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10 Febbraio 2025
Archeostoria

La preistoria, i megaliti, i Celti, prima parte – Fabio Calabrese

Dopo un’attenta riflessione, ho deciso di presentarvi anche il testo della conferenza da me tenuta al festival celtico triestino Triskell nel 2023, e che non vi presentai allora. Il concetto di fondo è sempre lo stesso, lì non potevo fare un discorso scopertamente politico, ma ricordare la grandezza e l’antichità della civiltà europea, un valore anche politico ce l’ha eccome. In questa conferenza, tuttavia, ho parlato più in veste di insegnante che di ideologo, però penso sia utile puntualizzare certi concetti come la preistoria, le sue fasi e scoperte che hanno portato al nascere della civiltà, soprattutto il fenomeno megalitico che ci testimonia la sua nascita precoce in Europa, ben prima delle piramidi egizie e delle ziggurat mesopotamiche.

Una volta a scuola, gli allievi mi chiesero: “Prof., quando finisce la preistoria e inizia la storia?”

“La storia”, risposi, “Comincia con l’invenzione della scrittura, che ha permesso di registrare e tramandare fino a noi nomi, date, eventi, battaglie e via dicendo. Conosciamo forse il nome di un uomo preistorico?”

“Come no!”, mi fu risposto, “Fred Flintstone!”

Sperai e spero tuttora che fosse una battuta, ma non ne sono del tutto certo.

A ogni modo, questo episodio evidenzia un fatto importante: mentre per quanto riguarda la storia, possiamo avvalerci di fonti scritte, per ricostruire la preistoria ci dobbiamo basare esclusivamente sui resti umani e sulle tracce di cultura materiale che gli archeologi riportano alla luce. E a questo punto sorge il problema: i ricercatori non sono d’accordo sull’origine della nostra specie, c’è chi data la comparsa di Homo sapiens a 200.000 anni fa, chi la riduce a un minimo di 50.000, e sono presenti tutte le posizioni intermedie, è comunque chiaro che al confronto i cinque millenni di storia documentata sono un’inezia.

Diciamo quindi che ciò che chiamiamo preistoria copre almeno il 90% del nostro divenire su questo pianeta.

Proprio perché ci si deve, in assenza di testi scritti, basare sulla cultura materiale, la preistoria è stata suddivisa in varie epoche a seconda del materiale impiegato: Età della Pietra, Età del Rame, del Bronzo, del Ferro. A sua volta l’Età della Pietra, la più lunga, è stata suddivisa in Paleolitico, o Età della pietra scheggiata, Neolitico o Età della pietra levigata, e una fase intermedia fra le due, il Mesolitico.

Bisogna osservare che il Paleolitico da solo, copre un intervallo di tempo di gran lunga maggiore di tutte le epoche successive, preistoriche e storiche, messe assieme fino ai nostri giorni.

Tuttavia i ricercatori ci avvertono di guardarci da quello che è stato chiamato (guarda un po’!) effetto Flintstone, cioè dalla tendenza a pensare che gli uomini vissuti prima delle Età dei Metalli facessero tutto con la pietra, certamente usavano molti altri materiali: legno, fibre vegetali, forse anche tessuti, solo che questi ultimi non hanno retto all’usura del tempo come la pietra o altri materiali durevoli come l’avorio e l’osso.

Durante la fase finale del paleolitico, la lavorazione della pietra aveva raggiunto una notevole perfezione: sono certamente dei capolavori preistorici le belle asce bifacciali magdaleniane che qualcuno ha chiamato “trine di pietra” o le punte di freccia della cultura Folsom dei Nativi americani. La comparsa del mesolitico circa 10.000 anni fa ha a lungo rappresentato un enigma perché appariva come un regresso, essa infatti è caratterizzata dalla produzione di microliti, piccoli dentelli di pietra, poi si è capito che una serie di microliti, opportunamente immanicati su un ramo curvo, formavano una falce rudimentale ma efficiente. In altre parole, il mesolitico segna una delle più importanti rivoluzioni della storia umana: la scoperta dell’agricoltura.

