8 Ottobre 2024
Sapienza Greca

La religione eleusina – Umberto Bianchi

Senza dubbio interessante e stimolante “Da Eleusi a Firenze”, il testo di Nicola Bizzi che ci espone una particolare prospettiva sulle religioni misteriche dell’antica Ellade, con tutti gli annessi mitologici del caso. Un po’ sulla falsariga di quanto già riportato da autori come Bachofen, Marja Gimbutas e da Robert Graves, tesi centrale del testo, è quella dell’esistenza di una religione pre ellenica, pre-indoeuropea, mediterranea, imperniata su un pantheon le cui figure chiave sono coniugate al femminile ed affiancato da un modello di società matrilineare.

Un pantheon, stavolta integrato dalla presenza di una forma di religiosità “Titanica”, avente, ovverosia, quali protagonisti proprio quei giganti che, però, a seguito della penetrazione delle popolazioni indoeuropee, portatrici di una differente forma di religiosità, sarebbero successivamente stati scacciati e costretti nell’insignificanza del Tartaro, in seguito all’instaurazione di un pantheon tutto al maschile, dominato dalla figura di Zeus/Juppiter che avrebbe, inoltre, relegato le divinità femminili ad un ruolo subalterno, dando così luogo alla religione della Grecia classica, così come noi la conosciamo. Ma si sa, una Tradizione che si rispetti, invasioni o meno, sarà sempre dura a morire ed il suo spirito sopravviverà e continuerà a vivere sotto mentite spoglie, in questo caso, rappresentate dalle religioni misteriche della antica Ellade.

Qui, i Misteri Eleusini sono, in primis, elevati a principale fonte di ispirazione degli stessi Orfismo e Pitagorismo, anzi, qui visti quali mere e secondarie espressioni di questi primi, tanto da far parlare al Bizzi di una vera e propria “religione eleusina”. Successivamente l’autore si inoltra lungo l’articolato e complesso percorso dell’”Eleusinismo”, tutto connesso alle vicende della misteriosofia pagana, dalla fine del mondo classico, al suo rinnovato palesarsi nella Firenze rinascimentale, attraverso le conoscenze occulte delle varie accademie neoplatoniche dell’epoca. Sicuramente interessante il testo e perciò stesso, non privo di quegli spunti critici che qui sarebbe il caso di sottolineare, proprio al fine di stimolare nuovi spunti di riflessione sull’intera vicenda occidentale e sull’eterna domanda improntata sul “da dove” veniamo e “dove” andiamo. Cominciamo dalla caratteristica della religiosità pre indoeuropea. Se da una parte le tesi del Bachofen, della Gimbutas o del Graves, ricoprano ad oggi un posto importante negli studi di antropologia e storia delle religioni, supportati dalle teorie di Jung e Neumann sulla formazione di una coscienza individuale che parte da un indistinto di matrice femminina, sino ad arrivare ad una completa e “maschile” individuazione, dall’altra, alla luce dei più recenti studi in tal senso, sembra ( e qui, il condizionale è d’obbligo…) che le cose non possano esser delineate in modo così netto, come sinora si era creduto.

Pertanto, la suddivisione del mondo pre indoeuropeo, tutto incentrato sul femminino e su una religiosità “tellurica” di contro ad una religiosità “maschile”, indoeuropea tutta volta alle alte sfere celesti, l’una tipica di popoli sedentari legati alla terra, l’altra a popolazioni nomadi, dedite alla pastorizia ed a guardar sempre al cielo per orientarsi negli spostamenti, bene, tale definizione poterebbe non esser più valida o, quantomeno, potrebbe esser soggetta a riassestamenti e rivisitazioni. Tra le varie rivisitazioni in corso d’opera, anche quella della fattispecie di cui stiamo qui trattando che, accanto alla preponderante presenza di divinità femminili, affianca una schiera di divinità maschili, in questo caso rappresentate dai Titani, investite di ruoli non certo secondari, quale quello di Giapeto, di Atlante, di Iperione o dello stesso Prometeo, tanto per fare i nomi più salienti. Ma, in un ambito come quello di una ricerca che, partendo dalla storia delle religioni verte sullo studio di quel particolare settore, rappresentato dalle dottrine esoteriche e delle “scienze dello spirito in genere”, (non senza disdegnare l’analisi del mito, la filologia, gli studi antropologici e l’apporto della psicanalisi, sic!), tutto diviene quanto mai opinabile e soggetto ad interpretazioni soggettive, molto spesso unicamente confortato dal proprio rispettabilissimo “sentire” e non da inoppugnabili dati scientifici in questo settore, d’altronde, difficilmente riscontrabili. In un’ottica di studio della simbologia, se il sopravanzare del pantheon maschile indoeuropeo, su quello femminile pre indoeuropeo, potrebbe essere ben visto quale metafora del cambio di impostazione mentale venutosi a determinare, con l’arrivo in terra ellenica degli Indoeuropei, altrettanto non si potrebbe dire, per quel che riguarda le figure dei Titani. Il motivo della sconfitta dei giganti da parte di figure divine solari, è elemento comune a molte narrazioni mitologiche, (Germanica, Celtica, Hindu, Vetero Testamentaria, etc.) e potrebbe, invece, rappresentare la vittoria dell’ordine cosmico sulle primordiali forze del Chaos e sull’indistinto, anche e nonostante il ruolo fondamentale, che queste possano avere sulla creazione del cosmo e dell’uomo stesso.

