12 Ottobre 2024
Scuola di Francoforte

LA SCUOLA DI FRANCOFORTE


IL LAVAGGIO DEL CERVELLO AI TEDESCHI
Inviato da: Friedrich Braun
In data: 22 Marzo 2008
Tratto da: The Civic Platform (giornale politico di idee ed analisi)
Traduzione a cura di: Gian Franco Spotti
Nell’immediato periodo del dopoguerra, il ruolo degli studiosi della Scuola di Francoforte, con base in America, e degli intellettuali marxisti europei, fu decisivo nel modellare la nuova scena culturale europea.
Schiere di psicoanalisti americani con tendenze di sinistra, sotto gli auspici del governo Truman, sciamarono per la Germania nel tentativo di rettificare non solo la mentalità tedesca ma anche di cambiare i cervelli di tutti gli europei.

Gli attivisti della Scuola di Francoforte erano per lo più di estrazione ebraico-tedesca che erano stati espulsi dalle autorità tedesche durante il governo nazionalsocialista e che, dopo la Seconda Guerra Mondiale, tornarono in Europa iniziando a mettere le fondamenta per un nuovo approccio allo studio delle materie umanistiche.
Ma vi erano anche un considerevole numero di studiosi e militari, bianchi, anglo-sassoni e di orientamento puritano, attivi nella Germania post-bellica, come il Generale di Divisione Mc. Clure, il poeta Archibald Mac Lash, il politico Harold Laswell, il giurista Robert Jackson ed il filosofo John Dewey, i quali avevano prospettato di copiare la via americana alla democrazia e di impiantarla nella scena pubblica europea.
Si ritenevano persone elette divinamente, chiamate a predicare la democrazia americana, una procedura che sarebbe stata usata dalle élites americane nei decenni successivi ad ogni occasione e in ogni luogo del mondo.
La maggior parte dei nuovi educatori americani, comunque, furono discepoli di Freud e Marx, che ritenevano che la miglior soluzione per curare la Germania sconfitta era quella di trattare i tedeschi come una nazione di “pazienti clinici” bisognosi di massicce dosi di terapie liberali e socialiste.
La Scuola di Francoforte, durante i giorni del suo esilio americano, aveva già varato varie teorie sociali su come curare la Germania dal suo “ carattere autoritario “.
In base a ciò, i suoi portavoce di maggior rilievo affermavano che:
la piccola borghesia tedesca ha sempre dimostrato un carattere sado-masochista, denotato dalla venerazione per l’uomo forte, ostile verso il debole, di mente ristretta, gretta, ostile, frugale, spesso sconfinante nell’avarizia (entrambi con riferimento ai loro sentimenti e al denaro)”.
Nei decenni a seguire, era sufficiente essere etichettati come “neo-nazisti” o “estremisti di destra” per perdere il diritto al libero dibattito e diventare un paria intellettuale.
Sebbene il governo militare americano provvisorio in Germania insistesse nella caccia ai rappresentanti nazionalsocialisti, portandone molti davanti alla giustizia, esso usò le stesse tattiche nell’ambito dell’educazione e dei media tedeschi.
Non passò mai per la testa agli educatori americani post-bellici che le loro azioni avrebbero facilitato l’ascesa dell’egemonia culturale marxista in Europa, portando ad un prolungamento della Guerra Fredda.
Come risultato degli sforzi educativi della Scuola di Francoforte, migliaia di libri nel campo della genetica e dell’antropologia furono rimossi dagli scaffali delle librerie e migliaia di artefatti da museo furono, se non distrutti nei precedenti bombardamenti alleati, spediti negli USA o in Unione Sovietica.
I canoni comunisti e liberali del diritto di parola e libertà di espressione non furono per niente applicati alla parte sconfitta che in precedenza era stata bollata come “nemica dell’umanità”.
Particolarmente duro fu il trattamento degli Alleati nei confronti degli insegnanti e accademici tedeschi e professori universitari.
Era logico che le autorità rieducative americane volessero passare al setaccio gli intellettuali tedeschi, scrittori, giornalisti e registi cinematografici. Avendo distrutto dozzine di importanti librerie in Germania, con milioni di volumi andati in cenere, le potenze occupanti ricorsero a misure improvvisate in modo da dare un’apparenza di normalità a ciò che poi divenne la “Germania democratica”.
Le potenze occupanti si accorsero che le università e altri centri di insegnamento potevano sempre trasformarsi in centri di disordini civili e quindi i loro tentativi di denazificazione furono innanzitutto concentrati sugli insegnanti e gli accademici tedeschi.