Bisogna notare che essa ha cambiato completamente lo stile di vita dei nostri antenati. Possiamo presumere, osservando i pochi gruppi di cacciatori-raccoglitori esistenti oggi, che fin allora le comunità umane fossero composte da gruppi di una quindicina-ventina di persone strettamente imparentate che vagavano nomadi spostandosi da una zona all’altra, dopo aver sfruttato le risorse disponibili in attesa che la natura provvedesse a rinnovarle. Questi gruppi erano anche demograficamente stabili, perché le risorse disponibili non consentivano la sopravvivenza di più di tot persone.

Con l’agricoltura, cambia tutto: i gruppi umani diventano stanziali, perché dopo aver seminato bisogna aspettare per avere il raccolto, le comunità si allargano, si imbocca la via che poi porterà alle città e agli stati. Mentre il cacciatore-raccoglitore è in grado di procurarsi (appena) quanto occorre per la sopravvivenza della sua famiglia, l’agricoltore può produrre un surplus che può essere commerciato, e questo permette la nascita di classi di persone non direttamente coinvolte nella produzione di beni primari: artigiani, mercanti, sciamani, sacerdoti, politici.

Circa duemila anni dopo, il neolitico è caratterizzato dalla comparsa di un nuovo strumento: l’ascia in pietra levigata, essa non è, come verrebbe da pensare, un perfezionamento dell’ascia in pietra scheggiata, ma ha una funzione diversa: serve per abbattere alberi. Con ogni probabilità, se gli agricoltori mesolitici coltivavano le praterie e le radure, ora si disbosca, si ruba spazio alle foresta, si diffonde l’agricoltura su aree più ampie, perché le popolazioni stanno crescendo.

Non è un caso che il neolitico sia l’epoca in cui comincia la costruzione dei monumenti megalitici. Parliamo ad esempio di quello che è il più noto monumento megalitico d’Europa, Stonehenge: fra le sepolture che lo circondano, una particolarmente rivelatrice è quella dei cosiddetti arcieri di Boscombe (sono stati chiamati arcieri per il fatto che il loro corredo funebre era composto da punte di freccia, che potrebbero essere state un “must” per le sepolture del tempo, e non significa che fossero particolarmente dediti al tiro con l’arco). Si tratta di una sepoltura collettiva: tre uomini, un adolescente e due bambini. Il fatto che fossero tutti maschi fa escludere che si trattasse di un gruppo familiare, ma la vera sorpresa è venuta quando attraverso l’analisi degli isotopi contenuti nello smalto dentario è stato possibile stabilire la loro provenienza: erano originari delle Praseli Hills gallesi, cioè la stessa area da cui provengono le “pietre blu” del secondo dei tre cerchi concentrici di Stonehenge, è dunque verosimile che fossero lavoratori specializzati nel trasporto e nella posa in opera delle pietre, i bambini probabilmente seguivano i padri per imparare il mestiere e svolgere qualche lavoretto, e maneggiando pietre di svariate tonnellate non fa meraviglia che tutti e sei possano essere rimasti vittime di qualche incidente.

Abbiamo dunque la prova dell’esistenza di una classe di lavoratori specializzati, e questo, prima del neolitico e della diffusione dell’agricoltura, fino a quando non esistevano che cacciatori-raccoglitori nomadi, ciascuno dei quali doveva provvedere a procurare il necessario per la sopravvivenza per sé e la propria famiglia, era ovviamente impossibile.

Noi eravamo a questo punto, sembrava di aver tracciato un quadro plausibile dell’incivilimento umano, quando è arrivata una scoperta che ha rimesso tutto in discussione: la scoperta a Gobeckli Tepe in Turchia di un grande santuario preistorico risalente a 12.000 anni fa, a un’epoca considerata ancora paleolitica. Io penso che ci sia una sola spiegazione possibile. Sappiamo che quello che oggi è il Mar Nero un tempo era un lago di acqua dolce di dimensioni molto meno estese, che è stato poi invaso dalle acque del Mediterraneo in seguito al crollo della diga naturale del Bosforo, e secondo diversi ricercatori proprio questo evento sarebbe alla base del mito del Diluvio Universale.