Sopra tutti, l’esempio di Prometeo, che dona la scintilla del sapere ad un uomo, immerso nelle tenebre dell’ignoranza…Punto secondo. Bisognerebbe far molta attenzione a quando si parla di “religione eleusina”, includendo nello stesso ambito l’Orfismo ed il Pitagorismo. A voler esser precisi, Misteri Eleusini ed Orfismo appartengono ad uno stesso ambito, rappresentato da un pensiero mitico, atemporale, che va manifestandosi attraverso tutta una serie di testi anonimi, o frutto della redazione di vari autori, a loro volta nel ruolo di semplici interpreti di precedenti narrazioni, che si perdono nella notte dei tempi. E’ quella modalità di sapere, direttamente connessa con l’immediatezza dell’Essere, di cui fanno parte tutte le più antiche narrazioni mitiche della storia umana, a partire dal Rg Veda Hindu alle omeriche Iliade ed Odissea, dalla Teogonia alle Opere ed i giorni di Esiodo, sino agli Inni Omerici ed all’Inno a Demetra, (che, dei Misteri in oggetto, costituiscono la anonima e primigenia fonte…) e via dicendo, tutte caratterizzate da una fondamentale impersonalità della narrazione. Il Pitagorismo, per converso, appartiene già a quella fase “assiale” del pensiero, in cui, perduta la connessione ed il senso di immedesimazione dell’uomo con l’Essere, si necessita di una codificazione, elaborazione ed interpretazione per bocca di una precisa personalità., come nel caso di Pitagora e delle altre personalità che, in ogni angolo del mondo, in quel periodo, andranno sorgendo, da Zarathustra in Persia, a Buddha in India, da Confucio in Cina a Parmenide, Eraclito e Pitagora, in Grecia. Tra questi ultimi due, si dice, fosse poi sorta una polemica feroce, determinata dal contrasto tra il linguaggio oracolare ed oscuro del primo, di contro all’impostazione magistrale e dottrinaria del secondo. Il che ci dovrebbe ispirare molta cautela nel problema di una possibile continuità tra Orfismo e Pitagorismo, sicuramente mutuata nella struttura settaria del secondo ma che, nel proprio iniziale contenuto esoterico, vede una sostanziale e radicale codificazione, grazie all’apporto teoretico di Pitagora.

Il tutto, senza nulla voler togliere all’afflato misterico che, seppur pervada l’opera di Pitagora, è già investito di un’impalcatura razionale, assolutamente assente nell’Orfismo, come nei Misteri di Eleusi. Punto terzo. Al di là delle varie interpretazioni sulla religiosità pre olimpica e sulle sue continuazioni e filiazioni, andrebbe invece sottolineata l’idea di una radicale rivisitazione del concetto di “Tradizione”, non più veduta come unica ed atemporale matrice da cui, come la ruota di una bicicletta, vanno dipartendosi infiniti raggi, ma quale espressione di una infinità di aspetti ed impostazioni coniugati all’insegna di quel Molteplice che, i vari Monoteismi, sorti in un impeto di semplificazione della codificazione teologica, hanno cercato di comprimere e schiacciare, nel nome della venuta di un mondo uniformato ad un unico modello, eguale in Terra ed eguale in Cielo. Una sorta di onnipresente ed opprimente Gerusalemme Celeste in Terra, di cui l’avvento dell’attuale Mondo Globalizzato, sembra esser la più perfetta concretizzazione. Un salutare tentativo, quello del nostro autore, di cercare di dare un segnale di discontinuità in questo senso, a tutti coloro che, nell’ambito degli studi esoterico-filosofici (e non solo…), continuano a farsi portatori di quell’ “en kài pàn/Uno è Tutto” di hegeliana memoria, che tanti malintesi e confusioni ha creato. Quell’Unico che, nel suo ruolo di convitato di pietra della storia d’Occidente, ha spalancato la strada all’omologazione globale, in un percorso discendente che lo trasporta dalle sfere del divino, alla dimensione della più bieca ed insulsa materialità.

Ben vengano, pertanto, certe elaborazioni “fuori dalle righe” ed un po’ controcorrente, specialmente se serviranno a far chiarezza in un ambito fondamentale, come quello del pensiero esoterico-filosofico di cui sopra, dalla cui chiarezza dipende indissolubilmente quella di un mondo che, ad oggi, di chiarezza, sembra non avere il benché minimo barlume.

UMBERTO BIANCHI

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