Dal punto di vista alleato ed in particolare da quello del governo militare americano, le università, nonostante il conseguimento di indubbi ed importanti risultati accademici, erano terreno fertile per il nazionalismo reazionario condotto dall’oligarchia conservatrice dei docenti.
L’obiettivo delle università era la super-specializzazione tramite una forte selezione fra studenti, considerati come una élite nei confronti del resto della società.
Inoltre l’insegnamento nelle università trasmetteva competenza tecnica mentre trascurava la responsabilità sociale.
Durante la selezione post-bellica di personaggi conosciuti nel mondo tedesco della letteratura, migliaia di intellettuali tedeschi furono costretti a riempire un questionario conosciuto nella Germania del dopoguerra come: Fragebogen.
Questi questionari consistevano in fogli di carta contenenti oltre cento domande che spaziavano in tutte le sfere delle affinità private, sessuali e politiche degli individui tedeschi sospettati.
Le domande avevano molti errori di ortografia e la loro formulazione ultra moralistica era spesso difficile per i tedeschi da afferrare.
Se quei “questionari” non avessero acquisito un significato da giorno del giudizio per molti tedeschi, sarebbero stato un valido materiale per uno spettacolo di varietà hollywoodiano.
Un romanziere tedesco ed ex militante rivoluzionario conservatore, Ernst von Salomon, nel suo romanzo storico “Der Fragebogen” (il questionario), descrive come i “nuovi pedagoghi” americani estorcevano confessioni dai prigionieri tedeschi che all’epoca venivano messi a tacere intellettualmente o mandati alla forca.
C’è ancora una percezione nell’establishment liberale americano e nel suo mondo accademico, che le donne nella Germania nazionalsocialista fossero private dei loro diritti e che il loro ruolo consistesse nell’andare dalla chiesa alla cucina per poi occuparsi dei bambini. Tali commenti, spesso espressi da rispettabili studiosi liberali in America, non favoriscono lo studio del Fascismo e del Nazionalsocialismo. Essi gettano tuttavia ulteriore luce sulla genesi della correttezza politica nell’Europa postmoderna e post-bellica.
In tanti modi le donne tedesche nel Terzo Reich avevano una visibilità politica e culturale maggiore che in qualsiasi altra parte in Europa o in America nello stesso periodo.
Attrici come Leni Riefenstahl, Zarah Leander e l’amica di Joseph Goebbels (una donna cecoslovacca) Lida Baarova, oppure la pioniera dell’aviazione Hannah Reitsch e molte altre donne tedesche, rivestirono importanti ruoli culturali nel Terzo Reich.
Fra i nuovi educatori americani prevalse l’opinione che la presunta famiglia repressiva europea fosse il terreno fertile delle neurosi politiche, xenofobia e razzismo, fra i ragazzi giovani:
chiunque voglia combattere il fascismo deve partire dal presupposto che il principale centro di formazione per il reazionario è rappresentato dalla sua famiglia. Dato che la società autoritaria riproduce se stessa nella struttura dell’individuo, tramite la sua famiglia autoritaria, ne consegue che la reazione politica difenderà la famiglia autoritaria come la base per il suo stato, la sua cultura, la sua civilizzazione”.
Patrick J. Buchanan, uno scrittore cattolico conservatore americano ed un ex candidato alla presidenza, osserva che gli intellettuali della Scuola di Francoforte nella Germania del dopoguerra, foraggiati dalle autorità militari americane, riuscirono a qualificare i simpatizzanti del nazionalsocialismo come dei “malati mentali”, una definizione che avrebbe in seguito avuto un impatto duraturo sul vocabolario politico e sul futuro sviluppo della rettitudine politica in Europa e in America.
Il pregiudizio politico, in particolare un senso di autorità e il risentimento verso gli ebrei, vennero catalogati come malattie mentali, radicate nell’educazione infantile tradizionale europea.
Quindi, agli occhi delle autorità rieducative americane, la famiglia europea di vecchio stampo doveva essere rimossa e, con essa, alcuni dei suoi simboli cattolici.
Simili approcci antifascisti verso purghe culturali erano in auge nell’Europa orientale occupata dai sovietici, ma come dimostrarono eventi successivi, la versione occidentale di correttezza politica si dimostrò ben più efficace. Nei primi anni del dopoguerra gli americani, assieme ai loro alleati, effettuarono purghe intellettuali nei media su larga scala e più precisamente rilasciando licenze speciali alla nuova editoria giornalistica in Germania.
Le parole “Fascismo” e “Nazismo” persero gradualmente il loro significato originale e divennero invece sinonimo di male.
Il nuovo principio educativo di “reductio ad hitlerum” divenne un nuovo paradigma per lo studio delle scienze sociali.
