopo di impedire che un referendum popolare potesse respingere i termini del trattato di pace che avevamo dovuto sottoscrivere. Dopo un anno e mezzo di cobelligeranza con i vincitori, al tavolo della pace l’Italia tornava a essere il nemico sconfitto. Il voltafaccia dell’8 settembre 1943 e la cobelligeranza non erano serviti a niente se non ad aggiungere al danno la beffa.
Ma le conseguenze peggiori erano ancora ben al di là da venire. E’ infatti sempre grazie all’articolo 75 che i “nostri” politici hanno potuto schiaffarci dentro le trappole della UE e dell’euro senza consultarci e senza nemmeno informarci, ben sapendo che una volta fatto il danno, non avremmo avuto alcun mezzo per porvi rimedio. Non moltissimo tempo addietro, Romano Prodi, già liquidatore della “fascista” IRI che aveva permesso decenni di crescita dell’economia italiana, e responsabile del nostro ingresso nell’euro, cioè della nostra caduta nelle mani degli usurai di Bruxelles, ha ammesso che esso ha comportato una svalutazione del 600% e che di fatto la moneta unica ha bloccato lo sviluppo dell’economia italiana.
In un’epoca in cui diventa sempre più evidente il furto, la sottrazione di sovranità dei popoli a vantaggio di organismi internazionali, l’articolo 75 che ci impedisce di dire la nostra sui trattati internazionali, è foriero di conseguenze ancora più disastrose. Il nuovo governo di sinistra cinque stelle-PD, possiamo aspettarci che presto sottoscriva il Global Compact, questo “trattato” messo a punto dalle Nazioni Unite che vieta agli stati firmatari di mettere qualsiasi freno all’invasione extracomunitaria incontrollata, e noi, grazie a questo meraviglioso articolo della costituzione “più bella del mondo”, non potremo fare nulla per opporci. Poche righe su di un pezzo di carta bastano a trasformare la sovranità popolare in una tragica barzelletta.
Un aspetto della questione che merita senz’altro di approfondire, è comprendere come le trappole disseminate nel foglio (Sheet) costituzionale si combinino in una sinergia che serve ad impedire agli Italiani di avere voce in capitolo sul proprio futuro. Basta pensare al fatto che gli effetti dell’articolo 67 si combinano con quelli dei poteri attribuiti alla figura anomala del presidente della repubblica. Generalmente negli stati moderni, o il presidente è una figura meramente rappresentativa eletta dal parlamento, oppure dispone di ampi poteri, essendo anche la guida del governo (Stati Uniti, Francia), ma in questo caso è d’obbligo l’elezione popolare. In Italia il presidente della repubblica gode di poteri considerevolmente ampi, oltre ad avere un mandato piuttosto lungo (sette anni), ma non viene eletto dal popolo.
Se si unisce questa circostanza al fatto che l’articolo 67 sottrae i parlamentari al controllo popolare, si capisce bene che le maggioranze parlamentari possono essere facilmente manipolate in maniera da essere totalmente difformi da ciò che il popolo ha espresso con il voto. Può succedere ed è successo più di una volta. Il primo clamoroso esempio in questo senso è stato nel 1995 quando il presidente della repubblica Oscar Luigi Scalfaro riuscì a far staccare un pezzo della maggioranza di centrodestra in modo da creare una maggioranza parlamentare di centrosinistra che non esisteva nel Paese. Il leader di questi dissidenti che avevano fatto il salto della quaglia e costituito uno pseudo-partito, Rinnovamento Italiano, ebbe la presidenza del Consiglio.
Un presidente che avesse avuto a cuore la volontà popolare, in quelle circostanze avrebbe immediatamente sciolto le Camere e indetto nuove elezioni, ma questo non era assolutamente il caso né di Scalfaro né di praticamente tutti i suoi predecessori e successori. Ricordo anzi che per rendere tecnicamente impossibile l’indizione di nuove elezioni, fu indetto un censimento “fuori stagione”.
La stessa cosa è poi successa sotto le presidenze Napolitano e Mattarella, con la creazione di false maggioranze di centrosinistra grazie alla scissione di un pezzo del centrodestra che ha tradito il mandato elettorale, in questo caso il NCD (Nuovo Centrodestra) di Angelino Alfano, che ha permesso la formazione dei governi abusivi di Letta, Renzi e Gentiloni. E’ superfluo dire che, esattamente come Scalfaro, Napolitano e Mattarella hanno dimostrato che il rispetto della volontà popolare è stata l’ultima delle loro preoccupazioni.
E’ quasi superfluo rilevare che sia Rinnovamento Italiano sia il NCD sono scomparsi alla successiva tornata elettorale, segno chiaro che gli autori delle due scissioni non rappresentavano nulla e nessuno se non i loro personali interessi di poltrona. Altro fatto evidente è che queste alchimie politiche sono sempre avvenute a beneficio del centrosinistra, mai del centrodestra o di altre formule politiche, indicazione chiara del fatto che il centrosinistra è appunto lo schieramento di riferimento dei politici come “casta” in un contrasto con gli interessi del popolo italiano che non potrebbe essere più netto. La combinazione della figura anomala di un presidente non eletto dal popolo ma espressione della “casta” e dotato di ampli poteri, e dell’articolo 67 che toglie agli onorevoli qualsiasi timore di rispondere del loro operato, permette quelli che possiamo considerare dei veri e propri golpe in giacca e cravatta, e trasforma la sovranità popolare in una barzelletta.