Nelle aree oggi sommerse dalle acque del Mar Nero il passaggio all’agricoltura, a comunità stanziali, a eccedenze produttive che permettano la nascita di classi di lavoratori specializzati, deve essere avvenuto più precocemente che altrove, e guardando le immagini delle rovine di questo imponente complesso, ben si comprende che non può essere l’opera di cacciatori nomadi.

Al Neolitico segue l’Età dei Metalli, e anche questo passaggio è più problematico di quel che potremmo forse pensare. Alcuni metalli hanno un punto di fusione molto basso, ad esempio il rame, che proprio per questo è stato il primo metallo a essere utilizzato dall’uomo, ed è anche la ragione per cui lo si usa negli impianti elettrici. Può essere che nelle decine di migliaia di anni della preistoria nessun gruppo di cacciatori nomadi abbia mai acceso un fuoco sopra delle pietre contenenti minerale di rame e osservato gli strani rivoli che ne colavano? Il fatto è che non sapevano cosa farsene: il loro corredo di strumenti litici era pienamente adeguato alle loro esigenze.

A noi l’idea di uno strumento di pietra può sembrare qualcosa di rozzo, ma dobbiamo considerare i vantaggi rispetto a uno di metallo: non perde il filo, non si arrugginisce, è molto più difficile che si spezzi, il materiale per produrlo è molto più facilmente reperibile, e allora dobbiamo invertire il nostro punto di vista e chiederci perché si è passati all’uso di strumenti di metallo. La risposta è relativamente semplice: incremento demografico.

Per un antico artigiano, realizzare un crogiolo, uno stampo per attrezzi o armi, poteva richiedere un tempo decisamente maggiore a quello richiesto per sbozzare uno strumento di pietra, ma una volta realizzato, lo si poteva utilizzare per decine, centinaia di fusioni. E perché era necessario disporre di attrezzi in grande quantità (industriale, verrebbe da dire)? Con la rivoluzione agricola, le comunità umane hanno cominciato a crescere, c’erano sempre più braccia a loro disposizione, ma occorrevano strumenti per far lavorare quelle braccia.

Con l’età dei metalli siamo ormai prossimi all’età storica, ma c’è da dire che questo trapasso non è stato uguale né ha passato le stesse fasi per tutte le culture umane. Ad esempio gli Egizi dell’Antico Regno che, grazie a Champollion che è riuscito a tradurre i geroglifici, sono fra i primi popoli a essere entrati nella storia, all’epoca in cui costruivano le tre grandi piramidi di Giza, metallurgicamente parlando erano ancora nell’Età del Bronzo, e il più antico strumento di ferro rinvenuto in Egitto, è un pugnale di ferro meteorico che è stato ritrovato fra le bende della mummia di Tutankhamon, che appartiene al Medio Regno ed è un bel po’ posteriore.

Abbiamo ora un quadro abbastanza chiaro della preistoria, e in questo quadro possiamo porre la domanda: chi erano i Celti e da dove venivano? C’è una doppia linea evolutiva che dobbiamo tenere d’occhio, quella delle costruzioni megalitiche e quella delle popolazioni celtiche.

Negli ultimi anni si sono verificate scoperte notevoli che consentono di comprendere meglio la storia del fenomeno megalitico. Noi, quando pensiamo al megalitismo, pensiamo a un fenomeno che si trova principalmente sulla costa atlantica avendo a mente i complessi megalitici di Stonehenge in Inghilterra, di Carnac in Bretagna, di Newgrange in Irlanda, ma forse le origini della cultura megalitica non si trovano lì.

La tecnologia dei droni ha permesso in questi anni di scoprire strutture non più visibili al livello del terreno, in particolare una serie di strutture a terrapieno di forma circolare che gli archeologi hanno chiamato roundel (in inglese, “disco”, “struttura circolare”) che sono state trovate in gran numero tra Polonia, Germania, Austria, Repubblica Ceca, Slovacchia. “Basta” (si fa per dire) rinforzare il roundel con una serie di megaliti, e otteniamo il circolo megalitico, il cromlech, e segnaliamo l’antichissimo circolo tedesco di Gosek, antico di 7.000 anni che pare proprio la transizione fra il roundel e il circolo megalitico vero e proprio.