Uno studioso che divergesse leggermente da questi metodi pedagogici antifascisti di nuova applicazione, avrebbe avuto magre possibilità di avanzamento di carriera, se non addirittura messo da parte.
In alcuni casi, anche dopo 60 anni dalla fine della guerra, si troverebbe a far fronte a pene severe, inclusa la galera.
Durante lo stesso periodo post-bellico, nell’Europa orientale comunista, la repressione culturale guidata dai sovietici, fu molto più severa ma, ironicamente, la sua volgare trasparenza diede alle sue vittime un aureola di martirio.
Inoltre, mentre la Guerra Fredda alla fine degli anni 40 iniziò a contrapporre l’Est comunista all’Ovest capitalista, le élites occidentali al potere ritennero opportuno venire in aiuto morale ai dissidenti anti-comunisti dell’Europa orientale, non tanto sulla base delle loro vedute anti-comuniste, quanto come prova che il sistema liberale americano era più tollerante del comunismo.
Comunque alla fine del XX° secolo, con la caduta del Comunismo e con l’Americanismo ed il Liberalismo divenute le ideologie dominanti in occidente, la cosa cessò.
L’ideologia di antifascismo divenne, alla fine del XX° secolo, una forma di legittimità negativa per tutto l’occidente.
Essa implicava il fatto che se non c’era alcuna “minaccia fascista”, l’occidente avrebbe cessato di esistere nella sua forma attuale.
Quindi, lo spettro del risorgente fascismo e antisemitismo andava mantenuto in vita.
Poco dopo il 1945 e dovuto in gran parte al processo di rieducazione della società tedesca, i teorici e militanti marxisti in Europa occidentale, si insediarono come “contro-potere” in qualità di opinionisti, anche se, legalmente parlando, l’occidente non abbracciò mai l’ideologia comunista.
Le università europeo-occidentali e americane, in particolare nel campo delle discipline sociali, erano così in grado di schierare più credenti marxisti di quanto potessero fare i loro omologhi comunisti nell’Europa dell’est.
Nei successivi decenni, le élites politiche dell’Europa occidentale fecero un ulteriore passo: al fine di mostrare ai loro sponsor americani le credenziali democratiche ed il loro atteggiamento filo-semita, vararono una severa legislazione che proibiva il revisionismo storico della Seconda Guerra Mondiale e qualsiasi studio critico di immigrazione di massa nell’Europa occidentale, incluso lo studio delle conseguenze negative socio-economiche del multiculturalismo e del multietnicismo.
Dopo la Guerra Fredda, nonostante il sempre maggior controllo del pensiero nell’educazione superiore, l’America rimane, legalmente parlando, quasi l’unico paese in occidente a sostenere alcuni elementi sulla libertà di parola.
Mentre invece i tanto vantati articoli costituzionali che stipulano la libertà di parola e di espressione in altri paesi europei, sono una evidente contraddizione nei confronti dei loro singoli codici penali che stipulano una condanna al carcere per un commento scritto o per una parola pronunciata che minimizzi l’olocausto ebraico o che banalizzi il dogma del multiculturalismo.
Gli autori revisionisti, o scrittori e accademici critici del moderno liberalismo, sono costretti a ricorrere, sempre di più, ad un’editoria marginale oppure esclusivamente a Internet in modo da far ascoltare le loro parole.
Prevale l’impressione che uno scrittore simpatizzante del conservatorismo di destra debba essere mentalmente insano.
All’inizio del XXI° secolo, l’intero clima intellettuale in America ed in particolar modo in Europa arrivò a rassomigliare al periodo medievale proibendo la ricerca critica sulle “verità notorie” della democrazia liberale ed il suo principale mentore: l’America.
Il caso in questione è la Germania postmoderna. Dopo la fine del comunismo nell’Est, il Codice Penale tedesco, nella sua sostanza, sembra essere più repressivo dell’ex Codice Penale sovietico.
Una volta ridotti al silenzio i critici, le autorità tedesche non hanno bisogno di ricorrere a metodi violenti. Esse creano di solito una campagna culturale diffamatoria nella quale un eretico culturale viene dipinto come un eccentrico pseudo scientifico che non merita un posto nell’editoria che conta.
Inoltre, l’eretico viene spesso indotto in un comportamento di auto-censura allontanandolo perciò dall’essere ritratto come una vittima della repressione di stato.
Questo periodo postmoderno di rettitudine politica ha raggiunto le stesse proporzioni menzognere circa le relazioni fra America ed Europa.