E’ stato coniato perfino un termine per indicare questo genere di maneggi, INCIUCIO, che non credo proprio trovi un corrispettivo in altre lingue.
E’ un vero peccato che i nostri politici spesso abbiano la memoria corta oltre ad avere poca familiarità con i meccanismi farraginosi della nostra democrazia e con le trappole disseminate nel foglio (sheet) costituzionale per impedire che la volontà popolare abbia efficacia, altrimenti non si spiegherebbe quello che è accaduto con la recente crisi di governo che ha portato alla formazione del Conte bis, quello che (suppongo con grande fastidio dei nostri amici romanisti) è stato chiamato il governo giallorosso cinque stelle – PD.
Che il leader della Lega Matteo Salvini abbia ritenuto impossibile proseguire la collaborazione con i cinque stelle, è comprensibile, così come del pari è evidente che il peso politico gonfiato ottenuto da questi ultimi alle elezioni politiche del 2018 si è andato sgonfiando in maniera altrettanto repentina di come era sorto, come hanno dimostrato i risultati delle elezioni amministrative e di quelle europee, pertanto la richiesta di ritorno al voto era del tutto legittima e giustificata, ma la “nostra” costituzione attribuisce il potere decisionale in tal senso solo al capo dello stato non eletto dal popolo e il fatto che Mattarella sia un uomo di centrosinistra, oltre ai suoi comportamenti precedenti e quelli dei suoi predecessori, avrebbero dovuto togliere a Salvini ogni illusione circa la possibilità di arrivare a un confronto elettorale anticipato, come se in Italia governi del tutto in contrasto con l’orientamento popolare fossero una novità, possiamo anzi dire che con l’eccezione dei quattordici mesi del gialloverde, sono diventati la norma quanto meno dal 2011.
Nella “nostra” costituzione, l’abbiamo già visto, sono contenuti principi apparentemente eccellenti, che però funzionano come autentici boomerang, valgono solo quando sono rivolti contro di noi, ad esempio l’articolo 3: quando dovrebbe tutelare gli Italiani dal sopruso rappresentato dagli ingiusti privilegi accordati alle minoranze etniche, smette automaticamente di funzionare, è come se non esistesse.
La stessa cosa si può dire per l’articolo 21 che in teoria riconosce a tutti il diritto di esprimere il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Sappiamo bene che per quanto riguarda noi, l’opposizione non di sinistra, da tre quarti di secolo esiste una pesantissima eccezione. Ne abbiamo parlato la volta scorsa, e ora non sarebbe necessario ripetersi se non si dovesse rendere conto del fatto che l’ostracismo nei nostri confronti negli ultimi tempi sta diventando sempre più pesante: ne sono un esempio il fatto che il 4 novembre 2018 qui a Trieste si è tentato di impedire una manifestazione in ricordo del centenario della vittoria italiana nella prima guerra mondiale, e il 29 aprile 2019 a Milano una commemorazione di Sergio Ramelli, un ragazzo “nostro” brutalmente assassinato dalla teppaglia “rossa”. Notate che non si trattava neppure di manifestazioni che avessero un carattere ideologico, perché un evento come l’ultima grande vittoria italiana in un conflitto e il completamento dell’unità nazionale dovrebbero essere patrimonio di tutti indipendentemente dal colore politico, e di fatto eventi simili lo sono quasi dappertutto, tranne che in questa Italia in cui si è sapientemente inoculato il veleno dell’oblio delle proprie radici storiche, e nel caso della manifestazione milanese non si trattava altro che della doverosa commemorazione di un ragazzo ucciso a 19 anni dalla brutalità dei “compagni” per nessun’altra colpa se non quella di aver espresso le proprie idee.
Si disegna così uno stato razzista dove esistono cittadini di serie A e di serie B, ai primi, “i compagni” è concesso di dire e fare tutto quello che vogliono, agli altri, noi, nemmeno di aprire bocca, tranne per respirare, almeno finché anche questo non gli darà troppo fastidio.
La “nostra” costituzione è la carta d’identità della repubblica democratica “nata dalla resistenza”, e si vede perfettamente. A suo tempo, “Ereticamente” e anche il sottoscritto, pur nella modestia dei nostri mezzi, ci impegnammo nella campagna referendaria contro la riforma di essa promossa da Matteo Renzi. Io sono convinto che facemmo la scelta giusta, non per amore verso di essa, ma per impedire all’allora leader del PD e oggi trasmigrato su altre sponde, di renderla ancora peggiore, senza contare il fatto che proprio dal fallimento di quel referendum ebbe inizio il declino del centrosinistra.
Negli ultimi anni sembra che si stia cercando di costruire una corrente di adesione emotiva a questo documento, che ovviamente prescinde del tutto dall’analisi o anche dalla conoscenza. Essa, assieme all’inno di Mameli (brutto, veramente brutto non solo a confronto della stupenda musica composta da Franz Joseph Haydn come inno del Sacro Romano Impero, ma anche della Marsigliese anche se, bisogna ammetterlo, qualche spanna al di sopra della porcheria assoluta che era la Marcia Reale di anteguerra) e al tricolore (di origine massonica e derivato da quello francese) sarebbe uno dei simboli, o addirittura uno dei componenti dell’italianità.
Ridicolo, essere italiani significa ben altro!
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