I Celti, analogamente, tendiamo ad associarli alle loro sedi storiche più note, rappresentate dalla Gallia (attuale Francia) e dalle Isole Britanniche, tuttavia la loro origine va cercata più a est: la più antica cultura celtica conosciuta è quella di Hallstatt nell’odierna Austria, sappiamo poi che, sebbene gli indizi in proposito siano veramente scarsi, gli autori antichi consideravano Celti anche popolazioni stanziate più a oriente, come i Daci dell’attuale Romania, e un’ipotesi analoga si potrebbe avanzare, io penso per gli Illiri, stanziati sulla sponda orientale dell’Adriatico, perché questo spiegherebbe sia il fatto che in Puglia, occupata nell’antichità da popolazioni illiriche quali gli Iapigi e i Messapi, siano presenti tradizioni riguardo al Giorno dei Morti identiche al celtico Samain, sia il fatto che è proprio in questo angolo sud-orientale d’Italia che troviamo la più alta concentrazione di dolmen e menhir di casa nostra. L’Adriatico è in effetti uno stretto corridoio d’acqua che non è mai stato un grosso ostacolo ai movimenti delle popolazioni. Posso testimoniare per esperienza diretta che nelle giornate particolarmente limpide, dall’estremità orientale del Salento si scorgono le coste dell’odierna Albania.

Infine, una notizia recentissima che ci viene dalla Polonia (2022), il ritrovamento a pochi chilometri da Varsavia, dei resti di quella che è stata definita una fucina celtica per la sua evidente somiglianza con ciò che è stato rinvenuto ad Hallstatt.

Non può dunque sfuggire il fatto che per quanto riguarda sia il megalitismo, sia la cultura celtica, scorgiamo un identico movimento da est verso ovest a partire da un’area situata nell’Europa centro-orientale.

La questione del rapporto fra Celti e megaliti è forse una delle più dibattute dell’archeologia europea. Secondo alcuni autori, infatti, i grandi circoli megalitici che troviamo in Bretagna e nelle Isole Britanniche sarebbero opera di una misteriosa popolazione pre-celtica poi sommersa dall’arrivo dei Celti stessi, ma giova ricordare che di questa opinione non è Colin Renfrew che è considerato la massima autorità vivente nel campo dell’archeologia (1), secondo cui i monumenti megalitici sarebbero opera di una popolazione non pre-celtica, ma proto-celtica, ossia degli antenati dei Celti storici che conosciamo soprattutto a partire dalla grande “fiammata” espansiva del V secolo avanti Cristo, che li ha portati a espandersi nella Penisola iberica (Celtiberi), nell’Italia settentrionale (Galli cisalpini), fino all’Asia Minore (Galati).

Ora, le più recenti scoperte che permettono di identificare un’espansione preistorica sia del fenomeno megalitico sia della cultura celtica in modo pienamente sovrapponibile da est verso ovest, danno ragione a Renfrew.

 

NOTE:

  1. Dopo la stesura di questo testo, Colin Renfrew è venuto a mancare il 24 novembre 2024.
  2. Nell’illustrazione, una delle scoperte più recenti del fenomeno megalitico europeo, il triplice cerchio tedesco di Pömmelte. Le parti lignee, i pali, sono ovviamente una ricostruzione.

2 Comments

  • Fabio Calabrese 27 Gennaio 2025

    Caro Tango
    Non discuto che lei sarà un esperto di scienza dei materiali, ma resta il fatto che gli uomini neolitici con strumenti di pietra sono riusciti a costruire complessi come Stonehenge, Newgrange, Gobeckli Tepe.

  • Fabio Calabrese 1 Febbraio 2025

    Caro Tango, vada in Irlanda, nella valle del Dowt, osservi la tomba di Newgrange, e poi mi sappia dire se è semplicemente un mucchio di sassi.

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