In Germania, ad esempio,  la percezione del paese sugli USA deve coincidere con la sua propria auto-percezione di quell’allievo che si auto-flagella e definito dalla Scuola di Francoforte come uno stato-paziente cronicamente ammalato.
Giorno dopo giorno, la Germania deve provare di poter portare avanti compiti auto-educativi meglio del suo tutore americano. Deve dimostrare di essere il discepolo più servizievole dell’egemonia americana, dato che “la trasformazione della mente tedesca era il principale compito del regime militare”.
Se si desidera afferrare il concetto di moderna correttezza politica, si deve studiare in dettaglio la psicologia politica del traumatizzato popolo tedesco.
In Germania, al contrario che in Inghilterra e in America, c’è una lunga tradizione legale che viene proibito ciò che non è esplicitamente consentito.
In America ed in Inghilterra la pratica legale presuppone che viene consentito tutto ciò che non è formalmente proibito. Questa può essere la ragione per cui la Germania, dopo la Guerra Fredda, adottò rigide leggi contro intellettuali indipendenti, spesso definiti “estremisti di destra” o “neo-nazisti”.
Oltre alla frequente diffamazione mediatica nei confronti degli agitatori intellettuali locali, la Germania pretende anche dai suoi funzionari pubblici, ai sensi dell’Art. 33, paragrafo 5, della Legge Fondamentale, l’obbedienza agli ordini costituzionali e non necessariamente la loro lealtà al popolo o allo stato tedesco.
Gli incombenti organi costituzionali tedeschi, designati alla supervisione della costituzione, hanno il compito di controllare la purezza della democrazia importata dall’America e l’idoneo uso della meta-narrativa democratica.
Il famoso “Organo per la Tutela della Costituzione” (Verfassungschutz), come scrive lo studioso legale tedesco Josef Schuesselburner, “è di fatto un servizio segreto interno con 17 uffici-filiale (uno a livello federale e 16 per ogni stato federale). In ultima analisi ciò sta a significare che solo un servizio segreto interno è competente per dichiarare una persona nemica o meno dello stato”.
Dato che ogni segnale di nazionalismo, lasciando stare la questione razziale, viene represso in Germania sulla base del suo reale o presunto carattere incostituzionale e anti-democratico, il solo patriottismo permesso è il “patriottismo costituzionale”.
Il popolo tedesco ha dovuto adattarsi alla costituzione anziché adattare la costituzione al popolo tedesco”, scrive lo studioso legale tedesco Guenther Maschke.
Questa nuova forma di religione secolare tedesca, cioè “patriottismo costituzionale”, diventata mandataria per tutti i cittadini dell’Unione Europea, implica una fede nella norma di legge e nella cosiddetta società aperta.  Con la scusa della tolleranza e della società civile, viene considerato legalmente auspicabile dare la caccia agli eretici europei che veicolano dubbi nelle sedi legali della democrazia parlamentare o che criticano alcuni aspetti della storiografia moderna.
Inoltre, per via del fatto che le società occidentali hanno cambiato il loro profilo etnico e sociale, l’interpretazione di leggi esistenti deve essere soggetta alle circostanze politiche sul territorio.
Il costituzionalismo tedesco, continua Schuesselburner, è diventato una “religione civile”, dove
il multiculturalismo ha sostituito i tedeschi con cittadini che non considerano la Germania come loro patria ma come un paese della legge fondamentale. Come risultato di questa nuova religione civile, la Germania, assieme ad altri paesi europei, si è trasformata in una teocrazia secolare”.
Sin dalla fine della Guerra Fredda, in tutta Europa l’arena sociale è stata disegnata come una replica di un gigantesco mercato. In America e in Europa, il libero mercato stesso è diventato una forma di una religione secolare aggiuntiva i cui principi devono essere inquadrati nell’ordinamento giudiziario di ogni paese. In questa maniera sollevare domande critiche circa la fattibilità del mercato può causare ad uno scrittore dei guai professionali.
Viene considerata saggezza convenzionale il fatto che qualsiasi incrinatura di mercato può e deve essere riparata infondendo ancora più principi di libero mercato e più politiche amichevoli dalla “mano invisibile”.
L’efficienza economica è vista come il solo criterio per qualsiasi interazione sociale.
Così, individui che possono avere pensieri diversi sui miti fondatori dell’economia liberale, vengono visti come nemici del sistema.
Anche libri che trattano temi che esaminano criticamente la democrazia parlamentare o il ruolo dell’America nella Seconda Guerra Mondiale, oppure scrittori che contestano la vittimologia antifascista, sono sempre meno accessibili nell’editoria convenzionale.
Libri o giornali che mettono in dubbio il numero dei crimini fascisti durante l’ultimo conflitto o che dubitano del conteggio delle vittime dell’olocausto ebraico, vengono proibiti ed i loro autori spesso finiscono in carcere.
Come per il comunismo, la verità storica nell’Europa occidentale, non è stabilita da un dibattito accademico aperto ma dalla legislazione dello stato.
Inoltre gli scienziati, la cui perizia è nel comportamento sociale geneticamente indotto, oppure coloro che gettano enfasi sul ruolo del quoziente intellettivo nei successi umani, minimizzando l’importanza dell’ambiente sociale ed educativo, sono bollati come razzisti.
L’intero occidente, inclusa la stessa America, è diventato una vittima di colpa collettiva che, stranamente, viene indotta più da spirito di rinuncia intellettuale e da espiazione di ispirazione cristiana, che non dalla repressione dello stato.
Nell’America politicamente corretta, anche il linguaggio è soggetto a norme igieniche. Fra gli aspiranti eretici emergono nuove qualifiche che servono da smentita per le loro opinioni controverse.
Agli occhi dei nuovi inquisitori, un eretico intellettuale di estrema destra deve essere monitorato non sulla base di ciò che ha detto o scritto, ma sulla base di chi ha visto o incontrato.
La colpa per associazione” ostacola la carriera di una persona e rovina la vita di un diplomatico, di un politico o di un accademico che si avventura come oratore in un qualche circolo letterario di tendenza razzista o di estrema destra, oppure chi partecipa ad una conferenza dove vengono discussi i contenuti di un libro revisionista.
Ogni idea che esamina criticamente i fondamenti dell’egualitarismo della democrazia e del multiculturalismo, diventa sospetta.
Anche dichiararsi “conservatori” può essere pericoloso.
Anche le forme più miti di conservatorismo culturale vengono gradualmente spinte verso la categoria di “estremismo di destrao “supremazia bianca”. Queste qualifiche sono abbastanza disarmanti da zittire anche l’eretico più deciso.
C’è una forma tipicamente europea di correttezza politica che consiste nel vedere il fascismo ovunque”, scrive il filosofo ebreo-francese Alain Finkelkraut. Sebbene abbia dato il suo appoggio alle leggi anti-revisioniste in Francia, nel 1990, è discutibile se Finkelkraut creda sempre a ciò che scrive.
Nel Novembre 2005 Finkelkraut fu lui stesso richiamato dall’agenzia anti-razzista francese MRAP per le sue deprecabili dichiarazioni contro i neri francesi rivoltosi e gli arabi in Francia, un evento che l’autore descrive in un intervista al quotidiano israeliano Haaretz.
Ironia della sorte, Finkelkraut, assieme a molti storici di corte francesi e americani e filosofi della postmodernità molto simili ai neo-conservatori americani, fu in passato un sostenitore del multiculturalismo di ispirazione marxista.
Ora, indossando l’abito del neo-con, egli sembra essere la vittima delle sue stesse teorie. La sindrome di “Finkelkraut” è assai comune fra gli ex simpatizzanti comunisti che divennero ardenti anti-comunisti e liberali quando il marxismo passò di moda.
L’unico problema è che un sacco di gente è morta nel frattempo, come risultato delle loro fantasie intellettuali marxiste e antifasciste di un tempo.
Fintanto che il liberlismo importato dall’America rifiuta e punisce gli stereotipi razziali, esso non esiterà ad usare degli stereotipi nel definire i suoi nemici politici e culturali.
Quando i musulmani e gli islamici residenti in America o in Europa sono i promotori di disordini di strada o di terrorismo, il sistema moderno tollera l’uso sporadico di ingiurie anti-arabe.
Al contrario, un musulmano americano residente o un musulmano che vive in Europa può spesso uscirsene con frasi anti-semite o anti-israeliane che un Gentile (cioè un non ebreo in genere appartenente alla religione cattolica) non può nemmeno sognarsi di pronunciare, per paura di sentirsi accusato dal tremendo termine “antisemita”.
Così la classe dirigente in America e in Europa ricorre con successo allo spauracchio di parole che mettono fine ad ogni dibattito, come “antisemitismo” o “neo-nazismo”, come alibi per legittimizzare il suo perpetua status quo.
Lo spettro di un possibile catastrofico scenario deve ridurre al silenzio tutti gli spiriti liberi.
Chiaramente, se il fascismo viene legalmente decretato come male assoluto, ogni aberrazione nel sistema liberale sembrerà automaticamente un male minore.
Il sistema liberale moderno, che ha avuto origine in America, funziona come una macchina auto-alimentata per il controllo totale della mente.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *